XIV
“Ben
arrivati!” disse Hamal, quando il gruppo raggiunse il rifugio.
Drago,
Tigre, Acquario e Serpente avevano incrociato Bilancia, Gemelli, Cane,
Cavallo,
Bue, Topo e Lepre lungo la strada ed erano arrivati assieme al rifugio,
annullando le scommesse di Long e Hu.
“Ci
siamo tutti, adesso?” domandò Shu.
“Manca
Kosmos” ripose Deneb.
“Ma
come? Non è arrivato?” mormorò
Sadalmelik “Lo dobbiamo aspettare…”.
“Non
sappiamo nemmeno se è ancora in vita! Perché
aspettarlo?” protestò Zhu.
“E
Scimmia? Nemmeno lei c’è”
commentò Tigre.
“Lei
ha cercato di uccidermi. Può anche restare qui”
sbottò Hamal.
“Nessuno
resterà qui! Mancano solo Hòu e
Kosmos?” parlò Ma.
Ci
furono diversi cenni d’assenso.
“E
Acubens dov’è?” insistette Cavallo.
“Lei
è arrivata già da un po’ ma adesso
è a fare un giro, rientrerà fra poco, il
sole sta per tramontare” rispose Aldebaran.
“Beh,
possiamo concedere ancora qualche giorno ai due mancanti prima di
chiamare
Kuruma, ma non più di qualche giorno…”
concluse Topo “...e loro chi sono?”
aggiunse, dopo aver visto le ex coinquiline di Astrea.
“Amiche
nostre” sorrise Capricorno.
“Benissimo,
e ora…” iniziò Antares, ma fu
interrotto dal grido di Acubens.
₪₪₪
“Siamo
quasi arrivati!” esclamò Kosmos, con una certa
soddisfazione “Mi sento pieno di
energia. Ho solo un po’ di mal di testa…ma sono
sicuro che passerà appena sarò
a palazzo. Tutto merito tuo, Seth. Non finirò mai di
ringraziarti!”.
“Dovere”
si limitò a dire lei, sorridendo nel vederlo saltellare
lungo il sentiero.
Canticchiando,
i due ormai camminavano per il monte Olimpo.
“Vedrai,
Seth, che faccia faranno tutti quando mi vedranno arrivare!”.
“Posso
solo immaginarla”.
“Ti
farò conoscere coloro che…” si
interruppe Kosmos, sentendo un grido.
“Acubens!”
esclamò, mettendosi a correre in direzione della voce.
La
vide accanto al fiume, avvolta da un asciugamano bianco candido, che
fissava un
punto fra gli alberi con aria terrorizzata. Kosmos attese qualche
istante,
prima di intravedere un paio di occhi rossi brillare nella penombra.
Subito
corse a frapporsi fra Cancro e quegli occhi.
“Stai
lontano da lei!” esclamò, noncurante del fatto che
molto probabilmente Acubens
non lo aveva riconosciuto con i capelli bianchi e l’abito
umano.
Dal
buio un uomo si mostrò ai due, serio e per nulla spaventato
dall’aria
minacciosa di Kosmos.
“Tu!
Tu sei l’uomo del sogno!” disse ancora il caduto
Signore Occidentale.
L’uomo
sorrise, senza parlare. Aveva lunghissimi capelli neri, come nero era
il suo
lungo abito, con dettagli d’argento.
“Come
facevi a sapere del treno?”.
Occhi
rossi continuò a non rispondere.
“Ci
sono solo due modi per sapere una cosa del genere: conoscere chi sta
per
compiere un gesto simile o essere proprio colui che lo mette in atto.
Tu in
quale delle due categorie ti inserisci? Sei stato tu a far deragliare
il
treno?”.
“Perché
avrei dovuto avvertirti, sciocco?” sbottò
l’uomo, con voce profonda ed
inquietante.
Kosmos
non rispose a quella domanda.
“Ti
ha mandato Kuruma? Non sei di questo pianeta, non con quello sguardo.
Da quale
sistema Orientale provieni?”.
“Hai
ragione, non sono un terrestre, ma non mi ha mandato Kuruma
qui”.
“Quindi
ci sei venuto fin qui da solo ad uccidermi…”.
“Errato.
Sei ancora vivo, mi sembra…”.
“Allora
qual è il tuo scopo? Sei una specie di spia
doppiogiochista?”.
“Ma
come ti vengono certe idee, Kosmos?”.
“Come
sai il mio nome?”.
“Piantala
di urlare. Mi irriti”.
“Cos’è
successo, Acubens?” domandò Rukbat, arrivando di
corsa seguito dalla parte del
gruppo più veloce.
Cancro
si limitò ad indicare l’uomo dagli occhi rossi e
l’Occidentale.
“E
quelli chi sono? Scott degli x-man e Lady Oscar?”
esclamò Sagittario, alludendo
agli occhi rossi del primo e ai lunghi capelli molto mossi del secondo.
“Lady
Oscar?!” esclamò Kosmos e Rukbat
mormorò uno “scusi capo” imbarazzato.
“Sono
arrivati i tuoi altri amichetti” commentò
l’uomo in nero.
“Non
osare pensare di fare loro del male!” minacciò
Kosmos, spalancando le braccia
nel vano tentativo di coprire l’intera compagnia.
“Da
quando in qua il capo fa cose del genere?”
sussurrò Rukbat.
“Ti
ho sentito!” gli sibilò l’Occidentale.
“Hai
intenzione di restare in quella posa ancora a lungo?” riprese
l’uomo dagli
occhi rossi “Spaventi solo i passeri…”.
“Tu
non sai con chi hai a che fare, stupido”.
“Credo
che la cosa sia reciproca. E non ti è stato insegnato che si
porta rispetto
alle persone con più anni di te?”.
“Ah,
bello mio, dubito ampliamente che tu abbia più anni di
me!” ghignò Kosmos.
“E
come ne puoi essere così sicuro?”.
“Perché
nessuno è più vecchio di me!”.
L’uomo
scoppiò a ridere, una risata che ne agitò i
capelli in modo innaturale e fece
accucciare la compagnia dietro l’Occidentale.
“Che
carino che sei, quasi tenero, con tutte le tue belle certezze davanti a
te che
ti coprono gli occhi come tante bende sovrapposte e
multicolore!” commentò, una
volta finito di ridere.
“Sparagli”
mormorò Hamal, rivolta a Rukbat che stringeva il fucile fra
le mani.
Sagittario
annuì e, con la solita mira infallibile, mirò
alla fronte. L’uomo si limitò a
girare gli occhi ed il proiettile si disintegrò.
“Che
razza di fucile di merda hai?!” sbottò Antares.
“Non
è il fucile! Questo funziona benissimo!”.
“Allora
sono i proiettili che fanno cagare! Hai visto che è
successo?”.
“Non
me lo so spiegare…”.
“Non
osare nemmeno guardarli!” sibilò Kosmos, notando
che l’attenzione di chi aveva
di fronte si concentrava sulla compagnia di costellazioni.
Gli
occhi rossi brillarono, incredibilmente più di quanto non
avessero fatto fino a
quel momento.
“Non
lo fare!” gridò una donna.
“Seth!”
esclamò Kosmos, allarmato.
“Alfa”
mormorò lo sconosciuto, limitandosi ad alzare un
sopracciglio.
“Che
mi sono perso?” ansimò Deneb Algiedi, arrivando
alle spalle di Sagittario ed
accucciandosi con il resto del gruppo “Chi sono questi
tre?”.
“Quello
vestito da pinguino è Kosmos. Gli altri due, non ne ho idea.
Lei mi pare si
chiami Alfa”.
“E
l’altro?”.
“Boh…Romeo?”.
“Di
battute stupide te ne ho sentite dire un sacco ma questa, credimi,
è la
peggiore!”.
“Ne
dubito…ad ogni modo, quello distrugge i
proiettili”.
“Fa
cosa?!”.
“C’è
un motivo per cui siamo tutti accucciati per terra, non ti
pare?!”.
“Seth?
Che nomignolo interessante” commentò
l’uomo.
“Non
eri tu quello che diceva che non si doveva interferire?”
sbottò la donna.
“Esatto,
mia cara. Io non ho interferito con la vita di Kosmos. Ho salvato la
portatrice
del prossimo scettro delle Ere”.
“Lo
hai salvato dal deragliamento del treno!”.
“E
tu lo hai guarito”.
“Come
sapete dello scettro delle Ere?” domandò
l’Occidentale.
“Zitto,
quando i grandi parlano!” sibilò l’uomo
e Kosmos si ritrovò senza voce.
“Piantala
di fare il bambino!” sbottò la donna, e con un suo
gesto il muto tornò a
parlare.
I
due iniziarono ad insultarsi e Kosmos, notando che non avevano occhi
che per
chi avevano di fronte, si voltò verso le costellazioni,
facendogli segno di
andarsene.
“Via,
allontaniamoci adesso che possiamo!” disse.
“Ma…”
protestò Rukbat.
“Cos’è
che non capisci, equino? Vuoi per caso un calcio nel culo per
muoverti?!”.
“Nossignore!”.
Una
volta giunti al rifugio, che Kosmos fissò come chi fissa un
modellino
semidistrutto e poco riconoscibile, i presenti iniziarono a raccontare
l’accaduto
a quelli rimasti nell’edificio, scatenando reazioni diverse
ma in genere
d’allarme.
“È
bello rivederti, Kosmos” commentò Tigre,
salutandolo con una stretta di mano.
“Lo
stesso per me, anche se avevi detto che mi venivi a
prendere…”.
Hu
arrossì leggermente e girò la testa.
“Capo…”
iniziò Sagittario, imbarazzato “…mi
spiace per prima, non era mia intenzione
offendere Solo che non l’ho riconosciuta senza i capelli blu,
l’armatura, il
megacerchio con le costellazioni e tutto il
resto…”.
“Tranquillo,
sottoposto, nemmeno io a momenti ti riconoscevo con quei capelli
imbarazzanti e
il cappotto da film horror”.
“Touché”.
“Ci
siamo tutti?” riprese Kosmos, sbottonandosi la camicia
iniziando a sentire un
gran caldo.
“Manca
solo Hòu” rispose Topo.
“Chi?!”.
“Scimmia”.
“Ah…e
come mai?”.
“Perché
ha tentato di uccidermi” rispose Ariete.
“Ok,
perfetto, direi che è compito di Kuruma andarsela a
riprendere!”.
“Non
avete freddo? È dicembre…”
rabbrividì Acubens.
“Tu
facevi il bagno nel fiume!” sbottò
l’Occidentale.
“Non
abbiamo alternative. Ma Voi la camicia potete tenervela
stretta”.
“Ho
caldo. Mi manca la temperatura dell’Universo”
tagliò corto Kosmos, offrendole
la camicia se aveva tanto bisogno di scaldarsi.
“E
vi muovete sospeso da terra…” aggiunse Hamal.
“Ah
sì? Cioè…no!! Non va bene!”.
“Perché?
Vuol dire che Vi sta tornando la magia” non capì
Ariete.
“Infatti,
e questo non va bene! Senza la mia armatura io non sono in grado di
controllarmi!”.
“Allora
torniamo ai piani alti” sorrise Topo.
Gli
Orientali si guardarono ad annuirono.
“Chiameremo
Kuruma e tutto si risolverà”.
Concentrando
la loro energia, chiamarono la loro Signora. Attesero qualche istante,
ma non
ottennero nessuna risposta.
“Beh?!”
sbottò Kosmos “Che succede?! Problemi sulla
linea?!”.
“Non
lo so” gemette Topo, non aspettandosi una cosa del genere.
Il
caduto Signore Occidentale respirò a fondo, passandosi una
mano fra i capelli.
“Forse
ho un’idea” mormorò, guardando fuori
dalla finestra “Squeak, vieni qui!”
chiamò
il procacciatore, provocando espressioni assurde per
l’assurdo nome
dell’assurdo animale.
La
creatura volò e, entrando nel rifugio, si
appollaiò sulla spalla del suo
padrone.
“Vola
da Kuruma e dalle il nostro messaggio” gli disse, prima di
farlo volare di
nuovo verso il palazzo al centro del cielo “Forse la vostra
magia non è
sufficiente per avvertirla”.
“Può
essere…” mormorò Yang, poco convinta.
“E
se le fosse successo qualcosa?” commentò
Zubenelgenubi.
“Io
non so chi sei, tanto per cominciare, e poi cosa potrebbe esserle
successo? Non
essere ridicola…” la interruppe Kosmos.
“E
con l’x-man come la mettiamo?” domandò
Sagittario.
“Dormiamoci
su” propose Capricorno.
“Io
sono d’accordo. Dopo il viaggio siamo esauste!”
gemettero le Bilancia.
Il
giorno dopo, il procacciatore riapparve, in compagnia della creatura di
Kuruma.
“Hei!
Guarda che io ieri non ti ho ordinato "vai a prendere la tua
amichetta" ma "avvisa Kuruma"” protestò Kosmos,
fissando
entrambi “Che ci fa la pennuta qui? Sempre che sia una
femmina…non ho mai
verificato…”.
Il
procacciatore iniziò ad emettere degli strani versi, a cui
il padrone
rispondeva a parole.
“Ma
tu sai proprio tutte le lingue” commentò,
affascinata, Alìs, mescolando la
tazza di tè che aveva davanti al viso.
“Le
ho create io” si limitò a rispondere il caduto
Occidentale.
“Davvero?
E come mai ne hai create così tante?”.
“Mi
divertiva…”.
Lui
si sforzava di ignorarla, trovandola anche piuttosto irritante, e lei
insisteva
nel ronzargli attorno in cerca di uno sguardo d’attenzione.
“Cosa
vuoi?” si arrese, ad un certo punto, Kosmos, probabilmente
ricordando che la
lite con Kuruma era nata dal fatto che lui la ignorava.
“Voglio
solo dirti che penso che tu sia bellissimo”.
“Buon
per te” fu la risposta, mentre il procacciatore continuava a
raccontare cose
chiare solamente a pochi nell’universo.
Alìs
sospirò, con il poco cervello rimasto avvolto da
un’ovatta rosa a cuoricini, e
seguì Kosmos con lo sguardo, mentre questi cambiava stanza
per parlare
tranquillamente con la sua creatura.
“Le
è successo qualcosa? Per questo non risponde alle chiamate
dei suoi
sottoposti?”.
Al
senso d’assenso, l’Occidentale si morse il labbro.
Che poteva fare? Senza la
Chiave del Cielo non era in grado di tornare a casa ed i due
procacciatori non
potevano toccare quell’oggetto a causa
dell’eccessiva carica magica in esso
contenuto.
“Problemi,
capo?” domandò Rukbat, con mezzo caffè
nella tazzina ancora da sorseggiare.
Kosmos
non rispose, si limitò a sedersi a terra, schiena contro il
muro, sospirando.
“Cosa
c’è che non và?” insistette
Sagittario.
“Niente”.
“Non
siete bravo a raccontare balle, ve lo dice un vero esperto in
materia”.
“Lo
so”.
“Allora…cosa
c’è?”
“Tu
sei bravo a torturare la gente?”.
“Domanda
strana ma…devo ammettere che me la cavo.
Perché?”.
“Promettimi
che, nel caso fosse successo qualcosa di grave a Kuruma, tu mi
affliggerai le
più tremende torture che ti vengono in mente. Le
più atroci, dolorose,
estenuanti e terribili che conosci. Inventane di più sadiche
solo per me, se
necessario”.
Rukbat
fissò il suo capo come farebbe una qualsiasi creatura nel
vedersi spuntare di
colpo un fungo dal palmo della mano.
“Ok”
rispose, allungando la prima lettera “Non conoscevo questo
suo lato
masochistico, Signore”.
“Non
è masochistico! È giusto. Se a lei è
successo qualcosa di male per colpa
mia, allora voglio che sia tu ad occuparti di
me. So per certo che l’empatia non rientra fra le tue
qualità e quindi sono
sicuro che le tue torture andranno avanti finché
sarà necessario”.
“Non
sono l’unico, però, con simili
caratteristiche…”.
“So
anche questo. Sarà la prima volta in cui tu ed Antares
farete qualcosa di buono
assieme”.
“Buono?!”.
“Quello
che vuoi che sia”.
Rukbat
andò in cucina, quando si accorse che Kosmos non voleva
più parlare. Fissò i
suoi colleghi, che risposero a quello sguardo.
“Ragazzi…”
iniziò Sagittario, a bassa voce, sicuro che comunque il suo
Signore lo avrebbe
sentito “…ce lo siamo giocato! La vita da mortale
lo ha svalvolato del tutto!”.
Al
calar del buio, avendo perduto la necessità di dormire
grazie al graduale
ritorno della sua magia, Kosmos volle provare ad uscire
all’aperto. Svicolò
abilmente dalle domande idiote delle coinquiline di Astrea che volevano
sapere
come si era fatto tutti quei piercing, domanda a cui, fra
l’altro, non aveva
risposta, e come poteva salire su un aereo o fare i raggi con tutta
quella
ferraglia addosso. Ignorando le frasi tipo “Quanto sei
carino” e “Non dirmi che
c’è una signora Kosmos da qualche
parte…” chiuse la porta del rifugio dietro di
sé e si allontanò.
“Non
riuscirete mai a tornare in cielo così”
tuonò una voce, nel buio.
“Tu
cosa ne sai?” rispose il caduto Signore.
“Perché
non dovrei saperlo? E perché tu sei così sicuro
di riuscire a tornare a casa?”.
“E
tu perché continui a rispondere alle mie domande con altre
domande?”.
“Perché
non dovrei?”.
“Sei
irritante!”.
“Pure
tu”.
L’uomo
era appollaiato su un albero e guardava giù, mantenendo
sempre un tono di voce
ed un atteggiamento calmo e distaccato.
“Chi
sei?” insistette Kosmos.
“Credi
abbia davvero così tanta importanza?”.
“Smettila
di rispondere con un’altra domanda!”.
Lo
sconosciuto ridacchiò, mentre Kosmos quasi ringhiava per il
fastidio.
“Come
sai la lingua che stai usando in questo momento?”
ricominciò a chiedere il
caduto.
“E
tu perché continui a fare domande, se sai che rispondo
irritantemente con
un’altra domanda?” ghignò di gusto
l’uomo.
“Non
ho tempo da perdere, sai?! Se sai come farci tornare in cielo, dimmelo,
altrimenti sparisci”.
Lo
sconosciuto sorrise, quasi con tenerezza, e scese
dall’albero. L’Occidentale
non si mosse ma strinse i pugni, lanciando un chiaro segnale a chi
aveva ora di
fronte.
“Vuoi
tornare a casa?” domandò l’uomo.
“Sì.
Una persona ha bisogno di me ed io non posso perdere ancora tempo qui.
Sai come
tornare? Parla! Altrimenti chiudi la bocca e non farti più
vedere”.
“Mi
piace il tuo atteggiamento, mi ricorda tanto quello che avevo io da
giovane”.
“Piantiamola
di discutere di stronzate. Dimmi se sai come tornare in
cielo”.
“Io?
Io so come posso tornare in cielo. Per quanto riguarda te, assieme a
tutti i
tuoi amichetti, la situazione è diversa, un po’
più complicata”.
“Ma
è possibile, anche senza l’aiuto di Kuruma e la
Chiave del Cielo?”.
“Certo”.
“E
come si fa?”.
“Non
posso dirtelo io”.
“E
chi può dirmelo?”.
“Nessuno”.
Kosmos
si trattenne a fatica dal tirargli un pugno in faccia e si
sforzò di riprendere
a respirare in modo regolare.
“Mi
stai prendendo in giro, vero? Sei stato mandato qui per farmi
impazzire, ne
sono sicuro! Per aiutarmi no di certo, dato che ho un mal di testa che
mi fa
venir voglia di spararmi in fronte e tu insisti a dirmi cose senza
senso!”.
“Kosmos,
io non sono stato mandato qui. Io sono qui perché volevo
esserci, e dovevo
esserci, come tu ci sarai per chi affronterà tutto questo
dopo di te”.
“Che
stai dicendo?”.
“Forse
dobbiamo dirglielo, spiegargli come si torna in cielo”
parlò una voce
femminile.
“No,
Alfa” rispose l’uomo “Deve cavarsela da
solo, lo sai che dev’essere così”.
“Ma…forse
lui non…”.
“Smettila
di vederlo come un bambino! Non lo è! È un uomo,
ed è tempo che lo dimostri!”.
Kosmos
guardava entrambi con aria smarrita, sempre più confuso da
quel tremendo mal di
testa che iniziava ad essere insopportabile. Sentiva il cuore pulsare
fra le tempie
e la vista per un attimo gli si appannò, con un capogiro.
Cadde sulle ginocchia
senza nemmeno accorgersene. Alfa, Seth, fece uno scatto per soccorrerlo
ma
l’uomo la bloccò, scuotendo la testa. Sentendo
urlare il loro capo, le
costellazioni aprirono la porta del rifugio ma non riuscirono ad
uscirne,
spaventati dall’insieme di luci e scintille che videro
nell’aria.
“Kosmos.
Mi senti? Alzati” parlò dolcemente Alfa.
Lui
aprì gli occhi e vide colei che lui chiamava Seth davanti a
sé. Era sfuocata,
perché al momento lui vedeva tutto sfuocato.
“Che
rapporti hai con quell’uomo?” mormorò,
cercando di rialzarsi.
“Lui
è mio marito, il padre dei miei figli, e mio
fratello”.
Kosmos
tirò fuori la lingua e si girò su un fianco,
incespicando e ondeggiando
confuso.
“Ti
sei fatto male?” domandò lei, apprensiva.
“Signora,
la prego! Mi tolga le mani di dosso! Non sono mica
un’infante, e che diamine!”.
“Che
diamine?!”.
“E
che cazzo!”.
“Già
meglio…”.
Non
fu lui ad alzarsi, ma la magia stessa lo sollevò e lo tenne
sospeso. Lui chiuse
gli occhi e lasciò che questa fluisse lentamente,
circondandolo. Era una bella
sensazione e si rendeva conto di riuscire a controllarla. Le sue vesti
mortali
scomparvero, anche perché lui riprese le sue dimensioni
solite, eccessive per
un essere umano, e furono sostituite da altre. Kosmos, rimanendo a
braccia
spalancate e lo sguardo rivolto verso l’alto, sorrise per il
solletico. Delle
linee dorate gli si stavano disegnando sul petto e sulla fronte,
contornando le
sferette di metallo che aveva sul corpo. I capelli, divenuti bianchi
con la
caduta, ripresero il loro solito colore, azzurro scuro ed intenso,
quasi blu,
mentre gli occhi chiari ripresero a brillare. La corona a fili sottili,
che
portava a palazzo, riprese il suo posto. Sulle spalle riapparve il suo
solito
mantello nero ma non più sostenuto dall’armatura,
bensì da due coprispalla
dorati e molto elaborati, uniti da un ampio collare decorato a mosaico
color
del cielo al cui centro spiccava il cerchio che segnava il segno
zodiacale
dell’Era corrente ed ai cui lati partivano due coppie di
catene argento e
quattro fili d’oro a circondare il busto scoperto del Signore
del Cielo
Occidentale. I fili dorati ne decorarono anche le braccia fino ai
polsini, che
coprivano anche il dorso della mano e avevano lo stesso decoro e colore
dei
coprispalla. Un’ampia cintura molto elaborata, riprendente i
motivi che ne
reggevano il mantello, separava il petto quasi del tutto scoperto da un
elaborato intreccio di veli, che rendeva difficile capire se formassero
un paio
di pantaloni o una gonna. Di colore blu scuro, con brillanti dettagli
in
argento, facevano solo intravedere i piedi scalzi, con i fili dorati
che li
decoravano. Atterrò sulle punte, delicato come se non avesse
peso. Sorrise. Ora
le sue labbra erano di nuovo blu, come era abituato, e perfino la sua
pelle
aveva acquisito un leggero colorito azzurino. Dietro al suo capo era
riapparso
il cerchio con i segni zodiacali, sospeso a mezz’aria. Ora,
però, ad indicare
il segno corrente, non vi era più lo spuntone
dell’armatura ma il motivo del
suo insistente mal di testa: una specie di corno argento di cui
però Kosmos non
si accorse subito.
Girandosi
verso Alfa ed Occhi Rossi, vide che anche loro erano cambiati. Erano
cresciuti
entrambi. Lui era divenuto quasi del tutto nero, come nero era il suo
vestito
con tutti i dettagli argento. Aveva un ampio ed alto colletto, con
bordo
brillante e una cintura grigio-argentata stretta in vita. Indossava i
guanti,
sempre d’argento e alle sue spalle era apparso un cerchio con
quattordici
simboli, che Kosmos ammise di non conoscere, segnati dal corno di lui,
rosso ed
attorcigliato. Anche lei aveva un cerchio alle spalle, pure quello con
simboli
sconosciuti, segnati con due corna argentate che si piegavano fino
quasi a
congiungersi. Alfa era vestita di bianco, con tanti dettagli in oro, e
magnifici capelli molto mossi dello stesso colore di quelli di Kosmos,
come
dello stesso colore dell’Occidentale aveva gli occhi.
inoltre, la sua pelle era
candida e le labbra blu.
“Ora
hai capito chi hai davanti?” mormorò lei.
Kosmos
guardò entrambi piuttosto confuso, mentre Alfa lo
abbracciava. Ora era più
piccola di lui, gli arrivava alla spalla. Girò solo gli
occhi verso Occhi Rossi,
ancora di due spanne più alto di lui. Kosmos non si
lasciò intimorire
dall’altezza di quell’essere e gli sorrise.
L’uomo rispose, pur mantenendo le
braccia incrociate.
“Come
ti senti adesso, piccolo mio?” riprese Alfa, accarezzando il
volto
dell’Occidentale.
“Piccolo
mio?! Non esageriamo…”.
“Sei
piccolo. Noi abbiamo il doppio della tua età!”
ridacchiò l’uomo.
“Quindi
voi due siete…” parlò Kosmos,
lentamente e senza azzardare ipotesi.
“La
tua mamma ed il tuo papà, tesorino mio” sorrise
Alfa.
“Signora…”
iniziò Kosmos, avvolgendosi in parte dal mantello per
sfuggire dalla stretta
della donna “…pur essendo mia madre, lo posso
dedurre dai tratti somatici in
comune, non rientra fra le mie priorità e fra i miei
interessi farmi chiamare
"piccolo mio"”.
“Giusto,
donna! Kosmos è un uomo adesso, dico bene?”
esclamò Occhi Rossi, dandogli una
poderosa pacca sulla spalla.
“Già”
confermò l’Occidentale “E ora mi
è chiaro da chi ho preso il fatto di essere un
grandissimo stronzo!”.
“Grazie”
ghignò l’uomo in nero, soddisfatto.
“Tu
ti chiami Alfa, ok. E tu? "Tizio dagli occhi rossi" è un
po’ lungo…”.
“Io
sono Omega. Ma anche T.D.O.R. può andare”.
“T.D.O.R.?!”.
“Tizio
Dagli Occhi Rossi”.
Kosmos
si mise a ridere. Forse era tutto un sogno, si disse.
“Quindi…quello
creato da me non è l’unico
universo…” iniziò a riflettere
“Quelli che avete sulle
spalle sono indicatori di costellazioni e segni del vostro
cielo”.
“Esatto.
E frena un momento con le parole "creato da me", ragazzo”
specificò
il padre “Tu lo hai modellato ma la materia prima del tuo
universo è stata
creata da me, come quella del mio universo mi è stata data
da mio padre e via
dicendo”.
“Ma
quanti universi ci sono?!”.
“Boh.
Non ho mai avuto troppo tempo libero per stare a contarli”.
“E
il primo come è iniziato? Insomma…chi ha fornito
la materia prima?”.
“Tu
fai troppe domande. Ti do un consiglio: smettila, e vivrai molto
meglio!”.
“Agli
ordini…papà”.
“Bravo
il mio ragazzo…”.
“Quindi
io ho anche dei nonni, dei bisnonni…”.
“E
dei prozii. C’è stata una volta in cui sono nate
due coppie di gemelli, che han
dato vita a due universi distinti contemporaneamente. Ma è
un fatto accaduto
una volta soltanto”.
“Wow.
E un giorno potrò conoscerli?”.
“Vuoi
una riunione di famiglia? Beh…si potrebbe fare quando
nasceranno i tuoi figli”.
“I
miei figli?!”.
“Certo.
Funziona così: nascono due gemelli, un maschio ed una
femmina, fanno casino,
evolvono e poi fanno altri due gemelli, che assumono il comando di un
altro
universo. Eccetera. Chiaro?”.
“Non
molto…”.
“Tu
e Kuruma siete gemelli, figli nostri, ed un giorno avrete dei figli fra
di voi,
due gemelli, un maschio ed una femmina, a cui affiderete un nuovo
universo di
cui tu fornirai la materia”.
“Io
e Kuruma siamo fratelli?!”.
“Sì,
e avrete due figli che si odieranno a morte fino al punto di andare
vicini alla
fine del proprio universo. Se superano la cosa, si ritroveranno e il
cerchio si
ripeterà. Altrimenti fine dei giochi”.
“E
questo come lo sai?”.
“Perché
è così da tempo infinito. Fra 15miliardi di anni,
la storia si ripeterà e tu
dovrai fare il discorso che sto io facendo a te a tuo figlio. E Kuruma
lo stesso”.
“Kuruma?!
Ma io sto qui a discutere mentre lei ha bisogno di me! Devo tornare in
cielo,
ditemi come si fa!”.
“Tu
lo sai già. Pensaci”.
“Non
mi serve la Chiave del Cielo?”.
“Quello
è solo un simbolo. La tua energia non ha più
bisogno di essere guidata da
un’armatura o da degli oggetti. Ora sei tu la Chiave del
Cielo”.
Kosmos
annuì, poco convinto. Si girò verso il rifugio,
dove le costellazioni e gli Orientali
lo fissavano senza capire. Un violento scossone fece sobbalzare e quasi
cadere
tutti quanti.
“Cosa
è stato?” esclamò Kosmos.
“Il
cielo si sta fermando” spiegò Omega.
“Devo
tornare a casa…”.
“È
ora. Sai che giorno è oggi?”.
L’Occidentale
scosse la testa.
“Oggi,
figlio mio, è il 21 dicembre 2012”.
“Venite
fuori. Si torna a casa” disse il caduto Signore, capendo qual
era la soluzione.
Il
cerchio delle Ere che portava sul petto segnava l’Acquario ed
era ora che
Acquario andasse a prendere il suo posto, così come gli
altri.
I
dodici segni uscirono, alcuni timorosi ed altri con un sorriso da parte
a parte,
e si misero in cerchio attorno al loro padrone. Alfa ed Omega, quasi
abbracciati, si distanziarono leggermente, osservando la scena da una
distanza
tale da non dare fastidio. Gli Orientali si misero alle spalle di
coloro che
avevano aiutato a giungere fino a lì, o che avevano tentato
di uccidere.
“E
Scimmia?” domandò Shu.
“Scimmia
è fra gli alberi, è sempre stata lì.
Attendeva il momento giusto…” sorrise
Kosmos, facendo un gesto con la mano.
Hòu
si ritrovò fra Yang e Ji, alle spalle di Adhafera.
“Siamo
pronti!” ghignò Kosmos, spalancando le braccia e
sollevandosi da terra.
Partendo
dal primo segno, Hamal l’Ariete, le costellazioni iniziarono
ad illuminarsi e
con loro gli Orientali. Per qualche istante, tutti mostrarono
l’aspetto che
avevano prima di divenire stelle. Animali, Dèi, oggetti. Poi
ridivennero come
erano al palazzo, ed i loro occhi ripresero a brillare. Toro si
illuminò di
verde. Mek e Buda si riunirono. Acubens si dovette separare dal fucile
che
aveva usato per aiutare i leoni. Adhafera ringhiò, tornando
ad avere i soliti
denti affilati. Tutti gli occhi erano fissati su Astrea, che
però non si
illuminò. Al suo posto, di luce argentea, si
ricoprì Zubenelgenubi.
“Che
succede? Astrea, che hai?” si preoccupò Kosmos.
“Ho
fatto la mia scelta. Come, millenni fa, scelsi di divenire una
costellazione
perché mi rendevo conto che gli esseri umani non avevano
più rispetto per la
divinità che ero, mesi fa ho deciso che il mio periodo da
stella è terminato,
venendo meno al giuramento che avevo fatto quando ascesi”.
“Capisco”
sorrise l’Occidentale.
“Di
che giuramento parli?” domandò Rukbat, guardandola
in modo interrogativo.
“Concedendomi
a te, quella notte, ho scelto volutamente di rinunciare al simbolo
della
verginità che rappresentava la costellazione di cui prendevo
il controllo”.
“Ma
tu non eri di certo vergine quando sei diventata una stella!”.
“No,
ma ho scelto la castità successiva. Rinunciandovi, ho
rinunciato al mio essere
la Vergine”.
“Resti
sulla Terra, dunque?” domandò Kosmos.
“Sì.
Come mortale”.
“Ti
auguro ogni bene, mia cara. Spero di avere tue notizie in
futuro”.
“Anche
a voi auguro ogni bene”.
Detto
questo, Astrea fece un passo indietro, lasciando che Zubenelgenubi
prendesse il
suo posto. Zubeneschamali, illuminata dalla luce rosa della Bilancia,
provò a
protestare, ma venne zittita. Il cerchio si completò senza
altre interruzioni e
Kosmos aprì una specie di tunnel luminoso sopra il gruppo.
Astrea guardò solo
per un istante Rukbat, che le diede le spalle e si sollevò
da terra assieme
agli altri. In quella colonna di luce, visibile da praticamente tutto
il
pianeta, Orientali ed Occidentali, guidati da Kosmos e seguiti da Alfa
ed
Omega, svanirono e tornò il buio.
“Ci
sei riuscito” commentò Hannaliz, vedendo quel
segno nel cielo.
“Siete tornati a casa,
viaggiatori dello spazio”
brindarono i cacciatori di alieni.
“Buon
viaggio” sorrisero Mikael e Scott.
“Cazzo,
ma allora era vero!” si stupirono Giacobbo e Berry.
“Eri
davvero una stella!” sorrisero i ricercatori norvegesi.
“Sempre
il solito esagerato, agente Carlyle” commentò il
vero agente Carlyle.
“Mandami
una cartolina” ridacchiò Erik dal Giappone.
“Grazie”
salutò la proprietaria del ristorante che aveva ospitato
Cane e Bilancia.
“Oddio,
la fine del Mondo!” urlò la maggior parte della
gente.
“Addio”
sussurrò Astrea, versando solo una lacrima, e ricevendo
l’abbraccio delle sue
coinquiline.
₪₪₪
“Kuruma!
Dove sei?” gridò Kosmos, appena arrivato nel
palazzo.
Si
accorse subito che qualcosa non andava. Era buio, i cerchi con i segni
zodiacali sulle sue torri non brillavano come di consueto e
c’era uno strano
silenzio.
“Kuruma!”
la chiamò di nuovo.
Poi
si girò verso i segni zodiacali e gli Orientali.
“Dividiamoci
e cerchiamola”.
Tutti
annuirono e si divisero, iniziando a guardare in tutte le stanze.
Kosmos andò
subito sulla torre di lei, senza trovarla. Ovunque rimbombavano le voci
che
ripetevano il nome della Signora Orientale quando
l’Occidentale la vide. Era
stesa sul terrazzino, con fra le mani Scettro e Chiave.
“Kuruma!”
gridò lui e corse da lei, più in fretta che
poté.
Appoggiando
le mani sul pavimento lucido, si chinò di lei e
continuò a chiamarla, senza
ottenere risposta. Era pallida, molto più del solito.
Iniziò a scuoterla per
svegliarla, urlando sempre più forte.
“Kuruma!
Svegliati! Cosa ti succede? Parlami! Dì qualcosa!”.
“È
svenuta?” domandò Shu, arrivando assieme agli
altri sul terrazzino.
“Non
mi risponde!” gemette Kosmos “Non…fa
niente! Non respira e il suo cuore…”.
“È
tutta colpa tua!” gridò Alfa rivolta ad Omega
“Tu e la tua regola stupida del
non interferire! Ora la mia bambina è morta!”.
“Colpa
mia?!” si stupì Omega.
“Ti
odio! Siamo arrivati troppo tardi e la mia bambina non ce
l’ha fatta!”.
“Kuruma
è anche la mia bambina, come puoi darmi la colpa?”.
“Avremmo
potuto intervenire prima e non sarebbe successo!”.
“Non
interferire è la regola di base dall’inizio degli
universi, non potevamo fare
noi il lavoro loro. Lo sai che dovevano intraprendere un
percorso!”.
“Era
così che doveva finire il percorso?!”.
“Finitela!”
li zittì Kosmos “La colpa è solo ed
esclusivamente mia”.
“Ma
cosa dici, tesorino?” lo guardò con tristezza Alfa.
“Niente
tesorino! Non sono un tesorino, sono un idiota! Uno stupido, che non ha
capito
cosa stava facendo in tempo ed ora è tardi. Oh, Kuruma,
perdonami! Se solo
potessi sentirmi, ti chiederei scusa un milione di volte e mi
inginocchierei
davanti a te supplicandoti di dare una seconda possibilità a
questo imbecille
che porta il nome di Kosmos”.
Orientali
ed Occidentali cominciarono a capire la situazione e si agitarono,
specie dopo
che un altro violento scossone fecero quasi cadere tutto il gruppo.
“Il
cielo si sta fermando del tutto! Devi farlo ripartire con la Chiave e
dare lo
Scettro a Sadalmelik” disse Omega, ostentando una calma
insolita.
“Non
me ne frega un cazzo del cielo, delle Ere e di qualsiasi altra cosa!
Che si
fermi pure!” rispose Kosmos, appoggiandosi a Kuruma.
“Sei
impazzito?! Spero tu sia consapevole delle possibili
conseguenze!”.
“Me
ne sbatto!”.
“Cosa?!”.
Il
Signore Occidentale risollevò la testa e guardò
il padre con rabbia.
“Sei
sconvolto adesso, Kosmos, e lo capisco, ma non hai ancora imparato a
guardare
oltre all’immediato. Non puoi distruggere il tuo
universo!”.
“E
perché no?!”.
Una
sberla poderosa lo fece tornare alla realtà.
“Perché
ti ammazzo con le mie mani se osi farlo!” sbottò
una voce.
Kosmos
ribaltò la testa all’indietro, coprendosi il viso
e mugugnando.
“Kuruma!”
esclamarono in coro i presenti, mentre lei si sollevava e si metteva
seduta.
L’Occidentale
continuò ad imprecare per un po’ e
l’Orientale lo lasciò fare, prima di
abbracciarlo e farlo calmare.
“Mi
sei mancato!” mormorò.
Lui,
togliendosi la mano dal viso, la allontanò e si
alzò in piedi. Il gruppo di
costellazioni e sottoposti iniziò a fissarsi con
preoccupazione.
“Alzati”
ordinò Kosmos, serio.
Kuruma
si rabbuiò e girò il capo, visibilmente delusa.
“Vuoi
una mano?” sorrise, ad un tratto, Kosmos, sollevandola da
terra e prendendola
in braccio.
Guardandola
negli occhi, continuò a sorriderle.
“Sei
cambiato” commentò lei, notando il colorito, il
corno, il vestito e tutto il
resto.
“Anche
tu” rispose lui.
Kuruma
aveva perduto l’armatura e sul capo le erano spuntate due
corna di colore
rosso, che quasi si toccavano, esattamente come quelle di sua madre.
Anche la
veste era cambiata, divenendo più ampia e morbida, come una
preziosa gonna di
seta di uno sgargiante color rosso, con dettagli in oro.
“Sei
bellissima”.
“Anche
tu”.
Quasi
si baciarono ma Kosmos spostò indietro la testa.
“Tu…sei
mia sorella, te lo devo dire prima di questo”.
“Lo
so” ridacchiò lei.
“Davvero?
E come lo sai?”.
“Me
lo ha detto lei” muovendo il capo verso la madre
“Un po’ di tempo fa, quando
ero tutta sola in questo grande palazzo”.
“Sai
tutto?!”.
“È
un problema?”.
“No…”
ghignò Kosmos, notando che pure Kuruma rispondeva ad una
domanda con un’altra
domanda, come Omega.
Sorridendosi,
si diedero un lungo abbraccio, fra i sorrisi di tutti i presenti.
Kosmos notò
la cosa e, rimettendo delicatamente a terra Kuruma, batté le
mani.
“Lo
spettacolo è finito ragazzi, è ora di lavorare!
Sciò!” esclamò, illuminando con
un gesto della mano tutto il palazzo.
Afferrò
la Chiave e Scettro e fissò la Signora Occidentale. Le porse
la Chiave del
Cielo.
“A
lei l’onore, mia Signora. Io mi occupo dello
Scettro”.
Lei
fece un piccolo inchino, stringendolo e sorridendo. Kosmos
andò verso
Sadalmelik e lei chinò la testa, in segno di rispetto.
“Smettila
con queste cerimonie, Acquario. Questo è per te, mia cara.
Tuo il compito di
custodirlo fino alla prossima Era, quella del Capricorno”
passò l’oggetto il
padrone alla donna.
Sadalmelik
annuì, mentre insieme i due Signori facevano ripartire il
moto regolare del
cielo.
“Allora
è finita? Possiamo festeggiare?”
domandò Drago e ci fu più di un segno
d’assenso.
“Non
ci posso credere. La mia camera! Un letto decente, tutto per me! Il mio
spazio
personale e la mia privacy di nuovo in mio possesso!”
esclamò Deneb Algiedi,
raggiante.
“La
doccia! Evviva!” quasi gridò Acquario.
Tutti
erano visibilmente felici, solamente Zubenelgenubi, Acquario e
Sagittario
restavano piuttosto silenziosi, quasi storditi.
“Zuben”
chiamò Kosmos “Posso chiamarti
così?”.
“Certo,
Signore”.
“Ti
sei illuminata come Vergine e ora sei qui per questo. Te la
senti?”.
“Io
e Zubeneschamali eravamo, un tempo, i due piatti della bilancia della
Dea della
giustizia, Astrea, perciò per me sarà un onore
avere quel ruolo”.
“Se
te la senti, il posto è vacante”
ridacchiò Kosmos e Zubenelgenubi gli porse la
mano, come per suggellare un patto.
“Zuben
uno e Zuben due” rise Antares, forse deluso perché
sperava di divertirsi con le
due gemelle, come si divertiva con Zubeneschamali.
“Rukbat”
riprese Kosmos “Se vuoi, posso farti andare da lei. Troveremo
qualcuno che
possa prendere il tuo posto, se è questo che
desideri”.
“Da
lei? Da lei, chi?” fece finta di nulla Sagittario.
“Da
Astrea. Se vuoi andare da lei, basta chiedere”.
“No,
grazie. Lei ha fatto la sua scelta, ed io la mia. Grazie,
comunque”.
“Se
dovessi cambiare idea…”.
“Non
la cambierò” tagliò corto Rukbat e si
allontanò dal gruppo.
“Quell’uomo
è davvero molto più strano di quanto
credessi” commentò Antares.
“Basta
che non venga da me a lamentarsi” storse il naso Kosmos e poi
notò lo sguardo
triste di Sadalmelik, con lo scettro abbandonato fra le mani.
Le
si avvicinò e le chiese se, per caso, era preoccupato per il
suo nuovo ruolo.
“No,
non è per questo, Signore. È
che…è possibile far tornare Hu in forma
umana?”.
Kosmos
e Kuruma si fissarono.
“Se
è quello che vuole pure Hu…” rispose la
Signora Occidentale.
Tigre,
andando ad accoccolarsi accanto a Sadalmelik, mostrò che era
proprio ciò che desiderava.
Kuruma sorrise e, con un gesto, Hu riconquistò il suo
aspetto umano, con tutti
i poteri da Tigre. Acquario, quasi piangendo, lo abbracciò
forte.
“C’è
qualche altro casino da risolvere?” gridò Kosmos,
rivolto a tutti i presenti.
Nessuno
disse nulla.
“Sicuri?”
insistette il Signore Occidentale.
Di
nuovo nessuno fiatò.
“Dico
sul serio, parlate ora o chiudete la bocca per i prossimi due o tre
secoli, ok?
Qualcun altro vuole cambiare forma?”.
Si
sentì un coro di “no”, soprattutto da
parte di Ariete che stava a cavalcioni di
Drago, ridendo come una pazza.
“Possiamo
mettere la parola fine a tutto questo?” urlò
Kosmos.
“Sì!”
gridò il gruppo.
“Oh,
grazie a chiunque possa ringraziare! Facciamo casino!”.