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Autore: SagaFrirry    26/02/2015    0 recensioni
Kosmos è il dio dell'universo occidentale, in perenne conflitto con Kuruma, dea del cielo orientale. Al termine dell'ennesimo bisticcio, il dio si ritroverà tramutato nel suo incubo peggiore: un mortale. Caduto sulla Terra, spetterà alle sue dodici costellazioni principali tentare di riportarlo al giusto posto, fra nuovi incontri e difficoltà.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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XIII

 

 

“Sto iniziando ad odiare gli aeroporti!” commentò Zubeneschamali.

“Coraggio. Spero che questo sia l’ultimo in cui ci tocca andare” ridacchiò Cane.

“Aeroporto? E a che ci serve?” domandò Lepre.

“Perché? Non volete farci volare fino in Europa? Progettate un viaggio in nave?” si stupì Mek.

“Certo che vogliamo farvi volare ma vi portiamo noi. Abbiamo sufficiente energia per trasportarvi dall’altra parte dell’Oceano, schivando controlli e fuffa inutile. Una volta arrivati sull’altro continente, ci basterà prendere un treno”.

“Sicuri di avere abbastanza energia per portarci di là?” domandò Gou.

“Fino al continente, non fino in Grecia. Due ciascuno” sorrise Topo.

“Mi piace. Io voglio viaggiare con la ganza vestita da becchina” rise Mek, indicando Lepre.

Tù alzò le spalle, come a voler dire che per lei era del tutto indifferente chi avesse viaggiato con lei.

“Io propongo di dividere i due Orientali, che hanno ancora un po’ di energia magica” propose Topo.

“Basta che ci diamo una mossa, che la fine del Mondo è vicina” borbottò Buda, ormai saturo di tutti quei discorsi sul 2012.

“Allora… Mek e Gou vanno con Tù. Buda e Cavallo vengono con me e le due Bilancia con Bue, che di noi è quello con più energia al momento” ordinò Shu.

“Perfetto!” ridacchiò Mek, abbracciando Lepre che con lo incenerì con lo sguardo.

“Andiamo” annuì Niu, facendo segno alle Bilancia di avvicinarsi.

“Ci vediamo in Spagna, ragazzi. Mi raccomando! Abbiamo concordato il luogo” parlò Topo, prendendo per mano Buda e Ma.

In una massa di piccole luci, il gruppo scomparve, fra lo stupore generale dei cacciatori di alieni che erano rimasti dietro alla porta di quella stanza di albergo dove il gruppo si era ritrovato. Avevano provato a fare delle foto, ma la loro mano tramante non era riuscita a fare un granché.

 

Una volta in Spagna, la comitiva sapeva bene qual’era la mossa successiva. Erano riapparsi in una zona poco frequentata e in piena notte, evitando inutili mortali scocciatori. Dovevano raggiungere Madrid, cosa semplice essendo poco lontana, e poi prendere il treno. Non potevano sperare in un diretto, ma l’alta velocità ispirava loro abbastanza fiducia. Purtroppo per loro, una volta raggiunta la stazione di Madrid, si resero subito conto che qualcosa non andava. Perché tutti quei treni cancellati?

“Scusi” domandò Topo, in perfetto spagnolo “Che cosa succede? Perché tutti questi ritardi e annullamenti?”.

“C’è sciopero, non lo sapeva?” rispose il Madrileno, quasi con disprezzo.

“Facevamo meglio ad atterrare in Italia…” borbottò Niu.

“Là è sempre sciopero quando serve, per l’amor del cielo!” lo zittì Lepre.

“E allora cosa facciamo?” domandò Zubenelgenubi.

“Aspettiamo. Non durerà mica per sempre sto sciopero, no?” rispose Topo.

“Intanto proporrei una piccola pausa panino” si intromise Mek, indicando il McDonald.

“Vuoi ucciderci tutti?” sbottò Tù, sentendo fin lì la puzza della roba che ci veniva cucinata all’interno.

“Suvvia, io e Buda è da più di un anno che mangiamo porcherie Americane e siamo ancora vivi!”.

“Io preferirei parlare con il tuo fegato, prima di entrare là dentro. Per me, in questo momento, sta supplicando pietà e vuole suicidarsi”.

“Suvvia, friggono solo le patatine con lo stesso olio per tutto il giorno!”.

“Olio per motore!”.

“Non esagerare…”.

“Carne di topo”.

“Adesso mi pare un po’ eccessivo…”.

“E salse mortali!”.

“Catastrofista”.

“Fai a meno di mangiare, Lepre” tagliò corto Topo “Puoi permettertelo. Quel posto costa poco e i mortali hanno fame. Sarebbe meglio anche per noi mettere qualcosa nello stomaco, siamo deboli”.

“Mettere qualcosa nello stomaco mi sta bene, ma non quella cosa” protestò Tù, che preferì prendersi una fetta di pizza nel locale a fianco, con pomodorini e altre verdure “Poi non venite a piangere da me se vi viene mal di pancia!”.

 

₪₪₪

 

Kosmos riaprì gli occhi alla luce del giorno, che filtrava fra gli alberi. Si alzò, intravedendo il suo procacciatore poco distante. Si stiracchiò, quando una voce lo fece sobbalzare.

“Come ti senti?” gli chiese qualcuno.

“Io…” rifletté un attimo “Sto bene. Sto bene per davvero. Non ho più la febbre, respiro bene e non mi fa più male nulla. Ma…come avete fatto? Ho provato tante di quelle medicine che…”.

“Ho i miei metodi. Lieta di vederti star meglio”.

“Grazie”.

“Di niente, ragazzo”.

Kosmos, sentendosi di nuovo pieno di energia, era pronto a ripartire. Si girò verso la donna, che lo aveva prima salvato dai lupi e poi curato, non sapendo che cosa poter fare per lei.

“Come posso sdebitarmi? Sono uno sconosciuto e mi avete salvato la vita due volte!”.

“Se cercassi ricompense nelle buone azioni, non sarebbero più buone azioni. Vuoi ripartire subito?”.

“Sì. Devo arrivare in Grecia prima dell’inizio dell’inverno e, dalla temperatura, direi che non manca molto”.

“No, non manca molto. Ti conviene affrettarti. Segui questo sentiero, ti condurrà rapidamente alla meta, senza troppi intoppi”.

“Conoscete la strada?”.

“Sì, vuoi che ti accompagni?”.

“Lo fareste?”.

“Solo se inizi a darmi del tu”.

“Non posso pretendere che percorriate tutta questa strada. È lunga, faticosa, pericolosa e vi porterà distante da casa”.

“Credimi, ho affrontato cose ben più lunghe, faticose, pericolose di questa. E sono già ora molto distante da casa. Perciò non preoccuparti, caro”.

Kosmos la guardò. Aveva un viso giovane, non superava di certo la quarantina, nonostante fosse incorniciato da lunghi capelli bianchi, e occhi azzurri, molto luminosi. Vestiva di scuro, con un cappuccio che la copriva in parte, e stringeva un lungo bastone pieno di gingilli tintinnanti fra le mani. Al collo portava una collana piena di simboli. Guardandola, Kosmos ebbe come un flash e si appoggiò la mano sul lato della fronte.

“Cosa c’è?” domandò la donna, alzandosi dal sasso su cui si era seduta.

“Niente. Solo un po’ di mal di testa”.

“Se vuoi, possiamo andare”.

Il caduto Signore Occidentale annuì, guardando incuriosito i piccoli oggetti che la donna aveva creato con i bastoncini trovati nel bosco. Riordinando, senza motivo, lei canticchiava e Kosmos trovò che avesse una voce bellissima.

“Mi piace la canzone che cantate” commentò, sorridendole.

“Se la smetti di darmi del Lei o del Voi, te la insegnerò”.

“Va bene. Allora…io mi chiamo Kosmos. Tu come ti chiami?”.

“Chiamami Signora Seth, ok? O semplicemente Seth”.

“Seth? Benissimo…”.

Kosmos richiamò il suo procacciatore, che iniziò a seguire i due mentre si incamminavano lungo il sentiero, per la prima volta alla luce del giorno. Parlare con quella strana donna lo faceva sentire pieno di energia e voglia di proseguire, carico come non era mai stato da millenni. Non si chiese il perché, non aveva importanza, e lasciò che gli insegnasse quel brano che continuava a canticchiare. Parlava di un ragazzo che cercava un fiore argento nel prato scuro e, una volta trovato, era stato rubato da una ragazza. All’inizio il protagonista del canto era arrabbiato e disperato, ma poi la ragazza metteva quel fiore fra i capelli, che le illuminava il viso, e la rabbia spariva perché il giovane d’improvviso aveva visto cosa c’era oltre l’oggetto conteso. Kosmos sospirò. Quella storia gli ricordava molto il furto di Kuruma, la rabbia di entrambi e ora il fatto che sperava tanto di rivederla, pronto a concederle di tenere pure la Chiave e lo Scettro, se ci teneva tanto, purché non lo allontanasse più dal palazzo.

“Pensi alla tua bella, Kosmos?” sorrise Seth.

“Non è la mia bella. È più una collega di lavoro, a cui io non ho mai portato rispetto. Del resto, è stata una cosa reciproca. Ma ora…”.

“Ora stai tornando da lei”.

“Lo spero. Non so se mi rivorrà accanto”.

“E perché non dovrebbe?”.

“Perché ho fatto e detto delle cose orribili”.

“Anch’io, tanti anni fa, ho litigato con una persona e temevo di non poterla più rivedere. Mi aveva allontanato, con tutte le sue buone ragioni. Quella volta, però, ho imparato una cosa: se fra due persone c’è un legame, prima o poi si riavvicineranno. Sono certa che lei ora sta pensando a te. Siete entrambi pentiti e vi rivedrete”.

“Come puoi dirlo? Non immagini quanto stronzo possa essere”.

“Mai come la persona che ho in mente io. Puoi essere stronzo quanto vuoi ma, se le parlerai sinceramente, sono sicura che ti perdonerà”.

“Perdonarmi?! Voleva uccidermi!”.

“Ucciderti…che parola grossa!”.

“Voleva uccidermi!”.

“E perché non lo ha fatto?”.

Kosmos rimase in silenzio. In effetti, si disse, lui era solo un mortale mentre Kuruma era una Dea. Avrebbe potuto distruggerlo in un istante, ma non l’aveva fatto. Come mai?

“Kosmos, non puoi sfuggire al destino. Nessuno può. Per quanto potere un individuo possa avere, ci sono delle cose che accadono e basta”.

“E se lei non mi rivolesse vicino?”.

“Spetterà a te convincerla”.

“E se non ci riesco?”.

“Ci sono tre miliardi e mezzo di donne su questo pianeta, se lei non ti rivuole allora guardati attorno”.

“Ma…io e Kuruma non siamo amanti! Non è una donna che mi serve…”.

“Sei sicuro?”.

Kosmos rimase sconcertato dalla capacità di quella femmina di farlo rimanere senza parole. Non sapeva cos’altro dire e quindi si limitò a storcere il naso.

 

₪₪₪

 

“Rukbat! Posa il fucile!” quasi gridò Astrea.

Sagittario e Scorpione stavano uno di fronte all’altro fissandosi, puntandosi a vicenda un’arma in faccia, senza dire una parola.

“Ho detto: posa quel fucile!” insistette Vergine.

“Ha iniziato lui” protestò Rukbat, senza abbassare l’arma.

“Non mi interessa chi ha iniziato. Obbedisci”.

Sagittario, sospirando, abbassò il Barrett e lo stesso fece Scorpione con il Remington.

“Possibile che ancora vogliate uccidervi? Dopo tutto quello che abbiamo passato?” domandò Astrea, sconcertata.

“È una questione che dubito si risolverà mai” commentò Antares.

“Beh, vedete invece di risolverla, se non volete che a risolverla siamo noialtri” sbottò Vergine, alludendo agli altri segni zodiacali presenti.

“Sì! Vi leghiamo come Gallo!” ridacchiò Hamal.

“Usa le tue energie in modo più costruttivo, Rukbat” aggiunse Vergine.

“Come per esempio?” domandò lui, storcendo la bocca.

“Tipo spaccare la legna per stasera”.

Sagittario sospirò. Guardò gli alberi poco lontani e decise che dopotutto non gli dispiaceva fare casino con la motosega che c’era al rifugio.

“Ti fai comandare a bacchetta da quella femmina. Lodevole” ridacchiò Antares, poco prima di essere colpito da un cartone in piena faccia con il calcio del fucile di Rukbat.

“Dicevi?” sibilò questi.

“Ragazzi! Basta!” tornò a riprenderli Vergine “Rukbat, fila nel bosco e tu Antares afferra quei secchi e vola a prendere l’acqua, prima che faccia buio. Muovete quelle chiappe, scansafatiche!”.

“Che pigna in culo che sei” protestò Scorpione, prima di ricevere un altro colpo in faccia, stavolta dal manico di scopa che stringeva Adhafera.

“Dicevi?” ridacchiò lei e lui gemette, sconfitto.

“Stanotte è in arrivo il maltempo, dobbiamo organizzarci al meglio” iniziò Aldebaran “Dividiamoci i compiti e anche questa sera fredda passerà senza problemi. Deneb, tu darai una mano a Rukbat. Lui taglierà e tu la porterai, sai che con quel ginocchio non può spostare grossi pesi”.

“Cosa?! Io vicino al pazzo psicopatico con la motosega?! Cosa ti sei fumato?!” protestò Capricorno.

“Niente proteste. Al Risha ed Hamal andranno sul tetto a sistemarlo. Con il vento che si sta alzando, è meglio rafforzarlo. Zhu e Adhafera mi aiuteranno con le travi attorno alla casa, non si può pretendere di non avere spifferi ma almeno non rabbrividiremo tutta la notte. Astrea e Acubens si occuperanno degli interni, sistemando le finestre e le coperte. Yang preparerà la cena e Ji, caro prigioniero, canta quanto sta per calare il sole”.

“Fottiti” si sentì da parte di Gallo ma nessun’altro protestò, andando ognuno a svolgere il compito assegnato.

Intanto nel cielo si accalcavano sempre più grosse nuvole nere e il vento si alzava. Si avvicinava dicembre e pareva che il Mondo tentasse di farlo notare in ogni modo.

 

₪₪₪

 

“Tempo di merda!” protestò Long, coprendosi il viso dal forte vento e continuando a tenere stretta Serpente, che non si dimenava un granché con il freddo.

“Puoi dirlo” confermò Hu, per mano a Sadalmelik “Ma non manca molto”.

“Non vedo l’ora di tornare a casa, dove Kuruma ci attenderà tutta felice, il palazzo sarà bello comodo, senza vento, pioggia, neve o altro, e potrò finalmente tornare a stendermi nel mio bel letto e fare quello che mi pare” parlò Drago.

Tigre non disse nulla e Long intuì che fosse per il fatto che, una volta tornato a palazzo, sarebbe tornato in forma animale e Acquario non avrebbe più di certo potuto tenerle per mano.

“Dici che arriveremo per tempo?” domandò Sadalmelik.

“Ma certo, guarda! Quel cartello indica che mancano pochi chilometri al confine con la Grecia” la rassicurò Hu.

“Saremo gli ultimi, secondo voi?”.

“Lo scopriremo. Io son pronto a fare scommesse” sorrise Drago.

“Oh, sì! Pure io. Scommetto che gli ultimi ad arrivare saranno Cavallo ed i suoi” esclamò Tigre.

“Ci sto! Io invece dico che saremo proprio noi gli ultimi, visto che siamo stupidi ed andiamo a piedi!” rispose Long.

“Bene. Cosa scommettiamo?”.

“Il riordino del salone principale dopo la grande festa che faremo una volta tornati a casa. Chi perde, dovrà farlo tutto da solo”.

“Qua la mano! E tu, Sadalmelik, scommetti?”.

“Preferirei di no”.

“E la nostra cara Serpente che dice? Lei potrebbe scommettere su cosa le farà Kuruma quando torneremo a palazzo…”.

“Se tornerete a palazzo…” precisò Shè, ghignando e beccandosi uno scappellotto sulla testa da parte di Drago, che l’accusò di portare sfiga.

“E Kosmos?” mormorò Acquario.

“Non preoccuparti per lui. Se la sa cavare” tentò di calmarla Tigre.

“Sei sicuro? A me è sembrato un po’ tanto impedito come mortale” rise Serpente.

“Davvero?” si incuriosì Long.

“Sì” confermò Shè “Sembrava un bambino. Tutto impaurito dal Mondo. Direi patetico…”.

“Tu sei patetica!” sbottò Sadalmelik, anche se gli altri della compagnia ammettevano in silenzio che Shè aveva ragione.

“Vedrai che torneremo tutti a palazzo, il tuo capo compreso” parlò Tigre, quasi sorridendo vedendo quanto si era offesa Acquario “È evidente che lo conosci più di noi, perciò immagino che tu abbia molta più fiducia in lui di quanta non ne possiamo avere noi”.

“Tu credi che lui non possa farcela?” si allarmò Sadalmelik.

“Mai detta una cosa del genere. Dico solo che la Terra non fa per lui”.

“Ma è stato lui a crearla!”.

“E con questo? Ha anche creato i buchi neri, non è che va a farci le jinkane nel mezzo!”.

“Veramente sì…”.

“Oh…che strano uomo”.

“Lui è il mio capo e lo sarà ancora. Non mi piacerebbe l’idea di dover essere comandata da Kuruma”.

“Perché?”.

“Non so. Mi mette a disagio…”.

“E poi Kosmos è carino, ammettilo”.

“Sei geloso di uno di 15miliardi di anni, per caso?”.

“Dico solo che quando sarò tornato una tigre, lui potrebbe…”.

“Potrebbe niente! Che ti salta in mente?!”.

Hu e Sadalmelik si fissarono qualche istante, prima che Tigre chinasse la testa.

“Scusami” mormorò “È che l’idea che tu mi vedrai come una specie di grosso micio per la prossima eternità mi mette a disagio”.

“Non ti vedrò mai come un grosso micio! Tu sei Hu, colui che mi ha salvata e che io amo…per la prossima eternità”.

“Quasi quasi mi commuovo” ghignò Drago, sarcastico.

 

   
 
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