XIII
“Sto
iniziando ad odiare gli aeroporti!” commentò
Zubeneschamali.
“Coraggio.
Spero che questo sia l’ultimo in cui ci tocca
andare” ridacchiò Cane.
“Aeroporto?
E a che ci serve?” domandò Lepre.
“Perché?
Non volete farci volare fino in Europa? Progettate un viaggio in
nave?” si
stupì Mek.
“Certo
che vogliamo farvi volare ma vi portiamo noi. Abbiamo sufficiente
energia per
trasportarvi dall’altra parte dell’Oceano,
schivando controlli e fuffa inutile.
Una volta arrivati sull’altro continente, ci
basterà prendere un treno”.
“Sicuri
di avere abbastanza energia per portarci di là?”
domandò Gou.
“Fino
al continente, non fino in Grecia. Due ciascuno” sorrise Topo.
“Mi
piace. Io voglio viaggiare con la ganza vestita da becchina”
rise Mek,
indicando Lepre.
Tù
alzò le spalle, come a voler dire che per lei era del tutto
indifferente chi
avesse viaggiato con lei.
“Io
propongo di dividere i due Orientali, che hanno ancora un po’
di energia
magica” propose Topo.
“Basta
che ci diamo una mossa, che la fine del Mondo è
vicina” borbottò Buda, ormai
saturo di tutti quei discorsi sul 2012.
“Allora…
Mek e Gou vanno con Tù. Buda e Cavallo vengono con me e le
due Bilancia con
Bue, che di noi è quello con più energia al
momento” ordinò Shu.
“Perfetto!”
ridacchiò Mek, abbracciando Lepre che con lo
incenerì con lo sguardo.
“Andiamo”
annuì Niu, facendo segno alle Bilancia di avvicinarsi.
“Ci
vediamo in Spagna, ragazzi. Mi raccomando! Abbiamo concordato il
luogo” parlò
Topo, prendendo per mano Buda e Ma.
In
una massa di piccole luci, il gruppo scomparve, fra lo stupore generale
dei
cacciatori di alieni che erano rimasti dietro alla porta di quella
stanza di
albergo dove il gruppo si era ritrovato. Avevano provato a fare delle
foto, ma
la loro mano tramante non era riuscita a fare un granché.
Una
volta in Spagna, la comitiva sapeva bene qual’era la mossa
successiva. Erano
riapparsi in una zona poco frequentata e in piena notte, evitando
inutili
mortali scocciatori. Dovevano raggiungere Madrid, cosa semplice essendo
poco
lontana, e poi prendere il treno. Non potevano sperare in un diretto,
ma l’alta
velocità ispirava loro abbastanza fiducia. Purtroppo per
loro, una volta
raggiunta la stazione di Madrid, si resero subito conto che qualcosa
non
andava. Perché tutti quei treni cancellati?
“Scusi”
domandò Topo, in perfetto spagnolo “Che cosa
succede? Perché tutti questi
ritardi e annullamenti?”.
“C’è
sciopero, non lo sapeva?” rispose il Madrileno, quasi con
disprezzo.
“Facevamo
meglio ad atterrare in Italia…”
borbottò Niu.
“Là
è sempre sciopero quando serve, per l’amor del
cielo!” lo zittì Lepre.
“E
allora cosa facciamo?” domandò Zubenelgenubi.
“Aspettiamo.
Non durerà mica per sempre sto sciopero, no?”
rispose Topo.
“Intanto
proporrei una piccola pausa panino” si intromise Mek,
indicando il McDonald.
“Vuoi
ucciderci tutti?” sbottò Tù, sentendo
fin lì la puzza della roba che ci veniva
cucinata all’interno.
“Suvvia,
io e Buda è da più di un anno che mangiamo
porcherie Americane e siamo ancora
vivi!”.
“Io
preferirei parlare con il tuo fegato, prima di entrare là
dentro. Per me, in
questo momento, sta supplicando pietà e vuole
suicidarsi”.
“Suvvia,
friggono solo le patatine con lo stesso olio per tutto il
giorno!”.
“Olio
per motore!”.
“Non
esagerare…”.
“Carne
di topo”.
“Adesso
mi pare un po’ eccessivo…”.
“E
salse mortali!”.
“Catastrofista”.
“Fai
a meno di mangiare, Lepre” tagliò corto Topo
“Puoi permettertelo. Quel posto
costa poco e i mortali hanno fame. Sarebbe meglio anche per noi mettere
qualcosa nello stomaco, siamo deboli”.
“Mettere
qualcosa nello stomaco mi sta bene, ma non quella cosa”
protestò Tù, che
preferì prendersi una fetta di pizza nel locale a fianco,
con pomodorini e
altre verdure “Poi non venite a piangere da me se vi viene
mal di pancia!”.
₪₪₪
Kosmos
riaprì gli occhi alla luce del giorno, che filtrava fra gli
alberi. Si alzò,
intravedendo il suo procacciatore poco distante. Si
stiracchiò, quando una voce
lo fece sobbalzare.
“Come
ti senti?” gli chiese qualcuno.
“Io…”
rifletté un attimo “Sto bene. Sto bene per
davvero. Non ho più la febbre,
respiro bene e non mi fa più male nulla. Ma…come
avete fatto? Ho provato tante
di quelle medicine che…”.
“Ho
i miei metodi. Lieta di vederti star meglio”.
“Grazie”.
“Di
niente, ragazzo”.
Kosmos,
sentendosi di nuovo pieno di energia, era pronto a ripartire. Si
girò verso la
donna, che lo aveva prima salvato dai lupi e poi curato, non sapendo
che cosa
poter fare per lei.
“Come
posso sdebitarmi? Sono uno sconosciuto e mi avete salvato la vita due
volte!”.
“Se
cercassi ricompense nelle buone azioni, non sarebbero più
buone azioni. Vuoi
ripartire subito?”.
“Sì.
Devo arrivare in Grecia prima dell’inizio
dell’inverno e, dalla temperatura,
direi che non manca molto”.
“No,
non manca molto. Ti conviene affrettarti. Segui questo sentiero, ti
condurrà
rapidamente alla meta, senza troppi intoppi”.
“Conoscete
la strada?”.
“Sì,
vuoi che ti accompagni?”.
“Lo
fareste?”.
“Solo
se inizi a darmi del tu”.
“Non
posso pretendere che percorriate tutta questa strada. È
lunga, faticosa, pericolosa
e vi porterà distante da casa”.
“Credimi,
ho affrontato cose ben più lunghe, faticose, pericolose di
questa. E sono già
ora molto distante da casa. Perciò non preoccuparti,
caro”.
Kosmos
la guardò. Aveva un viso giovane, non superava di certo la
quarantina, nonostante
fosse incorniciato da lunghi capelli bianchi, e occhi azzurri, molto
luminosi.
Vestiva di scuro, con un cappuccio che la copriva in parte, e stringeva
un
lungo bastone pieno di gingilli tintinnanti fra le mani. Al collo
portava una
collana piena di simboli. Guardandola, Kosmos ebbe come un flash e si
appoggiò
la mano sul lato della fronte.
“Cosa
c’è?” domandò la donna,
alzandosi dal sasso su cui si era seduta.
“Niente.
Solo un po’ di mal di testa”.
“Se
vuoi, possiamo andare”.
Il
caduto Signore Occidentale annuì, guardando incuriosito i
piccoli oggetti che
la donna aveva creato con i bastoncini trovati nel bosco. Riordinando,
senza
motivo, lei canticchiava e Kosmos trovò che avesse una voce
bellissima.
“Mi
piace la canzone che cantate” commentò,
sorridendole.
“Se
la smetti di darmi del Lei o del Voi, te la
insegnerò”.
“Va
bene. Allora…io mi chiamo Kosmos. Tu come ti
chiami?”.
“Chiamami
Signora Seth, ok? O semplicemente Seth”.
“Seth?
Benissimo…”.
Kosmos
richiamò il suo procacciatore, che iniziò a
seguire i due mentre si
incamminavano lungo il sentiero, per la prima volta alla luce del
giorno.
Parlare con quella strana donna lo faceva sentire pieno di energia e
voglia di
proseguire, carico come non era mai stato da millenni. Non si chiese il
perché,
non aveva importanza, e lasciò che gli insegnasse quel brano
che continuava a
canticchiare. Parlava di un ragazzo che cercava un fiore argento nel
prato
scuro e, una volta trovato, era stato rubato da una ragazza.
All’inizio il
protagonista del canto era arrabbiato e disperato, ma poi la ragazza
metteva
quel fiore fra i capelli, che le illuminava il viso, e la rabbia
spariva perché
il giovane d’improvviso aveva visto cosa c’era
oltre l’oggetto conteso. Kosmos
sospirò. Quella storia gli ricordava molto il furto di
Kuruma, la rabbia di
entrambi e ora il fatto che sperava tanto di rivederla, pronto a
concederle di
tenere pure la Chiave e lo Scettro, se ci teneva tanto,
purché non lo
allontanasse più dal palazzo.
“Pensi
alla tua bella, Kosmos?” sorrise Seth.
“Non
è la mia bella. È più una collega di
lavoro, a cui io non ho mai portato
rispetto. Del resto, è stata una cosa reciproca. Ma
ora…”.
“Ora
stai tornando da lei”.
“Lo
spero. Non so se mi rivorrà accanto”.
“E
perché non dovrebbe?”.
“Perché
ho fatto e detto delle cose orribili”.
“Anch’io,
tanti anni fa, ho litigato con una persona e temevo di non poterla
più
rivedere. Mi aveva allontanato, con tutte le sue buone ragioni. Quella
volta,
però, ho imparato una cosa: se fra due persone
c’è un legame, prima o poi si
riavvicineranno. Sono certa che lei ora sta pensando a te. Siete
entrambi
pentiti e vi rivedrete”.
“Come
puoi dirlo? Non immagini quanto stronzo possa essere”.
“Mai
come la persona che ho in mente io. Puoi essere stronzo quanto vuoi ma,
se le
parlerai sinceramente, sono sicura che ti
perdonerà”.
“Perdonarmi?!
Voleva uccidermi!”.
“Ucciderti…che
parola grossa!”.
“Voleva
uccidermi!”.
“E
perché non lo ha fatto?”.
Kosmos
rimase in silenzio. In effetti, si disse, lui era solo un mortale
mentre Kuruma
era una Dea. Avrebbe potuto distruggerlo in un istante, ma non
l’aveva fatto.
Come mai?
“Kosmos,
non puoi sfuggire al destino. Nessuno può. Per quanto potere
un individuo possa
avere, ci sono delle cose che accadono e basta”.
“E
se lei non mi rivolesse vicino?”.
“Spetterà
a te convincerla”.
“E
se non ci riesco?”.
“Ci
sono tre miliardi e mezzo di donne su questo pianeta, se lei non ti
rivuole
allora guardati attorno”.
“Ma…io
e Kuruma non siamo amanti! Non è una donna che mi
serve…”.
“Sei
sicuro?”.
Kosmos
rimase sconcertato dalla capacità di quella femmina di farlo
rimanere senza
parole. Non sapeva cos’altro dire e quindi si
limitò a storcere il naso.
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“Rukbat!
Posa il fucile!” quasi gridò Astrea.
Sagittario
e Scorpione stavano uno di fronte all’altro fissandosi,
puntandosi a vicenda
un’arma in faccia, senza dire una parola.
“Ho
detto: posa quel fucile!” insistette Vergine.
“Ha
iniziato lui” protestò Rukbat, senza abbassare
l’arma.
“Non
mi interessa chi ha iniziato. Obbedisci”.
Sagittario,
sospirando, abbassò il Barrett e lo stesso fece Scorpione
con il Remington.
“Possibile
che ancora vogliate uccidervi? Dopo tutto quello che abbiamo
passato?” domandò
Astrea, sconcertata.
“È
una questione che dubito si risolverà mai”
commentò Antares.
“Beh,
vedete invece di risolverla, se non volete che a risolverla siamo
noialtri”
sbottò Vergine, alludendo agli altri segni zodiacali
presenti.
“Sì!
Vi leghiamo come Gallo!” ridacchiò Hamal.
“Usa
le tue energie in modo più costruttivo, Rukbat”
aggiunse Vergine.
“Come
per esempio?” domandò lui, storcendo la bocca.
“Tipo
spaccare la legna per stasera”.
Sagittario
sospirò. Guardò gli alberi poco lontani e decise
che dopotutto non gli
dispiaceva fare casino con la motosega che c’era al rifugio.
“Ti
fai comandare a bacchetta da quella femmina. Lodevole”
ridacchiò Antares, poco
prima di essere colpito da un cartone in piena faccia con il calcio del
fucile
di Rukbat.
“Dicevi?”
sibilò questi.
“Ragazzi!
Basta!” tornò a riprenderli Vergine
“Rukbat, fila nel bosco e tu Antares
afferra quei secchi e vola a prendere l’acqua, prima che
faccia buio. Muovete
quelle chiappe, scansafatiche!”.
“Che
pigna in culo che sei” protestò Scorpione, prima
di ricevere un altro colpo in
faccia, stavolta dal manico di scopa che stringeva Adhafera.
“Dicevi?”
ridacchiò lei e lui gemette, sconfitto.
“Stanotte
è in arrivo il maltempo, dobbiamo organizzarci al
meglio” iniziò Aldebaran
“Dividiamoci i compiti e anche questa sera fredda
passerà senza problemi.
Deneb, tu darai una mano a Rukbat. Lui taglierà e tu la
porterai, sai che con
quel ginocchio non può spostare grossi pesi”.
“Cosa?!
Io vicino al pazzo psicopatico con la motosega?! Cosa ti sei
fumato?!” protestò
Capricorno.
“Niente
proteste. Al Risha ed Hamal andranno sul tetto a sistemarlo. Con il
vento che
si sta alzando, è meglio rafforzarlo. Zhu e Adhafera mi
aiuteranno con le travi
attorno alla casa, non si può pretendere di non avere
spifferi ma almeno non
rabbrividiremo tutta la notte. Astrea e Acubens si occuperanno degli
interni,
sistemando le finestre e le coperte. Yang preparerà la cena
e Ji, caro
prigioniero, canta quanto sta per calare il sole”.
“Fottiti”
si sentì da parte di Gallo ma nessun’altro
protestò, andando ognuno a svolgere
il compito assegnato.
Intanto
nel cielo si accalcavano sempre più grosse nuvole nere e il
vento si alzava. Si
avvicinava dicembre e pareva che il Mondo tentasse di farlo notare in
ogni
modo.
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“Tempo
di merda!” protestò Long, coprendosi il viso dal
forte vento e continuando a
tenere stretta Serpente, che non si dimenava un granché con
il freddo.
“Puoi
dirlo” confermò Hu, per mano a Sadalmelik
“Ma non manca molto”.
“Non
vedo l’ora di tornare a casa, dove Kuruma ci
attenderà tutta felice, il palazzo
sarà bello comodo, senza vento, pioggia, neve o altro, e
potrò finalmente
tornare a stendermi nel mio bel letto e fare quello che mi
pare” parlò Drago.
Tigre
non disse nulla e Long intuì che fosse per il fatto che, una
volta tornato a
palazzo, sarebbe tornato in forma animale e Acquario non avrebbe
più di certo
potuto tenerle per mano.
“Dici
che arriveremo per tempo?” domandò Sadalmelik.
“Ma
certo, guarda! Quel cartello indica che mancano pochi chilometri al
confine con
la Grecia” la rassicurò Hu.
“Saremo
gli ultimi, secondo voi?”.
“Lo
scopriremo. Io son pronto a fare scommesse” sorrise Drago.
“Oh,
sì! Pure io. Scommetto che gli ultimi ad arrivare saranno
Cavallo ed i suoi”
esclamò Tigre.
“Ci
sto! Io invece dico che saremo proprio noi gli ultimi, visto che siamo
stupidi
ed andiamo a piedi!” rispose Long.
“Bene.
Cosa scommettiamo?”.
“Il
riordino del salone principale dopo la grande festa che faremo una
volta
tornati a casa. Chi perde, dovrà farlo tutto da
solo”.
“Qua
la mano! E tu, Sadalmelik, scommetti?”.
“Preferirei
di no”.
“E
la nostra cara Serpente che dice? Lei potrebbe scommettere su cosa le
farà
Kuruma quando torneremo a palazzo…”.
“Se
tornerete a palazzo…” precisò
Shè, ghignando e beccandosi uno scappellotto
sulla testa da parte di Drago, che l’accusò di
portare sfiga.
“E
Kosmos?” mormorò Acquario.
“Non
preoccuparti per lui. Se la sa cavare” tentò di
calmarla Tigre.
“Sei
sicuro? A me è sembrato un po’ tanto impedito come
mortale” rise Serpente.
“Davvero?”
si incuriosì Long.
“Sì”
confermò Shè “Sembrava un bambino.
Tutto impaurito dal Mondo. Direi patetico…”.
“Tu
sei patetica!” sbottò Sadalmelik, anche se gli
altri della compagnia
ammettevano in silenzio che Shè aveva ragione.
“Vedrai
che torneremo tutti a palazzo, il tuo capo compreso”
parlò Tigre, quasi
sorridendo vedendo quanto si era offesa Acquario
“È evidente che lo conosci più
di noi, perciò immagino che tu abbia molta più
fiducia in lui di quanta non ne
possiamo avere noi”.
“Tu
credi che lui non possa farcela?” si allarmò
Sadalmelik.
“Mai
detta una cosa del genere. Dico solo che la Terra non fa per
lui”.
“Ma
è stato lui a crearla!”.
“E
con questo? Ha anche creato i buchi neri, non è che va a
farci le jinkane nel
mezzo!”.
“Veramente
sì…”.
“Oh…che
strano uomo”.
“Lui
è il mio capo e lo sarà ancora. Non mi piacerebbe
l’idea di dover essere
comandata da Kuruma”.
“Perché?”.
“Non
so. Mi mette a disagio…”.
“E
poi Kosmos è carino, ammettilo”.
“Sei
geloso di uno di 15miliardi di anni, per caso?”.
“Dico
solo che quando sarò tornato una tigre, lui
potrebbe…”.
“Potrebbe
niente! Che ti salta in mente?!”.
Hu
e Sadalmelik si fissarono qualche istante, prima che Tigre chinasse la
testa.
“Scusami”
mormorò “È che l’idea che tu
mi vedrai come una specie di grosso micio per la
prossima eternità mi mette a disagio”.
“Non
ti vedrò mai come un grosso micio! Tu sei Hu, colui che mi
ha salvata e che io
amo…per la prossima eternità”.
“Quasi
quasi mi commuovo” ghignò Drago, sarcastico.