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Autore: Lauretta Koizumi Reid    24/02/2015    5 recensioni
Sono passati 30 anni dalla fine dei giochi. La piccola Mellark è cresciuta, sa cosa sono gli Hunger Games, sa che il trentennale della loro abolizione andrà festeggiato. Tra le tante iniziative, a scuola vengono chiamati alcuni ex soldati come testimoni oculari della Seconda Ribellione.
Tra loro c’è un quasi cinquantenne del Distretto 2 che ora la sta guardando con un’espressione indecifrabile.
Lui si chiama Gale Hawthorne.
Lei ha capito che non è un semplice soldato.
Un incontro casuale, che non doveva avvenire, che cambierà tutto, che porterà la giovane ragazza a scoprire verità desiderate ma terribili.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bimba Mellark, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Don't you dare look out your window darling, everything's on fire
(Non osare guardare fuori dalla tua finestra, cara, è tutto a fuoco)

 The war outside our door keeps raging on
(La guerra fuori dalla nostra porta continua ad imperversare)

 Hold on to this lullaby
(Continuiamo con questa ninna nanna)

 Even when the music's gone
(Fino a che la musica sarà finita)


Nella panetteria c’era buio, ma Delion conosceva quel posto come le sue tasche. Si incamminò verso il magazzino e spalancò la porta. Aleggiava un forte odore di farina. O meglio, di farina e legno. Un odore inesistente per tutti, ma reale per lei.

- Papà? – chiamò la ragazza nella penombra.
- Sono qui, Delion.

Peeta accese la luce, che illuminò la stanza. Delion lo trovò seduto vicino al libretto delle ricette, grande e consunto. La ragazzina trovò uno sgabello e si sedette accanto a lui.
- Allora figlia... mi sveli il mistero? – disse Peeta, dopo una lunga pausa di silenzio.
- Gale Hawthorne, papà.

Peeta non sembrava sconvolto come Katniss, solo estremamente curioso. Ascoltò con attenzione tutto ciò che gli narrava la figlia senza battere ciglio, tranne quando Delion attaccò a parlare di Prim. Il lutto negli occhi dell’uomo era evidente, ma non disse nulla. Rimasero ancora in silenzio per un po’, poi Peeta lo ruppe.

- Delion...sai che non farei mai del male a tua madre. O a te, o a tuo fratello. – disse, a proposito del depistaggio, di cui Delion aveva leggermente accennato con voce strozzata.
- Sì... lo so.
- Sono passati trent’anni. E’ giusto che tu sappia cosa è accaduto a tuo padre in quella cella, ma è anche giusto che tu sappia anche che si guarisce. Come da una malattia, capisci? Ora non c’è più una singola cellula del mio corpo che abbia il veleno degli aghi inseguitori. E’ tutto passato. Passato e basta... – concluse, sfiorando con le mani ruvide la guancia della figlia.

- Sì... - rispose lei. 
- Ora andiamo a casa. E cerchiamo di parlare con calma con tua madre. E’ sopravvissuta a tutto, e ha rischiato di morire d’infarto per colpa della figlia – ridacchiò debolmente.
- Solo un’ultima cosa... – disse Delion bloccandolo, mentre si stava alzando dalla sedia.
- Dimmi.
- Come lo controllavi? – chiese la ragazza. Peeta ebbe l’impressione che questa domanda fosse fondamentale per la figlia, data l’espressione bramosa che si era dipinta sul suo viso.

- Non era facile. Il più delle volte cercavo di arrecarmi dolore per pensare ad altro. La verità è che... solo il tempo mi ha aiutato... e le persone attorno a me, che cercavano di farmi capire cose fosse vero e cosa no. Poi ovviamente il profondo affetto che avevo verso Katniss e il mio desiderio più grande: quello di non diventare mai, mai e poi mai, uno schiavo di Capitol City. Potevo morire. Ho rischiato di morire...ma non come dicevano loro. Questo desiderio di rimanere fedele a chi ero mi ha aiutato più che mai. Ognuno penso che trovi la sua tecnica per resistere – e qui fece l’occhiolino ala figlia, che lo aveva ascoltato attentamente, e che alla fine sorrise.

- Ora andiamo per davvero, su – ripeté l’uomo, spingendo Delion verso la porta di uscita della panetteria. Verso casa.
 
Tutti ebbero terribili incubi quella notte.

Il piccolo Mellark sognò la sorella e la madre che si trasformavano in due draghi per mangiarlo perché era andata male l’interrogazione su Einstein.


Delion sognò di essere con la zia Prim  in mezzo ai bambini trucidati e sanguinanti: e di ucciderla prima che scoppiassero le bombe.

 Katniss sognò la figlia che veniva dilaniata dagli ibridi nella fognatura mentre la stava partorendo con i dolori atroci che aveva dimenticato.  

Peeta sognò di guardare il figlio in televisione negli Hunger Games, mentre perdeva l’equilibrio sulla piattaforma e cadeva, facendo azionare le mine esplosive.

Ognuno si svegliò col dubbio che fosse accaduto tutto per davvero.

Katniss fu l’ultima a destarsi dall’incubo. E quasi cadde dal letto matrimoniale, il quale era inspiegabilmente diventato troppo stretto.

Strizzando gli occhi, vide nella penombra dell’alba la figlia rannicchiata nel mezzo del letto, mentre i lunghi capelli ricci andavano inevitabilmente a finire in faccia al fratellino, anche lui infilatosi di soppiatto nel lettone, addormentato placidamente a pancia in giù poco più sotto.

Vide Peeta dormire a bocca aperta circondando i figli con il braccio possente che aveva sempre protetto e quasi mai fatto del male, disteso sul fianco per consumare meno spazio da lasciare ai figli e alla moglie.

Era evidente che non era stata l’unica preda di incubi spaventosi.
Il minore dei suoi figli aveva ormai perso l’abitudine di venire nel letto, e la maggiore non dormiva lì da quando era neonata.

No, decisamente non era sola.

Doveva essere coraggiosa.

Nel bene e nel male. Nella gioia e nella felicità. Nella sofferenza e nella malattia.

Il nome che aveva scelto per sua figlia era quanto di più azzeccato la sua vita avesse suggerito.

A tentoni, si alzò e cercò il foglietto consunto che Delion le aveva dato, riponendolo nel cassetto del comodino.

Non avrebbe voluto perderlo, per nessuna ragione.
 No one can hurt you now
(Nessuno ti farà del male)

 Come morning light
(Arriva la luce del mattino)

 You and I'll be safe and sound
(Tu sarai sano e salvo)

(Taylor Swift ft. The Civil Wars – Safe and sound)
 
 


 
EPILOGO

 
Il sole mattiniero nel Distretto 2 batteva sulle rotaie della stazione creando un’accecante luce che rendeva ancora più luminosa la giornata, già assolata e limpida. Delion saltellò giù dal treno, seguita dai genitori e dal fratello.
Fu la prima a toccare terra e la prima a cercarlo con lo sguardo, mentre il vento le scompigliava i ricci.


Agitò la mano in segno di saluto.

Katniss dietro di lei era nervosa. Più che nervosa. Nel panico, nell’angoscia, ma anche piena di curiosità e di speranza. Incredibile a dirsi, era la figlia che le stava dando forza. La forza di credere a quella fiammella di luce e di speranza tutta della giovinezza, che credeva essersi spenta dopo la morte di Prim.

- E’ laggiù? Non lo vedo! – sussurrò alla figlia.

- Ma sì, mamma! E’ lì! – disse Delion.

Katniss rischiò di accecarsi per il sole nel vedere ciò che indicava la figlia col dito.
Ma aveva ragione. Gale era lì.


Sentì la mano di Peeta stringere leggermente la sua.

- Insieme? – le disse il marito sorridendole.
- Insieme – decretò Katniss ricambiando il sorriso.
Sempre, anche dopo trent’anni.

Avanzarono camminando, senza accorgersi di aver superato Delion.

Incontro a quell’uomo ancora molto alto e muscoloso,con pochi capelli e una barbetta biancastra, che reggeva con un solo braccio un bambino di quattro anni castano e mingherlino, il quale, per la vergogna, nascose la testa dietro il collo del padre.


Prima che fossero abbastanza vicini da potergli finalmente parlare, Katniss e Peeta si accorsero che Delion non era più accanto a loro e si voltarono entrambi indietro.

Poco più in là infatti, la ragazza si era inginocchiata di fronte a una piccola aiuola incolta, dove stava strappando due fiorellini gialli e viola, sistemandoli graziosamente sopra l’orecchio.


A Peeta la scena ricordò quella volta che da bambina  Katniss aveva colto nel giardino della scuola un dente di leone dopo che la sera prima le aveva regalato il pane che l’aveva salvata.



Katniss invece non ebbe lo stesso flashback, ma mentre la figlia si avvicinava riconobbe i fiori.



Erano primule.
 











 
Note dell’autrice: Eccoci qua lettori! Finito! Avrei voluto dare un altro po’ di suspence regalandovi l’ultimo capitolo tra qualche giorno ma non ho resistito! Ah, come mi è piaciuto scrivere questa fan fiction! Puntualizzo solo per chi non avesse letto il libro, o non se lo ricordasse, o proprio non lo sapesse: la “Primula”  in inglese è “Primrose”...sì, Prim porta il nome di un fiore :D mica facevo cogliere alla nostra protagonista un fiore a caso proprio nel finale, no? Se il dente di leone di cui la “Bimba Mellark” porta il nome simboleggia la “Speranza”, mi piace pensare che invece la “Primula/Primrose” rappresenti la “rinascita”: della primavera e di tutto.
Ringrazio chi ha seguito la storia, chi l’ha messa tra le preferite, tra le ricordate, ma anche e soprattutto chi ha lasciato un pensierino per questa fan fiction: grazie veramente, ho apprezzato molto. Mando un bacione.
Ah, grazie alle recensioni dell’ autrice/recensoraH AlessiaDettaAlex (perdonami cara, ma non so come si “tagga” su EFP) ho riveduto un pochino ma giustamente alcuni capitoli: il III, il IV e il VII. Consiglio ovviamente la lettura delle sue storie, in particolare dell'ultima “The odds are never in my favor”.
Un abbraccio virtuale dalla vostra Lauretta Koizumi Reid e alla prossima! 
  
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