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Autore: the_black_wolf    22/02/2015    2 recensioni
Amavo ciò che sognavo, non ciò che vedevo. Amavo l'afrodisiaco piacere e la più orrenda paura al tempo stesso. Amavo l'inamabile, amo colei che è un mistero.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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                                                                                                                                           -CAPITOLO SESTO-
                                                                                                               “Sei un fumo nocivo per me. Riempimi di male”
                                                                                                                                                                      [Cit. Eleonora S.]
 
Tribunale di Verona, ore 11 :35, 22 Gennaio 1999.
“ Che abbia inizio l’accusa contro il professor Antonio Gradi.                        
Signora testimone, è chiamata in causa. Può raccontarci cosa ha visto la sera del 4 Novembre 1998?”
“Certamente.” Rispose la testimone. “La sera del 4 Novembre dell’anno passato, mi trovavo vicino a una piccola Chiesa affacciata sulla strada che stavo percorrendo la sera, prima di tornare a casa. Non sono stata  fuori molto, il tempo necessario per far prendere un po’ d’aria alla mia piccolina…” disse con amore la donna puntando gli occhi su una bambina molto piccola tenuta in braccio da un uomo adulto, presumibilmente il compagno o il marito. “Deve sapere, signor giudice, che ero al nono mese di gravidanza e non mi era permesso uscire di casa… Sa, mio fratello è ginecologo e consiglia alle sue pazienti  di non affaticarsi mai troppo durante il periodo della gravidanza, altrimenti il bambino ne potrebbe…”
“Sia sintetica!” esclamò il giudice spazientito da tutte quelle chiacchere.
“Senz’altro, Onorevole. Dunque, dicevo… Mi trovai a superare quella piccola Chiesa senza darvi troppo peso, sembrava vuota. Ma poi sentii dei rumori, come dei passi rapidi di qualcuno, e mi affacciai per vedere meglio. C’era un uomo di una certa età,  i capelli già bianchi, esattamente il professor Gradi. Stava immobile, fisso davanti a un qualcosa che non riuscivo a distinguere… Così salì quei pochi gradini per entrare nella chiesa, e vidi che accanto al professore c’era una ragazzina, quella vicina al signor avvocato.” Disse la testimone indicando Rebecca.
“Che cosa è successo quella sera? Può raccontarcelo?” Chiese l’avvocato con fare deciso e risoluto.
“Un attimo, un attimo! Avete tutti fretta qui…Nel mio paese natale c’è un detto riguardante la fretta, può sembrar stupido ma posso garantire che…” Ma  questa volta la donna si zittì da sola, grazie a una severa occhiata da parte del compagno e un’ancor più severa occhiata da parte del giudice.
“Va bene. Vidi la ragazzina bisbigliare qualcosa al professore, nulla di molto lungo però, giuro che mi sembra di aver letto sulle labbra di lei le parole “ è il momento”. E dopo pochi istanti, che orrore! Il professore iniziò a stringerle il collo con cattiveria, sempre più forte! E nel mentre che lei lo guardava disperata, lui stringeva sempre di più! Che assassino! Così non potei più resistere ed entrai per fermarlo. Che madre imprevidente sono stata, quell’uomo poteva ferire la mia piccina ancora nel mio grembo! Ma non potevo non far nulla… Fortunatamente non appena mi ha visto, Antonio Gradi ha lasciato il collo della ragazza”
Il processo proseguì come potete immaginare. Il professore non rispose, non cercò di difendersi in alcun modo, neanche quando venne chiesto a Rebecca ( a Rebecca, ahimè, venne chiesto ben poco! Meglio sarebbe se dicessimo a Viola! ) a cosa fosse riferito quel “ è il momento” e lei rispose che si riferiva al momento giusto per tornare a casa dal padre, visto che il professore aveva insistito tantissimo per portarla in quella chiesa, nonostante lei non volesse. Il professore non disse nulla, neanche una parola su ciò che sapeva. Se qualcuno fosse stato disposto a credergli, allora nessuna pena gli sarebbe stata inflitta. Sarebbe bastata una persona un po’ più sensibile delle altre, un uomo o una donna avvezzo al paranormale, all’occulto… Ma il professore non parlò, e le sue parole non volarono mai via dalle sue labbra.
Scrisse soltanto una lettera a me, ed io voglio raccontarvela. Ho tanto odiato Antonio Gradi, quasi per tutta la vita . Soltanto adesso, che ho più di settant’anni, sono riuscita a sostituire il mio odio con una pena incredibile nei confronti di quest’uomo, nei confronti del mio primo amore. Tanti anni fa se ne andò, lasciandomi sola con un bambino… che non ho mai partorito. Adesso ne ho tre, più un nipotino, ma odiai tanto quell’uomo per il gesto che fece. Solo ora poso capirlo… E’ stato ingannato. Nella lettera  che mi scrisse, mi raccontò le cose che già conoscete di quel mostro che si fa chiamare Viola, ed io non starò a scriverle di nuovo perché credo sarebbe soltanto uno spreco di carta. Tutto ciò che dovete sapere, per comprendere cosa è realmente successo, lo trovate nelle righe seguenti. Leggetele con calma. Oppure non fatelo.
 
 
“… e così, ahimè, dopo il processo mi ritrovai in questa cella, fredda e triste, come quel che era giusto mi spettasse. I primi mesi ero spaventato, volevo poter fare qualcosa… Ma cosa? Così pian piano iniziai a domandare qua e là se in prigione si poteva far qualcosa… anche perché ormai, la mia mente ne stava risentendo! I muri sembravano avvicinarsi di più a me giorno per giorno, come se la stanza si stesse stringendo. Stupidi scherzi della mente? Senz’altro… Ma iniziai a spaventarmi seriamente una mattina, quando al mio risveglio mi ritrovai qualcosa di fastidioso in bocca, come un filo…Era un capello biondo, riccio. Volevo conservarlo per mostrarlo alla guardia, e lo tenni stretto tra le dita più di un’ora. Poi improvvisamente non lo ritrovai più, cerca ,cerca ma nulla: era sparito.
Così decisi di farla finita. Per la prima volta, accettai di scoprire la verità. Mi documentai su libri, vecchi giornali, e con la supervisione di una guardia , utilizzai addirittura un computer. In molti anni, ho ricostruito una storia agghiacciante, ancora più spaventosa poiché diventata la mia ossessione in questi anni di prigionia. Sarò sintetico, il più possibile. Ricordi quando ho parlato, poche righe più in alto, di quelle due bambine che sono state ritrovate a fissare il corpo morto di Viola nel lago? Ho raccolto testimonianze, interviste qua e là, resoconti scolastici, e i genitori delle bimbe affermano che la più grande ne uscì molto turbata. Era diventata fredda, spietata e gelida, approfittatrice. Spaventava tutti con scatti di isteria. L’altra sorella la odiava, ne parlava sempre male e cercava di evitarla il più possibile.. Fino a quando rimase figlia unica. La sorella maggiore, “la matta”, era stata trovata morta impiccata nell’armadio della sorella, la quale ne esordì con una frase su una sfida con delle candele e una chiesa e iniziò sempre di più a imitarla nei comportamenti. Sai chi era questa giovane? Ma chi se non la madre di Rebecca? Quando anche lei si uccise, infatti, davanti agli occhi della figlia, non capitò anche a Rebecca uno strano cambiamento? Non spiccarono aspetti del suo carattere nuovi e inquietanti? Una catena di violenza, di morte, di malvagità, questo è accaduto. Un germe nero che ha iniziato a dilagare partendo da Viola, o chissà da quanto prima… Ma come può esser possibile? Per molto tempo non sono riuscito a ottenere risposta, poi ho avuto un’intuizione. Un così perfetto disegno no n poteva certo essere affidato al caso… Così ho capito che a capo di questo gioco spietato, doveva esservi un’entità. Un’entità malvagia, con ben poco di umano. Ho iniziato a cercare, sfogliare libri dell’occulto e orrori del genere. Poi l’ho trovata. Si tratta di un’entità malevola, che vive togliendo ogni speranza agli uomini. Non posso riportarne il nome, perché solo il suono mi congela il sangue. Però posso affermare che, dalle immagini che ho visto, non  ha nulla in comune con Viola… Ha occhi completamente neri, tagliati a metà da due scaglie rosso fuoco, paiono occhi di un gatto. La pelle è marcia, grigia e verdastra, cosparsa qua e là di peli neri ed escrescenze. Le mani… quanto mi hanno spaventato! Artigli lunghissimi e sporchi, pronti ad aggrapparsi ai sogni … MI HA INGANNATO! Nulla a che vedere con le mani morbide e sempre curate di Viola, il suo aspetto fiorente e il suo portamento signorile. Questa belva mi ha ingannato, mi ha tirato dentro al suo gioco mostrandomi ciò di cui avevo bisogno, approfittando del mio entusiasmo… della mia gioia…  E deve aver capito, che dopo ogni morte il suo potere era sempre maggiore… Ogni corpo utilizzato, poteva spingersi più in là del precedente. Per questo voleva che uccidessi quella povera ragazzina! Povero me, che stavo per farlo! Ma quando ho visto entrare e guardarmi con spavento quella donna incinta, che ho rincontrato al mio processo, ho avuto la certezza che a Viola , o quel che è, importasse di quella creaturina non ancora nata. Ho visto il desiderio e  l’ingordigia negli occhi del corpo che stavo per uccidere, e lo sguardo non era fisso su di me, ma su quella donna, sul suo ventre e su ciò che vi era dentro. Se avessi strinto un altro po’, un altro innocente sarebbe stato tirando dentro la trappola, come un topo, come me! La mia vergogna, il mio timore, l’angoscia di aver sprecato una vita, sono troppo grandi. Così ho deciso che sono troppo vecchio, e non ho più voglia di altre angosce. Ho ancora un unico dubbio che mi affligge: Era tutto previsto? Ho molta paura di rispondere, perché temo di conoscere già la risposta .Ho notato un certo affiatamento tra la donna che ha testimoniato al mio processo e Rebecca, con quell’oscura presenza che le risiede dentro. Nessuno proverebbe pena per un demone, ma è facile provarne per una povera ragazzina aggredita da un vecchio professore con chissà quali orrendi propositi. Spero vivamente che questa entità non sfrutti il corpo di Rebecca per avvicinarsi alla piccola bambina della donna che ha testimoniato, spero che quest’ultima non lasci mai Rebecca sola con la figlia.. Se la creatura malvagia di cui ti sto parlando, dovesse veramente rinascere un’altra volta , son certo che riuscirebbe a spegner tutte le candele di qualsiasi chiesa, per poi passare a molto peggio. Ma non voglio più pensarci.. Ho capito che nonostante tutto, mi sento ancora legato ( completamente perso, pazzo, innamorato,  nasconderlo?) a una ragazza che probabilmente non è mai esistita, non tanto per la sua bellezza e i suoi modi di fare maestosi, quanto per la pena che mi ha suscitato il vederla così “diversa” , così “incompatibile con le persone” , così estremamente “sola”. Questo è ciò che forse mi ha più condizionato, la sensazione di dover aiutare, dover fare qualcosa, dover salvare una persona.. insalvabile. Però adesso, finalmente. la notte non riserba più incubi per me, ma sogno di trovarmi con un bambino vivace, che ti somiglia molto. Ogni notte riesco a starci un pochino di più, ma i vivi devono stare con i vivi, non possono certo andar di qua e di là nel mondo dei morti! Per questo ho deciso di lasciar perdere la mia vita in prigione, dedicandomi a mio figlio. Non ha mai visto la luce del giorno sul nostro mondo, ma ti assicuro che “oltre la morte”, c’è una luce bianca, a cui fa un baffo la luce del Sole! Spero che potrai perdonarmi, o per lo meno che leggerai questa lettera. Domattina non mi sveglierò, perché starò rincorrendo farfalle colorate con un bambino bellissimo. Addio.”
 
Così, la mattina del 23 Febbraio  2015, il professor Antonio Gradi mantenne la sua parola, e venne trovato inerme sul letto della sua cella. E se un osservatore attento si fosse trovato a fissare quel corpo in quel momento, avrebbe certamente notato un sorriso lieve e pacato , nascosto dalle rughe e dalla pelle stanca.
  
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