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Autore: SagaFrirry    26/02/2015    0 recensioni
Kosmos è il dio dell'universo occidentale, in perenne conflitto con Kuruma, dea del cielo orientale. Al termine dell'ennesimo bisticcio, il dio si ritroverà tramutato nel suo incubo peggiore: un mortale. Caduto sulla Terra, spetterà alle sue dodici costellazioni principali tentare di riportarlo al giusto posto, fra nuovi incontri e difficoltà.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XIV

 

“Ben arrivati!” disse Hamal, quando il gruppo raggiunse il rifugio.

Drago, Tigre, Acquario e Serpente avevano incrociato Bilancia, Gemelli, Cane, Cavallo, Bue, Topo e Lepre lungo la strada ed erano arrivati assieme al rifugio, annullando le scommesse di Long e Hu.

“Ci siamo tutti, adesso?” domandò Shu.

“Manca Kosmos” ripose Deneb.

“Ma come? Non è arrivato?” mormorò Sadalmelik “Lo dobbiamo aspettare…”.

“Non sappiamo nemmeno se è ancora in vita! Perché aspettarlo?” protestò Zhu.

“E Scimmia? Nemmeno lei c’è” commentò Tigre.

“Lei ha cercato di uccidermi. Può anche restare qui” sbottò Hamal.

“Nessuno resterà qui! Mancano solo Hòu e Kosmos?” parlò Ma.

Ci furono diversi cenni d’assenso.

“E Acubens dov’è?” insistette Cavallo.

“Lei è arrivata già da un po’ ma adesso è a fare un giro, rientrerà fra poco, il sole sta per tramontare” rispose Aldebaran.

“Beh, possiamo concedere ancora qualche giorno ai due mancanti prima di chiamare Kuruma, ma non più di qualche giorno…” concluse Topo “...e loro chi sono?” aggiunse, dopo aver visto le ex coinquiline di Astrea.

“Amiche nostre” sorrise Capricorno.

“Benissimo, e ora…” iniziò Antares, ma fu interrotto dal grido di Acubens.

 

₪₪₪

 

“Siamo quasi arrivati!” esclamò Kosmos, con una certa soddisfazione “Mi sento pieno di energia. Ho solo un po’ di mal di testa…ma sono sicuro che passerà appena sarò a palazzo. Tutto merito tuo, Seth. Non finirò mai di ringraziarti!”.

“Dovere” si limitò a dire lei, sorridendo nel vederlo saltellare lungo il sentiero.

Canticchiando, i due ormai camminavano per il monte Olimpo.

“Vedrai, Seth, che faccia faranno tutti quando mi vedranno arrivare!”.

“Posso solo immaginarla”.

“Ti farò conoscere coloro che…” si interruppe Kosmos, sentendo un grido.

“Acubens!” esclamò, mettendosi a correre in direzione della voce.

La vide accanto al fiume, avvolta da un asciugamano bianco candido, che fissava un punto fra gli alberi con aria terrorizzata. Kosmos attese qualche istante, prima di intravedere un paio di occhi rossi brillare nella penombra. Subito corse a frapporsi fra Cancro e quegli occhi.

“Stai lontano da lei!” esclamò, noncurante del fatto che molto probabilmente Acubens non lo aveva riconosciuto con i capelli bianchi e l’abito umano.

Dal buio un uomo si mostrò ai due, serio e per nulla spaventato dall’aria minacciosa di Kosmos.

“Tu! Tu sei l’uomo del sogno!” disse ancora il caduto Signore Occidentale.

L’uomo sorrise, senza parlare. Aveva lunghissimi capelli neri, come nero era il suo lungo abito, con dettagli d’argento.

“Come facevi a sapere del treno?”.

Occhi rossi continuò a non rispondere.

“Ci sono solo due modi per sapere una cosa del genere: conoscere chi sta per compiere un gesto simile o essere proprio colui che lo mette in atto. Tu in quale delle due categorie ti inserisci? Sei stato tu a far deragliare il treno?”.

“Perché avrei dovuto avvertirti, sciocco?” sbottò l’uomo, con voce profonda ed inquietante.

Kosmos non rispose a quella domanda.

“Ti ha mandato Kuruma? Non sei di questo pianeta, non con quello sguardo. Da quale sistema Orientale provieni?”.

“Hai ragione, non sono un terrestre, ma non mi ha mandato Kuruma qui”.

“Quindi ci sei venuto fin qui da solo ad uccidermi…”.

“Errato. Sei ancora vivo, mi sembra…”.

“Allora qual è il tuo scopo? Sei una specie di spia doppiogiochista?”.

“Ma come ti vengono certe idee, Kosmos?”.

“Come sai il mio nome?”.

“Piantala di urlare. Mi irriti”.

 

“Cos’è successo, Acubens?” domandò Rukbat, arrivando di corsa seguito dalla parte del gruppo più veloce.

Cancro si limitò ad indicare l’uomo dagli occhi rossi e l’Occidentale.

“E quelli chi sono? Scott degli x-man e Lady Oscar?” esclamò Sagittario, alludendo agli occhi rossi del primo e ai lunghi capelli molto mossi del secondo.

“Lady Oscar?!” esclamò Kosmos e Rukbat mormorò uno “scusi capo” imbarazzato.

 

“Sono arrivati i tuoi altri amichetti” commentò l’uomo in nero.

“Non osare pensare di fare loro del male!” minacciò Kosmos, spalancando le braccia nel vano tentativo di coprire l’intera compagnia.

“Da quando in qua il capo fa cose del genere?” sussurrò Rukbat.

“Ti ho sentito!” gli sibilò l’Occidentale.

“Hai intenzione di restare in quella posa ancora a lungo?” riprese l’uomo dagli occhi rossi “Spaventi solo i passeri…”.

“Tu non sai con chi hai a che fare, stupido”.

“Credo che la cosa sia reciproca. E non ti è stato insegnato che si porta rispetto alle persone con più anni di te?”.

“Ah, bello mio, dubito ampliamente che tu abbia più anni di me!” ghignò Kosmos.

“E come ne puoi essere così sicuro?”.

“Perché nessuno è più vecchio di me!”.

L’uomo scoppiò a ridere, una risata che ne agitò i capelli in modo innaturale e fece accucciare la compagnia dietro l’Occidentale.

“Che carino che sei, quasi tenero, con tutte le tue belle certezze davanti a te che ti coprono gli occhi come tante bende sovrapposte e multicolore!” commentò, una volta finito di ridere.

 

“Sparagli” mormorò Hamal, rivolta a Rukbat che stringeva il fucile fra le mani.

Sagittario annuì e, con la solita mira infallibile, mirò alla fronte. L’uomo si limitò a girare gli occhi ed il proiettile si disintegrò.

“Che razza di fucile di merda hai?!” sbottò Antares.

“Non è il fucile! Questo funziona benissimo!”.

“Allora sono i proiettili che fanno cagare! Hai visto che è successo?”.

“Non me lo so spiegare…”.

 

“Non osare nemmeno guardarli!” sibilò Kosmos, notando che l’attenzione di chi aveva di fronte si concentrava sulla compagnia di costellazioni.

Gli occhi rossi brillarono, incredibilmente più di quanto non avessero fatto fino a quel momento.

“Non lo fare!” gridò una donna.

“Seth!” esclamò Kosmos, allarmato.

“Alfa” mormorò lo sconosciuto, limitandosi ad alzare un sopracciglio.

 

“Che mi sono perso?” ansimò Deneb Algiedi, arrivando alle spalle di Sagittario ed accucciandosi con il resto del gruppo “Chi sono questi tre?”.

“Quello vestito da pinguino è Kosmos. Gli altri due, non ne ho idea. Lei mi pare si chiami Alfa”.

“E l’altro?”.

“Boh…Romeo?”.

“Di battute stupide te ne ho sentite dire un sacco ma questa, credimi, è la peggiore!”.

“Ne dubito…ad ogni modo, quello distrugge i proiettili”.

“Fa cosa?!”.

“C’è un motivo per cui siamo tutti accucciati per terra, non ti pare?!”.

 

“Seth? Che nomignolo interessante” commentò l’uomo.

“Non eri tu quello che diceva che non si doveva interferire?” sbottò la donna.

“Esatto, mia cara. Io non ho interferito con la vita di Kosmos. Ho salvato la portatrice del prossimo scettro delle Ere”.

“Lo hai salvato dal deragliamento del treno!”.

“E tu lo hai guarito”.

“Come sapete dello scettro delle Ere?” domandò l’Occidentale.

“Zitto, quando i grandi parlano!” sibilò l’uomo e Kosmos si ritrovò senza voce.

“Piantala di fare il bambino!” sbottò la donna, e con un suo gesto il muto tornò a parlare.

I due iniziarono ad insultarsi e Kosmos, notando che non avevano occhi che per chi avevano di fronte, si voltò verso le costellazioni, facendogli segno di andarsene.

“Via, allontaniamoci adesso che possiamo!” disse.

“Ma…” protestò Rukbat.

“Cos’è che non capisci, equino? Vuoi per caso un calcio nel culo per muoverti?!”.

“Nossignore!”.

 

Una volta giunti al rifugio, che Kosmos fissò come chi fissa un modellino semidistrutto e poco riconoscibile, i presenti iniziarono a raccontare l’accaduto a quelli rimasti nell’edificio, scatenando reazioni diverse ma in genere d’allarme.

“È bello rivederti, Kosmos” commentò Tigre, salutandolo con una stretta di mano.

“Lo stesso per me, anche se avevi detto che mi venivi a prendere…”.

Hu arrossì leggermente e girò la testa.

“Capo…” iniziò Sagittario, imbarazzato “…mi spiace per prima, non era mia intenzione offendere Solo che non l’ho riconosciuta senza i capelli blu, l’armatura, il megacerchio con le costellazioni e tutto il resto…”.

“Tranquillo, sottoposto, nemmeno io a momenti ti riconoscevo con quei capelli imbarazzanti e il cappotto da film horror”.

“Touché”.

“Ci siamo tutti?” riprese Kosmos, sbottonandosi la camicia iniziando a sentire un gran caldo.

“Manca solo Hòu” rispose Topo.

“Chi?!”.

“Scimmia”.

“Ah…e come mai?”.

“Perché ha tentato di uccidermi” rispose Ariete.

“Ok, perfetto, direi che è compito di Kuruma andarsela a riprendere!”.

“Non avete freddo? È dicembre…” rabbrividì Acubens.

“Tu facevi il bagno nel fiume!” sbottò l’Occidentale.

“Non abbiamo alternative. Ma Voi la camicia potete tenervela stretta”.

“Ho caldo. Mi manca la temperatura dell’Universo” tagliò corto Kosmos, offrendole la camicia se aveva tanto bisogno di scaldarsi.

“E vi muovete sospeso da terra…” aggiunse Hamal.

“Ah sì? Cioè…no!! Non va bene!”.

“Perché? Vuol dire che Vi sta tornando la magia” non capì Ariete.

“Infatti, e questo non va bene! Senza la mia armatura io non sono in grado di controllarmi!”.

“Allora torniamo ai piani alti” sorrise Topo.

Gli Orientali si guardarono ad annuirono.

“Chiameremo Kuruma e tutto si risolverà”.

Concentrando la loro energia, chiamarono la loro Signora. Attesero qualche istante, ma non ottennero nessuna risposta.

“Beh?!” sbottò Kosmos “Che succede?! Problemi sulla linea?!”.

“Non lo so” gemette Topo, non aspettandosi una cosa del genere.

Il caduto Signore Occidentale respirò a fondo, passandosi una mano fra i capelli.

“Forse ho un’idea” mormorò, guardando fuori dalla finestra “Squeak, vieni qui!” chiamò il procacciatore, provocando espressioni assurde per l’assurdo nome dell’assurdo animale.

La creatura volò e, entrando nel rifugio, si appollaiò sulla spalla del suo padrone.

“Vola da Kuruma e dalle il nostro messaggio” gli disse, prima di farlo volare di nuovo verso il palazzo al centro del cielo “Forse la vostra magia non è sufficiente per avvertirla”.

“Può essere…” mormorò Yang, poco convinta.

“E se le fosse successo qualcosa?” commentò Zubenelgenubi.

“Io non so chi sei, tanto per cominciare, e poi cosa potrebbe esserle successo? Non essere ridicola…” la interruppe Kosmos.

“E con l’x-man come la mettiamo?” domandò Sagittario.

“Dormiamoci su” propose Capricorno.

“Io sono d’accordo. Dopo il viaggio siamo esauste!” gemettero le Bilancia.

 

Il giorno dopo, il procacciatore riapparve, in compagnia della creatura di Kuruma.

“Hei! Guarda che io ieri non ti ho ordinato "vai a prendere la tua amichetta" ma "avvisa Kuruma"” protestò Kosmos, fissando entrambi “Che ci fa la pennuta qui? Sempre che sia una femmina…non ho mai verificato…”.

Il procacciatore iniziò ad emettere degli strani versi, a cui il padrone rispondeva a parole.

“Ma tu sai proprio tutte le lingue” commentò, affascinata, Alìs, mescolando la tazza di tè che aveva davanti al viso.

“Le ho create io” si limitò a rispondere il caduto Occidentale.

“Davvero? E come mai ne hai create così tante?”.

“Mi divertiva…”.

Lui si sforzava di ignorarla, trovandola anche piuttosto irritante, e lei insisteva nel ronzargli attorno in cerca di uno sguardo d’attenzione.

“Cosa vuoi?” si arrese, ad un certo punto, Kosmos, probabilmente ricordando che la lite con Kuruma era nata dal fatto che lui la ignorava.

“Voglio solo dirti che penso che tu sia bellissimo”.

“Buon per te” fu la risposta, mentre il procacciatore continuava a raccontare cose chiare solamente a pochi nell’universo.

Alìs sospirò, con il poco cervello rimasto avvolto da un’ovatta rosa a cuoricini, e seguì Kosmos con lo sguardo, mentre questi cambiava stanza per parlare tranquillamente con la sua creatura.

“Le è successo qualcosa? Per questo non risponde alle chiamate dei suoi sottoposti?”.

Al senso d’assenso, l’Occidentale si morse il labbro. Che poteva fare? Senza la Chiave del Cielo non era in grado di tornare a casa ed i due procacciatori non potevano toccare quell’oggetto a causa dell’eccessiva carica magica in esso contenuto.

“Problemi, capo?” domandò Rukbat, con mezzo caffè nella tazzina ancora da sorseggiare.

Kosmos non rispose, si limitò a sedersi a terra, schiena contro il muro, sospirando.

“Cosa c’è che non và?” insistette Sagittario.

“Niente”.

“Non siete bravo a raccontare balle, ve lo dice un vero esperto in materia”.

“Lo so”.

“Allora…cosa c’è?”

“Tu sei bravo a torturare la gente?”.

“Domanda strana ma…devo ammettere che me la cavo. Perché?”.

“Promettimi che, nel caso fosse successo qualcosa di grave a Kuruma, tu mi affliggerai le più tremende torture che ti vengono in mente. Le più atroci, dolorose, estenuanti e terribili che conosci. Inventane di più sadiche solo per me, se necessario”.

Rukbat fissò il suo capo come farebbe una qualsiasi creatura nel vedersi spuntare di colpo un fungo dal palmo della mano.

“Ok” rispose, allungando la prima lettera “Non conoscevo questo suo lato masochistico, Signore”.

“Non è masochistico! È giusto. Se a lei è successo qualcosa di male per colpa  mia, allora voglio che sia tu ad occuparti di me. So per certo che l’empatia non rientra fra le tue qualità e quindi sono sicuro che le tue torture andranno avanti finché sarà necessario”.

“Non sono l’unico, però, con simili caratteristiche…”.

“So anche questo. Sarà la prima volta in cui tu ed Antares farete qualcosa di buono assieme”.

“Buono?!”.

“Quello che vuoi che sia”.

Rukbat andò in cucina, quando si accorse che Kosmos non voleva più parlare. Fissò i suoi colleghi, che risposero a quello sguardo.

“Ragazzi…” iniziò Sagittario, a bassa voce, sicuro che comunque il suo Signore lo avrebbe sentito “…ce lo siamo giocato! La vita da mortale lo ha svalvolato del tutto!”.

 

Al calar del buio, avendo perduto la necessità di dormire grazie al graduale ritorno della sua magia, Kosmos volle provare ad uscire all’aperto. Svicolò abilmente dalle domande idiote delle coinquiline di Astrea che volevano sapere come si era fatto tutti quei piercing, domanda a cui, fra l’altro, non aveva risposta, e come poteva salire su un aereo o fare i raggi con tutta quella ferraglia addosso. Ignorando le frasi tipo “Quanto sei carino” e “Non dirmi che c’è una signora Kosmos da qualche parte…” chiuse la porta del rifugio dietro di sé e si allontanò.

“Non riuscirete mai a tornare in cielo così” tuonò una voce, nel buio.

“Tu cosa ne sai?” rispose il caduto Signore.

“Perché non dovrei saperlo? E perché tu sei così sicuro di riuscire a tornare a casa?”.

“E tu perché continui a rispondere alle mie domande con altre domande?”.

“Perché non dovrei?”.

“Sei irritante!”.

“Pure tu”.

L’uomo era appollaiato su un albero e guardava giù, mantenendo sempre un tono di voce ed un atteggiamento calmo e distaccato.

“Chi sei?” insistette Kosmos.

“Credi abbia davvero così tanta importanza?”.

“Smettila di rispondere con un’altra domanda!”.

Lo sconosciuto ridacchiò, mentre Kosmos quasi ringhiava per il fastidio.

“Come sai la lingua che stai usando in questo momento?” ricominciò a chiedere il caduto.

“E tu perché continui a fare domande, se sai che rispondo irritantemente con un’altra domanda?” ghignò di gusto l’uomo.

“Non ho tempo da perdere, sai?! Se sai come farci tornare in cielo, dimmelo, altrimenti sparisci”.

Lo sconosciuto sorrise, quasi con tenerezza, e scese dall’albero. L’Occidentale non si mosse ma strinse i pugni, lanciando un chiaro segnale a chi aveva ora di fronte.

“Vuoi tornare a casa?” domandò l’uomo.

“Sì. Una persona ha bisogno di me ed io non posso perdere ancora tempo qui. Sai come tornare? Parla! Altrimenti chiudi la bocca e non farti più vedere”.

“Mi piace il tuo atteggiamento, mi ricorda tanto quello che avevo io da giovane”.

“Piantiamola di discutere di stronzate. Dimmi se sai come tornare in cielo”.

“Io? Io so come posso tornare in cielo. Per quanto riguarda te, assieme a tutti i tuoi amichetti, la situazione è diversa, un po’ più complicata”.

“Ma è possibile, anche senza l’aiuto di Kuruma e la Chiave del Cielo?”.

“Certo”.

“E come si fa?”.

“Non posso dirtelo io”.

“E chi può dirmelo?”.

“Nessuno”.

Kosmos si trattenne a fatica dal tirargli un pugno in faccia e si sforzò di riprendere a respirare in modo regolare.

“Mi stai prendendo in giro, vero? Sei stato mandato qui per farmi impazzire, ne sono sicuro! Per aiutarmi no di certo, dato che ho un mal di testa che mi fa venir voglia di spararmi in fronte e tu insisti a dirmi cose senza senso!”.

“Kosmos, io non sono stato mandato qui. Io sono qui perché volevo esserci, e dovevo esserci, come tu ci sarai per chi affronterà tutto questo dopo di te”.

“Che stai dicendo?”.

“Forse dobbiamo dirglielo, spiegargli come si torna in cielo” parlò una voce femminile.

“No, Alfa” rispose l’uomo “Deve cavarsela da solo, lo sai che dev’essere così”.

“Ma…forse lui non…”.

“Smettila di vederlo come un bambino! Non lo è! È un uomo, ed è tempo che lo dimostri!”.

Kosmos guardava entrambi con aria smarrita, sempre più confuso da quel tremendo mal di testa che iniziava ad essere insopportabile. Sentiva il cuore pulsare fra le tempie e la vista per un attimo gli si appannò, con un capogiro. Cadde sulle ginocchia senza nemmeno accorgersene. Alfa, Seth, fece uno scatto per soccorrerlo ma l’uomo la bloccò, scuotendo la testa. Sentendo urlare il loro capo, le costellazioni aprirono la porta del rifugio ma non riuscirono ad uscirne, spaventati dall’insieme di luci e scintille che videro nell’aria.

 

“Kosmos. Mi senti? Alzati” parlò dolcemente Alfa.

Lui aprì gli occhi e vide colei che lui chiamava Seth davanti a sé. Era sfuocata, perché al momento lui vedeva tutto sfuocato.

“Che rapporti hai con quell’uomo?” mormorò, cercando di rialzarsi.

“Lui è mio marito, il padre dei miei figli, e mio fratello”.

Kosmos tirò fuori la lingua e si girò su un fianco, incespicando e ondeggiando confuso.

“Ti sei fatto male?” domandò lei, apprensiva.

“Signora, la prego! Mi tolga le mani di dosso! Non sono mica un’infante, e che diamine!”.

“Che diamine?!”.

“E che cazzo!”.

“Già meglio…”.

Non fu lui ad alzarsi, ma la magia stessa lo sollevò e lo tenne sospeso. Lui chiuse gli occhi e lasciò che questa fluisse lentamente, circondandolo. Era una bella sensazione e si rendeva conto di riuscire a controllarla. Le sue vesti mortali scomparvero, anche perché lui riprese le sue dimensioni solite, eccessive per un essere umano, e furono sostituite da altre. Kosmos, rimanendo a braccia spalancate e lo sguardo rivolto verso l’alto, sorrise per il solletico. Delle linee dorate gli si stavano disegnando sul petto e sulla fronte, contornando le sferette di metallo che aveva sul corpo. I capelli, divenuti bianchi con la caduta, ripresero il loro solito colore, azzurro scuro ed intenso, quasi blu, mentre gli occhi chiari ripresero a brillare. La corona a fili sottili, che portava a palazzo, riprese il suo posto. Sulle spalle riapparve il suo solito mantello nero ma non più sostenuto dall’armatura, bensì da due coprispalla dorati e molto elaborati, uniti da un ampio collare decorato a mosaico color del cielo al cui centro spiccava il cerchio che segnava il segno zodiacale dell’Era corrente ed ai cui lati partivano due coppie di catene argento e quattro fili d’oro a circondare il busto scoperto del Signore del Cielo Occidentale. I fili dorati ne decorarono anche le braccia fino ai polsini, che coprivano anche il dorso della mano e avevano lo stesso decoro e colore dei coprispalla. Un’ampia cintura molto elaborata, riprendente i motivi che ne reggevano il mantello, separava il petto quasi del tutto scoperto da un elaborato intreccio di veli, che rendeva difficile capire se formassero un paio di pantaloni o una gonna. Di colore blu scuro, con brillanti dettagli in argento, facevano solo intravedere i piedi scalzi, con i fili dorati che li decoravano. Atterrò sulle punte, delicato come se non avesse peso. Sorrise. Ora le sue labbra erano di nuovo blu, come era abituato, e perfino la sua pelle aveva acquisito un leggero colorito azzurino. Dietro al suo capo era riapparso il cerchio con i segni zodiacali, sospeso a mezz’aria. Ora, però, ad indicare il segno corrente, non vi era più lo spuntone dell’armatura ma il motivo del suo insistente mal di testa: una specie di corno argento di cui però Kosmos non si accorse subito.

Girandosi verso Alfa ed Occhi Rossi, vide che anche loro erano cambiati. Erano cresciuti entrambi. Lui era divenuto quasi del tutto nero, come nero era il suo vestito con tutti i dettagli argento. Aveva un ampio ed alto colletto, con bordo brillante e una cintura grigio-argentata stretta in vita. Indossava i guanti, sempre d’argento e alle sue spalle era apparso un cerchio con quattordici simboli, che Kosmos ammise di non conoscere, segnati dal corno di lui, rosso ed attorcigliato. Anche lei aveva un cerchio alle spalle, pure quello con simboli sconosciuti, segnati con due corna argentate che si piegavano fino quasi a congiungersi. Alfa era vestita di bianco, con tanti dettagli in oro, e magnifici capelli molto mossi dello stesso colore di quelli di Kosmos, come dello stesso colore dell’Occidentale aveva gli occhi. inoltre, la sua pelle era candida e le labbra blu.

“Ora hai capito chi hai davanti?” mormorò lei.

Kosmos guardò entrambi piuttosto confuso, mentre Alfa lo abbracciava. Ora era più piccola di lui, gli arrivava alla spalla. Girò solo gli occhi verso Occhi Rossi, ancora di due spanne più alto di lui. Kosmos non si lasciò intimorire dall’altezza di quell’essere e gli sorrise. L’uomo rispose, pur mantenendo le braccia incrociate.

“Come ti senti adesso, piccolo mio?” riprese Alfa, accarezzando il volto dell’Occidentale.

“Piccolo mio?! Non esageriamo…”.

“Sei piccolo. Noi abbiamo il doppio della tua età!” ridacchiò l’uomo.

“Quindi voi due siete…” parlò Kosmos, lentamente e senza azzardare ipotesi.

“La tua mamma ed il tuo papà, tesorino mio” sorrise Alfa.

“Signora…” iniziò Kosmos, avvolgendosi in parte dal mantello per sfuggire dalla stretta della donna “…pur essendo mia madre, lo posso dedurre dai tratti somatici in comune, non rientra fra le mie priorità e fra i miei interessi farmi chiamare "piccolo mio"”.

“Giusto, donna! Kosmos è un uomo adesso, dico bene?” esclamò Occhi Rossi, dandogli una poderosa pacca sulla spalla.

“Già” confermò l’Occidentale “E ora mi è chiaro da chi ho preso il fatto di essere un grandissimo stronzo!”.

“Grazie” ghignò l’uomo in nero, soddisfatto.

“Tu ti chiami Alfa, ok. E tu? "Tizio dagli occhi rossi" è un po’ lungo…”.

“Io sono Omega. Ma anche T.D.O.R. può andare”.

“T.D.O.R.?!”.

“Tizio Dagli Occhi Rossi”.

Kosmos si mise a ridere. Forse era tutto un sogno, si disse.

“Quindi…quello creato da me non è l’unico universo…” iniziò a riflettere “Quelli che avete sulle spalle sono indicatori di costellazioni e segni del vostro cielo”.

“Esatto. E frena un momento con le parole "creato da me", ragazzo” specificò il padre “Tu lo hai modellato ma la materia prima del tuo universo è stata creata da me, come quella del mio universo mi è stata data da mio padre e via dicendo”.

“Ma quanti universi ci sono?!”.

“Boh. Non ho mai avuto troppo tempo libero per stare a contarli”.

“E il primo come è iniziato? Insomma…chi ha fornito la materia prima?”.

“Tu fai troppe domande. Ti do un consiglio: smettila, e vivrai molto meglio!”.

“Agli ordini…papà”.

“Bravo il mio ragazzo…”.

“Quindi io ho anche dei nonni, dei bisnonni…”.

“E dei prozii. C’è stata una volta in cui sono nate due coppie di gemelli, che han dato vita a due universi distinti contemporaneamente. Ma è un fatto accaduto una volta soltanto”.

“Wow. E un giorno potrò conoscerli?”.

“Vuoi una riunione di famiglia? Beh…si potrebbe fare quando nasceranno i tuoi figli”.

“I miei figli?!”.

“Certo. Funziona così: nascono due gemelli, un maschio ed una femmina, fanno casino, evolvono e poi fanno altri due gemelli, che assumono il comando di un altro universo. Eccetera. Chiaro?”.

“Non molto…”.

“Tu e Kuruma siete gemelli, figli nostri, ed un giorno avrete dei figli fra di voi, due gemelli, un maschio ed una femmina, a cui affiderete un nuovo universo di cui tu fornirai la materia”.

“Io e Kuruma siamo fratelli?!”.

“Sì, e avrete due figli che si odieranno a morte fino al punto di andare vicini alla fine del proprio universo. Se superano la cosa, si ritroveranno e il cerchio si ripeterà. Altrimenti fine dei giochi”.

“E questo come lo sai?”.

“Perché è così da tempo infinito. Fra 15miliardi di anni, la storia si ripeterà e tu dovrai fare il discorso che sto io facendo a te a tuo figlio. E Kuruma lo stesso”.

“Kuruma?! Ma io sto qui a discutere mentre lei ha bisogno di me! Devo tornare in cielo, ditemi come si fa!”.

“Tu lo sai già. Pensaci”.

“Non mi serve la Chiave del Cielo?”.

“Quello è solo un simbolo. La tua energia non ha più bisogno di essere guidata da un’armatura o da degli oggetti. Ora sei tu la Chiave del Cielo”.

Kosmos annuì, poco convinto. Si girò verso il rifugio, dove le costellazioni e gli Orientali lo fissavano senza capire. Un violento scossone fece sobbalzare e quasi cadere tutti quanti.

“Cosa è stato?” esclamò Kosmos.

“Il cielo si sta fermando” spiegò Omega.

“Devo tornare a casa…”.

“È ora. Sai che giorno è oggi?”.

L’Occidentale scosse la testa.

“Oggi, figlio mio, è il 21 dicembre 2012”.

 

“Venite fuori. Si torna a casa” disse il caduto Signore, capendo qual era la soluzione.

Il cerchio delle Ere che portava sul petto segnava l’Acquario ed era ora che Acquario andasse a prendere il suo posto, così come gli altri.

I dodici segni uscirono, alcuni timorosi ed altri con un sorriso da parte a parte, e si misero in cerchio attorno al loro padrone. Alfa ed Omega, quasi abbracciati, si distanziarono leggermente, osservando la scena da una distanza tale da non dare fastidio. Gli Orientali si misero alle spalle di coloro che avevano aiutato a giungere fino a lì, o che avevano tentato di uccidere.

“E Scimmia?” domandò Shu.

“Scimmia è fra gli alberi, è sempre stata lì. Attendeva il momento giusto…” sorrise Kosmos, facendo un gesto con la mano.

Hòu si ritrovò fra Yang e Ji, alle spalle di Adhafera.

“Siamo pronti!” ghignò Kosmos, spalancando le braccia e sollevandosi da terra.

Partendo dal primo segno, Hamal l’Ariete, le costellazioni iniziarono ad illuminarsi e con loro gli Orientali. Per qualche istante, tutti mostrarono l’aspetto che avevano prima di divenire stelle. Animali, Dèi, oggetti. Poi ridivennero come erano al palazzo, ed i loro occhi ripresero a brillare. Toro si illuminò di verde. Mek e Buda si riunirono. Acubens si dovette separare dal fucile che aveva usato per aiutare i leoni. Adhafera ringhiò, tornando ad avere i soliti denti affilati. Tutti gli occhi erano fissati su Astrea, che però non si illuminò. Al suo posto, di luce argentea, si ricoprì Zubenelgenubi.

“Che succede? Astrea, che hai?” si preoccupò Kosmos.

“Ho fatto la mia scelta. Come, millenni fa, scelsi di divenire una costellazione perché mi rendevo conto che gli esseri umani non avevano più rispetto per la divinità che ero, mesi fa ho deciso che il mio periodo da stella è terminato, venendo meno al giuramento che avevo fatto quando ascesi”.

“Capisco” sorrise l’Occidentale.

“Di che giuramento parli?” domandò Rukbat, guardandola in modo interrogativo.

“Concedendomi a te, quella notte, ho scelto volutamente di rinunciare al simbolo della verginità che rappresentava la costellazione di cui prendevo il controllo”.

“Ma tu non eri di certo vergine quando sei diventata una stella!”.

“No, ma ho scelto la castità successiva. Rinunciandovi, ho rinunciato al mio essere la Vergine”.

“Resti sulla Terra, dunque?” domandò Kosmos.

“Sì. Come mortale”.

“Ti auguro ogni bene, mia cara. Spero di avere tue notizie in futuro”.

“Anche a voi auguro ogni bene”.

Detto questo, Astrea fece un passo indietro, lasciando che Zubenelgenubi prendesse il suo posto. Zubeneschamali, illuminata dalla luce rosa della Bilancia, provò a protestare, ma venne zittita. Il cerchio si completò senza altre interruzioni e Kosmos aprì una specie di tunnel luminoso sopra il gruppo. Astrea guardò solo per un istante Rukbat, che le diede le spalle e si sollevò da terra assieme agli altri. In quella colonna di luce, visibile da praticamente tutto il pianeta, Orientali ed Occidentali, guidati da Kosmos e seguiti da Alfa ed Omega, svanirono e tornò il buio.

“Ci sei riuscito” commentò Hannaliz, vedendo quel segno nel cielo.

“Siete  tornati a casa, viaggiatori dello spazio” brindarono i cacciatori di alieni.

“Buon viaggio” sorrisero Mikael e Scott.

“Cazzo, ma allora era vero!” si stupirono Giacobbo e Berry.

“Eri davvero una stella!” sorrisero i ricercatori norvegesi.

“Sempre il solito esagerato, agente Carlyle” commentò il vero agente Carlyle.

“Mandami una cartolina” ridacchiò Erik dal Giappone.

“Grazie” salutò la proprietaria del ristorante che aveva ospitato Cane e Bilancia.

“Oddio, la fine del Mondo!” urlò la maggior parte della gente.

“Addio” sussurrò Astrea, versando solo una lacrima, e ricevendo l’abbraccio delle sue coinquiline.

 

₪₪₪

 

“Kuruma! Dove sei?” gridò Kosmos, appena arrivato nel palazzo.

Si accorse subito che qualcosa non andava. Era buio, i cerchi con i segni zodiacali sulle sue torri non brillavano come di consueto e c’era uno strano silenzio.

“Kuruma!” la chiamò di nuovo.

Poi si girò verso i segni zodiacali e gli Orientali.

“Dividiamoci e cerchiamola”.

Tutti annuirono e si divisero, iniziando a guardare in tutte le stanze. Kosmos andò subito sulla torre di lei, senza trovarla. Ovunque rimbombavano le voci che ripetevano il nome della Signora Orientale quando l’Occidentale la vide. Era stesa sul terrazzino, con fra le mani Scettro e Chiave.

“Kuruma!” gridò lui e corse da lei, più in fretta che poté.

Appoggiando le mani sul pavimento lucido, si chinò di lei e continuò a chiamarla, senza ottenere risposta. Era pallida, molto più del solito. Iniziò a scuoterla per svegliarla, urlando sempre più forte.

“Kuruma! Svegliati! Cosa ti succede? Parlami! Dì qualcosa!”.

“È svenuta?” domandò Shu, arrivando assieme agli altri sul terrazzino.

“Non mi risponde!” gemette Kosmos “Non…fa niente! Non respira e il suo cuore…”.

“È tutta colpa tua!” gridò Alfa rivolta ad Omega “Tu e la tua regola stupida del non interferire! Ora la mia bambina è morta!”.

“Colpa mia?!” si stupì Omega.

“Ti odio! Siamo arrivati troppo tardi e la mia bambina non ce l’ha fatta!”.

“Kuruma è anche la mia bambina, come puoi darmi la colpa?”.

“Avremmo potuto intervenire prima e non sarebbe successo!”.

“Non interferire è la regola di base dall’inizio degli universi, non potevamo fare noi il lavoro loro. Lo sai che dovevano intraprendere un percorso!”.

“Era così che doveva finire il percorso?!”.

“Finitela!” li zittì Kosmos “La colpa è solo ed esclusivamente mia”.

“Ma cosa dici, tesorino?” lo guardò con tristezza Alfa.

“Niente tesorino! Non sono un tesorino, sono un idiota! Uno stupido, che non ha capito cosa stava facendo in tempo ed ora è tardi. Oh, Kuruma, perdonami! Se solo potessi sentirmi, ti chiederei scusa un milione di volte e mi inginocchierei davanti a te supplicandoti di dare una seconda possibilità a questo imbecille che porta il nome di Kosmos”.

Orientali ed Occidentali cominciarono a capire la situazione e si agitarono, specie dopo che un altro violento scossone fecero quasi cadere tutto il gruppo.

“Il cielo si sta fermando del tutto! Devi farlo ripartire con la Chiave e dare lo Scettro a Sadalmelik” disse Omega, ostentando una calma insolita.

“Non me ne frega un cazzo del cielo, delle Ere e di qualsiasi altra cosa! Che si fermi pure!” rispose Kosmos, appoggiandosi a Kuruma.

“Sei impazzito?! Spero tu sia consapevole delle possibili conseguenze!”.

“Me ne sbatto!”.

“Cosa?!”.

Il Signore Occidentale risollevò la testa e guardò il padre con rabbia.

“Sei sconvolto adesso, Kosmos, e lo capisco, ma non hai ancora imparato a guardare oltre all’immediato. Non puoi distruggere il tuo universo!”.

“E perché no?!”.

Una sberla poderosa lo fece tornare alla realtà.

“Perché ti ammazzo con le mie mani se osi farlo!” sbottò una voce.

Kosmos ribaltò la testa all’indietro, coprendosi il viso e mugugnando.

“Kuruma!” esclamarono in coro i presenti, mentre lei si sollevava e si metteva seduta.

L’Occidentale continuò ad imprecare per un po’ e l’Orientale lo lasciò fare, prima di abbracciarlo e farlo calmare.

“Mi sei mancato!” mormorò.

Lui, togliendosi la mano dal viso, la allontanò e si alzò in piedi. Il gruppo di costellazioni e sottoposti iniziò a fissarsi con preoccupazione.

“Alzati” ordinò Kosmos, serio.

Kuruma si rabbuiò e girò il capo, visibilmente delusa.

“Vuoi una mano?” sorrise, ad un tratto, Kosmos, sollevandola da terra e prendendola in braccio.

Guardandola negli occhi, continuò a sorriderle.

“Sei cambiato” commentò lei, notando il colorito, il corno, il vestito e tutto il resto.

“Anche tu” rispose lui.

Kuruma aveva perduto l’armatura e sul capo le erano spuntate due corna di colore rosso, che quasi si toccavano, esattamente come quelle di sua madre. Anche la veste era cambiata, divenendo più ampia e morbida, come una preziosa gonna di seta di uno sgargiante color rosso, con dettagli in oro.

“Sei bellissima”.

“Anche tu”.

Quasi si baciarono ma Kosmos spostò indietro la testa.

“Tu…sei mia sorella, te lo devo dire prima di questo”.

“Lo so” ridacchiò lei.

“Davvero? E come lo sai?”.

“Me lo ha detto lei” muovendo il capo verso la madre “Un po’ di tempo fa, quando ero tutta sola in questo grande palazzo”.

“Sai tutto?!”.

“È un problema?”.

“No…” ghignò Kosmos, notando che pure Kuruma rispondeva ad una domanda con un’altra domanda, come Omega.

Sorridendosi, si diedero un lungo abbraccio, fra i sorrisi di tutti i presenti. Kosmos notò la cosa e, rimettendo delicatamente a terra Kuruma, batté le mani.

“Lo spettacolo è finito ragazzi, è ora di lavorare! Sciò!” esclamò, illuminando con un gesto della mano tutto il palazzo.

Afferrò la Chiave e Scettro e fissò la Signora Occidentale. Le porse la Chiave del Cielo.

“A lei l’onore, mia Signora. Io mi occupo dello Scettro”.

Lei fece un piccolo inchino, stringendolo e sorridendo. Kosmos andò verso Sadalmelik e lei chinò la testa, in segno di rispetto.

“Smettila con queste cerimonie, Acquario. Questo è per te, mia cara. Tuo il compito di custodirlo fino alla prossima Era, quella del Capricorno” passò l’oggetto il padrone alla donna.

Sadalmelik annuì, mentre insieme i due Signori facevano ripartire il moto regolare del cielo.

“Allora è finita? Possiamo festeggiare?” domandò Drago e ci fu più di un segno d’assenso.

 

“Non ci posso credere. La mia camera! Un letto decente, tutto per me! Il mio spazio personale e la mia privacy di nuovo in mio possesso!” esclamò Deneb Algiedi, raggiante.

“La doccia! Evviva!” quasi gridò Acquario.

Tutti erano visibilmente felici, solamente Zubenelgenubi, Acquario e Sagittario restavano piuttosto silenziosi, quasi storditi.

“Zuben” chiamò Kosmos “Posso chiamarti così?”.

“Certo, Signore”.

“Ti sei illuminata come Vergine e ora sei qui per questo. Te la senti?”.

“Io e Zubeneschamali eravamo, un tempo, i due piatti della bilancia della Dea della giustizia, Astrea, perciò per me sarà un onore avere quel ruolo”.

“Se te la senti, il posto è vacante” ridacchiò Kosmos e Zubenelgenubi gli porse la mano, come per suggellare un patto.

“Zuben uno e Zuben due” rise Antares, forse deluso perché sperava di divertirsi con le due gemelle, come si divertiva con Zubeneschamali.

“Rukbat” riprese Kosmos “Se vuoi, posso farti andare da lei. Troveremo qualcuno che possa prendere il tuo posto, se è questo che desideri”.

“Da lei? Da lei, chi?” fece finta di nulla Sagittario.

“Da Astrea. Se vuoi andare da lei, basta chiedere”.

“No, grazie. Lei ha fatto la sua scelta, ed io la mia. Grazie, comunque”.

“Se dovessi cambiare idea…”.

“Non la cambierò” tagliò corto Rukbat e si allontanò dal gruppo.

“Quell’uomo è davvero molto più strano di quanto credessi” commentò Antares.

“Basta che non venga da me a lamentarsi” storse il naso Kosmos e poi notò lo sguardo triste di Sadalmelik, con lo scettro abbandonato fra le mani.

Le si avvicinò e le chiese se, per caso, era preoccupato per il suo nuovo ruolo.

“No, non è per questo, Signore. È che…è possibile far tornare Hu in forma umana?”.

Kosmos e Kuruma si fissarono.

“Se è quello che vuole pure Hu…” rispose la Signora Occidentale.

Tigre, andando ad accoccolarsi accanto a Sadalmelik, mostrò che era proprio ciò che desiderava. Kuruma sorrise e, con un gesto, Hu riconquistò il suo aspetto umano, con tutti i poteri da Tigre. Acquario, quasi piangendo, lo abbracciò forte.

“C’è qualche altro casino da risolvere?” gridò Kosmos, rivolto a tutti i presenti.

Nessuno disse nulla.

“Sicuri?” insistette il Signore Occidentale.

Di nuovo nessuno fiatò.

“Dico sul serio, parlate ora o chiudete la bocca per i prossimi due o tre secoli, ok? Qualcun altro vuole cambiare forma?”.

Si sentì un coro di “no”, soprattutto da parte di Ariete che stava a cavalcioni di Drago, ridendo come una pazza.

“Possiamo mettere la parola fine a tutto questo?” urlò Kosmos.

“Sì!” gridò il gruppo.

“Oh, grazie a chiunque possa ringraziare! Facciamo casino!”.

   
 
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