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Autore: GreenCats    24/02/2015    5 recensioni
Dover scegliere quello che più ti fa star bene non vuol dire scegliere la cosa migliore.
E' questo che capita ai protagonisti: Harry e Louis.
Un amore sbagliato, che potrebbe distruggere tutto oppure aggiustare le loro vite, complete solamente dopo essersi incontrati.
Conosciuti in una chat, i due ragazzi avranno modo di scoprirsi, di iniziare ad amarsi, ma avranno mai il coraggio di andare oltre uno schermo?
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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HARRY
30 OTTOBRE – 11.05
 
“Leaving On A Jet Plan” risuonava nelle mie orecchie, non avrei mai detto che Louis fosse un tipo da John Denver eppure il suo iPod era pieno di sue cover e proprio quella canzone, che ascoltavo da così tanto tempo, mi aveva fatto capire come dovevano andare le cose tra di noi. Da quando era andato via, scappando da me, mi ero rinchiuso nel mio silenzio, in una quiete fatta di parole scritte per lui accompagnate dalla sua musica, dalle sue canzoni. Aveva lasciato tutto qui: i vestiti, i libri, qualche souvenir ed il suo iPod, vi era un’unica playlist ed era semplicemente soprannominata “H&L”, canzoni che parlavano di noi. I mesi che avevo passato con Louis, inutile dirlo, erano stati i più belli della mia vita. Anzi, l’aggettivo bello non era abbastanza per descrivere lui ed il nostro amore, sempre se lui provava ancora questo. Non lo biasimavo, avevo perso la sua fiducia e più di tutto lo avevo perso. Mi mancava, mi mancava tanto ed ogni metafora o frase di paragone sarebbe stata inutile e inappropriata perché nulla al mondo reggeva il confronto con quello che sentivo al centro del petto senza Louis. Nulla è paragonabile alla sensazione di vuoto, se non la morte e a dir la verità, mi sentivo morto senza lui al mio fianco, ecco. Ma ciò che mi faceva più stare male, non era la sua assenza, no, anche se non mi ero affatto abituato, era che quella non presenza era stata la reazione ad una mia azione ed io non mi ero mai sentito peggio. Io non me ne ero nemmeno reso conto fin quando non ero tornato a casa e nella nostra stanza, dove c’erano il suo profumo, le sue cose ma lui non c’era più.
 
Mi sentivo niente, calcai con le dita il tatuaggio sul mio polso, quella strana formula chimica che aveva senso solo per me e per Louis, perché io ero la sua serotonina, il composto chimico della sua felicità. Speravo di esserlo ancora, nonostante i miei errori.
Guardai il telefono per l’ennesima volta, una nostra foto sullo sfondo, reggevo tra le mani quella piccola agenda, avevo imparato tutti quei centoundici motivi per cui valeva la pena vivere ed io ne avevo aggiunti altrettanti, il primo di questi l’avevo trascritto sulla copertina di cuoio dell’agenda “Vale la pena di vivere perché io ti amo, sempre e per sempre”. Tremavo al solo pensiero degli occhi di Louis nuovamente riflessi nei miei, ero davvero pronto? In quel momento, mi sentii più grande, più uomo, degno di ricevere l’amore di quel ragazzo che mi aveva fatto scoprire cosa voleva dire sentirsi bene.
Erano passati due mesi esatti dalla nostra ultima volta insieme ed il pensiero di un suo rifiuto, non riuscivo a contemplarlo, anche se era il massimo delle ovvietà. Ero cambiato, mi sentivo tale e non solo per il nuovo taglio di capelli o i miei nuovi tatuaggi, tutti a raccontare della nostra storia, mi sentivo pronto per affrontare i problemi, per riprendermi ciò che era mio di diritto, il mio amore. 
“Prendimi con te” – scrissi proprio su quell’agenda, prima di abbandonarmi al sonno.
«Signore, siamo atterrati» - una donna sulla trentina, con i capelli biondi raccolti in un morbido chignon ed una divisa blu, mi svegliò, facendo svanire il mio incubo, lo stesso che facevo da più di un mese: io che correvo verso Louis, senza mai raggiungerlo e cadevo, c’era sangue dappertutto e poi una voce femminile, sconosciuta che mi ripeteva una sola parola ‘Addio’. Presi il mio bagaglio a mano e scesi dall’aereo, inalai una boccata d’aria fresca prima di digitare il numero di Milly e chiamarla. Ero vicino a casa, a Louis.
«Ehi Milly, sono atterrato, puoi partire mentre io recupero i bagagli» - non avevo portato nulla di mio, se non un paio di pantaloni e qualche maglietta che erano comodamente sistemate nel mio bagaglio a mano. La valigia era quella di Louis, con dentro tutte le sue cose, avevo tenuto per me solo una felpa, una delle sue preferite, con il suo profumo ancora impresso. La tenevo su una delle poltrone della camera, la mettevo per qualche minuto prima di andare a dormire, ogni sera, lo sentivo addosso e tutto sembrava più leggero, la via d’uscita momentanea in un labirinto di specchi.
«Va bene Harry, io aspetto in macchina, Liam e Zayn ti aspettano all’uscita del gate» - fece la ragazza dall’altra parte del telefono, sentii la voce di Liam in sottofondo bofonchiare qualcosa, ma non capii cosa stesse dicendo.
«Lui non viene?» - chiesi speranzoso, io e la ragazza avevamo discusso tutta la notte per questo. Secondo Milly e Liam, Louis non era pronto per vedermi, gli avevo fatto così talmente tanto male che volevano proteggerlo il più a lungo possibile e per loro non era una buona idea portarlo in aeroporto senza dirgli nulla. «No, Harry lui non viene. Non sa ancora del tuo arrivo, pensa che stiamo venendo a prendere il cugino di Niall per fargli una sorpresa. Prima di portarti qui a casa però, noi vorremo parlarti» - chiusi per un attimo gli occhi, sapevo già cosa mi aspettava, prima di affrontare Louis avrei dovuto parlare con Liam e non so chi dei due mi spaventava di più. Avevo torto marcio, avevo sbagliato e ne ero più che consapevole, ma come spiegare a Liam tutto questo? Lui voleva il bene del suo migliore amico e mai mi avrebbe fatto avvicinare a lui se non lo riteneva necessario. Ripensai ad Aprile, a quei giorni nel college, quando lui cercò in tutti i modi di tenermi lontano dal lui, ma era lo stesso Liam che mi aveva aiutato a conquistarlo. «Ho paura.»
 
Zayn e Liam erano davanti il gate 4, li osservai da lontano per qualche minuto. Avevano l’aria stanca, Zayn continuava a rigirarsi un accendino tra le mani, mentre Liam continuava a guardarsi in giro alla ricerca di me. Parlavano tra di loro ma ero troppo lontano per sentirli, mi sentii infinitamente piccolo ed infantile in quel momento - «Ehi» - mi avvicinai a loro. Zayn mi strinse in un abbraccio veloce, dandomi delle pacche sulla spalla, mentre l’altro, non si avvicinò nemmeno, mi fece un cenno con la mano ed indicò il parcheggio - «Milly sta aspettando in macchina, muoviti»
«Hai preso tutto?» - fece Zayn, prendendo la grande valigia che trascinavo. Annuii e seguii i due ragazzi.
«Nick dove lo hai lasciato?» - Liam sistemò la valigia nella macchina di Zayn e pronunciò quella frase, era impaziente di sapere ed io non ero ancora pronto per parlare. «Amore si è fatto otto ore di aereo, che dici di portarlo prima a mangiare qualcosa?» - annuii nuovamente alla ragazza, prima di stringerla in un abbraccio delicato, la sua pancia era appena visibile - «Mi aspettavo di vederti già enorme, mentre mi venivi a prendere rotolando per l’aeroporto» -la ragazza rise di buongusto, accarezzandosi la pancia, Liam sbuffò e accese la macchina, nonostante fosse di Zayn. Durante il tragitto, stranamente silenzioso, scoprii che Milly si fidava solamente della guida del suo compagno e che per lei Zayn era un pericolo costante, almeno al volante. Liam si fermò davanti al solito bar, quello in cui quel giorno di Giugno, io e Louis siamo entrammo mano nella mano. «Prima di portarti a casa, dobbiamo parlare» - annuii, ero pronto per spiegare tutto.
 
«Allora?» - fece il ragazzo non appena entrò in quel bar così familiare a tutti noi, persino Zayn che viveva a Londra da poco più di un mese ma aveva preso già l’abitudine di venire qui, forse era l’unico che riusciva a bere lo stesso caffè di Liam.
«Prima voglio sapere come sta»
«Si tiene molto impegnato, siamo riusciti a convincerlo a tornare a seguire le lezioni, è stata già una grande cosa» - rispose il moro, mentre l’altro ragazzo continuava ad aggiungere zucchero al suo imbevibile caffè.
«Emotivamente come sta?»
«Come cazzo vuoi che stia? L’hai tradito, lasciato, sei sparito per un mese e poi vieni anche qui a chiedere come sta perché ora sparerai la cazzata del “A me interessa come sta”, se ti interessava il suo bene non facevi niente di quello che hai fatto…» - sbottò Liam, la ragazza gli poggiò un braccio sulla spalla e sussurrò - «Amore calmati» - ma lui scosse la testa nuovamente e continuò ad urlare, non preoccupandosi dei clienti all’interno del piccolo bar - «Se fosse stato per me, tu non saresti qui. Io non voglio fartelo vedere, perché caro Styles sei una testa di cazzo, fattelo dire, sei una persona che pensa prima a se stesso e poi agli altri. Avevi Louis, avevi tutto, cosa ti serviva scopare con un altro uomo? Convincimi ed io te lo farò vedere, ma non sarò dalla tua parte, non questa volta». Era arrabbiato, lo era davvero e nelle sue parole colsi anche un tono di delusione, non avevo ferito solo Louis, io avevo spezzato l’equilibrio di tutti. Notai nuovamente il viso stanco dei due ragazzi, sembrava che entrambi non dormivano da settimane, i loro capelli erano spettinati, soprattutto quelli di Zayn, non avevano avuto pace, sapevo quante potesse essere pesante un Louis triste, ma vederli così, davanti ai miei occhi, senza energie e speranze, fece ancora più male ed i miei sensi di colpa aumentarono vertiginosamente.
«Lui è come un bambino in questo momento – fece Zayn – tutti noi ci occupiamo di lui, a turno. Appena stacchiamo da lavoro o finiamo di studiare, diamo il cambio ad un altro, ci sta aiutando anche Johannah, i gemelli li fanno un buon effetto. Non mangia, se non qualche tazza di thè e biscotti, è molto irascibile e dorme poco, di conseguenza anche noi. Parla di te, spesso e poi sposta i mobili senza un perché e ora ha iniziato a prendere degli ansiolitici forti, prima io o Liam li mettevamo un paio di gocce di valeriana, ora è passato alle benzodiazepine, ho trovato del Tavor in bagno. Credo di parlare a nome di tutti, non lo stiamo facendo per te, ma per lui, perché siamo stanchi di vederlo e vederci così.» - il moro tornò a sorseggiare il suo caffè, il suo tono era pacato, al contrario di quello del suo amico che continuava a sbuffare ed annuire, rilasciando tutta la sua rabbia sopra quella povera tazza, che continuava a stringere. Lui stava male, stava male per colpa mia, ma quelle dei due ragazzi non furono le parole che mi fecero più male, qualche istante dopo il mio ex fidanzato, Milly mi allungò un paio di fogli stampati, erano delle email tra lei e Louis.
«Leggi, lui era andato a Doncaster per un paio di giorni e mi ha scritto questo…»
 
Da: Louis Tomlinson
Per: Milly Salvatore
Oggetto: Scusate…  
 
“Sono a Doncaster, dovevo allontanarmi per qualche giorno e farvi riprendere. Mi dispiace per tutto quello che sta succedendo, non volevo prendermela con voi. Rientro Domenica, godetevi il week-end e riposatevi dai miei capricci, ma alla fine, vi sto preparando ad avere un bambino. Vi voglio bene”
 
Da: Milly Salvatore
Per: Louis Tomlinson
Oggetto: RE: Scusate…
 
“Allora spero che mio figlio sia più tranquillo di te e russi meno di suo padre! Non sei un problema, per nessuno di noi. Ora che sei a Doncaster vedi di divertirti e conoscere qualcuno!!!
Milly&Alex che vogliono bene allo zio Lou”
 
Da: Louis Tomlinson
A: Milly Salvatore
Oggetto: Mi manca.
 
“Mi manca e sai bene a chi mi riferisco, non ce la faccio più. Sembra tutto così negativo senza di lui, gli è bastato meno di un anno per distruggermi. Non ce la faccio, continuo a chiedermi il perché ci siamo ridotti cosi, anzi, perché mi ha ridotto in questo modo ed una risposta non la trovo. Pensavo che mi amasse, stavo facendo del mio meglio ma non è stato abbastanza, forse aveva bisogno di più attenzioni, di più sesso, ma non di più amore, non gliene potevo dare. Ho amato Harry con tutte le mie forze, lo amo ancora, ma sono debole, mi sento inerme e vorrei rispondere ad ogni suoi “Mi manchi”, vorrei prendere un biglietto e volare da lui, gli cadrei in ginocchio davanti e chiederei perdono per qualsiasi cosa. È colpa mia? È questo quello su cui mi interrogo. Fa male da morire la sua assenza. Non mi sento completo, ho quasi smesso di vivere per lui, la notte. È lì che io mi perdo. Non posso stringerlo, urlo il suo nome e non c’è. È con lui adesso e forse sono anche felici insieme, mentre io mi nascondo dai suoi ricordi…”
 
Smisi di leggere, non ce la facevo ad immaginarmi un Louis distrutto per colpa mia eppure era la realtà.
«Portatemi da lui» - sussurrai, passandomi la mano sopra la tasca del cappotto. Lì, dentro quel pezzo di stoffa c’era il mio futuro.
«No. Prima voglio sapere che intenzioni hai con lui e che fine ha fatto il tipo con cui sei stato» - la mascella di Liam si contrasse in una smorfia, non era arrabbiato o meglio, non era solo arrabbiato, era anche deluso da me. Lui mi aveva affidato Louis perché si fidava di me, era questo che gli faceva male, il fatto di aver sbagliato, perché indirettamente lui aveva ferito il suo migliore amico lasciandolo nelle mie mani.
«Non vi mentirò, ma voglio prima dire una cosa: Zayn io so cosa pensi di me, ma non è così. Non lo so cosa mi sia preso e ti anzi vi giuro che io non sono così. Non mi stanco dei miei giocattolini e quindi appena ne trovo di nuovi, li butto. Con te ho sbagliato e non ti ho mai chiesto scusa, c’è sempre questa tensione tra di noi e non so come comportarmi, soprattutto ora che vivi con il mio fida- con Louis. Ho sbagliato e vorrei dire che sono solo un ragazzino di diciannove anni, ma non posso. Voglio un futuro con lui e sono qui per riprendermelo – passai una piccola busta di raso nero a Liam – non so cosa mi sia preso quel giorno nell’ufficio di mio padre, non so perché l’ho fatto e sono serio, non trovo una giustificazione. Ci siamo baciati, questo è vero, ma nel momento in cui stavamo per farlo, io non ce l’ho fatta. Come non ce l’ho fatta a tenermi quel segreto, ho rovinato tutto. Per qualche giorno non ho davvero realizzato cosa era successo, pensavo di volere Nick, ci sono uscito insieme diverse volte, ma appena mi toccava, io mi irrigidivo, non era con lui che dovevo stare. Io amo Louis, lo amo con tutto me stesso, sono un ragazzo di diciannove anni a cui manca l’amore della sua vita. Ho sbagliato, ne sono più che consapevole, vorrei potergli regalare il mondo, ma non posso, voglio solo chiedergli perdono ed aspettarlo, finché lui non sarà pronto a dirmi di sì.» - Milly si aprì in un sorriso, Zayn mi diede l’ennesima pacca sulla spalla mentre Liam rimase in silenzio, passandomi quella piccola busta, aveva capito.
«Volevo essere io il primo. Forza, andiamo a casa.» - disse abbracciandomi fraternamente. Ecco con Liam era tutto semplice, dovevi solo mettere le cose in chiaro. La sua delusione e quel poco di incazzatura lasciò spazio ben presto ad un sorriso. Ed io sapevo il perché.
 
«Louis è in facoltà fino alle sedici, se vuoi farti una doccia fai pure, conosci bene la casa» - fece Zayn non appena mettemmo piede in casa. Era completamente trasformata, era stata ridipinta di un giallo acceso che rendeva il salone più grande, i divani erano di ecopelle nera, niente a che fare con quelli vecchi, così sembrava un vero appartamento e non un alloggio per studenti. Entrai in camera di Louis e mi colpii una fitta al cuore. Tutte le nostre foto, le lettere, le cartoline della Grecia, tutto quello che rappresentava noi, me, era stato tolto e gettato in una scatola di cartone ai piedi della scrivania, le pareti erano state ridipinte di bianco, il letto cambiato e la tastiera era stata smontata e rinchiusa nell’armadio. C’era solo un letto nuovo ed una scrivania, ecco come doveva sentirsi, svuotato da tutto, asettico. Presi la valigia ed iniziai a sistemare i suoi vestiti nell’armadio, piegandoli con cura ed ispirando volta per volta il suo profumo ancora impresso sui panni. Sistemai la valigia sotto il letto e mi venne un’idea. Presi la vernice gialla avanzata dal solone, Liam e la sua stupida ossessione di conservare tutto e scrissi sul muro la frase più vera, sentita ed egocentrica che mi venne in mente. Lasciai le finestre aperte per far evaporare la puzza di vernice e mi diressi verso il salone dove trovai Zayn intento a rollarsi una sigaretta.
«Ti sei sistemato?» - fece, bruciando la cartina in eccesso.
«Devo chiederti un favore»
«Dimmi»
«Finché io e Louis non chiariamo, posso dormire con te? So che è imbarazzante, potrei prendere la brandina che Liam utilizzava per i suo…» - Zayn fissò il bracciale di pelle ed acciaio al suo polso sinistro, iniziò a muoverlo tra le dita e solo in quel momento notai una piccola ‘N’ incisa su una delle maglie.
«Zay parlerò io con Niall se vuoi, non…non succederà nulla e forse sarà solo per un paio di notti, il tempo di chiarire con Louis» - il moro sospirò, lasciò perdere il suo bracciale e accese la sigaretta - «Va bene, ma se dovessi litigare con Louis o con Niall, ne pagherai tu stesso le conseguenze!»
«Grazie, grazie!» - mi gettai su di lui, abbracciandolo, era il contatto più intimo che avevamo dopo mesi e tutta la tensione accumulata sembrò svanire.
«Tra mezz’ora devo essere a lavoro, dovrebbe passare Niall a salutarti, Louis dovrebbe arrivare per le quattro, non fare danni. Ce la fai?» - disse scherzosamente, sciogliendo l’abbraccio - «Quanti giorni resterai?»
«Quattro, devo essere a lezione mercoledì, ne ho già saltate troppe.»
«Come va l’università?» - chiese, alzandosi per ciccare e prendere per entrambi una birra
«Sto frequentando lezioni di matematica, arte, fisica e geometria, inizio seriamente a pensare che tutto questo non faccia per me» - ammisi sottovoce, Zayn non si fece scappare il mio tono e subito chiese - «Cosa non fa per te?»
«Tutto quello, il college, Los Angeles, mio padre, Beth. Sembra tutto così fuori dal comune per me, non ci sono abituato, è tutto troppo grande e non mi trovo a mio agio. Non ho fatto amicizie se non con un ragazzo che frequenta con me geometria, si chiama Ed, è inglese anche lui. Beth è in una clinica di disintossicazione, non parlo con mio padre dopo aver scoperto che se la scopava e soprattutto ho perso Louis. Non ho più voglia di stare lì.»
«Sei sicuro di voler fare quel passo?» - chiese il ragazzo, spegnendo la sigaretta in un posacenere dalla forma fallica, feci un sorriso nel vedere lo strano oggetto. «È stato il regalo di Lorenzo, un mio collega anglo-italiano, viene spesso qui, credo che abbia una cotta per Louis. Lui e Milly ogni tanto borbottano qualche parola in italiano, sono abbastanza esilaranti.»
«È stato con qualcuno?» - piegai la testa, non avevo il diritto di sapere ma uno strano fastidio si impossessò di me, non era semplice gelosia, il ragazzo dagli occhi azzurri mi apparteneva, non riuscivo nemmeno ad immaginarlo insieme ad un’altra persona.
«Io e lui abbiamo avuto una maratona di settantadue ore di sesso estremo»
«Cosa?!» - disse schioccato
«Harry sto scherzando! Calmati, al massimo è uscito per andarsi a comprare le sigarette!» - ripresi aria, non era giusto, lui meritava davvero qualcuno che lo facesse stare bene ma ero anche sicuro che quella persona potevo essere soltanto io, dovevo essere soltanto io.
«Haz si sta facendo tardi, vado a lavorare, se ti serve qualsiasi cosa chiama Niall, dovrebbe essere qui a minuti» - Zayn si diresse verso la porta principale e prese la borsa in cui aveva la sua divisa da lavoro – «Vedi di farti valere»
«Buon lavoro Zay!»
 
Sistemai i pochi vestiti che avevo nell’ultimo cassetto dell’armadio, Zayn ne lasciava sempre uno libero, per evenienza, aprii la brandina e cercai di sistemarla al meglio, sperai di non doverla utilizzare per tutta la durata del viaggio, il letto di Louis sarebbe stato molto più comodo. Mi allungai qualche istante e controllai il telefono, mandai un messaggio a mia madre, avvertendola del mio arrivo ma fui distratto dallo sbattere della porta, non erano ancora le quattro, non poteva essere lui. Forse era Niall o Zayn che si era scordato qualcosa, Milly o Liam, potevano essere tutti ma quando sentii la sua voce urlare il nome di Zayn, non ci furono più dubbi. Lui era lì ed io dovevo affrontare le mie paure e cercare di rimettere in ordine due vite.
«Zayn cazzo esci da quella stanza, cos’è quello scherzo in camera mia?» - esitai un secondo prima di uscire dalla stanza, presi un lungo respiro, chiusi gli occhi ed entrai nel salone - «Non è uno scherzo.»
Louis si irrigidì immediatamente, il respiro mozzato, fece cadere la tracolla e si allontanò di qualche passo - «Co- cosa ci fai qui, tu?»
«Devo parlare con te, non rinchiuderti in camera per favore!»
«No, vai via!» - troppo tardi, Louis si era rinchiuso in camera, urlando una serie infinita di “Vai via” straziati dal pianto. Continuai a colpire la porta, ma Louis non aveva nessuna intenzione ad aprire.
«Rimarrò qui finché non mi parli!» - Mi appoggiai con le spalle alla porta, sedendomi per terra ed inizia a parlare - «Mi manchi tanto Lou, io sono un coglione, lo ammetto ma non ce la faccio più, la tua presenza è un bisogno necessario per me, vorrei che tu lo capissi. Ti amo e non ho mai smesso, insultami, urlami contro ma ti prego perdonami. Tu sei la mia barca, ti ricordi? Senza di te posso solo che affondare. Io la barca e tu la mia bussola, ti ricordi? Mi hai detto che un giorno ce li saremo tatuati, perché insieme abbiamo trovato noi stessi. Ti amo, non buttare tutto questo per un mio errore, ma se vuoi farlo, devi dirmelo una volta per tutta e lo farò, ma finché non parli con me, io da qui non me ne vado.»
 
 
«Louis esci da quella stanza, è ora di cena!» - urlò Zayn, ancora con indosso la divisa del lavoro. Il tavolo della cucina era apparecchiato per sei, all’appello mancava solo Louis che dopo cinque ore ancora non era uscito da quella maledetta stanza. Aveva approfittato di qualche minuto di mia assenza per urlare contro Niall e poi era tornato in camera. Liam era seriamente preoccupato, il suo migliore amico aveva evitato di parlare con tutti, persino con lui ed ora si sentiva colpevole del male che gli stava infliggendo. Conoscevo Liam, più di quanto immaginasse e sapevo che stava rimuginando sulle sue azioni. Milly tirò due pugni alla porta prima di accasciarsi per terra ed iniziare ad urlare, nel giro di qualche attimo le urla della ragazza avevano raggiunto la cucina e tutti ci precipitammo verso di lei, il primo a vederla fu Louis, seguito da Liam e me. Aveva aperto la porta ed ora era inginocchiato vicino la sua migliore amica. Si era cambiato, indossava una tuta grigia che gli ricadeva larga sui fianchi, i piedi scalzi ed una felpa, la mia felpa, quella che gli avevo lasciato quel giorno di Aprile, quando ero scappato da casa sua con la sua giacca di jeans. Liam si chinò verso la ragazza che gli sussurrò qualcosa, immediatamente il ragazzo disse - «Lou prendo un cuscino dalla tua camera» - spostò il ragazzo dagli occhi azzurri da davanti la porta della sua stanza ed entrò, chiudendosi a chiave dentro. Milly iniziò a ridere, con un gesto veloce tornò in piedi ed afferrò la manica del ragazzo - «Ci devo pensare sempre io eh! Per fortuna qui dentro c’è una donna, ora voi due – afferrò anche me – parlate finché non chiarite e non me ne frega un cazzo dei vostri malumori, tu Louis non fare la donna in fase premestruale e tu Harry vedi di non fare il coglione e riaggiusta le cose! Liam esci da quella fottuta stanza e portami a cena fuori – urlò – Niall, Zayn, venite con noi e non è una domanda ma un obbligo di una donna incinta che ha voglia di Caesar salad!» - quella ragazza era qualcosa di…di…non c’erano di parole adatte, era Milly in tutte le sue magnifiche e geniali sfumature. Con un gesto secco trascinò me e Louis nella stanza di quest’ultimo, appena liberata da Liam e ci chiuse dentro - «Torniamo per le undici, buona chiacchierata» - disse, dando un colpo alla porta ed un’altra manata di chiave. Pochi secondi dopo sentimmo la porta principale sbattere e solo in quel momento Louis aprì bocca - «Spiegamelo» - indicò la parete in cui qualche ora prima avevo scritto quella frase, sogghignai al pensiero della notte in cui scrissi il murales sotto casa di Louis, mi spostai verso la finestra, era ancora lì, leggermente sbiadito ma ancora presente. Metaforicamente era come me e lui, sbiaditi dalle piogge e dal sole, dai miei errori, ma ancora lì ad urlare il nostro amore. Guardai Louis attentamente, era dimagrito negli ultimi due mesi, sembrava ancora più piccolo, ma sempre adatto per le mie braccia. Aveva i capelli tirati dietro ma nascosti dal cappuccio della felpa, gli occhi erano di un blu spento, le occhiaie violacei facevano da padrone sul viso pallido e scavato, il mio cuore si strinse in una morsa, l’avevo reso io in questo modo? Notai le nocche rosse, il sangue secco sporcava le sue mani e pezzi di vetro erano sparsi per buona parte della stanza. Lo specchio vicino l’armadio era completamente frantumato, erano evidenti i due colpi che il ragazzo aveva dato. Presi una delle magliette dal cassetto, facendo attenzione alle schegge di vetro finite nei cassetti aperti, buttai quasi tutto il contenuto della bottiglia d’acqua sul pezzo di stoffa ed afferrai la mano sanguinante di Louis - «Lasciati curare».
«Ti prego, basta!» - allontanò la mano da me e si diresse verso la scrivania, lasciandomi sul letto, con la sua maglietta sporca di sangue - «Cosa vuoi?»
«Te» - mormorai
«Spiegamelo» - indicò nuovamente la scritta gialla sulla parete della sua stanza - «Ti prego spiegami che senso ha tutto questo perché io non ci sto capendo davvero più nulla»
“Mai oltre me. - Harold” – erano queste le parole che avevo scritto su quella parete fin troppo bianca. Quello che sentivo di dirgli, perché ero stanco dei mi manchi, ero stanco di sentirmi da solo e quella era una richiesta, quasi un obbligo - «Ti prego, non cercare altre persone, altre facce, altri nomi. Voglio essere io il tuo tutto, anche se ho i miei difetti e faccio i miei errori. Da soli non possiamo affrontare l’oceano, possiamo solo cadere a fondo. Io voglio essere la tua felicità, voglio essere tante cose nella tua vita ma non la persona che ti fa star male, perché tu non meriti niente di ciò e ne sono consapevole. Voglio essere sincero e te lo giuro, non so perché ho fatto quello che ho fatto. Non pensavo e mi sono fatto trascinare dagli ormoni, non ho scusanti, spero solo che tu un giorno mi dia una seconda possibilità, è tutto quello che ho da dirti. Anzi no, ti amo e questo sentimento è l’unica cosa che mi tiene in vita.» - Lui si avvicinò titubante, sedendosi nella parte più lontana del letto, allungai una mano sulla sua guancia, catturando l’unica lacrima che il suo corpo si era fatta scappare.
«Non piangere ancora»
«Non farmi piangere, ancora» - bloccò la mia mano con la sua, tremava e le lacrime ormai versavano sulle sue guance, bagnandomi la mano, ancorata lì.
«Ho sempre detto che le lacrime erano per i deboli, ma quante volte ho pianto per te amore mio? Mi sento debole senza di te, non mi sento completo e non riesco a vivere, ma non riesco nemmeno a vivere con questa situazione, come posso fidarmi di te? Io ero lì è questo quello che mi ha fatto davvero male. Sì certo il tradimento mi ha fatto arrabbiare, infuriare, ma quello che mi ha emotivamente distrutto è che io ero a casa tua, ad aspettarti. Non eravamo a decine di migliaia di chilometri di distanza. Come posso fidarmi di te, se mi hai tradito quando io ero lì con te e solo per te? Questo mi ha distrutto» - si irrigidì immediatamente dopo le sue parole, lo conoscevo, lo capivo dalla sua mano che tremava ancora sulla mia, dai suoi occhi puntati in basso. Era la prima volta che formulava quel pensiero, ci avrei giurato, ma quello era anche la risposta che stava dando a se stesso, del perché delle sue azioni. Si allontanò, tornando all’angolo della camera, un ring immaginario, dove non c’erano vincitori, ma solo sconfitti.
«Che fine ha fatto lui?» - continuò - «Non pronunciare il suo nome, per favore»
«Verità?»
«Sempre.»
«Siamo usciti insieme per qualche settimana, subito dopo la tua partenza»
«Avete fatto…cose?» - sussurrò, non aveva forza nella voce
«Sì, non voglio mentirti Lou. Ci siamo toccati a vicenda, se si può dire così, ma non abbiamo mai fatto sesso, nemmeno la prima volta, abbiamo iniziato, lui era quasi pronto per entrare dentro di me, ma non ce l’ho fatta. Mai, non riesco a pensare di essere toccato in quel modo da una persona che non sei tu. Ti amo»
«Smettila di dirmelo!»
«Perché?»
«Perché so che mi ami e sarà lo stesso motivo che per cui io ti perdonerò, perché so che mi ami» - si accasciò al muro, tra i pezzi di vetro e se stesso. Inspirai una grossa boccata d’aria prima di dirigermi verso di lui, gli presi il viso tra le mani e delicatamente poggiai le mie labbra sulle sue.
«Quindi mi perdoni?»
«Non adesso, ma potrebbe succede» - i nostri nasi si sfiorarono e baciai nuovamente le sue labbra umide.
«Non mandarmi via, ti prego Lou»
«Non lasciarti mandare via» - sorrisi, con lui era facile essere felice.
«Sei bravo con queste frasi d’effetto oggi»
«Sono due mesi che me le preparo, caro» - mi avvicinai nuovamente a lui per baciarlo, ma le sue labbra era già a metà percorso, mi stava aspettando, mi voleva, nonostante tutto, nonostante me. Non mi sarei mai stancato delle sue labbra, mai, per tutta la mia vita, quella che volevo passare con lui. Lo abbracciai, sistemò la testa nell’incavo del mio collo e si abbandonò alle lacrime, ma questa volta, non erano lacrime di dolore ed io mi sentii nuovamente completo dopo due lunghi e dolorosi mesi. Quello era il nostro posto.
 
 
02 NOVEMBRE – 22.45
 
«Domani a che ora parti?» - fece Zayn, ciccando l’ennesima sigaretta in quell’assurdo posacenere. Avevo conosciuto quel Lorenzo, il ragazzo che aveva comprato l’oggetto, il giorno prima. Io e Niall eravamo finiti a bere birra nel bar dove lavorava il suo ragazzo. Era uno di quei posti tipicamente universitari, infatti non distava molto dalle residenze studentesche, un tavolo da biliardo, luci soffuse e televisori appesi alle pareti su programmi sportivi, quello di Anne era di gran lunga migliore. Il personale, la maggior parte studenti, era molto cordiale, anche lo stesso Lorenzo, era dalla battuta facile ed aveva stretto una gran bella amicizia con Zayn, cosa che a Niall non era certo sfuggita.
«Nel primo pomeriggio, ho otto ore di viaggio da affrontare ed il giorno dopo come se non ci bastasse ho lezione.» - feci, poggiando la bottiglia di London Porter sul bancone della cucina, mi passai una mano tra i capelli, dovevo assolutamente tagliarli. Avrei dovuto fare tante cose, in realtà.
«Quando farai quella cosa?» - mimò con le dita le sue ultime parole.
«Domani, prima di partire, mi serve sapere se ho qualcosa per cui tornare qui oppure no» - il mio sguardo cadde sulla porta nuovamente chiusa della stanza di Louis. Mi evitava da due giorni, da quando, dopo quell’abbraccio rappacificatore, mi aveva iniziato ad urlare contro parole d’odio, accompagnando qualcuna di esse con qualche pugno al mio ventre, non mi facevano male, non quelli, ma le sue parole, quei pensieri scomposti urlatimi contro, fecero male, tanto, ma non era niente in confronto a quello che io gli avevo fatto passare, fu per questo che accettai le sue parole, i suoi pugni ed il silenzio che seguii per i giorni successivi. Mi evitava e questo era ben chiaro a tutti, usciva solo per mangiare o andare in bagno. La sera di Halloween mi aveva rivolto la parola ma era stato solo per dirmi che sua madre sarebbe passata a salutarmi il giorno successivo. Ma della signora Tomlinson non ci fu traccia. Se lui viveva nella sua stanza, io vivevo rintanato in salone, aspettandolo. Mi sentivo metà del cuore senza di lui.
«Ehi» - disse Zayn sorridendo, voltandomi notai Louis avvicinarsi a noi, sembrava stremato
«Ciao…»
«Ciao a te»
«Vi lascio parlare, io vado a dormire, buonanotte» - il moro salutò entrambi con la mano e si diresse verso la sua stanza, quella che una volta apparteneva a Liam, chi se lo sarebbe mai aspettato, tutte quelle cose che erano cambiate in meno di un anno, mai avrei immaginato Zayn vivere con Louis, nello stesso appartamento ed essere anche buoni amici, ma soprattutto mai avrei immaginato che tra me e Louis sarebbe finita così, in un silenzio doloroso.
«Non hai cenato questa sera, vuoi che ti prepari qualcosa?» - il ragazzo scosse la testa, prese una bottiglia d’acqua dal frigorifero e tornò verso la sua stanza - «Ti amo Lou»
«Ti prego Harry» - disse continuando a darmi le spalle, non riuscivo a vederlo in viso eppure sentii dalla sua voce timore.
«Ti amo, ti prego…» - mi avvicinai a lui e lo circondai con le braccia – «Questo è il tuo posto» - il ragazzo si voltò, petto contro petto, respiro unito a respiro, sistemò le mani dietro la mia nuca e le intrecciò, avvicinandomi ancora di più a lui. Teneva lo sguardo tenace fisso nel mio e quel mezzo sorriso stampato in volto, mi diede nuovamente fiducia in me stesso e in tutta quella situazione.
«Tu mi hai fatto male, tanto, mi hai ferito ed io non me l’aspettavo e forse questo ha reso tutto peggiore. Ieri sera, quando siete tornati dal bar dove lavora Zayn e tu sei andato in camera sua, un’altra volta, io sono andato al bar, dove c’era quel Lorenzo. Sono a conoscenza della sua cotta nei miei confronti e non ci ho messo molto a convincerlo a portarmi a casa sua – il respiro iniziò a mancarmi - non ero ubriaco, niente di tutto questo, volevo solo fartela pagare, farti capire come ci si sente ad avere una persona a casa che ti aspetta mentre tu fai ben altro. L’ho baciato – passò le sue dita sottili su di me, per farmi capire i posti in cui l’aveva baciato – ma quando lui ha aperto gli occhi ho notato una cosa…»
«Non erano verdi, non eri tu quello che stavo baciando mentre io volevo baciare te, dirti che ti amo nonostante tu mi abbia ferito e non mi interessa se ora quello ferito sei tu, te lo meriti. Non so cosa succederà tra noi due, ma succede anche che io ora mi sento pronto a dimenticare, ma non le cose belle, perché c’è questa parte di me, che io non vorrei sentire ma si fa sentire, che mi dice che io sono felice solo quando sono con te, quando penso a noi vedo solo cose belle e questo mi ha fatto capire che, ti voglio nella mia vita più di qualsiasi altra cosa, ma prova a sbagliare un’altra volta e ti giuro sulla tomba di mio fratello che prima di lasciarti ti taglio entrambi i coglioni.» - si avvicinò al mio viso, fece scontrare i nostri nasi e lentamente mi baciò. Non avrei più sbagliato, non era una promessa, quelle avevo iniziato a capire che non le sapevo totalmente mantenere, era un obbligo verso me stesso, perché non ce l’avrei mai fatta a stare senza di lui ancora.
«Quindi insieme?» - dissi
«Quindi insieme.» - rispose, continuandomi a baciare. Era finito tutto il male ed eravamo tornati noi, più forti di prima. Almeno io.
«Che ne dici se stanotte dormi con me? Voglio bene a Zayn ma saperti nella stanza con lui mi fa più che incazzare» - mi afferrò la mano e mi trascinò in camera sua. Erano spariti i cocci di vetro ed erano tornati i nostri ricordi, le foto ora, non erano più sull’armadio, ma erano state sistemate in modo da formare una piccola parola sotto la scritta che solo qualche giorno prima li avevo lasciato: ‘Mai’.
 
Louis mi buttò delicatamente sul letto prima di sistemarsi sopra di me, non mi interessava se solo un giorno prima aveva provato a scopare con un altro uomo, io potevo essere l’unica persona con il quale lui faceva l’amore. Ed era quello che stavamo facendo. Ci stavamo amando, in quella piccola stanza, sotto quella promessa.
«Sto impazzendo, ti prego» - dissi a bassa voce, spingendo la sua testa verso la mia erezione. Louis continuava a lasciarmi baci lascivi sul pube e all’interno della coscia, ma non si azzardava a toccarmi lì, dove ne avevo più bisogno - «Lou, ti prego!»
«Ci vuole pazienza piccolo»
«Non ne ho più o ti azzardi a fare qualcosa o ti giuro che…» - non finii nemmeno la frase che due dita unte da del lubrificante entrarono dentro di me, ero già al limite eppure Louis non aveva fatto nulla. «Non prepararmi, va bene così Lou, solo entra dentro di me» - mi baciò lentamente il collo e gli angoli della bocca, mi allargò le gambe e si sistemò all’interno, afferrai con queste i suoi fianchi e con le mani mi tenevo stretto ai suoi bicipiti, continuandolo a baciare e con una spinta veloce entrò dentro di me. Il ragazzo iniziò a muoversi lentamente, affondando ogni volta tra le mie natiche.
«Ti amo Lou»
«Ti amo anch’io, ma ti prego apri gli occhi e guardami, ho bisogno di vederti»
Il più grande aumentò il ritmo, mentre io continuavo a darmi piacere, i primi ansimi del ragazzo bastarono per mandarmi in ecstasy, venni copiosamente sopra il suo petto, subito prima di lui, che si liberò dentro di me.
 
Eccolo il giorno tanto atteso, ero tornato a Londra solo per prendermi quello che mi apparteneva di diritto e ci ero riuscito, Louis mi stringeva la mano, accarezzandomi le dita con il pollice. Liam trascinava il piccolo trolley contenenti i miei vestiti, una nuova felpa rubata dal guardaroba di Louis e quel piccolo pacchetto di raso nero. La canzone di John Denver continuava a suonare nella mia testa e mai come quel momento mi sembrò più adatta. Guardai Louis, nel giro di poche ore era così cambiato, un sorriso aleggiava sul suo volto, il nuovo taglio lo rendeva ancora più bello ed era mio.
«Fai buon viaggio Haz!» - disse Niall, lasciando per un momento la mano del suo ragazzo e mi abbracciò, sussurrandomi - «In bocca a lupo, tanto dirà di sì» - Zayn si limitò ad un sorriso, Milly invece mi abbracciò come anche Liam e poi tutti insieme, stretti tra le braccia del proprio amore, si allontanarono, ma non troppo, volevano vedere la scena, quella scena.
«Chiamami appena atterri, chiamami sempre, ti prego.» - annuii baciandolo. Facevo fatica a credere che quel ragazzo perfetto era mio, ancora mio e lo sarebbe stato per tutta la vita.
«Ti amo Lou»
«Ti amo Harold, fai buon viaggio e mi raccomando» - mi abbracciò, anzi, mi strinse con tutte le forze che aveva. Non voleva lasciarmi andare ed ad essere sincero neanche io volevo allontanarmi da lui, lo eravamo stati per troppo tempo e potevo sicuramente affermare che quello era stato il periodo peggiore della mia vita. Louis mi diede un bacio veloce e senza troppe cerimonie si allontanò, odiava quel tipo di situazioni. Gli afferrai un polso, tirandolo verso di me, la piccola bustina di raso nero iniziò a pesare nella mia tasca e mille dubbi iniziarono a farsi prepotentemente spazio nella mia testa. No, non dovevo cedere, quella era la cosa giusta da fare.
«Devo darti una cosa, aspetta!» - tirai fuori dalla tasca del giubbetto il suo iPod - «Oh il mio iPod, pensavo di averlo perso in viaggio!»
«Voglio farti ascoltare una canzone» - liberai le cuffiette intrecciate tra di loro e porsi un estremo a Louis, sistemandomi l’altro nell’orecchio ed un giovane John Denver iniziò a cantare.
 
“Every place I go, I think of you. Every song I sing, I sing for you. When I come back I’ll wear your wedding ring. So kiss me and smile for me, tell me that you’ll wait for me”
 
 «Non troverai mai nessuno che può amarti più di me, sono convinto di questo e sono convinto di voler passare il mio futuro con te, dove non importa. Ti ricordi, una sera mentre io ero sul tetto ti dissi che tu eri il mio probabile futuro o forse me l’hai detto tu, non importa nemmeno questo. Ma quel probabile futuro noi, ti prego, rendiamolo sicuro, rendilo sicuro, che io ho capito che senza te non vivo. Ti prego, sposami.»  
 
  
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