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Autore: xAcacia    21/02/2015    2 recensioni
Cassie sa una cosa che in pochi sanno: i vampiri esistono, e sono pericolosi.
È proprio dopo un attacco di vampiri che Cassie scoprirà di non essere una comune mortale, bensì una Whitesun: una ragazza che con un pugnale specifico può uccidere tutti i vampiri e i lupi mannari che vivono su questa terra.
Però ora deve pensare a salvarsi. Le notizie corrono veloci quando si parla di Whitesun e lei è in pericolo. Dovrà andare in un Istituto pieno di ragazzi che combattono i demoni. Là capirà che a volte le persone non sono così male e che si può avere una famiglia anche senza legami sanguigni.
Come se non bastasse scoprirà anche che l'amore può essere per sempre, perché esistono le anime gemelle e lei ha trovato la sua. Si chiama Jeremy, ma il loro è un rapporto molto strano. Sembra una battaglia senza fine quella che si fanno loro due, soprattutto perché lei ha sempre visto la semplicità nei ragazzi come una caratteristica bellissima e lui invece cerca sempre la bellezza esteriore nelle ragazze. Per non parlare poi di come, lo stesso destino che li ha fatti incontrare, cerchi continuamente di separarli, in un modo o nell'altro.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 34
Il pezzo mancante
 
– Cassie! – urla qualcuno.
Mi siedo di scatto, mi guardo in giro con il respiro irregolare e affrettato, ma sono nella mia nuova camera, da sola e nessuno sta urlando il mio nome. Mi metto indietro i capelli, preoccupata, e mi guardo un’altra volta intorno. Mi sento perennemente osservata, anche se in realtà so che non c’è nessuno. Mi alzo da letto e mi metto davanti allo specchio, che una volta stava a casa dei miei genitori e dove mi guardavo mentre mia madre mi stringeva da dietro. Come quando mi dava consigli su Austin, dicendomi che non voleva vedermi soffrire e che, anche se la nostra relazione stava andando benissimo, era molto raro che una relazione come la nostra durasse fino alla fine. Alzo i capelli e mi accorgo di essere ancora una volta sudata, così mi faccio una doccia e una volta vestita scendo giù.
– Buongiorno, tesoro – mi saluta mia nonna mettendo le ultime cose in tavola per fare colazione tutti insieme.
Le sorrido e mi siedo vicino al nonno. – Buongiorno – mormoro prendendomi qualcosa da mangiare. Dopo aver preso una fetta biscottata però mi rendo conto che un tempo non era così che facevo colazione. Ora mi ritrovo a bere del succo e a mangiare fette biscottate. Mi guardo intorno ma non c’è nessuna tazza, niente latte, niente confezione di cereali. Così mi ritrovo a mangiare una colazione che in realtà nemmeno mi piace.
– Ho sentito che ti sei fatta la doccia un’altra volta – annuncia dopo un po’ la nonna, ansiosa come sempre nonostante continui a cercare di nasconderlo. – Hai avuto un’altra volta quegli incubi? – chiede dopo un attimo di pausa, come per lasciare spazio anche alla suspense.
Annuisco tra un sorso e l’altro del succo. Ringrazio Dio quando lo finisco una volta per tutte. – Come tutte le notti, d’altronde – borbotto guardando le fette biscottate che mi aspettano. Faccio una smorfia disgustata e spero che mia nonna l’associ al fatto dei sogni. – Che poi non sono nemmeno incubi! Non tanto almeno… C’è sempre questo ragazzo, che non ho mai visto in tutta la mia vita, che continua a chiamarmi e a pregare qualcuno, e quando mi giro dall’altra parte qualcuno mi attacca. Qualcuno con dei denti affilati. – Come un vampiro, ma questo me lo tengo per me. Sbuffo. – Ovviamente il sogno è molto più lungo, ma questa è la parte più inquietante e che proprio non riesco a capire.
Mio nonno continua a leggere il giornale, facendo finta di niente, mentre mia nonna mi guarda annuendo, ancora più preoccupata. – E invece per quanto riguarda le vertigini? Ti senti ancora così spaesata?
Mi mordicchio il labbro, pensierosa. – A volte. Ma sto migliorando – aggiungo subito vedendo la faccia ancora più preoccupata di mia nonna. – Bene! – esclamo appena ho finito le fette biscottate. – Vado da Austin.
– Va bene, tesoro, ma mi raccomando: fa’ attenzione e cerca di non perderti, ok? Per qualsiasi cosa hai il cellulare, chiamaci e noi ti veniamo a prendere – borbotta la nonna, non troppo entusiasta del fatto che esca fuori di casa.
– Certo – mormoro prendendo le chiavi della macchina. – Ciao! – li saluto io prima di uscire definitivamente di casa. Entro dentro la macchina e sbuffo guardando la casa da fuori. Mi sento così fuoriposto da volere scappare e non tornare mai più. I nonni sono fantastici, ma non ci parlavamo molto quando i miei genitori erano vivi, visto che avevano litigato con mia madre. Quando le chiedevo il motivo, mi diceva che le avevano mentito sin dall’inizio, cambiandole la vita per sempre. Ovviamente non cercava nemmeno di farmi capire quella frase.
Fermo la macchina così bruscamente che quasi sbando, mi guardo intorno, confusa, e mi rendo conto di essermi persa. Un’altra volta. Scendo dalla macchina, incuriosita, trovando un bosco davanti a me. Ho come l’impressione di essere già stata qua, ma un’altra parte di me è sicura che questa parte di Boston nemmeno esista!
Sussulto sentendo qualcuno suonare il clacson di una macchina. – Ehi! – tuona un ragazzo che, arrabbiato, esce dalla macchina. – Che ti viene in mente?! – continua a urlare senza però guardarmi. – Ho da fare! Spostati! – Alza lo sguardo verso di me capendo che non sono nella macchina e cambia completamente espressione. Sembra quasi… scioccato. È un ragazzo dai capelli rossi e mi sembra di averlo già visto. – Cas…
– Scusami – esclamo io avvicinandomi a lui e stritolando la sciarpa. – Credo di essermi persa. Non ho la più pallida idea di dove mi sia cacciata – aggiungo accennando una risata nervosa. Entro dentro la macchina e mi accosto per farlo passare.
– Devi fare inversione e poi andare avanti fino a quando non ved una curva a destra. Giri là e poi vai tutto avanti fino a quando non ti ritrovi praticamente in città. Qua siamo un po’ in… periferia, diciamo – dice il ragazzo poggiando le sue mani sul mio finestrino abbassato. È molto muscoloso per essere un ragazzo e ha dei tagli sul braccio destro. Aggrotto la fronte e faccio per sporgermi quando si allontana subito e mi guarda male.
Arrossisco subito, imbarazzata. – Bé… grazie – bofonchio prima di accendere un’altra volta la macchina. – Non so veramente che mi sia preso. Un momento prima ero in città e quello dopo ero qua. Non… non avevo mai visto questo posto – aggiungo, ancora più imbarazzata, tra una risata e l’altra.
Invece di mandarmi a quel paese e andarsene mi sorride. –Eh, lo so. Può succedere – mi risponde continuando a guardarmi in modo strano. Rimaniamo per pochi secondi a fissarci, non so perché lui mi stia guardando così, ma il mio motivo è che sto cercando di ricordarmi dove e quando l’ho visto, perché sono sicura di averlo già visto da qualche parte.
– Sei un modello o cosa? – chiedo, tutto d’un tratto. Appena mi rendo conto di quello che ho appena detto arrossisco ancora di più. – Si, perché… mi sembra di averti già visto. E non… non è da tutti avere quei capelli rossi, quindi non posso semplicemente essermi sbagliata con qualcun altro.
Si allontana da me. – Il mondo è piccolo, infondo. Mi avrai visto in giro – borbotta, tutto d’un tratto infastidito. Forse è scappato da un reparto psichiatrico, mi sembra così lunatico… – Devo andare. Ciao – aggiunge prima di andarsene definitivamente. Entra dentro la macchina e parte, sorpassandomi.
 
– Ti sei persa? – chiede Austin prima di scoppiare a ridere. Gli do un cazzotto sul braccio. – Ahi! – esclama mettendosi una mano sul braccio. – Ma da quand’è che sei così forte?!
Faccio spallucce. – Femminuccia – borbotto sdraiandomi sul suo letto. – Non so cosa mi stia succedendo, Austin. Non mi riconosco più. Ci sono troppe cose che non tornano, troppe cose che… non mi ricordo. Sono confusa ventiquattr’ore su ventiquattro.
– Credo sia normale – mormora Austin sdraiandosi accanto a me e accarezzandomi distrattamente i capelli, pensieroso. – Fai ancora quegli incubi?
Annuisco. – Stesso ragazzo, stessa voce, stesso vampiro, stesso pugnale e stessa spada – borbotto rigirandomi l’anello al dito. – Non è normale, Austin. Sono già passati tre mesi – mormoro, preoccupata. – E non è solo per questo. È come se negli ultimi mesi mi sia persa qualcosa per strada. – Scuoto la testa. – C’è veramente qualcosa che non va.
– Secondo me è perché non baci un ragazzo da quando hai baciato me – annuncia Austin per cercare di farmi stare meglio.
Scoppio a ridere. – Tu stai male! – esclamo tirandogli il cuscino.
– Oh, e dai! – borbotta lui sedendosi e prendendo il cuscino. – Voglio dire… quel bel ragazzo che sogni. Sempre lo stesso ragazzo con gli occhi celesti e i capelli scuri. Non ti viene mai l’istinto di baciarlo, in questi sogni?
È molto più complicato in realtà. Nel sogno so che tra noi c’è qualcosa, so che siamo andati ben oltre i baci, ma in esso a malapena ci guardiamo, perché lui sembra così distrutto da non riuscire nemmeno a guardarmi negli occhi, e questo mi fa pensare che stia male per colpa mia. – Ma non esiste nemmeno! Perché dovrei avere l’impulso di baciarlo?! – esclamo invece, mentendo, perché in realtà ogni volta che ripenso a quel ragazzo mi viene la pelle d’oca. Ancora non ho capito se è un buon segno o no.
 – Però mentre lo stai sognando ci pensi – ribatte Austin, e a questo punto è inutile negarlo, perché mi conosce troppo bene. Sa già la verità. Rido, imbarazzata. – Appunto! Secondo me è perché devi baciare qualcuno, qualcuno che t’interessa veramente e per cui provi vera attrazione fisica. Anche solo fisica, credo.
– Ma per piacere! Non ho bisogno di baciare nessuno, io! – dico, indignata. – Se vuoi baciarmi non c’è bisogno di inventarsi certe scuse, caro Austin. Basta che me lo dici.
Austin scoppia a ridere e mi tira il cuscino. – Che fai, mi tenti?! – scherza. – E comunque se qua c’è qualcuno che vuole baciare il suo ex fidanzato sei tu. Dai, si vede che provi ancora qualcosa per me!
– Non ci pensare proprio, Austin – borbotto prima di scoppiare a ridere.
– Stasera esco con dei miei amici, andiamo prima a cena fuori e poi andiamo in un pub a sbronzarci un po’. Dovresti venire – annuncia dopo un po’ Austin, e questa volta è serio. Lo guardo per un po’ e poi scuoto la testa più volte. – Cassie, devi uscire. Non puoi startene sempre a casa a fantasticare sul bel moro dagli occhi azzurri!
– Io non fantastico sul bel moro con… – inizio io, poi però sbuffo e rido, un’altra volta. – Sei terribile! – esclamo ridendo. – Lo sai che mi vergogno a stare con gente che non conosco – aggiungo guardandomi intorno. Sento una scossa percorrere tutto il mio corpo. Mi alzo e vado in bagno, apro la finestra e faccio un balzo vedendomi insieme al ragazzo che sogno. Siamo a terra e stiamo ridendo.
– Cassie – mi chiama Austin mettendomi una mano sulla spalla, sobbalzo e mi giro verso di lui, per poi rigirarmi verso la finestra, ma ormai non c’è più nessuno là fuori.
– Sto impazzendo veramente – borbotto mettendomi le mani davanti la faccia. Non riesco proprio a capire cosa mi sta succedendo. – E va bene! – esclamo poi, esasperata. – Dove andiamo sta sera?
Sorride. – Ti ricordi quel ristorante dove siamo andati un bel po’ di tempo fa, per la festa di… si, insomma… hai capito – risponde e più va avanti e più abbassa il tono di voce. Annuisco abbassando lo sguardo, triste. – Aveva solo diciassette anni – mormora.
Gli metto una mano sulla spalla. – Mi dispiace, so quant’eravate amici… Mi dispiace – dico, incerta.
Mi abbraccia senza dire niente e così lo stringo a me. Rimaniamo così per un po’, troppo confusi e tristi per parlare o scherzare. E tutti erano ubriachi fradici, tutti tranne quella ragazza che stava per i fatti suoi, che a quanto pare non voleva essere là sento una voce dentro la mia testa. Mi distacco da Austin. – Stai bene? – chiedo io accarezzandogli la guancia.
Annuisce. – Si – risponde prima di tornare in camera sua. – Vieni? – chiede facendomi sobbalzare un’altra volta, mentre cerco di guardare fuori dalla finestra, in cerca del ragazzo moro. – Oggi sei più strana del solito – borbotta trascinandomi in camera sua.
– Già – è l’unica cosa che riesco a dire.
 
Mi fermo davanti al ristorante, pensierosa e indecisa sul da farsi, mentre cerco di coprirmi il più possibile con il cappotto. Mi guardo intorno e mi fermo a guardare un ragazzo alto entrare in un vicolo cieco che non porta da nessuna parte e non uscirne più. Non ho nessuna voglia d’incontrare gli amici di Austin, ma in questo momento potrei fare di tutto pur di togliermi dalla testa quella voce e quel viso. Così faccio un respiro profondo ed entro dentro il ristorante, Austin mi chiama e così vado subito al suo tavolo.
– Allora, ragazzi, lei è Cassie – inizia Austin e due ragazzi di nome Nate e Dan mi stringono la mano, il primo sembra felice, il secondo un po’ di tempo. – Ok! – esclama Austin, eccitato per qualcosa. – E Abby? – chiede poi, facendomi capire che è eccitato per qualcuno.
– Non è potuta venire – borbotta il ragazzo di nome Dan. – Mamma l’ha messa in punizione.
Austin diventa meno entusiasta della serata e capisco quindi che c’è un qualcosa che non mi ha detto. Prova qualcosa per questa Abby e stranamente non me ne ha mai parlato. Appena Dan e Nate si mettono a parlare di qualcosa do una gomitata ad Austin. – Ahi! – borbotta. – Cosa c’è?
– Chi è Abby? – chiedo io, infastidita.
– È… una ragazza – borbotta lui facendo una smorfia, come se gli facesse male parlare di lei. C’è veramente qualcosa che non va. Austin mi ha sempre detto tutto e adesso arriva questa Abby e lui inizia a tenermi nascosta questa relazione e in più quando infine gli chiedo informazioni sembra contrario.
Faccio una faccia scioccata. – Ma non mi dire! Pensavo che fosse un maschio! – esclamo quindi, ancora più infastidita. – Perché non mi hai mai detto che stai uscendo con una ragazza, o che ci stai addirittura insieme? Da quanto vi conoscete?
– E dai, Cassie – esclama lui, irritato, mettendosi di spalle verso di e lasciandomi quindi completamente sola.
Mi faccio più piccola sentendoli parlare della nostra relazione e di come siamo riusciti ad andare avanti nonostante tutto quello che abbiamo passato insieme. – Quindi ora cosa siete? – chiede Dan, che da quello che ho capito è imparentato con Abby.
Rido. – Cosa dovremmo essere? – chiedo io. – Amici.
– Bé, degli amici speciali – risponde Nate.
Scuoto la testa ridendo. – Non esistono veramente.
– Oh sì, che esistono. Abby e Austin lo sono – esclama Nate facendomi quasi cadere dalla sedia. Guardo sbalordita prima Nate e poi Austin, che è diventato tutto rosso. La prima cosa a cui penso è che sono andati a letto insieme, e la seconda è che Austin ha deciso di non dirmi una cosa così importante. – Forse… non lo dovevo dire – mormora Nate a bassa voce. – No, no, non lo dovevo dire.
– Cosa te lo fa capire? – chiede Austin, arrabbiato, ma non è lui che deve essere arrabbiato. Io ho il diritto di essere arrabbiata, solo io.
– Io vado a prendere un d’aria – borbotto alzandomi dalla sedia. Accenno un sorriso a Nate, che mi sembra l’unico imbarazzato dalla situazione. – Torno subito – aggiungo prima di andarmene. Chiudo la porta dietro di me e sospiro. Non riesco a capire… Da quando ci siamo allontanati? Voglio dire, abbiamo passati molti momenti negativi insieme, soprattutto dopo che mi aveva lasciata, ma pensavo veramente che ci fossimo lasciati tutto alle spalle. Forse crede veramente che io provi ancora qualcosa per lui, o forse non mi reputa più la sua migliore amica.
Sento un rumore così mi giro di scatto, ma non c’è nessuno. Avanzo nonostante il mio cuore stia battendo all’impazzata. C’è un piccolo vicolo e credo che il rumore provenga da là. Mi fermo senza entrarci e cerco di distinguere qualcosa, ma è troppo buio. – C’è qualcuno? – chiedo a voce alta, ma non ricevo nessuna risposta. Sbuffo. – Sto impazzendo veramente – borbotto girandomi verso il ristorante, ma sento di nuovo un rumore e così mi giro un’altra volta. – Non sono sorda! Fatti vedere! – urlo io, arrabbiata e spaventata allo stesso momento. Anche questa volta però ricevo solo silenzio. Sbuffo e così, senza voltarmi un’altra volta, torno dentro.
– Cassie – mi chiama Austin sussurrando, in modo da far capire ai suoi amici che non vuole che sentano. – Mi dispiace, ok?
Scuoto la testa, nervosa. – Allora – inizio, cercando di cambiare discorso. – Sembrate molto amici di Austin, stranamente non mi ha mai parlato di voi. Da quanto tempo vi conoscete?
– Io e Dan da quando siamo piccoli, mentre io e Austin da tre anni – risponde subito Nate sorridendomi in modo amichevole. Dan e Nate sembrano molto diversi, il primo sembra quasi scontroso mentre Nate è sempre pronto a sorridere e a fare battute. – Quando stavate insieme ci aveva parlato di te, ma non pensavo fossi… tu.
Rido. – In che senso?
– È strano vedervi insieme dopo tutto quello che avete passato. Io non ci riuscirei mai, non so se è perché, delle poche ragazze con cui sono stato, non sopporto nessuna o perché sono semplicemente incapace di non essere così ottuso.
– Credo sia la seconda opzione, Dan – mormora Nate, ma non abbastanza da non farsi sentire anche da me, proprio mentre Dan esclama: – Molto divertente, Nate! – come se già si aspettasse una risposta del genere. – Eppure siete migliori amici, no? – chiede dopo aver ucciso Nate a colpi di occhiatacce.
– Ah, non lo so! – esclamo io alzando le mani, in segno di resa. Guardo male Austin e poco dopo fa lo stesso anche lui. – Chiedetelo a lui – aggiungo dopo un po’, iniziando con lui la battaglia delle occhiatacce. Purtroppo per lui la perde sempre, l’unico che è riuscito a battermi è stato… nessuno. Sbianco. Perché pensavo che qualcuno fosse riuscito a battermi?
– Certo che sei la mia migliore amica, Cassie – borbotta Austin dopo aver perso un’altra volta la battaglia. Austin sa essere molto, ma molto intimidatorio quando vuole, ma a quanto pare oggi non ci riesce.
– Fantastico! – esclama Nate alzandosi e facendomi prendere un colpo. – Non so voi, ma io vado a fumarmi una sigaretta. – Mi guarda e il mio cuore fa un balzo. – Cassie, accompagnami – aggiunge poi prima di avanzare senza nemmeno aspettarmi. Non ascolta nemmeno una mia ipotetica risposta, non gli interessa: la sua non era una domanda, ma un affermazione. Quando esco lui mi dice: – Scusami, ma quei due devono assolutamente parlare un po’.
Aggrotto la fronte, confusa, perché nessuno sembrava avercela con nessuno. Dan mi sembrava scorbutico di suo, ma a quanto pare non è così. Austin però non ha niente contro Dan, quindi quello arrabbiato deve essere lui. – Perché? – chiedo.
– Abby è la sorella di Dan e può essere veramente troppo protettivo nei suoi confronti. Sono amici da molto tempo, si fida di Austin, ma rimane la sua sorellina – risponde lui accendendosi una sigaretta. – Comunque non ci devi rimanere male se non ti dice chi gli piace. Non l’ha detto nemmeno a me, sai com’è… ha questo vizio di tenersi le cose dentro.
– Lo so, ma prima mi diceva tutto, anche chi gli piaceva – borbotto io. – Intendo prima…
– Che vi metteste insieme – continua lui tra un tiro e l’altro. Annuisco. – Bé, è normale essere un po’ in soggezione, non credi? – mi chiede, ma non mi da nemmeno il tempo di rispondere che aggiunge: – Per caso vuoi una sigaretta?
All’inizio rimango in silenzio, sdegnata dalla sua domanda, poi però più va avanti il tempo e più mi decido di prenderne una. – Si, perché no? – rispondo quindi. Poco dopo mi ritrovo a guardarlo dritto negli occhi mentre mi accende la sigaretta che reggo tra le labbra. – Grazie – mormoro prima di fare il primo tiro di sigaretta dopo così tanto tempo che mi sembra sia passata una vita.
– Di niente – ribatte lui guardando avanti, sulla strada. – Quindi… ti stai sentendo con qualcuno, per caso? – chiede dopo un momento d’imbarazzo, si gira verso di me e mi fa un sorriso che, nonostante la domanda imbarazzante, mi riscalda.
– Non… – inizio io, rossa in viso. – No – rispondo poi balbettando un po’. Faccio dei lunghi tiri, più agitata che mai. Di certo non sono venuta qua per provarci con lui. Non sono pronta, so che è passato tanto tempo da quando io e Austin ci siamo lasciati, sono sicura di non provare niente per lui, ma non posso stare con nessuno adesso. Mi giro verso la strada con le sopracciglia alzate, ogni parte del mio corpo è contratta mentre l’imbarazzo si fa sentire un’altra volta. – Mm… E tu? – chiedo poi guardandolo.
– No – risponde lui senza però guardarmi e questo mi fa sentire meglio, perché forse me l’ha chiesto solo per curiosità e non perché, per qualche strana ragione, gli interesso. Butta la sigaretta a terra poco prima di me e mi sorride. – Che dici, rientriamo? – chiede e mi accorgo che ha un bel sorriso. Annuisco sorridendogli e così rientriamo.
– Allora – esclama Nate sedendosi vicino a Dan, – avete parlato?
Dan annuisce senza guardarlo negli occhi, ma non fa come Austin, che sembra molto interessato al suo piatto di pasta; Dan mi fissa, come per chiedermi qualcosa. Abbasso lo sguardo, rossa in viso. Sono completamente diversi, lui e Nate. Dan ha i capelli scuri con gli occhi tra un verde e un nocciola, mentre Nate ha i capelli biondi e gli occhi scuri. Tutto d’un tratto mi ritrovo a pensare al ragazzo con quei capelli rossi. È stato strano parlare con lui, faceva delle strane espressioni e sono ancora sicura di averlo già visto da qualche parte.
 
Usciamo dal pub dopo troppi drink e shot, tutti non facciamo altro che ridere e più la serata va avanti e più mi rendo conto del fatto che mi sto divertendo sempre di più.
– Ragazzi, ragazzi! – esclama Nate e così ci giriamo tutti verso di loro. – Guardate cosa ho preso – aggiunge facendoci vedere una birra. Scoppiamo tutti a ridere e ne prendiamo un sorso a testa. – Questa va a Cassie – dice dopo un po’ Nate, lasciandomi la birra, che è quasi finita.
– Oh, grazie – esclamo io abbracciandolo. Austin e Dan vanno un po’ più lontani a parlare, visto che adesso Dan sembra sempre più propenso a parlare dei suoi problemi con Austin e noi e Nate rimaniamo a fissarci per un po’, troppo ubriachi per non scoppiare a ridere dopo cinque secondi.
– Sei così buffa! – dice lui continuando a ridere.
– E perché mai? – chiedo io prendendo un sorso di birra.
– Non lo so, ma lo sei – risponde lui stringendomi a lui. – Se non fossi l’ex ragazza di Austin a questo punto ti starei baciando già da un po’ – borbotta abbassando lo sguardo verso le mie labbra.
Rimango in silenzio per un po’ con la birra in una mano e l’altra sul suo collo. Abbasso lo sguardo verso le sue labbra e deglutisco. – Se sono qua significa che ad Austin non fa molta differenza, non credi?
Sorride e abbassa la mano fino ad arrivare alla fine della schiena, mi stringe ancora di più a lui. – Non tentarmi – bofonchia. – Sono troppo ubriaco per riuscire a trattenermi e tu non mi aiuti facendo così.
Il mio cuore fa un balzo e mi allontano da lui praticamente sussultando. Questa frase non mi è nuova, perché? Accenno un sorriso imbarazzato e mi metto indietro i capelli. – Hai ragione. Colpa mia – dico dopo un po’, visto che sembra un po’ preoccupato per la mia reazione. – Dovrei proprio andare a casa. I miei nonni si staranno preoccupando. – Mi fermo a guardarlo. – Potresti avvertire tu gli altri?
– Forse dovrei accompagnarti a casa – ribatte lui, preoccupato. – Nel tuo stato non dovresti girovagare da sola.
Rido. – Perché tu stai messo molto meglio di me, giusto? – chiedo io facendolo ridere. – Sta tranquillo. Abito qua vicino. – Gli do un bacio sulla guancia e me ne vado.
Quando mi sembra di star camminando/barcollando da troppo tempo mi giro indietro, per cercare di capire da quanto tempo sto camminando, ma niente sembra essermi d’aiuto, soprattutto se calcoliamo il fatto che questa non è la strada giusta per andare a casa dei miei nonni. Sbuffo e mi guardo in giro. – Fantastico – borbotto continuando a guardare indietro. – E ora cosa faccio? – Mi fermo e mi giro completamente. Strizzo gli occhi cercando di capire la via, ma non c’è nessun cartello. Mi giro e faccio un passo in avanti quando vado a sbattere contro qualcuno. – Wo! – esclamo iniziando ad indietreggiare, perdo l’equilibrio e cado a terra battendo forte il sedere. – Ahi! – borbotto massaggiandomelo.
– Allora è vero: sei tu la Whitesun – dice l’uomo che mi sta davanti.
Aggrotto la fronte e alzo lo sguardo. Trattengo il respiro e inizio a indietreggiare nonostante stia ancora per terra. Non riesco nemmeno a parlare. Gli spuntano due canini e inizia a ridere, poi mi salta addosso e l’urlo che cercava di uscire da un po’ finalmente riesce ad uscire. Chiudo gli occhi cercando di urlare il più possibile, gli metto le mani davanti al suo viso, ma poco dopo si accascia su di me. Smetto immediatamente di urlare e lo guardo. Sembra… morto.
Qualcuno toglie il corpo da sopra di me. – Stai bene? – chiede una voce che mi sembra fin troppo familiare. Il mio cuore fa un balzo quando sento il suo sguardo cercare il mio. – Stai bene? – ripete non sentendo nessuna risposta.
Mi aiuta ad alzarmi e a quel punto alzo anche lo sguardo su di lui. Se prima ero senza ossigeno adesso sono completamente morta. È il ragazzo che continuo a sognare! Lo continuo a fissare senza dire una parola, con la bocca spalancata.
Ride. – Diciamo che non sono abituato a questa reazione da parte tua, ma non fa niente – mormora mettendomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre io non riesco più a distogliere lo sguardo da lui. Alzo una mano e passo tutte le mie dita sulle sue labbra, chiude gli occhi e io inarco la schiena, sentendo una scossa percorrere tutto il mio corpo. Mi prende la mano e apre gli occhi. – Cassie, rispondimi. Stai bene?
Deglutisco. – Come fai a sapere il mio nome? – bofonchio, perché sono troppo scioccata e ubriaca per cercare di non fargli vedere che ho bevuto veramente troppo. – Sei… Come fai a essere vero? Ti sogno tutte le notti. Come fai a essere vero?
Sorride e mi accarezza la guancia. – E se fossero ricordi le cose che sogni? – propone lui avvicinandosi a me. – Non ti ricordi proprio niente, vero? Cosa sogni? Raccontami tutto quello che sogni. Ti prego, ho bisogno di sapere.
– Non… – Mi fermo sentendo tutto quello che ho bevuto salirmi. – Oh… no – borbotto distaccandomi da lui, mi allontano subito e poi sussulto.
– Oh, merda – borbotta il ragazzo venendo subito da me. Mi scosta i capelli dal viso e mi accarezza la schiena. – Sei da uccidere, Cassie.
Quando ho finito di rigettare anche l’anima mi alzo e lo guardo, imbarazzata. – Oh, bé – esclamo ridendo, – stiamo andando un po’ veloci, non credi? Già mi reggi i capelli e mi aiuti a vomitare. – Rido posando una mano sullo stomaco. – Oh, domani me ne pentirò molto, non è vero?
– Veramente, veramente molto – risponde lui alzando gli occhi al cielo. – Come ti è venuto in mente di bere così tanto?
– Mmm – bofonchio avvicinandomi a lui, mi stringe i fianchi in modo da non farmi più barcollare e così inarco un’altra volta la schiena, sentendo quella scossa. – Volevo cercare di divertirmi un po’. Austin dice che dovrei baciare un ragazzo e stavo a poco così da baciare quel Nate, però poi ha detto un qualcosa… In più è amico di Austin e non è molto carino da parte mia limonare con i suoi amici, non credi? Comunque, tutto questo è iniziato quando Austin mi ha detto che dovevo smetterla di…
– Stai blaterando, lo sai? – chiede il ragazzo, un po’ infastidito.
– Oh, scusa – bofonchio. Mi guardo in giro e vedo una macchina nera che prima non c’era. – Se quella macchina è tua, non è che potresti portarmi a casa? Credo proprio di essermi persa. Per di più… – Guardo il corpo dell’uomo. – Ma è morto?
– No, in realtà era già morto – borbotto il ragazzo guardando quell’essere. – Comunque credo proprio che tu ti sia persa, calcolando il fatto che hai perso la strada opposta a quella che dovevi prendere.
Lo guardo per un po’, scioccata. – E tu come fai a sapere dove abito? – chiedo e, nonostante la poca luce, riesco a vedere che è arrossito. – Sei uno stalker o cosa? – chiedo poi allontanandomi un po’ da lui.
– No. No! – esclama lui, indignato. – Sono… un amico dei tuoi nonni. Mi hanno chiesto di tenerti d’occhio.
Aggrotto la fronte. – Non ci credo – borbotto. – Devo mettermi a urlare, vero? – chiedo guardandolo, un po’ spaventata. – I miei nonni saranno pure paranoici, ma non chiederebbero mai al ragazzo che sogno tutte le notti di seguirmi.
Ride. – Potresti smetterla di chiamarmi “il ragazzo che sogno tutti i giorni”? – chiede. – Perché, seriamente, a questo punto dovrei essere io quello spaventato. Dopotutto, mi sogni tutte le notti. Non dovrebbe essere un po’ inquietante come cosa?
– O romantica – aggiungo io, pensando. – No, non è romantica. Hai ragione: è inquietante. – Lo guardo in silenzio, pensando al da farsi. Sbuffo. – Senti, sono veramente troppo ubriaca per pensare. Mi accompagni a casa o no?
Fa una smorfia. – Non dovresti chiedere a uno sconosciuto di darti un passaggio. Mai, sono stato chiaro? – afferma prendendo il mio viso. – Nessuno. Non hai idea della gente matta che gira. Non chiedere mai a nessuno un passaggio. Chiama i tuoi amici, i tuoi nonni… ma non chiedere a nessuno un passaggio.
– Bé, questa volta mi è andata bene – esclamo allontanandomi un po’ da lui, ridacchiando. – Dopotutto sei bello. Cosa potrebbe succedere? Cerchi di fare sesso con me? Oh, sta tranquillo: non opporrò resistenza, se è quello che stai pensando. – Mi fermo rendendomi conto di quello che ho appena detto e così lo guardo. Ha lo sguardo serio, ma sta cercando di non sorridere. – Ok, sono veramente troppo ubriaca!
– Già, lo sei – conferma lui ridendo. – Non osare dire questa cosa a nessun altro ragazzo, ok? – chiede prendendo un’altra volta il mio viso. – Noi ragazzi tendiamo a non pensare quando una ragazza ci dice che possiamo benissimo fare di lei quello che vogliamo.
– Oh, ma non lo direi a nessun altro, fidati – bofonchio io abbassando lo sguardo verso le sue labbra. – Che fai, me lo dai o no il passaggio?
Ride e mi prende per mano, rimango a fissare le nostre dita intrecciate mentre avanziamo verso la sua macchina. Apre lo sportello della macchina e così entro dentro, poco dopo si mette al sedile del guidatore e parte.
– Oh! – esclamo io prendendo il bicchiere di birra che, a quanto pare, stava bevendo prima di venire da me. – Bene, ho lasciato la mia birra là, per terra, a quanto pare – aggiungo prima di prendere un sorso.
– Smettila – ringhia prendendo il bicchiere e posandolo su un posto della macchina fatto apposta per posare i bicchieri. – Hai bevuto abbastanza. In più non dovresti bere prima drink e poi birra, dovresti saperlo.
Sogghigno. – Certo che lo so, è per questo che lo faccio – ribatto prima di ricevere un’occhiataccia dal ragazzo.
A quel punto il tragitto diventa una noia, entrambi rimaniamo in silenzio a guardare la strada, sembra un po’ infastidito dopo quello che gli ho detto, ma non capisco il perché e in realtà non dovrebbe nemmeno interessarmi. È una faccenda veramente strana, questo ragazzo sembra veramente uno stalker e dovrei seriamente andare a denunciarlo; sa veramente troppe cose su di me. Eppure qualcosa mi dice che anch’io so tanto su di lui, perché abbiamo un passato, e per qualche strana ragione mi fido di lui.
– Bé, grazie – dico una volta davanti casa mia. – Senti, lo so che dovrei essertene grata, ma a quanto pare sto ricominciando a pensare lucidamente e non so… chi sei. In realtà non ti conosco e a quanto pare tu mi stai veramente seguendo sin dall’inizio. – Scuoto la testa. – Ho delle immagini di te e me, come quella dove siamo nel giardino di Austin, ma pensavo veramente che fosse tutta colpa dei sogni e stessi perdendo la testa.
– Non stai perdendo la testa – mormora tenendo così stretto il volante che le sue nocche diventano bianche. – Ma puoi stare tranquilla: non mi farò più vedere.
– Il problema è questo! – sbotto io. – Perché diavolo ti sogno? Perché cazzo non faccio altro che pensare a te? Perché fino ad oggi pensavo che tu non esistessi? Cosa mi sta succedendo?! – Più vado avanti e più le lacrime scorrono veloci sul mio fiso. – Io non riesco a capire. Sono sempre così distratta e non… non riesco a capire niente. Ogni volta che mi giro sono sicura di trovarmi nel posto giusto, ma dopo un po’ mi rendo conto di essermi sbagliata. E non è per colpa dell’alcol, mi sta veramente succedendo qualcosa. So che tu sai cosa mi sta succedendo.
– Dovresti veramente entrare – continua a parlare a bassa voce, come se non riuscisse ad alzare la voce.
– Chi sei? – chiedo guardandolo, ma rimane in silenzio a guardare la strada. – Guardami! – tuono, ma anche questa volta non mi guarda. – Perché ho l’impressione di conoscerti? Perché provo qualcosa per te? Perché?! Chi sei?! – Ma rimane in silenzio anche questa volta e anzi, questa volta si gira anche dall’altra parte. – Va bene – sussurro cercando di trattenere i singhiozzi. – A quanto pare rimarrò per il resto della mia vita con la costante paura di star dimenticando tutto quello che in realtà è il vero mondo. – Scuoto la testa e apro lo sportello della macchina. – Grazie per il passaggio, chiunque tu sia.
Esco dalla macchina e barcollo un po’, stringo la maniglia e faccio un respiro profondo. Non so perché ma il dolore che sto provando adesso è come quello che ho provato quando mi sono svegliata e mi sono resa conto che anche mio padre era morto. Stringo la maniglia per un po’ e sento di nuovo tutto tornarmi su, ma riesco a deglutire e faccio alcuni passi in avanti. Cerco le chiavi di casa dentro la mia borsa e dopo quella che mi sembra un’eternità le trovo. Cerco d’infilarle dentro, ma non ci riesco. Poso la mia testa sul cancello, così freddo da riuscire a non pensare a nient’altro se non al freddo.
– Cassie – mormora il ragazzo dopo essere uscito dalla macchina. Si ferma posandomi una mano sulla spalla. – Mi dispiace. – Stringe un po’ di più la spalla, visto che non mi muovo. – Cassie, per piacere, non fare così. È già difficile per me stare qua, accanto a te… Non farmi soffrire ancora di più, ti prego. – Mi prende e mi gira, alza il mio viso con la mano e poi mi accarezza. – Vorrei essere te, lo sai? Sono sicuro che farebbe tutto meno male, se non avessi questi continui ricordi di me e te. – Mi bacia la fronte. – E vorrei tanto non cancellarti anche questi, di ricordi – mormora posando la sua fronte sulla mia. – Vorrei tanto ritornare a vederti tutti i giorni. Mi manchi come l’aria, Cassie.
Rimango in silenzio a guardarlo e per la prima volta il dolore che sto provando io mi sembra molto di meno del suo. So che c’è veramente qualcosa che lui sa ma che io non ricordo. In questo momento so solo che quel qualcosa che mi mancava era lui. Adesso mi sento me stessa. Non era una cosa che mi mancava, era lui.
Trattengo il respiro sentendo tutto d’un tratto le sue labbra posarsi sulle mie. Afferro le sue spalle e lo stringo a me. – Jeremy – mormoro io e il mio cuore fa un balzo. Anche il ragazzo sussulta e per un istante sembra volermi parlare ma poi lascia stare e mi stringe a lui. Indietreggiamo fino a quando non sento la parete del muro freddo e rabbrividisco, lascio cadere la borsa a terra e accarezzo i suoi capelli con entrambe le mani. Slaccia il mio cappotto e alza un po’ la mia maglietta in modo da toccarmi. Sussulto e inizio a mordicchiargli il labbro inferiore. Mi stringe ancora di più a lui e rimango senza fiato un’altra volta. – Entra – gli dico continuando a tenere le mie labbra sopra le sue.
Sussulta e si allontana da me. – No! – esclama. – No – ripete. Si guarda intorno e poi si mette indietro i capelli, ora sembra preoccupato. – Mi dispiace così tanto, Cassie.
– Per cosa? – chiedo io ridendo. – È stato tutto perfetto! E… so come ti chiami. Per cosa ti scusi?
– Per questo – risponde lui prima di alzare la mano e soffiare una polverina proprio davanti a me. Tossisco, sentendo essa entrare nelle mie narici e per un momento il panico sembra prendere il meglio di me.
Poi chiudo gli occhi.
Quando li apro non riesco a capire il perché li stessi tenendo chiusi, o del perché la mia borsa è a terra. Mi giro verso il cancello di casa dei miei nonni e sbuffo. Tremando mi chiudo il cappotto, uccidendomi con il pensiero per essermelo slacciato, per qualche strano motivo a me sconosciuto. Prendo un’altra volta le chiavi e cerco di aprire il cancello. Riesco ad aprirlo solo dopo dieci tentativi, ma almeno ci riesco.
Salgo le scale cercando di non fare rumore nonostante il mondo continui a girare troppo velocemente, mi butto sul letto senza nemmeno cambiarmi e osservo il soffitto. Strizzo gli occhi cercando di non piangere. È tutto così strano e vuoto. Mio padre è morto e così anche mia madre, mi mancano e non so se è per loro che sto così, che sento questo immenso vuoto dentro di me. C’è veramente qualcosa che non va ma non riesco a capire che cosa. C’è qualcosa… che non mi ricordo, qualcosa che ho perso in questi ultimi mesi.
E, manco a farlo apposta, scoppio a piangere. 
  
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