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Autore: Red_Coat    25/02/2015    5 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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C’è un’aria pesante e insopportabile, quando finalmente risaliamo sull’elicottero che ci riporterà alla base. I SOLDIERs che mi accompagnano sono chiusi in un doloroso e comprensibile silenzio mentre ripensano al loro compagno tagliato in due e lasciato sull’asfalto a marcire, mentre le reclute sembrano voler nascondere la loro tristezza sotto i caschi da fante. Cloud Strife non è con noi, non stavolta per fortuna, così come non lo sono Tseng e gli altri due turks che ci hanno accompagnato durante il viaggio di andata. Il gruppo si è diviso e i turks con alcuni fanti sono stati assegnati al velivolo numero 35 per il trasporto dei feriti. Sono molti più di ciò che pensavo, eppure …la mia mente corre veloce all’unico soldato ch’era sotto la mia guida e se n’è andato, tranciato brutalmente in due dalla scure di un mostro corazzato.
Ormai sono passati quasi due anni, DUE anni, dal mio ingresso in SOLDIER. In battaglia ho ucciso molta gente che combatteva nelle file opposte alla mia, e ne ho vista morire altrettanta che lavorava sotto il quadrangolo rosso della Shinra Inc. Non ho mai avuto scrupoli nel farlo, ho sempre pensato a come raggiungere i miei obbiettivi ignorando tutto ciò che non fosse stato abbastanza importante da indurmi a cambiare strada per raggiungerli.
Io più di chiunque altro dovrei essere abituato a tutto questo, o quanto meno riuscire ad avere abbastanza consapevolezza per superare in fretta il dolore e la frustrazione. Invece, ogni volta è come la prima.
La vita umana … misera, fragile e splendida vita umana. Quanto vale per un soldato? Qual è il limite oltre il quale si può sperare di non provare dolore? Per cosa vale davvero la pena sacrificarla? Non ne ho idea, e forse non ce l’avrò mai.
Mi sono comportato bene, esattamente come avrebbe dovuto fare un 1st class che ha tutta la situazione sotto controllo, ma ho dovuto essere anche crudele perché se avessimo perso tempo a raccogliere e seppellire i morti avremmo rischiato di provocarne altri, e quello stupido diversivo nemico si sarebbe presto trasformato in una carneficina. Eppure … sul mio petto, proprio qui sul cuore, si è adagiato un peso troppo greve, talmente tanto da riuscire quasi a mozzarmi il fiato, costringendomi a respirare con la bocca e a ripetermi le parole che una delle vittime di Genesis mi disse un giorno prima di spirare, mentre la hall della sede centrale era invasa dai nemici e la mia mano destra tremava stringendo forte per l’ultima volta l’elsa della katana
 
       << Ho fatto il mio dovere, signore! Ora tocca a voi fare il vostro. >>
 
Dovere. Ma verso chi? È per questo che siamo disposti a morire? Non dovrebbe essere un problema, visto che in fin dei conti nessuno ci ha obbligato a questa vita. Ma allora … perché ogni volta di fronte alla morte continuiamo a rimanere ammutoliti e impotenti, come se fosse la nostra più grande avversaria, l’unica che non riusciremo mai a sconfiggere?
Nel tentativo di ignorare l’insistenza con cui questi pensieri tormentano la mia mente stanca, rivolgo il mio sguardo verso coloro che m’accompagnano e mentre guardo i loro occhi infusi di mako scintillare nel buio richiamo alla mia mente le immagini dei momenti successivi alla caduta del soldato. Il mio scontro con Ifrit, Genesis che ci osservava da lontano quasi cercasse di studiarmi nel tempo che rimane prima del nostro ultimo scontro, poi il mio ingresso nel Tunnel Centrale e le facce sconvolte dei miei sottoposti, affascinati dal mio modo di combattere ma ancora più preoccupati dalla reazione del giovane 3rd che ha tentato in ogni modo di ritornare indietro a trarre in salvo almeno il corpo del suo compagno.
Urlando come un pazzo, disperandosi e perdendo completamente il controllo di se. Il fante coraggioso assieme ad un altro suo collega sono intervenuti, riuscendo quanto meno a bloccargli le braccia, e Tseng stava per sparargli un colpo col suo revolver ad una gamba come unico modo per fermarlo visto che ormai sembrava aver perso completamente la ragione. Ma nonostante il mio discorso iniziale, non me la sono sentita di permetterlo. Ho posato un mano guantata sulla canna dell’arma del Turk, e scuotendo grave la testa gli ho impedito di farlo.
 
    << Lasciatelo! >> ho ordinato poi alle due reclute, che dopo essersi scambiati uno sguardo
          incerto hanno annuito fiduciosi e hanno obbedito
 
Quello ch’è successo dopo … colma la mia misura di sensi di colpa.
Il 3rd ha cercato di avventarsi su di me percorrendo forsennatamente i tre metri circa che ci dividevano e portando le mani arcuate come artigli avanti a sé, bramose di afferrare il mio collo. Alcuni civili hanno trattenuto il fiato, altri si sono lasciati sfuggire gemiti spaventati, mentre Tseng alle sue spalle ha continuato a tenere puntata la pistola contro la sua schiena, pronto al peggio, e i fanti stavano nuovamente per avventarsi su di lui. Ma non è stato necessario.
Perché ho chiuso gli occhi alle lacrime, ho alzato la mano sinistra al cielo e nella frazione di un secondo ho sentito i suoi passi fermarsi di botto mentre il mio braccio all’improvviso si è ritrovato a reggere tutto il peso del suo corpo e dalla sua armatura, con una forza e una tenacia sorprendenti.
L’ho immobilizzato, servendomi di una di quelle magie che fanno da sempre parte di me ma che non ho mai voluto utilizzare preferendo rischiare sempre tutto fino all’ultimo istante invece di rendermi le cose facili. Poi ho riaperto gli occhi, e mentre il suo corpo si contorceva ancora nell’atto di correre verso di me, ho visto i suoi occhi guizzare d’odio verso di me e la sua bocca muoversi in un sussurro assetato
 
          << Io mi ricordo di te … >> aveva mormorato con un cupo ringhio << Hai cercato di ucciderlo
               già una prima volta, subito dopo la diserzione di Angeal. E ora … ora ci sei riuscito! >>
 
Sono rabbrividito.
So che stavolta non è stata colpa mia, che ho provato comunque ad evitare che succedesse ma … quel soldato ha ragione. Se non ci fosse stato Zack a fermarmi, di sicuro non avrei esitato a mandarlo al tappeto per una frase detta forse un po’ troppo avventatamente. E anche se dopo quello ch’è successo ho ancora voglia di piangere ed imprecare, non è tutta tristezza quella che sento e che mi spinge ad odiare il mio nemico sempre di più.
Mi sento sconfitto, e questo mi fa rabbia. Fosse morto quel 2nd o qualcun altro della mia squadra, non avrebbe fatto differenza per me, perché sarebbe servito ad accendermi, a far esplodere dentro di me il senso di rivalsa che potente avrebbe alimentato l’odio e la frustrazione che mi hanno permesso di sconfiggere la Summon con chiara lucidità.
Sono rimasto ammutolito a fissare la mia immagine negli occhi furenti d’odio del 2nd, paralizzato dalla mia stretta magica, mentre una domanda continuava rimbalzare nell’aria senza può fermarsi. È questo, quello che sono? Un carnefice vestito da eroe? Non lo so, non m’importa. Non voglio saperlo. Perché l’ipotesi che questa possa essere la verità sul momento mi ha sconvolto e turbato, ma ora … ora non mi fa nessun effetto. Né positivo, né negativo. E questo mi spaventa, perché l’unica cosa che riesco a pensare è che se questa realtà si confermasse vorrebbe dire … che anche io sono un mostro. Come Genesis … e questo spiegherebbe perché non sarò mai in grado di aderire agli insegnamenti di onore e sogni che Zack continua a tramandare dopo la morte del loro fautore. Questa verità mi separerà da Zack, e io non voglio, perché senza di lui sento che cadrei in rovina, sprofondando nell’odio e nelle tenebre più cupe.
Ed è stato proprio per non darmi delle conferme e per difendermi da questa paura che piantando i miei occhi cerulei dentro quelli del 2nd ho agito nuovamente d’impulso e continuando a tenerlo sotto scacco mi sono avvicinato e ho mormorato severo, polverizzando ogni traccia di dolore dal mio cuore e non permettendole d’impedirmi il cammino verso il mio apice
 
        << Forse … ma questo non è il momento adatto per simili discussioni, soldato! >>
        << Perché dovrei obbedirti? >> mi ha ringhiato allora lui, digrignando i denti
 
Un ghigno si è dipinto sul mio volto, e dopo aver lanciato rapido un’occhiata alle reclute alla mia destra e a Tseng, dritto di fronte a me, ho risposto con cupa severità
 
        << Perché obbedire è tuo dovere, così come rischiare la vita ogni giorno per proteggere
             questa gente è il nostro! Credevo di essere stato chiaro, prima. Siamo in battaglia, non in  
             una ridicola simulazione di combattimento. E questo lui lo sapeva molto bene, visto che è
             stato disposto a morire da eroe, anche per te! >>
 
E proprio allora, quando pensavo di aver già visto tutto, il viso del 2nd si è contorto in una orripilante smorfia di dolore e le lacrime hanno cominciato a sgorgare abbondanti dai suoi occhi, senza che riuscisse più a fermarle. Tutti le hanno viste. Tutti, inclusi i civili che ammutoliti sono rimasti ad osservarmi mentre mollavo delicatamente la presa della mia stretta magica su di lui e gli permettevo di cadere in ginocchio per mascherarsi il viso con la pelle nera che gli ricopriva le mani grandi e potenti. Trent’anni o qualcosa di meno, questa deve essere la sua età. Eppure in quel momento il dolore lo ha fatto apparire davanti agli occhi di tutti non come un soldato, né come un uomo maturo, ma come un bambino. Un ragazzetto che impotente ha visto la vita strappata via dal corpo in cui era, come un filo d’erba falciato senza pietà. E ho rivisto me stesso, quella piccola parte di me che non può impedirsi di piangere e chiedersi perché.
 
      << Era mio fratello … >> aveva mormorato tra i singhiozzi poi, facendo rabbrividire perfino il
           coraggioso fante che era stato capace di accettare la sua missione sotto il mio comando <<
           Sam … il mio fratello più piccolo … avevo giurato di … dovevo proteggerlo … avrei dovuto
           morire io al suo posto! >> aveva sbraitato alla fine, sferrando un potente pugno al terreno in
           un impeto di rabbia per poi ritornare a piangere come un infante
 
Ed io, non potendomi più trattenere, ho fatto ciò che sentivo di dover fare.
Mi sono avvicinato, mi sono inginocchiato di fronte a lui e senza parlare l’ho stretto in un abbraccio che sapeva di solidarietà mentre davanti ai miei occhi passavano le immagini e i visi di chi non rivedrò mai più, perché vittima di questa stupida e insensata guerra senza fine.
 
      << C’è ancora qualcosa che puoi fare, soldato … >> ho mormorato alla fine, stringendogli le
           spalle forti e puntando dritto ai suoi occhi viola infusi di mako pieni di lacrime, che ora mi
           scrutavano alla ricerca di quella speranza che sembrava perduto per sempre << Combatti
           per lui. >> gli ho detto, e ho visto una nuova luce riflettersi nei suoi occhi << Fa che sia il tuo
           nuovo motivo per andare avanti, per non dimenticarlo e non dimenticare quando eravate
           insieme a lottare, alla sede centrale o su un campo di battaglia! >>
 
Poi mi sono alzato in piedi, e consapevole di avere puntati su di me gli occhi di tutti ho rivelato il mio segreto, enunciando un’altra delle mie solite sentenze
 
      << Tutti noi, combatteremo per questo da adesso in poi. Per onorare la memoria di chi ci ha
           già lasciato e fare in modo … che il loro sacrificio non sia stato vano! >> ho concluso infine,
           e mentre con un muto cenno d’assenso tutti i membri di SOLDIER e le reclute presenti si
           portavano indice e medio uniti alla fronte annuendo piano e ricordando in silenzio tutti
           coloro che avevamo perso, per la prima volta ho scorto qualcosa di diverso dalla semplice
           ripugnanza nel viso dei civili
 
E sono stato fiero di me. Perché sono riuscito a dimostrare loro chi sono davvero i membri di SOLDIER, sono riuscito ad aprire i loro occhi e far vedere loro che anche noi siamo esseri umani, in fondo. Anche io … lo sono.
Eppure adesso, mentre continuo a fissare il vuoto e la mia mente torna pian piano al presente, mi chiedo se mio nonno e Angeal, e Zack sarebbero fieri di me.
Probabilmente. Ma … chi sono davvero io? Sono uno spettro del passato dei miei sogni? O magari il loro presente? Sono un eroe assassino, o un mostro vestito da eroe? Perfino il mio nome mi appare fittizio, mentre riesco solo a pensare che l’unica persona che potrebbe rispondere ancora non lo fa. Perché? Perché Sephiroth continua a mentirmi, o a omettere parte della verità? Cosa sta cercando d’insegnarmi … e quando potrò avere le risposte che cerco?
Un altro vuoto d’aria ci fa sobbalzare, ma io seduto ad un angolo della cabina mi limito ad alzare gli occhi verso le giovani reclute che da qualche minuto hanno smesso di rimanere in silenzio e bisbigliano tra loro qualcosa d’impercettibile. Ora riesco a vedere il volto di quel fante coraggioso e del suo amico, che assieme a lui ha tenuto testa al 2nd class impazzito dal dolore.
Sono entrambi molto giovani, ma il temerario dimostra qualche anno in più del suo collega. Ha i sottili capelli di un castano chiaro lamato tagliati molto corti a lasciar quasi intravedere le orecchie, gli occhi grigi e un’espressione matura su un viso dai lineamenti occidentali, decisi e piacevoli. Il suo amico gli somiglia abbastanza, se non fosse per qualche piccola differenza; è palesemente meno adulto di lui ed ha i capelli di un mogano scurissimo che si muovono fluidi tentando invano di sfiorare le sue spalle dritte troppo lontane da loro. Unico sono gli occhi, di un grigio chiaro ed intenso. Entrambi sembrano conoscersi da molto tempo, e ciò che noto di più è il continuo cercare da parte del primo di incoraggiare e spronare il più piccolo. Devono essere qualcosa di più di semplici amici, e mentre ci rifletto mi ritornano in mente le mie parole all’interno del Tunnel Centrale.
Probabilmente, ognuno dei due ha già trovato il proprio motivo per combattere. E all’improvviso l’unico a non sapere più quale sia la strada migliore da seguire sono io.
 
***
Tornati al quartier generale, saluto i miei ragazzi con un amichevole consiglio
 
         << Fossi in voi, inizierei a tenere in mano una spada, magari compiendo qualche                  
              simulazione. Avete fegato e ottima mira, ma sparare vi servirà a poco o a niente quando
              sarete dei 3rd. >> dico loro, prima di voltare le spalle al plotone e sentire risuonare per
              l’ennesima volta lo schiocco degli stivali e il loro saluto marziale
 
Credo siano rimasti colpiti, da quanto è successo. Ma adesso la mia unica preoccupazione è uscire al più presto dalla sede e rinchiudermi in camera mia, lontano da campi di battaglia, copie di Genesis, novellini e perfino da Sephiroth.
Casa. L’unico posto tranquillo in cui forse questo maledetto ticchettio smetterà di tormentarmi e la mia mente riuscirà finalmente a concedersi una pausa. Voglio andarci, disperatamente, ma ho idea che dovrò aspettare ancora qualche minuto. Sono appena entrato in ascensore, che subito ho Zack a farmi compagnia.
 
         << Hai fretta di andartene in congedo, eh? >> scherza
 
Ma io non ho per niente voglia di scherzare. Non adesso che ho i nervi a fior di pelle e una bomba ad orologeria in testa
 
         << Esatto. >> rispondo un po’ troppo scontrosamente  
 
E finisco per attirarmi un suo sguardo preoccupato. Lo vedo aprire la bocca per quella domanda che non voglio sentire, e quindi lo prevengo lesto con la mia
 
         << Com’è andata la missione? La palla di lardo è inciampata mentre gli mettevi le mani
              addosso? >>
 
Grezzo. Sono fin troppo scorbutico e grezzo oggi. È questo quello che intendevo quando parlavo del mio pessimo carattere. E posso fare anche molto, ma molto peggio. E per questo che ho bisogno di uscire da qui, cavolo! Ho bisogno di solitudine, di spegnere i bollori prima che la mia mano sinistra possa tornare a chiedermi qualcosa d’impossibile. Devo tornarmene a casa prima che sia troppo tardi, dannazione! Sono io la bomba ad orologeria!
Invece sono costretto a cercare di mantenere il mio precario autocontrollo mentre Zack, che sembra apprezzare la mia battuta di poco fa, dopo aver dato sfogo a una risata torna improvvisamente serio e deluso scuotendo la testa.
 
         << Oh! >> rispondo, tornando a guardarlo e abbozzando un ghigno << Fammi indovinare
               … >>
         << Missione fallita! >> affermiamo tutti e due cantilenando all’unisono, per poi sorridere
               complici
         << Finirà dritto sul tuo curriculum, lo sai vero? >> lo schernisco, mentre la porta
              dell’ascensore si apre affacciandoci all’ingresso del piano SOLDIER  
 
Ed io, che ormai non ho più scelta, seguo Zack fino alle poltroncine del piccolo atrio illuminato dalla gigantesca vetrata che dà su una veduta anonima della città
 
         << Già … >> risponde lui, mestamente e un po’ troppo sovrappensiero, poi sembra
              rianimarsi quando mi chiede << E tu? Missione compiuta, mi hanno detto. E anche
              egregiamente, da quello che ho sentito! >> conclude, schioccandomi un occhiolino
 
Dovrei sforzarmi di apparire soddisfatto, o quantomeno di ricambiargli il sorriso. Invece, prendendo posto sul divanetto in pelle nera accanto a lui, finisco per fissare atono e grave la punta dei miei stivali prendendo nella palmo della mano sinistra la mia povera mano difettosa
 
         << Ho perso un uomo, Zack … >> gli rivelo, e sento per la prima volta la voce incrinarsi
              pericolosamente verso il pianto   
 
Poi alzo lo sguardo nuovamente verso di lui, e mostrandogli i miei occhi pieni di lacrime che cerco disperatamente di non far uscire rivedo quel sorriso comprensivo, lo stesso che mi ha aiutato quando per la prima volta ho deciso di ricordare dopo tanto tempo la morte di mio nonno.
 
         << Combatteva contro una copia corazzata e io non sono riuscito a liberarmi in tempo per
              poter … >>  
 
M’interrompo, perché sento di non poter più affrontare un argomento simile. Eppure, mi dico, la strada di un soldato e ancora molto lunga. Dovrei essere forte, ma come quella volta al bar sento che con Zack non ho motivo di fingere, di cercare di esserlo. Anche lui stava a pezzi, dopo la morte di Angeal. Anche lui ha dovuto fare i conti con questa sensazione. Perciò, mi sento rinfrancato quando, sporgendosi in avanti e appoggiando le braccia sulle sue forti gambe inclina di lato la testa per riuscire a guardarmi e mi risponde, determinato e fiero
 
         << Sei un SOLDIER eccezionale, Victor. Giuro, lo sei. E per ogni ragazzo che non è potuto
              diventarlo, so che farai in modo di essere la realizzazione del loro sogno! >>
 
Mi ridesto improvvisamente, senza più nessun pensiero da poter espletare, nessun dubbio da dover dissipare. Perché ancora una volta Zack è stato la mia stella cometa, il mio faro nella notte, quello che dovrò seguire per ritrovare la strada giusta ogni volta che mi ritroverò a vagare nei meandri più bui e scoscesi della mia anima. Il coraggio che mi serve, per continuare a combattere.
Ora so cosa devo fare, ogni volta che la guerra falcerà un filo d’erba nella primavera della vita. Dovrò prenderlo in mano, e ricordarmi che fino a che avrò questa divisa addosso io sarò ciò che i miei compagni morti non sono riusciti a diventare. Un 1st class. Un SOLDIER eccezionale come non ce ne sono mai stati e mai più ce ne saranno.
Preda di questa nuova consapevolezza, mi accorgo troppo tardi che una lacrima è sfuggita al mio controllo e si è riflessa negli occhi azzurro mako di Zack, prima di scivolare lungo la mia guancia dove si è fermata, incerta sul da farsi. Sorrido quasi imbarazzato chissà poi per quale motivo, e con un gesto infastidito lascio che la pelle nera che ricopre il dorso della mia mano destra tolga via quel segno evidente del turbamento che mi ha sconvolto, mentre annuisco lanciando al mio amico uno sguardo grato
 
        << E’ tutto qui? >> mi dice poi lui, quando io sto già per alzarmi e voltargli le spalle
 
Lo guardo come se stessi cadendo dalle nuvole, ed è solo quando i suoi occhi si posano sul ciondolo d’argento che porto sul cuore, e che devo aver estratto durante il viaggio di ritorno dimenticandomi poi di nasconderlo, che capisco a cosa sta alludendo.
 
        << Si, tutto qui! >> rispondo con certezza, annuendo grave e scurendomi improvvisamente in
             volto 
 
E nel mentre mi chiedo se il Victor che viveva solo per quella ragazza sia rimasto ancora sullo spiazzale in terra battuta della stazione ad attendere il ritorno di quei tempi, o se si sia stancato come ho fatto io e si sia dissolto nell’aria come se non fosse mai esistito. Vieto a me stesso di pensarci. Di pensarla. Perché so che il suo posto non era con me e il mio era qui, vicino a Zack e Sephiroth, compreso di quel dolore che ora si è adagiato sul fondo del mio cuore come una belva ch’è andata a riposare dopo un soddisfacente pasto ed è pronta a risvegliarsi, al minimo sentore di tristezza con cui nutrirsi.
Anche se … non posso dimenticare, di essere stato io il suo primo dolore. Di averla sentita gemere mentre entravo in lei, e di averla amata come non ho mai fatto in vita mia mentre le sue mani graffiavano la mia pelle.
Ma quel tempo è finito, e il solo provare a ripensarci mi fa morire dentro. Due settimane. È passato già così tanto da allora? E lei, mi avrà dimenticato come le ho chiesto di fare? O starà continuando testardamente a sperare che un giorno non lontano possa di nuovo riabbracciarmi? Entrambi le probabilità squarciano in due il mio cuore come una lama affilata e potente, ma devo resistere e scacciare quei ricordi.
Perché “questo non è il momento adatto per simili argomenti”. E non lo sarà mai più.
 
        << Perché non la chiami, Vic? >> mi chiede ancora Zack
 
E stavolta non posso impedirmi di sbottare.
 
        << Perché la illuderei e illuderei me stesso più di quanto non abbia già fatto! >> rispondo, la
             voce talmente sicura e greve che quasi non sembra neppure la mia, mentre alzandomi do
             le spalle al mio compagno d’armi e punto arrogante lo sguardo verso il cielo notturno di 
             Midgar, sempre lo stesso da quando l’ho visto l’ultima volta << E no, non ho voglia di
             sapere come stia, o cosa stia facendo in questo momento, s’è questo che volevi chiedermi
             adesso! >>
 
Attraverso il riflesso opaca del vetro, lo vedo sorridere. So cosa sta pensando. Non ci ha creduto neanche un po’. Del resto, come avrebbe potuto, visto che neppure io credo ad una sola parola di ciò che ho appena detto. Lo sento avvicinarsi, mi batte una pacca sulla spalla e quando gli rivolgo la mia attenzione lo vedo scrutarmi intenerito, quasi come se compatisse i miei sforzi
 
        << D’accordo Vittorio. Non t’importa … >>
 
Annuisco, e nel mentre il mio sguardo si è acceso di fastidio e rabbia. Non ho bisogno della compassione di nessuno. So ciò che sto facendo, anche se fa male. So benissimo dove sto andando … o almeno, credo.
 
        << Esatto, non m’importa! >> rispondo, prima di accorgermi che sul vetro, molto in
             lontananza, è apparso un altro profilo
 
Alto, marziale, potente e inconfondibile con la sua lunga chioma albina ed il suo sguardo indecifrabile. Sephiroth.
Mi guarda in silenzio, fermo di fronte alla porta della sala di addestramento, il luogo che per tutti questi mesi è stato dapprima il mio trampolino di lancio per arrivare a lui e poi il nostro quotidiano luogo d’incontro. Non serve che dica o faccia nulla. Mi basta quello sguardo, quell’impercettibile lampo negli occhi che solo io ho imparato a notare e decifrare, e so ciò che vuole che faccia.
Mi volto completamente verso Zack, dimenticando perfino il motivo della mia rabbia e del suo sguardo preoccupato, e senza più voglia di perdermi in chiacchiere inutili lo saluto con un lungo sguardo che spero possa servirgli a capire che non ho più voglia d’affrontare simili argomenti, d’ora in poi
 
        << Ora scusami, ho da fare! >> dico, voltandomi in direzione del mio Generale e iniziando
             ad avanzare lasciandomi ogni cosa alle spalle
 
Ora lo so. Anche se sono arrabbiato, anche se non capisco il motivo per cui il mio mentore mi stia nascondendo più cose di quanto io non riesca neppure a immaginare, e anche se sono determinato a dimostrargli che non sono soltanto un soldatino obbediente e che non ho dimenticato il vero motivo per cui sono qui, questo non cambia nulla.
Non mi serve un faro che m’illumini il cammino, se Sephiroth è al mio fianco. E finché ci sarà, non mi servirà mai.
 
***
         << Missione compiuta, dunque. E anche in maniera eccellente, dicono … >>


La voce di Sephiroth squarcia il silenzio della sala riunioni in cui ci siamo rinchiusi da neanche mezzo minuto, ed io pianto il mio sguardo torvo nei suoi occhi felini. C’è soddisfazione in quelle pupille iridescenti, e anche un po’ d’orgoglio. Sono riuscito nel mio obiettivo di renderlo fiero di me, e anche se posso solo sforzarmi d’immaginare cosa gli abbiano riferito nei rapporti, non riesco ad essere altrettanto felice quando penso che dovrei prepararmi mentalmente a consegnare il mio.
Questo suo modo di esordire … sono convinto che mi stia invitando a farlo, ma aver perso anche un solo uomo per me è molto peggio di un’umiliante e totale sconfitta, così mi limito a lanciare un’occhiata di sbieco verso di lui e rispondo torvamente
 
         << Ho fatto solo il mio dovere … >>
 
Sorride. Vedo le sue labbra incresparsi leggermente all’insù e ascolto il suono breve e appena percepito di un sospiro divertito
 
         << Hai ragione … >> risponde, gettando di lato la testa in un profondo cenno
              d’assenso << Hai difeso la popolazione, combattuto e sconfitto con rapidità                  
              una Summon contenendo i danni, supportato e spronato le reclute che ti erano state                  
              affidate e domato una potenziale situazione di pericolo per te, per la compagnia e per tutti
              coloro che erano presenti nel Tunnel. Il minimo che si ci aspetterebbe da un 1st. >>
 
Sento il mio cuore compiere una mortale acrobazia, balzarmi in gola e poi tornare repentinamente al suo posto mentre ora i miei occhi e la mia attenzione sono totalmente per il Generale e nel frattempo io cerco di capire se a sorprendermi sia stato il riferimento al 2nd class che impazzendo di fronte a tutti ha rischiato di mettere a repentaglio l’opinione già malata che i civili avevano della Shinra, o la sua ultima frase che ora come ora mi suona come un palese riferimento al mio discorso di benvenuto verso le reclute.
Possibile che abbia già saputo ogni cosa? O magari sono soltanto ancora troppo impensierito da ciò che è avvenuto? Intuisco che non lo saprò mai, perciò nel tentativo di mascherare la mia tensione rispondo, fingendomi annoiato e un po’ contrariato
 
         << Del resto, la missione non offriva molti spunti di riflessione. >> poi, mentre l’espressione di
              Sephiroth continua ad essere illuminata da un sorriso, chiedo tornando serio << E
              Modeo? La situazione è migliore lì? >>
 
Non è una domanda messa lì a caso, tra una chiacchiera e l’altra. Voglio delle risposte adesso. Pretendo di averle. Me le sono meritate, e prima fra tutte voglio sapere se posso davvero fidarmi come ho fatto fino a questo momento. Ho bisogno di saperlo, che a guidarmi non è solo la cieca divinazione per lui.
Sephiroth sembra capirlo, perché il sorriso si spegne un poco sulle sua labbra, oscurato da un’ombra indecifrabile ma per nulla contrariata. Non sembra arrabbiato. Solo … triste? O preoccupato? Non so più come interpretare tutti questi suoi repentini cambi di sguardi, perché quel ghiaccio che ricopre la sua anima e che sembrava essersi sciolto almeno un poco è tornato a porsi tra lui e me, ispessito forse dal gelo e dal silenzio selvaggio delle lande ghiacciate del Nord.
 
         << Non è rimasto più niente lì. >> mi risponde lapidario, facendo calare un pesante gelo nella
              stanza
 
Oltre le vetrate, fuori da qui, c’è un via vai di 3rd e reclute che chiacchierano eccitate lanciando occhiate distratte a tutto ciò che li circonda. Ma qui, all’improvviso il tempo sembra essersi fermato come se stesse trattenendo il respiro. E sono sicuro di stare facendolo anche io, mentre vedo il mio Generale farsi pensieroso e cupo per qualche breve istante, col volto basso e le lunghe ciocche bianche sospese verso il basso quasi a voler proteggere quel momento. Dura poco ma … è come se all’improvviso tutto si colorasse di rosso. Intenso, pesante e soffocante come il fumo d’un incendio. E quando il momento finisce, fatico a riprendere fiato
 
              << Il dispositivo utilizzato da Hollander è stato rubato …  >> aggiunge allora Sephiroth,
                   riprendendo il controllo di sé e tornando a rivolgermi la sua attenzione, in attesa
 
Annuisco, approfittandone per spalancare la bocca e trarre un respiro
 
              << Quindi non è finita, mh? >>
 
Un altro di quei lunghi sguardi. Mi avvolge, mi scruta, mi esamina in profondità. Le sue iridi corrono serpentine al guanto che ricopre la mia mano destra, appesa all’elsa della katana che pende lungo il mio fianco. E alla fine scrolla piano il capo
 
              << Così sembra. >>
 
Annuisco di nuovo. Non finirà mai, non finchè Genesis non sarà morto e sepolto tre metri sotto terra assieme col suo carico di colpe, le sue copie e quello scienziato fallito che si ritrova ad aiutarlo. E noi invece di provare a fermarli, pensiamo a difendere le roccaforti della Shinra come se fossero preziosi forzieri carichi di schifezze da nulla! Si può sapere che diavolo stiamo aspettando? A cosa cavolo stanno pensando quelli della direzione, mh? La mia mano sinistra si chiude a pugno e trema come colta da un improvviso moto di convulsioni isteriche, proprio nel momento in cui i suoi occhi balzano rapidi su di essa
 
           << Hai il permesso di ritirarti, almeno per il momento! >> mi dice, esibendosi di nuovo in
                mezzo sorriso e aspettandosi di vedermi sgusciare via dalla stanza
 
Ma non posso andarmene. Non ora. È il mio momento, l’unica occasione che ho per dissipare la mia nebbia d’incertezze e riuscire finalmente a capire se le domande che mi ronzano in testa sono soltanto dubbi inutili o sospetti concreti. Perciò invece di girargli le spalle mi faccio coraggio, e continuo a fissarlo in silenzio mentre la mia espressione ora si è fatta determinata.
Non so come chiederglielo, né come la prenderà. Quello di cui sono certo è che pretendo delle risposte e delle certezze, e voglio ignorare la voce del ragazzo del mio sogno che dentro la mia testa continua a ripetermi che non è il momento. “Non adesso, idiota!” mi dice. Ma se non è adesso, quando sarà? Gli rispondo io, impaziente Quando quella bomba che continua a ticchettarmi in testa sarà esplosa?
Il ragazzo del sogno tace, e il silenzio che segue questa domanda rimbomba nella mia testa con un tuono inquietante. Nel frattempo, Sephiroth mi sta scrutando in attesa
 
           << Potrai fare rapporto più tardi, non preoccuparti! >> mi dice, cercando di capire il perché
                del mio rifiuto ad andarmene
 
Ed io, sento che non posso più tacere.
 
           << Sephiroth … >> esordisco, con voce carica di determinazione
 
Vedo il suo sguardo felino guizzare su di me, e quando la mia domanda arriva quelle iridi serpentine si muovono come colte da un impercettibile fremito, mentre le palpebre si assottigliano scrutatrici fino a coprirle quasi completamente
 
           << Se ci fosse qualcosa che dovrei sapere, tu me la diresti. Non è così? >>
 
Silenzio. Per qualche attimo i suoi occhi tornano a sgranarsi in una impercettibile espressione di sorpresa e la sua schiena si raddrizza elevandosi sopra quella conversazione con tutta la maestosità e la potenza del suo aspetto. E anche se avrei soltanto voglia di lasciar perdere, continuo a fissarlo senza neppure battere le ciglia, come se anche un solo secondo perso potesse mandare in fumo tutte le mie speranza di trovare la verità. E quando finalmente le sue sottili labbra si schiudono, il mio cuore spicca un altro salto mortale
 
           << Naturalmente. >> mi risponde, con un appena percepito ghigno sul viso
 
Naturalmente …
Non così tanto, se sono qui a pormi queste domande. ”Naturalmente” non è né una risposta né tantomeno soddisfacente, ed io voglio sapere la verità che sta cercando di nascondermi.
Sei un maledetto marmocchio impaziente.” Mi dice contrariata la voce del ragazzo nella mia testa. Sarà, ma non ho fatto tutta questa strada solo per stargli vicino. Il mio obbiettivo principale è un altro, e credo sia arrivata l’ora di conseguirlo. Perciò annuisco serio, e mentre mi preparo a riformulare la domanda sento i miei occhi trasformarsi di nuovo e vedo un’espressione di stupore dipingersi finalmente sul volto del mio Generale
 
           << Allora … c’è qualcosa che devo sapere? >> chiedo nuovamente
 
E lui, continuando a ghignare, scuote impercettibilmente il capo
 
           << No. >> ribatte, per poi aggiungere con quell’espressione determinata a divertita
                al contempo << Non qualcosa che sia diverso da quanto tu già non sappia. >>
 
Che sono un SOLDIER con poteri straordinari, un essere umano anormale. È davvero solo questo quello che sappiamo entrambi, da quando quest’avventura è iniziata? Impossibile.
È tecnicamente impossibile che dopo l’incidente nella hall almeno uno di noi due non sia venuto a conoscenza di qualcosa d’importante che abbia potuto almeno in parte spiegare l’accaduto. E visto ch’io ero mezzo svenuto e completamente in balia dei miei sentimenti, ora sono sicuro: Sephiroth sta mentendo. E cercare di cavargli di bocca la verità non mi restituirà altro che un pugno di mosche morte in mano. Ma è importante che sappia che non credo neanche a una sola parola di ciò che mi ha detto
 
           << D’accordo! >> rispondo quindi, lanciandogli un ultimo sguardo contrariato, prima di
                voltargli le spalle e avvicinarmi alla porta
 
Ma proprio quando la mia mano sinistra è sul pulsante d’apertura, la sua voce severa chiama il mio nome e mi paralizza sul posto, facendomi vibrare di sorpresa e paura. Non mi volto, in un ultimo testardo tentativo di dimostrargli la mia disapprovazione, e mi limito a inclinare appena il volto per lanciargli un’occhiata di sottecchi
 
           << La paura, l’impazienza e la sfiducia. >> mi dice << Sono i nemici più pericolosi di un
                Soldier! >>
 
Sbuffo, e lascio ricadere il viso in avanti affiancandolo allo stipite. Ecco un'altra delle sue massime. Lo so, lo so che questo non è un comportamento da SOLDIER, che in battaglia potrebbe costarmi caro. Ma qui non siamo in battaglia. Qui si parla di me, della mia vita, del segreto che si cela dietro i miei sogni, dietro il mio potere. E se l’unica persona che può darmi delle risposte si diverte a vedermi avanzare alla cieca verso di esse, io non so più che pensare.
Mi rialzò, traendo un lungo sospiro, e con un soffice tocco sul pulsante apro la porta che conduce fuori da quel luogo, nella stanza dei rifornimenti. Ma prima di imboccarla, mi volto completamente verso di lui e d’improvviso mi sento avviluppato da un vortice di sentimenti che quasi mi lascia sfinito.
 
           << Lo so. >> rispondo, con un’espressione contrita e la tristezza ad incupire i miei occhi
                tornati cerulei << E vorrei fidarmi, davvero. Ci sto provando con tutto me stesso. >>
 
Ma non è facile. Soprattutto ora che vedo quello sguardo severo e quegli occhi scrutarmi con quell’espressione indecifrabile che per anni io ho sperato di poter vedere così vicina a me. Ora che ho realizzato il mio sogno, avrei anche dovuto trovare le risposte alle mie domande. Ma forse il mio istinto si sbagliava, e non era questa la strada che avrei dovuto percorrere per arrivare alla verità.
E mi ritrovo a non essere così felice come pensavo.
Senza aggiungere altro, e senza che lui cerchi in alcun modo di fermarmi ancora, gli volto nuovamente le spalle ed ignorando i sensi di colpa cammino a passo spedito verso casa. Ed ogni passo, sento quel ticchettio fastidioso tornare a rimbombarmi in testa sempre più forte ed insistente. Cosa vuole ancora da me?
 
***
 
Ci metto poco a tornare a casa, appena un paio di minuti.
Giro la chiave nella serratura con le mani tremanti dalla rabbia e dalla frustrazione, ed entro sbattendo la porta alle mie spalle senza neanche provare a contenermi. Dopo il colloquio concitato con Sephiroth il ticchettio nella mia testa è diventato talmente veloce e forte che sembra quasi il fischio del respiro di una bestia acquattata nell’ombra e pronta a risvegliarsi da un sonno profondissimo per sferrare il suo attacco.
DANNAZIONE! come se i sensi di colpa per come mi sono appena rivolto al mio Generale non fossero già abbastanza snervanti. Colpa per cosa poi, visto che in fin dei conti non ho fatto altro che chiedere delle spiegazione che credo mi spettino, dopo tutto questo tempo passato assieme.
MIO DIO STO IMPAZZENDO!
Ho voglia di urlare, mi tremano le mani e ormai sono al limite della sopportazione. E forse è anche per questo che non m’accorgo di essermi praticamente appoggiato con tutto il peso sulla porta chiusa e di stare inspirando profondamente senza alcun risultato positivo continuando a stringere la maniglia. Dei rumori giungono ovattati alle mio udito, e quando con fatica riesco a riaccendere i sensi, mi guardo intorno e m’accorgo di non essere solo nella stanza.
Mio padre si sta destreggiando sui fornelli con la macchinetta del caffè tra le dita. Mi volta le spalle sembra non essersi accorto di me, ma non posso saperlo con certezza visto il casino che ho fatto nel rientrare. Cerco mia madre, ma di lei non c’è traccia e non provengono rumori neppure dalla stanza da letto, perciò immagino non sia ancora rientrata dal suo “viaggio d’affari” nei bassifondi. L’orologio elettronico poggiato sul vecchio televisore segna le 18.46, ed io decido che quella sia una buona ora per rinchiudermi nel mio silenzio e far finta di riposare, quindi emetto un breve e profondo sbuffo spazientito col naso e mi fiondo in stanza senza neanche salutare – tanto non otterrei risposta, almeno non vestito da SOLDIER -. Percorro a grandi passi il corridoio che mi separa dalla mia camera poi mi catapulto dentro, chiudo a chiave la porta e mi getto devastato sul letto duro che cigola e scricchiola sotto la violenza del mio gesto, senza neppure preoccuparmi di togliermi di dosso la mia divisa da 1st ancora pregna dell’odore del sangue delle copie, dello zolfo dei proiettili e della summon evocata da Genesis, e del sudore adrenalinico che ha ammantato la mia pelle in quegli attimi.
Fisso la macchia sul soffitto nella vana speranza di rivedere il misterioso ragazzo, non facendo neppure più caso ai poster che mi circondano e che un tempo mi davano la forza per andare avanti.
E d’improvviso inizio a piangere. Disperatamente, affondando le dita guantate dell’unica mano in grado di muoversi nei fili sottili e aggrovigliati dei miei capelli mentre sento le vene del polso destro farsi pesanti e pulsare cariche di potenziale magico che cerca di manifestarsi superando la forte barriera impostagli dall’energia del bracciale contenitivo.
Sto sbagliando tutto, TUTTO. Dalla mia decisione di arruolarmi al mio arrivo alla carica di 1st, dalla mia amicizia con Zack alla mia venerazione per Sephiroth fino al nostro incontro/scontro di poco fa.
Cosa mi sta succedendo? CHE DIAVOLO MI STA SUCCEDENDO? E PERCHE’ QUESTO TICCHETTIO NON LA SMETTE DI TORMENTARMI? La mia mente non è più in grado di ragionare, troppo stordita e sconvolta da quel rumore che ormai non mi dà tregua da giorni, e i miei sensi sono in allerta massima mentre il respiro nel mio petto è ormai pesante e fuori controllo. Credo di stare avendo un attacco di panico, un altro. Agguanto il cuscino e me lo levo violentemente da sotto la testa inarcando le dita come fossero gli artigli di un rapace, per poi premermelo contro la faccia alla disperata ricerca di silenzio e buio e sperando anche che questo gesto possa impedire ai miei gemiti di risultare udibili a chi ho chiuso fuori da quella porta.
Non so se ci sono riuscito. So solo che il buio finalmente arriva, improvviso e spaventoso.
E m’inghiotte assieme al suo sinistro ticchettio.
 
***
 
Nebbia. Di nuovo nebbia. Tanta, troppa.
Spessa e soffocante mi avvolge, m’inghiotte,
entra nei polmoni ad ogni mio respiro.
Agito le braccia cercando di scacciarla,
le lancio contro fulmini e globi di fuoco urlando
mentre sento lacrime cariche di rabbia graffiarmi il viso col loro calore.
Sono bollenti quasi quanto il fuoco.
FUOCO.
Quello ch’è divampato all’improvviso e sta accendendo l’aria intorno a me,
che taccio cercando di capire.
Continuo a non vedere, avvolto da quella nebbia che ora s’è accesa dei bagliori
di quel fuoco che rende tossica e irrespirabile l’aria umida.
Cosa sta succedendo? Non riesco a capire, non riesco a vedere nulla …
Sento solo urla spaventate, gemiti, pianti indistinti.
Le sento appena, come in lontananza, ma sono tutte intorno a me,
oltre questa fitta foschia.
Ogni tanto qualcosa esplode con uno sbuffo
 e scintille fumanti schizzano nell’aria del perimetro attorno a me.
Poi all’improvviso tutto si spegne, così com’è venuto.
E finalmente quella nebbia si ritira.
Ma nel dissiparsi, mi lascia sbigottito ad osservare un paesaggio
totalmente diverso da quello che immaginavo mi avrebbe accolto.
Sono al limitare di una delle tante rupi della landa
desertica che circonda Midgar.
Da qui, riesco a vederla risplendere in un tutta la sua
bellezza, avvolta in un bagliore cupo e artificiale del colore del
Mako che le da energia.
Mi perdo in quella vista, ma non riesco a capire perché la nebbia mi abbia condotto qui.
E solo quando provo ad arretrare, che m’accorgo del motivo.
Il tallone del mio stivale poggia su una superfice rigida e lascia,
mentre sento la punta sguazzare in un liquido denso.
Abbasso gli occhi, e rimango pietrificato.
Sono sopra una pozza di sangue chiaro e fresco,
e in esso giace inerte un’arma a me fin troppo famigliare …
La Buster Sword.
Il respiro mi si mozza in gola, il cuore smette di battere per un interminabile attimo.
NO.
Questo no.
Ti prego, questo no!
Non riesco neanche ad urlare, completamente paralizzato
mentre indietreggio ritrovandomi sull’orlo del precipizio.
E all’improvviso tutto si fa scuro, tutto torna nero e l’immagine si spegne,
lasciandomi solo ad annaspare.
Scuoto il volto, sempre più velocemente, sempre più forte
mentre la nebbia ritorna ad avvolgermi levandosi dal nulla sul quale sono sospeso ed io mi ritrovo a supplicare in ginocchio col viso tra le mani.
Ti prego, ti prego no! Tutto, TUTTO ma non questo!
NON ZACK!
Dimmi che ho capito male, che questo è soltanto un incubo senza senso.
DIMMELO, PER FAVORE!
Ma quando quella voce maschile si leva a rispondermi, sono altre le parole che sento.
Una scritta appare nella nebbia, come su un vetro appannato.
NIBELHEIM. E il ticchettio ritorna prepotente a battere
nella mia testa e intorno a me
<< Ricordati questo nome. Il tempo sta per scadere >> mi dice la voce, inconsistente.
<< PERCHE’? >> urlo, rizzandomi in piedi.
Silenzio.
<< Il tempo?>> mormoro, senza riuscire a capire << PRIMA DI COSA?>> torno a sbraitare poi, in preda alla rabbia << RISPONDIMI, DANNAZIONE! >>
Ma la voce è ritornata a tacere, e con essa il ticchettio.
Ora c’è solo un freddo e orribile silenzio.
Perché ho già avuto tutte le possibili risposte alla mia domanda.
Anche se cerco disperatamente di non crederci.
 
Riapro improvvisamente gli occhi e compio un balzo in piedi dal letto sul quale ero stesso. Attraverso il riflesso nello specchio appeso sul comò sulla parete di fronte a me, vedo il mio inquietante e misero aspetto. Sono sudato fradicio, pallido, ho gli occhi cerchiati da profonde e cupe occhiaie e zeppi di lacrime che continuano a fuori uscire senza ch’io posso controllarle, tremo spaventosamente e col cuore in gola sento la disperazione riappropriarsi di me mentre cerco in ogni modo di strappare via quelle immagini dalla mia mente, che si confondono con i ricordi che ho della mia vita in SOLDIER.
La Buster Sword. Angeal. I suoi sogni, il suo onore. Zack. Il suo sorriso, la sua luce. Quella spada in una pozza di sangue. Morte. Fuoco, gemiti. Fitta nebbia. Nebbia … Nibelheim.


NIBELHEIM.
CLOUD.


CLOUD ... Quelle sensazioni. Quegli strani, inquietanti sentimenti.

Adesso è tutto più chiaro.
E la mia mano trema alla ricerca della mia katana, mentre l’odio e la determinazione più cupa aggravano il mio volto.
   
 
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