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Autore: Yvaine0    21/02/2015    1 recensioni
Questa è la storia di qualcuno che, semplicemente, è distratto; di qualcuno che è disattento e di qualcun altro che invece è fin troppo premuroso. È la storia di chi parla troppo, di chi nuota troppo veloce, di chi ha paura di parlare e di chi, invece, dice sempre le cose come stanno. È la storia di come la disattenzione di qualcuno può portare alla sofferenza di un altro e a volte, di conseguenza, alla nostra. È la storia di errori di distrazione notati un po' in ritardo, ma mai troppo. È la storia di chi ama, di chi ascolta e di chi parla, di chi sbaglia e di chi corregge, di scelte giuste ed errate. È la storia di Michael e Shae-Lee, di Calum, di Debbie, di Ashton, River e Luke.
«River sta con Luke. Ma allora perché sembra avere una cotta per Ashton?»
«È complicato».
«Allora spiegamelo».
«Ho un'idea migliore. Perché non mi spieghi perché Debbie ce l'ha tanto con me».
«Perché sei troppo distratto e non ti accorgi di come stanno le cose».
Michael si acciglia. Questo cosa dovrebbe significare? «E come stanno le cose?»
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton, Irwin, Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Note: È passato così tanto tempo che a malapena mi ricordo come impaginavo i capitoli... ma va be'. Scusate. ^^'' Ho smesso di mettere i banner perché, non so come va sui vostri dispositivi, ma i miei non li visualizzano più da un po' (quindi no, non è una dimenticanza, lo faccio apposta).
Ringrazio tanto la mia Bobbol che ha betato il capitolo, nonostante i problemi di connessione e gli impegni vari, un cuore speciale ♥ per lei per le risposte ai miei deliri sparsi per il testo ahahah
Uh, non so se nell'ultimo capitolo o in quel precedente vi avevo parlato dei miei "problemi di stima" nei confronti della band... questo comunque non mi fermerà dal continuare, specialmente ora che invece i nostri rapporti si stanno un po' ricucendo. Mi rendo perfettamente conto, inoltre, che i miei personaggi rispecchino pochissimo (se non per niente) i caratteri che i ragazzi della band lasciano trasparire e a mia discolpa dico che a) ho iniziato questa storia quando loro erano (sembravano) più o meno come li ho immortalati nel primo capitolo; e b) li seguo talmente poco ormai che non sarei più in grado di descriverli abbastanza fedelmente. Niente, sto blaterando. Torniamo a noi.
Ringrazio con particolare affetto genesisandapocalypse, che in tutto questo tempo ogni tanto mi ha scritto e, come le ho detto, ho apprezzato tantissimo che l'abbia fatto. :D Se chiunque altro volesse seguire il suo esempio, sappiate che sono sempre felice di rispondere ai messaggi di tutti; sentitevi libere di contattarmi qui su efp oppure su kik (sono @zuckoff, ho installato kik solo per poter comunicare con gente del web, ergo, sentitevi libere di farlo :D) oppure mi trovate ad uno qualunque di questi link.
Come ultima cosa prima di lasciarvi al capitolo, vi avviso del fatto che è sicuramente un po' strano, poiché impostato su tutta una serie di contraddizioni, che poi scoprirete leggendo. È stato scritto per suscitare una serie di "Le ultime parole famose"/"Come non detto". Spero che possa piacervi. Grazie a tutti, se siete arrivati fino a qui e ancora mi aspettate. :) 

 




10.

 

Il sole sta tramontando e lei dovrebbe essere a casa già da un pezzo, quando Michael si ferma nel bel mezzo del parco per sedersi su una panchina.

Shae-Lee, nonostante il ritardo, non se ne lamenta; lo guarda divertita per poi prendere posto al suo fianco, senza alcuna aspettativa.

È stata tutta una giornata priva di aspettative ma piena di sorprese: lui s'è presentato a casa sua a metà pomeriggio con la chitarra, un sorriso timido e i capelli di una tinta blu elettrico appena fatta – nonostante solo una settimana fa sfoggiasse una chioma rosa shocking. Hanno camminato per mezza città con le chitarre in spalla, fermandosi di tanto in tanto a suonare insieme su qualche panchina la prima canzone che veniva loro in mente, a volte insieme e a volte l'uno per l'altra. Hanno mangiato un gelato all'ombra di un terrazzo, sfruttando le poche monete che qualche passante ha inaspettatamente donato loro, nonostante il loro intento fosse solo quello di divertirsi.

Se glielo chiedi, Shae-Lee non saprebbe ricordare un giorno migliore di quello. Il suo cuore non ha smesso un solo istante di correre per la felicità, balzando in gola ogni volta che le loro mani, passeggiando, si sono sfiorate per sbaglio.

Shae-Lee è sempre stata una sognatrice, ma da quando esce con Michael ha ancorato i piedi per terra – be', più o meno: la sua testa continua a prendere il volo, ma lei riesce sempre a riacciuffarla al momento giusto, prima che si faccia illusioni troppo grandi e si allontani troppo dalla realtà. Se solo non si trattasse di Michael Clifford, magari Debbie sarebbe addirittura orgogliosa della sua neonata razionalità. Anche se forse è un po' azzardato definirla addirittura razionalità, magari sarebbe più giusto chiamarlo autocontrollo. Perché se solo qualche mese fa qualcuno le avesse detto che Michael Clifford sarebbe andato a suonare a casa sua senza alcun preavviso per portarla a passeggio per le vie della città e suonare qualcuna delle sue canzoni preferite guardandola dritto negli occhi – le guance rosse e i capelli blu -, lei avrebbe iniziato a stilare la lista degli invitati al matrimonio seduta stante.

Ma non ora, non oggi. Oggi si gode attimo dopo attimo la compagnia di quel ragazzo, arrossisce quando lui le sorride, rabbrividisce quando le mani si sfiorano per sbaglio. Sarebbe sciocco se provasse a negare di aver sperato in qualcosa di più: ha fantasticato tanto su come sarebbe camminare per i corridoi della scuola mano nella mano, salutarsi con un bacio leggero dopo le lezioni, ha sognato un'infinità di volte di essere abbracciata e guardata come fanno River e Luke, che pure sono solo amici. Ma non se lo aspetta. Ha capito che per qualche motivo tra loro le cose stanno diversamente, che, anche se si cercano e amano passare tutto il tempo possibile insieme, forse non staranno mai insieme come una coppia. L'idea le dispiace, è innegabile, ma se riflette su com'è vivere quella situazione di stallo, sente di non potersi lamentare: c'è qualcosa di speciale nel loro rapporto che non vede ripetersi in nessun altro duo, qualcosa che la fa sentire importante e vicina a lui come nessun altro. Senza contare che, dopo essere stata quasi del tutto ignorata per tanto tempo, anche il solo fatto che lui la saluti per primo e le sorrida quando parlano le sembra un enorme passo avanti; pensare che addirittura vada a prenderla per portarla in giro da soli è quasi un sogno.

E se quella stasi della loro relazione significa poter trascorrere ore al telefono senza imbarazzo, parlando di musica e facendo progetti, se significa uscire assieme la sera, assistere alle prove della band per vederlo suonare e far parte del suo gruppo di amici più stretti, allora a Shae-Lee va bene. Va più che bene. Pensa addirittura che potrebbe innamorarsi di un rapporto così con Michael Clifford: quei sorrisi, quegli sguardi e quelle possibilità sono solo suoi; quei momenti in cui stanno seduti l'uno accanto all'altro a ridere senza alcun motivo apparente sono solo suoi. Sono solo loro. E anche senza etichette, anche senza conferme, a Shae-Lee va bene lo stesso, se può stare con Michael.

«Shae? Mi stai ascoltando?»

Lei sobbalza, riscossa dai suoi pensieri, e scoppia in una risata imbarazzata, mentre un'espressione di scuse sostituisce quella assorta sul suo volto. «Scusa» borbotta solo, e già si sta rimproverando per quella pessima figura. Ad essere sincera, era così persa nei suoi pensieri da non essersi nemmeno accorta che Michael avesse detto qualcosa.

Lui ride, si scompiglia e risistema accuratamente i capelli prima di posare di nuovo lo sguardo su di lei. «Dicevo: si potrebbe rifare, no? Un pomeriggio così».

Shae-Lee semplicemente s’illumina a quelle parole: il sorriso si allarga, così come gli occhi, in un'espressione di pura gioia. Michael, senza riuscire a impedirselo, sta già sorridendo di rimando.

«Oh, sì, certo! Tutte le volte che vuoi!» squittisce col suo solito entusiasmo, salvo poi rendersi conto di essere forse sembrata un po' troppo coinvolto e cercare di tornare indietro: «Cioè, sì, insomma… si può fare, ogni tanto». La verità è che le lo rifarebbe volentieri tutti i giorni, tutti i santi giorni, a costo di finire col rovinare la media scolastica – che già non è delle migliori – e conoscere a memoria ogni più piccolo angolo della città; l'ideale sarebbe poter conoscere altrettanto bene ogni più piccola sfumatura della personalità di quel ragazzo.

Michael continua a ridere perché non riesce a fare altro: Shae-Lee è buffa e con lei non si annoia mai, nemmeno per un attimo. Non sente il bisogno di studiare battute sofisticate o di frenare le più sciocche, come è solito fare quando esce con una ragazza: con lei è semplicemente se stesso, senza freni inibitori, senza maschere, senza sentire la necessità di nascondersi dietro un modo di fare da “ragazzo figo”. Michael non è un “ragazzo figo”, ha sempre saputo di non poter cambiare le cose perché, come dice lui, ha nel DNA il gene “freak”, che lo rende per l'appunto uno strambo. Se anche qualche volta ha provato a comportarsi diversamente da ciò che è, ha imparato in fretta che la finzione non paga, ma anzi ostenta, forza e reprime la spontaneità. Da quando conosce Shae-Lee ha capito, oltre tutto, che nascondersi dietro una maschera non serve, che le persone possono apprezzarlo per quello che è, con tutte le sue stranezze, la fissazione per i videogiochi e i capelli tinti di colori improbabili.

Shae-Lee è sempre se stessa, con la sua risata contagiosa, le guance sempre rosse e gli occhi spalancati a meravigliarsi di tutto ciò che la circonda; non ha paura di mostrarsi ferita né felice, non ha paura di lasciar trasparire il suo lato nerd, l'emotività, la passione smisurata per la musica e tutte le sue insicurezze. A Michael sembra di conoscerla già da una vita, come non gli è mai successo con nessuno. Intendiamoci: nonostante la timidezza Michael e il contegno non sono mai stati inseriti nella stessa frase senza una negazione o una gran carica di sarcasmo; ma da qui a sentirsi a casa con tutti ne corre d'acqua sotto i ponti. Ed è proprio questa la differenza tra Shae-Lee e tutti gli altri: con lei è se stesso, con lei si sente a casa nonostante la conosca davvero solo da pochi mesi.

Quindi ridendo la abbraccia, solo perché ha voglia di farlo, e le stampa un bacio sulla fronte che la fa arrossire come un peperone in meno di un secondo. Sente il proprio cuore accelerare il battito, perché non è proprio questo il genere di contatto che vorrebbe con lei – non solo, almeno – ma non si azzarda a fare altro. Percepisce il calore irradiato dal suo corpo, i suoi capelli arruffati solleticargli il collo e, quando lei risponde a quel goffo abbraccio appoggiandogli la testa sulla spalla, è sicuro di essere rosso almeno quanto lei. La stringe un po' di più a sé, mentre nella sua testa si affollano mille cose da dire, tra cui non riesce a sceglierne nemmeno una. Essere diretto, essere carino, essere romantico o essere divertente? E se lei preferisse rimanere così in silenzio? E se volesse parlare lei per prima? E se...

«Mi sto strozzando con la tracolla».

...e se invece dicesse la prima cosa che gli passa per la testa, la più stupida del mondo? Si fa i complimenti da solo e sospira in silenzio, sconcertato dal suo essere sempre così fuori luogo.

Shae-Lee ride, ride serenamente e si sposta appena, aiutandolo poi a sfilarsi la custodia della chitarra dalla spalla; la appoggia accanto alla propria sull'erba e poi s’incanta qualche istante a fissarle, trovando in quell'immagine più armonia di quanta si penserebbe: finge che quelle due chitarre siano loro due, l'uno accanto all'altra nel parco, scomposte e un po' sporche dopo essere state poggiate dove capitava per tutto il giorno, ma sempre e comunque in grado di creare una musica perfettamente armonica.

Quando alza lo sguardo, trova Michael ad osservarla; il cuore perde un battito, poi comincia una corsa a perdifiato che nessuno sarebbe capace di arrestare. Accorgendosi della sua vicinanza e, con ancora il pensiero delle due chitarre in mente, gli lascia un soffice bacio sulla guancia.

Rimane lì, immobile, inchiodata dallo sguardo di Michael, che sorride appena, poi con delicatezza posa le labbra sulle sue.

 

Il garage di casa Irwin sembra sempre troppo piccolo a Michael quando, come in quel momento, le grida di giubilo dei ragazzi rimbalzano chiassose contro le pareti; le sue guance sono rosse, lo sguardo basso, le mani già si occupano dei capelli nel disperato tentativo di trovare una distrazione dall'imbarazzo. C'è un sorriso, però, che non riesce a trattenere, e a nessuno passa inosservato.

«Finalmente, amico!» tuona Ashton con fin troppo entusiasmo, per poi ridacchiare in quella maniera singhiozzante e un po' acuta che lo contraddistingue. «Ormai vi frequentate da secoli!»

«Già!» conferma Calum, battendogli una mano sulla spalla: era ora che lui e Shae-Lee facessero un passo avanti, qualcuno doveva pur mostrare a Luke e River come si portava una relazione al livello successivo. Il pensiero di Luke lo porta poi immediatamente su una nuova linea pensiero, ricordandogli una voce che ha sentito girare in corridoio quella mattina, all'uscita dalla lezione di biologia. «E tu, Lucas, spiegami un po' come hai fatto ad entrare nelle grazie di Debbie Melvin» esordisce, lo sguardo che da un amico si tuffa fulmineo sull'altro.

Luke sgrana gli occhi, è confuso, arrossisce anche un po', perché sembra quasi che Calum stia insinuando qualcosa. La verità è che nemmeno lui sa come ci sia riuscito, fatto sta che sono giorni che parlano spesso. La trova una compagnia piacevole, quella di Debbie, anche se a vederla non lo avrebbe mai immaginato; è una ragazza in gamba, che ha sempre una risposta a qualunque quesito e sembra sempre comprendere alla perfezione ogni suo pensiero e confessione. Qualche giorno fa si sono di nuovo incontrati dopo gli allenamenti e sono rimasti nel cortile della scuola a fare conversazione fin dopo al tramonto.

Sorride al ricordo, poi scrolla le spalle e fa una smorfia: «Non lo so, è successo e basta. Credo di starle simpatico» ipotizza, anche se non si è mai preoccupato della motivazione che sta dietro alla loro neonata amicizia al punto da discuterne con Debbie. Non crede nemmeno sia necessario farlo: le persone fanno amicizia e basta, non deve per forza esserci un motivo – anzi, se certe cose succedono spontaneamente è un bene.

Calum schiocca la lingua contro il palato e scuote la testa, mentre le dita sfiorano le corde del basso, che fremono appena rilasciando l'eco di qualche nota. «A Debbie Melvin le persone non stanno simpatiche, pare. Di solito almeno» insiste con un sogghigno. Poi alza lo sguardo e vede Luke arrossire, senza saper bene perché stia succedendo. Non ci fa troppo caso, anzi, ride del ricordo che sta per condividere coi suoi amici: «Ho provato a chiederle di uscire ieri: prima mi ha detto di essere lesbica e poi impegnata. Ma cosa faccio io alle donne, eh?»

Michael ridacchia e ammicca nella sua direzione: «Scappare» risponde; «le fai scappare».

Ashton ride forte, assieme a Mikey e anche a Calum, mentre Luke si limita a soffiare una risatina poco convinta.

La verità è che non sta nemmeno ascoltando, troppo assorbito nel frenetico riflettere su tutte le osservazioni ottenute, diretto verso una presa di coscienza che un po' lo turba. Perché se è vero che a Debbie non piace nessuno, che rifiuta ostinatamente l'amicizia del resto del gruppo, che sembra in tutto e per tutto disgustata da Calum e dal suo modo di fare, è altrettanto vero che con Luke va d'accordo: parlano molto, senza problemi, si sfogano l'uno con l'altra e da quando è stato rotto il ghiaccio hanno un occhio di riguardo l'uno per l'altro in ogni circostanza – perché l'occasione non si è mai presentata, ma se fosse necessario sarebbero pronti a difendersi a vicenda. E Debbie non si comporta così nei confronti di nessuno, se non di Shae-Lee, la sua migliore amica. Se c'è una cosa che Luke sa delle ragazze, è che considerano la loro migliore amica come il loro principe azzurro mancato. È un po' imbarazzante pensarci, ma se tutti questi presupposti conducono ad un solo risultato, questo dev'essere che Debbie Melvin ha una cotta per lui.

Arrossisce e sgrana gli occhi, incredulo, ma si ricompone in fretta, perché non ha alcuna intenzione di spifferare ai ragazzi quello che ha appena realizzato. È così strano. Debbie... una cotta per lui? Lui, innamorato della sua migliore amica probabilmente da sempre? È strano, sì, ma se solo Luke non fosse così invaghito di River, pensa che le darebbe una possibilità. Un lato di lui sa che l'unico modo per uscire da quell'amore a senso unico sarebbe cercare di distrarsi, di dedicarsi ad altro, magari anche dando una possibilità ad una persona con cui tutto sommato si trova molto bene, nonostante la conosca da poco. Eppure River c'è e Luke non riesce a non pensare a lei.

Sospira e Calum gli batte forte una mano della nuca, dicendogli che, no, durante le prove i sospiri innamorati sono vietati, 'ché i sorrisi svagati di Michael dopo il bacio (i baci, corregge lui) con Shae-Lee sono già abbastanza fastidiosi.

 

«Potremmo uscire di nuovo tutti insieme» propone Michael, sedendosi al tavolino della pizzeria davanti a quella che ormai può, non senza un certo senso di orgoglio, definire la sua ragazza. Non che ne abbiano parlato apertamente, ma lo hanno deciso in silenzio, di comune accordo, quando lei gli ha preso timidamente la mano a scuola e lui l'ha stretta, percependo quella scarica attraversargli in corpo. Si aspettavano gli sguardi di tutti addosso, avanzavano rossi in volto, circospetti, ma nessuno li ha guardati più del solito.

È strano, secondo lui, che una rivoluzione così grande nella sua vita passi del tutto inosservata al resto del corpo studentesco. Come possono non notare quell'enorme ed eccitante cambiamento? Sono giorni, ormai, che l'entusiasmo lo accompagna ovunque lui vada e qualunque cosa lui faccia. Ogni volta che il pensiero di Shae-Lee lo colpisce, bang!, un sorriso ebete si illumina sul suo viso e i commenti contrariati di Calum gli piovono addosso in stile temporale estivo – la pioggia si estingue in fretta, però, perché River e Luke sono sempre pronti a metterlo a tacere, prendendo la parte della nuova coppietta.

Se non si conta Debbie Melvin, la novità sembra entusiasmare tutti quanti – o per lo meno tutti coloro che sanno dell'esistenza di Michael Clifford e Shae-Lee Anning.

Sembrano fatti l'uno per l'altra, secondo River; lui sembra fatto solo per lavorare come cassiere da Tesko per il resto della sua vita, calvo e inquietante come solo lui sa essere, secondo Debbie: Shae-Lee merita molto di più. Tutti, però, o per lo meno i “tutti” di cui si parlava prima, hanno imparato che l'opinione di Debbie Melvin su Michael e ciò che lo riguarda non conta davvero: sarà sempre di parte, sempre negativa.

«È una bellissima idea!» risponde la ragazza, mentre un sorriso smagliante si allarga sul suo viso e le guance s’imporporano appena. Non che sia successo niente di particolare, ma da quando stanno insieme – perché stanno insieme, giusto? – Shae-Lee è più o meno sempre rossa in volto.

Se lo chiedi a Debbie, i suoi sbalzi di umore sono persino peggiorati. Se un tempo Michael era il suo argomento di conversazione preferito, ora letteralmente non parla mai d'altro; quando anche sembra che l'oggetto del discorso sia altro, si può star certi che quell'oggetto richiami per metonimia Michael Clifford. Quel ragazzo sembra essere ovunque, persino nelle vaschette di gelato, persino nelle riviste di moda, per non parlare di ogni singola canzone esistente.

Shae-Lee dà un morso al suo trancio di pizza ai funghi e poi riprende a parlare, coprendosi la bocca con una mano: «Sabato ho casa libera tutto il giorno» comunica; poi qualche idea strana le passa per la mente, dunque arrossisce e si sente una poco di buono: di certo non vuole che Michael fraintenda le sue intenzioni. Non che lui non le piaccia, ma non è una facile, non lo sta invitando a casa sua per fare chissà cosa.

Anche lui arrossisce, ma fa finta di nulla, dandosi mentalmente del pervertito: non può accaldarsi al solo sentir dire che casa Anning è vuota. È solo che... lo sanno tutti, no? Una casa vuota significa libertà, libertà di fare cose che normalmente, coi genitori, non si potrebbero nemmeno prendere in considerazione. Cose a cui Michael dovrebbe davvero smettere di pensare, e in fretta, perché, no, non è il caso di correre così tanto. Stanno insieme da solo qualche giorno, non può già sperare di finire nel suo letto. O meglio, può, ma farglielo capire non sarebbe carino, non così presto. Forse. Però... No! Deve darsi una calmata.

Inghiotte un grosso pezzo di pizza, prima di annuire e confermare: «Sì, è un'opzione. Possiamo proporlo agli altri».

«Anche a Ashton?» domanda Shae-Lee, ansiosa di portare la conversazione lontano dai suoi pensieri imbarazzanti.

Michael coglie la palla al balzo, forse anche più a disagio di lei, e fa una smorfia. «Non lo so, pensi che a River darebbe fastidio?»

La ragazza ci pensa su solo un attimo, prima di ricordarsi della risolutezza con cui, l'ultima volta che ne hanno parlato, la sua amica ha affermato di non voler più vedere Ashton. Non che lo odi, questo mai, River non sarebbe mai capace di un sentimento così negativo; semplicemente finché non lo incontra riesce a non pensare all'accaduto e, di conseguenza, a non soffrirne. Prima o poi la sua cotta svanirà, no? È un piano piuttosto efficace secondo River; lo è un po' meno nell'ottica di Debbie, mentre Shae-Lee si limita ad appoggiare la sua scelta, senza preoccuparsene davvero.

«Forse è meglio che lui non ci sia» suggerisce comunque. A lei Ashton piace, se deve essere sincera. Sembra un ragazzo simpatico, gentile, alla mano; si è impegnato tanto per ottenere quel contratto e non l'ha mai visto offendere nessuno né nulla del genere. Secondo Debbie è un egocentrico narcisista, ma ormai persino Shae-Lee inizia a credere che i giudizi della sua migliore amica su chiunque sia legato a Michael non siano da tenere in considerazione.

Secondo Shae, se non ci fosse stato Luke, lui e River sarebbero potuti essere una bellissima coppia. Il fatto è che ovviamente, invece, Luke c'è; e nonostante da un po' di tempo a questa parte trascorra un sacco di tempo in compagnia di Debbie, quasi più che con River, lui è senza ombra di dubbio la sua anima gemella. Si vede da come si guardano, da come ad ogni movimento dell'uno ne corrisponda uno dell'altra; si vede dai loro sorrisi speculari, dalla complicità che Shae-Lee a volte si ritrova a invidiar loro. Luke e River hanno qualcosa in più di qualunque altra coppia di persone lei abbia mai visto.

«Credi che si piacciano?» chiede all'improvviso, senza alcun apparente collegamento logico.

Michael sgrana gli occhi; continua a masticare lentamente, prendendo tempo, poi ingoia il boccone e si scompiglia i capelli, per sistemarli subito dopo. «Chi?» domanda, confuso.

Shae-Lee ride, rendendosi conto del proprio repentino cambio di argomento. «River e Luke. Io li trovo... perfetti. Sarebbe un peccato se non si piacessero. Lei dice di essere presa da Ashton, ma...»

Mikey sorride e scuote il capo, interrompendo così quella frase che sarebbe comunque rimasta in sospeso. «Loro stanno insieme, ma non lo sanno» decreta, come se fosse del tutto sicuro di quello che sta dicendo. E infatti lo è: lo sostiene da sempre. L'unica cosa che non sa è come sia possibile che loro stessi non se ne siano ancora accorti.

Anche Shae-Lee sorride, perché le sembra una cosa bellissima e terribilmente romantica.

 

*

 

Calum sbuffa e incrocia le braccia sul petto; il suo vassoio della mensa è pieno ma il cibo è ancora del tutto intonso. Non ha nemmeno preso in mano la forchetta per fingere di assaggiare i maccheroni al formaggio – poco invitanti – nel suo piatto, impegnato com'è a fissare Debbie e Luke che ridono di fronte al distributore delle bibite.

Il loro tavolo è insolitamente vuoto oggi: Michael e Shae-Lee hanno optato per un pranzo di coppia in un angolo della grande sala e solo Calum e River sono seduti al solito posto; entrambi guardano nella stessa direzione, lei con meno fastidio e più confusione di lui.

«Da dove spunta tutta questa affabilità?» domanda il ragazzo, brusco, lo sguardo fiammeggiante.

Sono passati ormai quindici minuti da quando Luke si è alzato per prendere da bere, senza più far ritorno, e a lui piacerebbe davvero sapere come può Deborah essere così fredda nei suoi confronti ma così solare in quelli del suo migliore amico. C'è qualcosa di totalmente ingiusto in questo comportamento.

River sgrana appena gli occhi e gli rivolge un'occhiata smarrita. Piacerebbe anche a lei saperlo. Non che quella nuova grande amicizia la infastidisca (forse), ma ha come l'impressione di essersi persa qualcosa. Cos'è successo? Quando è successo? Come mai sono così affiatati tutto d'un tratto? Un giorno era tutto normale e quello seguente Luke e Debbie erano amici per la pelle.

Deborah, addirittura, ride e scherza, serena come River forse non l'ha mai vista nemmeno nei pomeriggi tra sole ragazze. È quasi tentata di chiedere a Shae-Lee se la loro amica sia effettivamente mai stata così tranquilla di fronte a qualcuno, o anche da sola con lei.

Non ha mai avuto dubbi sulla piacevolezza della compagnia di Luke, ma c'è qualcosa che non quadra e le piacerebbe davvero potersi dare una risposta. C'è qualcosa di strano in queste novità. Oggi, per esempio, si sono dati appuntamento tutto allo stesso tavolo, come sempre, ma Luke al momento sembra troppo impegnato a chiacchierare con Debbie per unirsi a loro.

River sente lo stomaco brontolare, ma lo ignora, decisa ad aspettare Luke prima di iniziare a mangiare. Perché Luke arriverà, Luke arriva sempre, lui sa che lei non toccherà cibo senza di lui. È sempre stato così. È una regola non detta, una gentilezza reciproca che nessuno dei due ha mai infranto: si aspettano, si sono sempre aspettati e si aspetteranno sempre. Le cose non sono cambiate, giusto?

C'è uno strano timore che da qualche giorno non riesce a scacciare. Quella sensazione di non sapere la turba, ha l'impressione che qualcosa sia sul punto di mutare radicalmente e l'incertezza e l'attesa sono una lenta tortura.

Calum sbuffa, prende a infierire su un tovagliolino di carta, stracciandolo in mille piccoli pezzi, senza staccare gli occhi dalla nuova coppia di amici. «Ma per piacere, è ridicolo! Che le prende? A me nemmeno risponde quando parlo, con Lucas è tutta un cuore!»

“Tutta un cuore.” A River vien da ridere sentendo quella frase, ma cerca di trattenersi. «Hanno solo fatto amicizia» cerca di giustificarli, perché in fondo entrambi sono suoi buonissimi amici e l'idea che Calum ce l'abbia non loro non le piace. Ma la verità è che non sa bene come prendere le loro parti, visto che lei stessa non ha idea di cosa sia successo.

«Sarai mica geloso, Cal?» butta lì infine, non sapendo cosa aggiungere, nel tentativo di attirare la sua attenzione per poi portarla su qualcos'altro che lo infastidisca meno.

Calum invece di indispettirsi e negare ostinatamente come da copione, scrolla le spalle e s’incupisce un po'. «A me non ha dato nemmeno una possibilità» borbotta. Lo trova ingiusto. Luke ha già la sua River, per averla gli basterebbe allungare una mano e prenderla; perché deve avere ai suoi piedi anche Debbie? Non che ce l'abbia con lui, sa che il suo migliore amico non gli soffierebbe mai la ragazza da sotto il naso, è il comportamento di lei che non capisce. Cos'ha Luke che a Calum manca? I capelli biondi, le spalle larghe? Lei non sembra il tipo da far caso a certe cose. Il cuore impegnato? È una questione d'orgoglio, forse? Che voglia allontanare Luke da River, perché crede che non abbia speranze? Che lo voglia semplicemente perché il suo cuore è già di qualcun altro? Calum non riesce a spiegarselo.

River, colpita da quella reazione, abbassa lo sguardo. Si sente in colpa per aver infierito e vorrebbe davvero potergli dare una risposta soddisfacente, ma non ne ha, non ha spiegazioni a quell'enigma. Gli posa una mano sul braccio, invece, e abbozza un sorriso rassicurante quando lui la guarda negli occhi, pensando che oggi entrambi usciranno dalla mensa a stomaco vuoto. «Sono solo amici» lo rassicura.

 

*

 

«Credo che lei mi piaccia».

Le parole di Luke giungono del tutto inaspettate all'orecchio di River, che impallidisce udendole. Sono seduti al tavolo della cucina di casa Loveday, appena qualche giorno dopo, e si stanno sforzando di studiare insieme la rivoluzione francese. Per lo meno ci stavano provando fino a qualche istante fa, poi, mentre River leggeva ad alta voce un paragrafo, Luke l'ha spiazzata con quell'affermazione.

«Chi?» domanda scioccamente, nonostante sappia con esattezza di chi si sta parlando.

Lui arrossisce e la guarda; non saprebbe dire nemmeno lui perché lo sta dicendo, ha passato metà pomeriggio a cercare di partorire quelle parole, ma ora vorrebbe rimangiarsele. «D-Debbie» balbetta, in un misto tra l'imbarazzo e il pentimento. C'è qualcosa nell'espressione smarrita di River che lo turba, ma è troppo confuso per poter comprendere di cosa si tratti: se siano le sopracciglia aggrottate, le labbra strette invece che dischiuse per la sorpresa, il pallore sulle guance. Si aspettava un sorriso smagliante e magari un abbraccio? Be', sì, perché è così che funziona di solito le cose tra loro. O funzionavano. Cos'è cambiato?

«Oh» mormora lei in risposta, sforzandosi di abbozzare un sorriso. Si sente strana, ma cerca di non perdere tempo analizzando le proprie sensazioni e, anzi, torna in fretta a leggere ad alta voce il testo di storia. L'interrogazione di certo non si preparerà da sola; quel sentimento di delusione che le morde la gola, invece, teme proprio che non se ne andrà tanto presto.

Legge meccanicamente senza capire nulla di quello che pronuncia, mentre, senza riuscire ad evitarlo nonostante il proposito, pensa a Luke. Com'è possibile che tutto d'un tratto gli piaccia Debbie? Fino a qualche settimana fa nemmeno osava guardarla in faccia, nemmeno si salutavano – e ora? Cos'è cambiato? Ha come l'impressione che una piccola parte di Luke si sia nascosta, dopo il loro allontanamento, e ora lei non riesce più a vederla. Le sembra di non conoscerlo più, o di non conoscerlo più come prima. Chi dei due è cambiato?

E Debbie? È interessata a lui? Non ne ha mai dato segno, anzi, sembra convinta che tra lei e Luke ci sia del tenero. Teme che Deborah sia proprio il genere di persona che non si avvicinerebbe mai a lui per paura di farle un torto. Non vuole che Luke ne soffra. E... e... no. Tutto ciò che vuole è che Luke se ne vada a casa, lasciandola libera di sfogare quel pianto del tutto immotivato che preme per uscire. Non vuole mostrarsi contraria a quel suo nuovo sentimento, vuole supportarlo e vuole che Luke sia felice. Eppure... eppure... Oh, è così difficile! È confusa, non ha la minima idea di cosa dire, fare o pensare. Non sa che cosa le stia succedendo, non capisce come si senta né come debba sentirsi. C'è qualcosa di maledettamente sbagliato in quel miscuglio di emozioni negative che le inondano la mente.

Nemmeno si è resa conto di aver smesso di leggere e di star fissando un punto al centro della tavola, tra lei e lui.

Neanche Luke se n’è accorto, perso com'è in una confusione molto simile alla sua. Non comprende la reazione della sua amica, sempre che di una reazione possa parlarsi. È forse offesa? Perché lo sembra. O semplicemente non le importa? Non sa quale eventualità lo ferisca di più. E lui, lui come si sente a riguardo? Il mix emotivo che lo sta lentamente torturando lo innervosisce; forse dimenticare River e provare a ricominciare da zero con Debbie è davvero la cosa giusta da fare. Continuando a seguire gli sbalzi d'umore e a prestare troppa attenzione ad ogni dettaglio sul viso di River finirà per impazzire.

La stanza è immersa in un tale silenzio che, uscito dal suo studio al piano di sopra, il signor Loveday si convince che i ragazzi siano usciti, quindi inizia a cantare a squarciagola, mentre cammina verso il bagno.

River arrossisce e sgrana gli occhi per l'imbarazzo, udendolo, ma non ha il coraggio di richiamare l'attenzione del padre, per paura di metterlo a disagio. Quindi si limita ad accennare una risatina, mentre Luke già sghignazza piano, senza farsi sentire.

«E lei ricambia?» mormora lei, senza nemmeno rendersi conto di essere sul punto di dirlo.

Luke si passa una mano sulla nuca e si stringe nelle spalle larghe, mordendosi il labbro inferiore in segno d’incertezza. «Secondo Calum sì».

Sì, secondo Calum Debbie ricambia eccome. River non ha affatto dimenticato l'innegabile gelosia del suo amico, né l'aver aspettato Luke per tutta la pausa a pranzo senza che a lui venisse in mente la sua abitudine di aspettare di esserci tutti, prima di iniziare a mangiare. Sente lo stomaco brontolare scontento al solo pensiero e abbassa lo sguardo per celare il velo di tristezza che lo ha coperto.

Magari sì, magari Debbie ricambia i sentimenti di Luke. «Allora buttati».

 

*

 

Qualcuno, e lei non saprebbe dire chi né in quale occasione, ha detto: “se non puoi combatterli, unisciti a loro”. Ecco, se c'era una cosa che Deborah Melvin avrebbe preferito non fare mai in tutta la sua vita, quella era proprio avvicinarsi a quel perfetto idiota, ma purtroppo al momento sembrava non esserci altra soluzione.

«Hood!» sbotta marciando attraverso il corridoio; Calum alza lo sguardo, ma prima che possa rendersi conto di chi sia la ragazza che lo ha chiamato, lei lo sta già trascinando, tenendolo per un polso, dentro uno sgabuzzino.

Solo dopo essersi chiusa la porta alle spalle Debbie si rende conto di quanto quell'azione possa risultare fraintendibile, quindi: «No» premette. E poi tace, mentre tasta il muro alla ricerca dell'interruttore.

Quando lo stanzino s’illumina, Calum ha le sopracciglia aggrottate in un'espressione perplessa, le braccia incrociate e gli occhi stretti a causa dell'improvviso ritorno alla luce. «No che cosa, esattamente?»

Debbie sbuffa, si sta già pentendo di quello che ha fatto, soprattutto perché ha agito senza pensare, una volta tanto, e si è cacciata in una situazione potenzialmente compromettente. «Non farti strane idee» spiega, mettendo le mani sui fianchi.

Nel momento stesso in cui sente quelle parole, il sorriso di Calum si allarga. Lui si appoggia mollemente all'armadietto di latta alle proprie spalle, in quella che pensa sia una posa “cool”; per protesta, ovviamente, l'armadio decide di vibrare sotto il suo peso e di far rimbombare un suono agghiacciante all'interno del piccolo spazio in cui si trovano. Calum, con la sua migliore faccia di bronzo, finge di non essersi spaventato e parla: «Strane idee? Come potrei farmi strane idee dopo che mi hai intercettato in mezzo al corridoio per portarmi in un minuscolo sgabuzzino buio con tanta urgenza? Come potrei pensare che—»

«Oh, chiudi il becco!» Okay, è stata decisamente una bruttissima idea quella di affidarsi a lui, pensa Debbie; d'altra parte, però, Michael Clifford le sembrava un'opzione ancora più improbabile. Alza gli occhi al soffitto, quindi, e gli punta contro un dito. «Non racconterai ai tuoi amici nessuna menzogna su questo incontro e, puoi stare tranquillo, sarà il primo e l'ultimo. Chiaro?»

Calum batte le palpebre un paio di volte, poi sogghigna. «Una botta e via? Per me va benissimo!»

La ragazza lo fulmina con lo sguardo, poi sospira pesantemente, le mani che corrono a massaggiarsi le tempie. Perché deve rendere tutto così difficile? «Sei la persona più indisponente che io abbia mai incontrato» dichiara sottovoce, come se parlasse più a se stessa che a lui. Spera solo che questa collaborazione sarà molto breve. «Luke Hemmings mi ha chiesto di uscire. Toglimi Luke Hemmings dai piedi, Calum Hood, perché io non voglio—»

«Che cosa?» Calum sbianca e dimentica all'istante tutta l'ironia con cui si stava preparando ad esasperare la ragazza. «Luke cosa?» ripete, sconcertato. Questo non ha alcun senso! È del tutto – del tutto! - sbagliato. Luke è il suo migliore amico, non è il genere di persona che ignora i sentimenti degli altri, li scavalca e ruba loro la ragazza. Luke non è un cretino egoista come tutti gli altri, accidenti! E tanto meno è il genere di persona che chiede di uscire a qualcuno che non sia River Loveday. Non ha alcun senso. No, deve aver decisamente capito male. Eppure è piuttosto sicuro di non aver frainteso. Ah, accidenti a te, Luke! «Perché avrebbe dovuto?»

Debbie sputa una risatina amara; «Sì, be', grazie dell'implicito complimento» commenta. Carino da parte sua porsi certe domande, come se lui stesso non continuasse a fare di tutto per attirare la sua attenzione, come se non le chiedesse continuamente di uscire; Calum Hood, decide, è di certo un gigantesco idiota. È davvero sicura che non sia meglio cercare l'aiuto di quell'imbecille di Michael Clifford? No. No, Michael Clifford sarebbe davvero troppo, non vuole nemmeno ipotizzare di cadere così in basso.

Si ricompone in fretta, quindi, e riprende il suo discorso: «A me Luke non interessa in quel senso, Calum» gli dice; «e sono altrettanto sicura di non essere io quella che interessa a lui. Non voglio trovarmi al centro di un ridicolo triangolo amoroso, per cui, per piacere...»

Calum non riesce a capire, deve essersi perso un passaggio in quel ragionamento perfettamente logico – perché di sicuro per Debbie fila tutto liscio come l'olio, ma non per lui. «E io che c'entro?» Gli piacerebbe davvero essere in grado di pilotare le idee e i sentimenti della gente per far sì che si comportino nel modo giusto, ma purtroppo non è così. Ci prova, ogni tanto, ma non sempre l'esito è il desiderato. Quando ha fatto notare ad Ashton quell'errore di distrazione che continuava a sfuggirgli, per esempio, si è ritrovato a dover tornare a casa a piedi ogni giorno e a vedere il suo amico solo una volta a settimana, due quando aveva tempo per le prove.

«Sta a te dirgli di no. Sei tanto brava a farlo» aggiunge, sorridendo sornione.

Debbie serra la mascella e storce le labbra in una smorfia di superiorità. «L'ho fatto».

«Ebbene?»

«Ebbene», sospira, citandolo; «a quanto pare Luke è un cervellone ostinato proprio come te, perché non sembra essersi scoraggiato».

Calum si acciglia. «In che senso?»

«Me lo chiede già da una settimana».

Una settimana. Calum non riesce a crederci. «Si può sapere che diavolo ha in mente?» si lascia sfuggire, passandosi una mano sul viso, nel tentativo di scacciare il velo di confusione che sembra ottundergli la vista. «Lui è innamorato di River!» E sa benissimo della sua cotta per Deborah. Non riesce a credere che Luke gli stia facendo una cosa del genere – a che pro, poi, se in testa non ha altri che la sua stessa migliore amica?

«Oh!» Debbie tira un sospiro, felice che finalmente qualcosa sia esattamente come l'aveva in mente. «E su questo per lo meno siamo d'accordo. Sono entrambi miei amici e non voglio essere messa in mezzo. Ecco perché devi togliermelo dai piedi». Si trova in una situazione estremamente scomoda: da una parte c'è un'amica a cui si è affezionata da morire e che vorrebbe difendere da ogni pericolo, dall'altra una nuova conoscenza con cui si è resa conto di essere più in sintonia che con chiunque altro; per nulla al mondo vorrebbe essere causa di sofferenza per una di quelle persone – o, peggio, per entrambe.

A Calum serve ancora qualche istante per rendersi conto che «Woo-hoo! Debbie Melvin mi sta chiedendo aiuto!»; allora ride, pensando che, dopo tutto, non è ancora tutto perduto, magari ha ancora qualche speranza, se non proprio di uscirci assieme, almeno di divertirsi a esasperarla.

Deborah stringe le labbra per trattenere la propria frustrazione, poi, mettendo da parte l'orgoglio con grande sforzo, sospira e annuisce; «Esatto» si trova costretta ad ammettere.

Calum mette su un sorrisetto sghembo e socchiude gli occhi; si è ripreso in fretta dal momento di smarrimento, trovatosi a fronteggiare alla totale resa della ragazza. “Poco” è meglio di “niente”, dopo tutto, no?

«Chiedimelo».

«Cosa?»

Sogghigna. «Chiedimi aiuto».

Deborah inarca un sopracciglio e incrocia le braccia sotto al seno. «Scusami?»

«Voglio sentirtelo dire apertamente – quando mi ricapita un'occasione così?»

In effetti. La ragazza fa schioccare la lingua contro il palato e solleva leggermente un lato della bocca. «Non calcare troppo la mano» lo rimprovera. «Ora, l'idea è che...»

«Ah-ha» la zittisce lui, agitandole una mano davanti al viso. «Se vuoi il mio aiuto, chiedimelo esplicitamente. Sai, sono un po' tardo...» insiste, un sorriso sornione a increspargli le labbra.

Debbie sbuffa, fulminandolo con lo sguardo. Quel ragazzo è proprio incredibile! E, no, non in senso positivo. «Sei un bambino».

Il sorriso di Calum si allarga, sicuro che lei sia sul punto di cedere. La soddisfazione sta per arrivare, ormai è chiaro. «Sì, senza dubbio».

«Mi aiuterai, Calum?»

«Oh», il ragazzo fa una smorfia disgustata e incrocia le braccia. «No, no, so che puoi fare di meglio. Che ne dici di “Ti prego, Calum, ho bisogno di te”».

Oh, ora non esageriamo. «No».

«E dai!»

«No».

«Puoi almeno metterti in ginocchio?»

«Oh, non mi inginocchierò di fronte a te in uno sgabuzzino, Calum Hood, né ora né mai».

La risata di Calum esplode rumorosa e incontrollabile all'interno del ripostiglio; una volta tanto, deve ammetterlo, non aveva pensato a nessuna allusione. E non riesce più a smettere, ora, piegato su se stesso per il troppo ridere, con Deborah che si guarda attorno, allarmata, sperando che nessuno lo senta né, tanto meno, li sorprenda chiusi lì dentro. «Calum!» sbotta lei in un sussurro stizzito e disperato; «ti prego, stai zitto e aiutami. Contento? L'ho detto, ora chiudi il becco!»

Lui, incapace di controllare le risate, cerca comunque di darsi un contegno; si asciuga una lacrima al lato dell'occhio destro e soffoca la propria ilarità tappandosi la bocca con le mani. Solo dopo qualche lunghissimo istante sotto lo sguardo severo e imperturbabile di Deborah riesce finalmente a smettere di ridere; allora prende un respiro profondo e sogghigna. «Be', ho vinto su tutta la linea!» proclama.

Debbie rotea gli occhi, le braccia ancora strette al petto. «Certo, come no» lo asseconda in tono piatto e frettoloso. «Allora, il piano è questo: digli che ti interesso, digli che usciamo assieme e—»

«... e che mi hai trascinato in uno sgabuzzino per inginocchiarti al mio cospetto—»

«Ah ah ah, molto divertente, davvero, ma non puoi raccontare storie fantascientifiche, se vuoi che ti creda».

«Hey!» Calum cerca di fingersi offeso, ma trova quella situazione troppo divertente per impedirsi di ridere. «Va bene, allora usciamo insieme».

«Esatto». È piacevole vedere che finalmente quel ragazzo stia iniziando a collaborare. Ci è voluto un po', ma sembra che le cose possano funzionare.

«Venerdì sera?»

...O forse no. «Che cosa?»

«No? Possiamo fare sabato sera, allora, ma devo liberarmi da--»

«No! Noi non usciremo insieme, Calum, questo sarà semplicemente ciò che tu dirai ai tuoi amici».

Calum batte una mano sulla propria coscia e fa una smorfia, brontolando un “accidenti”. «Be', io ci ho provato».

Deborah sospira e rotea gli occhi un'altra volta, poi si volta e afferra la maniglia; fa per uscire, ma prima di andarsene si ferma un istante e, sottovoce, come sperando di non essere udita, lo ringrazia. Lo ringrazia perché sa che è giusto farlo e perché in fondo si rende conto che quel ragazzo le sta facendo a tutti gli effetti un grosso favore.

Calum sorride, sentendola, ma non risponde, per lasciarle la possibilità di credere di essere uscita indenne da quel confronto. E probabilmente è così, probabilmente è lui l'unico ad aver perso qualcosa ancora una volta – l'ultima speranza di poter uscire con Debbie, per esempio –, ma per qualche motivo non si sente affatto il più debole dei due. Le lascia quella piccola vittoria, quindi, aspetta che esca e poi ancora un intero minuto, concedendole così il vantaggio di allontanarsi senza di lui e di evitare che qualcuno, vedendoli uscire, si faccia strane idee.

Alla fine, dopo aver riflettuto un po' sul da farsi, abbandona a sua volta il ripostiglio, innocente spettatore di un patto fraudolento alle spese del suo migliore amico. Una piccola parte di lui, quella che probabilmente è la sua coscienza, gli fa notare che dovrebbe sentirsi in colpa alla prospettiva di mentire a Luke; un altro lato di lui, però, più orgoglioso e vendicativo, non vede l'ora di rendergli, anche se per finta, pan per focaccia, mostrandogli come ci si sente quando il proprio migliore amico chiede di uscire alla ragazza per cui si ha una cotta. Non che Luke abbia una cotta per Debbie, ma a quanto pare ne è convinto, ora, e Calum ha tutta l'intenzione di fare chiarezza nella sua menta annebbiata dalla malinconia.

Sospira, quindi, mentre si chiude la porta alle spalle, poi alza lo sguardo dal pavimento e incontra, contro ogni aspettativa, quello confuso di Michael Clifford, che saetta verso l'angolo dietro cui deve essere appena sparita Deborah. «Cal?» domanda sorpreso, senza riuscire a trattenere una risatina di sconcerto.

A Calum quello sembra proprio un segno del destino: uno dei suoi migliori amici è di fronte a lui, l'ha appena visto uscire dallo sgabuzzino in cui, apparentemente, poco prima era chiuso con la sua cotta; per di più Michael è proprio il genere di ingenuo cretino che potrebbe credere a quell'apparenza. Per un attimo è combattuto sul da farsi, ma la tentazione è più forte di lui, per cui, senza alcun rimorso, decide di cedervi.

Mordendosi il labbro inferiore si passa una mano tra i capelli scuri per simulare una rassettata post amplesso, poi finge di alzarsi la zip dei jeans, osservando l'espressione di Michael farsi sempre più sconvolta e ammirata insieme.

«Non posso parlarne, Mickey» dice solamente; poi gli fa l'occhiolino e si avvia verso la prossima lezione, evidentemente soddisfatto.



 


 

Piccolo scorcio di Yvaine0 e   m a y h e m   al lavoro sul capitolo (♥♥):




  
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