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Autore: callas d snape    26/02/2015    1 recensioni
L'infanzia di Maya può essere sintetizzata in un'unica parola: inferno. Senza genitori, sfruttata e maltrattata dal nonno per le sue doti, non si è mai sentita amata. Anzi, non si è neanche mai sentita umana. Spesso desidera di non essere mai nata o, addirittura, di morire!
Ma il Destino ha in serbo altri piani per lei, piani che sembrano tutti racchiusi nella D. del suo nome. E così affiancata da una "sorella" combinaguai dalle origini misteriose, una ciurma di pirati sconclusionata e un ragazzo di fuoco con cui condivide lo stesso dolore, Maya scoprirà la bellezza e la gioia dei sentimenti e inizierà una lotta contro il suo passato per cambiare il suo futuro ed essere felice.
N.B. Il rating potrebbe subire variazioni!
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Trafalgar Law, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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INCUBI, TAGLIE E STRATEGIE



 
La polvere si alzava lenta dall’ennesimo edificio distrutto, scintillando alla luce del sole. Dalle macerie di quella che una volta doveva essere stata un’osteria emerse la figura malconcia di Ace. Il ragazzo si portò la mano destra a massaggiarsi il collo mentre con l’altra andava a rimuovere il rivolo di sangue che colava agli angoli della bocca.
“Merda!” imprecò piano. Non si trovava in una situazione così sfavorevole da quando aveva combattuto contro Jinbe e subito dopo con Barbabianca. Guardò attentamente il suo avversario: l’aveva colpito più volte, ma grazie a quello strano potere, era come se non lo avesse quasi sfiorato. Lui, invece, era pieno di lividi ed escoriazioni, per non parlare del fatto che con l’ultimo attacco aveva quasi rischiato di farsi rompere l’osso del collo.
Maledizione! Finalmente aveva raggiunto Teach e non riusciva neanche a dargli la lezione che quel bastardo meritava. Ma non avrebbe ceduto: lo doveva a Satch e a suo padre. Ma soprattutto, ora lo faceva per proteggere Rufy e Maya; perché quel panzone non solo, appena lo aveva visto, aveva avuto la faccia tosta di invitarlo a far parte della sua ciurma, ma gli aveva anche detto di voler andare a prendersi la testa di Cappello di Paglia, del suo caro fratellino!
Ace si rimise in piedi ed evocò la sua tecnica più potente: l’imperatore di fuoco. Non avrebbe mai permesso a quella feccia di avvicinarci a Rufy o alla ragazza che amava.
Sorrise per un attimo. “Scusa Maya, non sono stato prudente come ti avevo promesso!” pensò dolcemente.
Poi si gettò contro il suo nemico pronto ad andare all’inferno, se questo avrebbe significato anche la morte di quell’essere.
L’esplosione che derivò da quello scontro titanico fece tremare tutta l’isola e spazzò via le poche costruzioni che ancora esistevano nei dintorni del campo di battaglia. Quando il fumo andò diradandosi l’unica cosa che si riuscì a scorgere fu un cappello arancione abbandonato nella più totale desolazione.
 
“ACE!!!”
Syri si svegliò di soprassalto grondante di sudore. Si passò una mano sulla fronte e chiuse gli occhi per regolarizzare il respiro e il battito cardiaco. Aveva fatto un sogno orribile: Ace stava combattendo contro un tizio che di umano aveva ben poco, ma il suo fuoco non poteva niente contro la totale oscurità sprigionata da quel mostro.
La ragazza continuava a ripetersi come una litania che era stato solo un incubo, che Ace stava bene e non correva alcun pericolo, ma non riusciva a convincersene. Le era già capitato di sognare cose che poi si avveravano nell’immediato futuro; l’ultima volta era successo ad Alabasta quando Rufy era rimasto indietro ad affrontare Crocodille e lei, mentre si riposava sulla corazza di Chelotto, il granchio gigante, aveva “visto” il suo capitano grondante di sangue sprofondare nella sabbia. Maya era tornata indietro con Ciglione per farla stare tranquilla, ma quando si erano riviste, la bruna le aveva detto che effettivamente Rufy era stato ferito e aveva perso una notevole quantità di sangue.
La bionda, però, non poteva credere che stesse capitando nuovamente la stessa cosa, anche perché questa volta non avrebbe potuto fare niente per aiutare Ace: sarebbe stata una semplice spettatrice impotente.
Si alzò dal letto sapendo bene che non sarebbe più riuscita a riaddormentarsi. L’ampio dormitorio della Galley-la Company era deserto fatta eccezione per lei e Rufy che continuava a ronfare imperterrito. Syri non potè biasimarlo, la battaglia che avevano combattuto a Enies Lobby era stata dura per tutti loro, ma per il capitano lo era stata molto di più: mai si era trovato in tale difficoltà con un nemico, mai lo aveva visto così vicino alla sconfitta.
Decise di andare a fare due passi per schiarirsi la mente e lasciare riposare in pace il compagno. Sentì l’invitante odore di cibo provenire da una stanza adiacente: Sanji stava preparando la colazione, ma in quel momento lei non sarebbe riuscita neanche a bere un bicchier d’acqua. Si sarebbe rifatta a pranzo.
Si incamminò per una viuzza che sperava l’avrebbe portata verso la costa. Non aveva voglia di perdersi in mezzo alla folla cittadina e così, magari, avrebbe potuto andare a dare una sbirciatina alla nave che Franky stava costruendo per loro.
Camminò per quelle che le parvero ore e finalmente arrivò in prossimità della scogliera e lì si trovò davanti l’ultima persona che si sarebbe immaginata di vedere.
“Zoro?! Che ci fai qui?”
Il ragazzo si voltò verso la voce femminile che l’aveva distolto dai suoi pensieri: teneva ancora in mano l’elsa di quella che  una volta era Yubashiri ed ora nient’altro che ruggine.
“Riflettevo. Tu piuttosto, come mai sei qui? Ti sei persa? Vuoi che ti riaccompagni in città?”
Syri scoppiò a ridere: “Il giorno in cui chiederò indicazioni a te, sarà l’ultimo della mia vita!”
La bionda ignoro l’occhiata di fuoco che l’amico le stava rivolgendo e gli si sedette al fianco mettendosi ad osservare il mare cristallino.
Zoro la guardava pensieroso: sapeva che c’era qualcosa che tormentava la ragazza, lo leggeva nei suoi occhi assenti e nel suo sorriso spento.
“È successo qualcosa?” si azzardò a chiedere lo spadaccino.
La piratessa si morse l’interno delle guance ponderando l’idea di mettere l’altro a parte delle sue ansie rischiando così di essere presa per pazza. Di solito si sarebbe confidata con Maya, ma non le sembrava il caso di far preoccupare la sorella per qualcosa che sarebbe potuto o no accadere e su cui, tra l’altro, non avrebbero avuto neanche potere di intervenire.
Sospirò e decise di vuotare il sacco. “Ti è mai capitato di sognare qualcosa che poi si avvererà o che è così realistico da sembrare vero?”
Zoro ci pensò un secondo e poi scosse la testa in segno di diniego.
“A me, invece, a volte capita e oggi ho sognato che Ace era nei guai.” Syri tacque in attesa di un segno da parte del verde.
“Era solo un sogno, Syri.” Disse semplicemente e prima che la bionda potesse protestare, si affrettò a precisare: “Abbiamo appena concluso una battaglia difficile, per poco non abbiamo perso una compagna, siamo stati costretti a dire addio alla Going Merry senza neanche essere pronti psicologicamente e non sappiamo se e come si risolveranno le cose con Usop. Sono tutte fattori di stress che si accumulano e che una volta smaltita l’adrenalina del duello, si devono liberare in qualche modo, come un incubo. Non c’è niente di cui preoccuparsi; in più Ace è una delle persone più forti che abbia mai incontrato, non sarebbe facile batterlo. Rilassati, lui non corre alcun pericolo e non è il caso neanche che tu lo vada a dire a Maya o a Rufy. Li metteresti in agitazione per niente. Che dici?”
Lo spadaccino si voltò verso l’amica e la trovò con la bocca aperta e una faccia sconvolta.
“Che c’è?” chiese  accigliato.
“Chi sei tu e che ne hai fatto di Roronoa Zoro?!”
Allo sguardo stralunato del ragazzo, Syri proseguì con la spiegazione: “Roronoa Zoro è un marimo che si è evoluto fino a raggiungere la forma umana, ma che ha mantenuto il suo cervello di alga. Non sarebbe mai capace di articolare un discorso così complesso e di argomentare una tesi a sostegno della sua teoria!”
Il verde iniziò a sbraitare rosso di rabbia, imprecando contro l’ingratitudine delle mocciose complessate e irriverenti che passavano troppo tempo in compagnia di maligni e influenti cuochi da strapazzo, quando un delicato bacio sulla guancia lo fece bloccare di colpo e arrossire per tutt’altro motivo.
“Grazie mille, Marimo!” disse sorridendo la bionda. La chiacchierata con lo spadaccino le aveva fatto bene liberandole la menti dai bui pensieri: troppo spesso dimenticava quanto Zoro potesse essere empatico. La ragazza si ripromise che da quel momento non l’avrebbe più fatto!
 
Maya chiuse la cerniera del suo zaino e diede un’occhiata in giro onde evitare di dimenticarsi qualcosa. Circa mezz’ora prima, Chimney e le due gemelle della Franky Family erano andate a chiamarli per dire loro che la nuova nave era finalmente ultimata.
La ragazza si sedette sul letto stanca mentre guardava i suoi amici ultimare i preparativi per la partenza. Non era passata neanche una settimana dai fatti di Enies Lobby eppure non avevano avuto un attimo di pace dal loro ritorno a Water Seven. Tra lo scappare dai paparazzi e dalla gente in visibilio, i grandi banchetti per festeggiare l’impresa riuscita e la costruzione della nuova nave e l’incertezza sul lieto fine della “faccenda Usop”, non erano riusciti a riprendersi completamente dalla fatica dello scontro, o almeno per lei era così. Ma l’evento che l’aveva spossata maggiormente era stato l’incontro con il nonno di Rufy: il vice ammiraglio Monkey D. Garp.
Maya non aveva mai pensato che il suo capitano potesse essere imparentato con quella leggenda vivente della Marina, pensava solamente che i due avessero lo stesso cognome. Come se non bastasse, il vecchio aveva rivelato tranquillamente davanti a uno stuolo di marines e numerosi altri spettatori che suo figlio e, quindi il padre di Rufy, altri non era che Dragon il Rivoluzionario! Fortuna che i paparazzi non erano nei paraggi in quel momento!
La mora posò lo sguardo su Syri. Da qualche giorno la vedeva strana, sempre persa nei suoi pensieri e si chiedeva se fosse il caso di metterla subito a parte di ciò che aveva scoperto su sua madre. Sì, perché quando Garp aveva menzionato Dragon e i Rivoluzionari, a Maya si era accesa una lampadina in testa. Così si era armata di coraggio e audacia (e una non piccola dose di pazzia) e aveva teso una specie di imboscata al vice ammiraglio per chiedergli se conoscesse una donna che veniva chiamata il “Fiore della Rivoluzione”.
Garp l’aveva fissata per minuti con cipiglio severo per poi scoppiarle a ridere in faccia dicendole: “Hai fegato, ragazzina!”
A quel punto la mora si sarebbe aspettata di essere liquidata malamente con tanto di minacce e magari una pedata nel sedere e, invece, l’uomo gli aveva detto tutto quel che sapeva senza neanche chiederle il motivo della sua domanda: in quella famiglia erano tutti pazzi!
Aveva così scoperto che la madre di Syri altri non era che il braccio destro di Dragon e il vice comandante dell’Armata Rivoluzionaria. In poche parole era la donna più ricercata del mondo e il secondo criminale più pericoloso, dopo ovviamente il suo capo.
No, erano notizie molto preziose e delicate per parlarne in quel momento e in quel posto: Maya decise che avrebbe affrontato il discorso quando sarebbero stati al largo sulla nuova nave. La voce di Nami la riscosse dai suoi pensieri: era ora di andare.
La ciurma si diresse all’uscita del dormitorio, ma la porta non si era ancora chiusa alle loro spalle che i ragazzi vennero investiti da una concitata Franky Family. Banzai, il capogruppo, sparse per terra alcuni volantini e disse che i fatti avvenuti sull’Isola Giudiziaria erano stati finalmente resi pubblici sui quotidiani e che a tutto l’equipaggio era stata appioppata una taglia.
Maya si sporse da sopra la spalla di Zoro per dare un’occhiata ai risultati della loro impresa: la testa di Rufy ora valeva 300.000.000, mentre quella dello spadaccino 120.000.000. Tentò di soffocare una risata nel vedere il disegno che avevano allegato al nome di Sanji in mancanza, a quanto sembrava, di una sua foto. Syri e Chopper si stavano lamentando per le loro taglie e se il medico ne aveva ben donde (che razza di ricompensa era 50 berry?!), la bionda poteva andare abbastanza fiera dei suoi 28.000.000! Se c’era una cosa di cui poteva lagnarsi, semmai, era il soprannome: “Iron Fingers Syri”! Che stupidaggine: solo perché quando usava le sue lame della trincea, le sue dita erano rivestite di ferro!
Alla fine Maya si decise a guardare anche al suo avviso: l’avevano soprannominata “the Bloody Arrow”, un nomignolo davvero ridicolo e privo di fantasia che faceva concorrenza a quello della sorella (sul serio, pagavano davvero qualcuno per dare de soprannomi così redicoli?!), ma almeno dimostrava che la sua identità era ancora al sicuro. Sotto svettava il valore della sua vita: 65.000.000. Non male, visto che stava tentando di mantenere un profilo basso! Si concentrò sulla fotografia: non era sfuocata o sgranata, doveva essere stata scattata mentre combatteva sul Ponte dell’Esitazione a giudicare delle ferite, lo sporco e i capelli disordinati. Non era una delle sue foto migliori, ma poteva andare peggio… Poteva avere un disegno orripilante come quello di Sanji!
Non riuscì neanche a finire di formulare il pensiero, che un particolare le fece gelare il sorriso e il sangue: nell’aria fosca della battaglia, sventolava nettamente la sua collana; doveva esserle uscita da sotto il vestito nella foga dello scontro.
“Cazzo!” si ritrovò a pensare in preda al terrore.
Lui conosceva bene quel ciondolo a rosa dei venti e se avesse visto il volantino, non avrebbe faticato molto a mettere insieme i pezzi del puzzle e a smascherarla. Maya si rimangiò le ultime costatazioni: la sua copertura era andata a farsi fottere. L’unica speranza era che lui non vedesse mai quella foto, ma si trattava di una possibilità su un milione e lei e la fortuna erano nemiche giurate. Sospirò affranta: forse era giunto il momento di dire la verità sul suo conto ai suoi amici.
 
La nave sfrecciava veloce verso sud incalzata dal vento favorevole. Si erano allontanata parecchio dall’imbarcazione del vecchio e dalla conseguente ira della Marina. Non che lui o la sua ciurma temessero quelle mezze calzette, ma non aveva voglia di mettersi a combattere contro  i marines: era stanco, quella rimpatriata lo aveva sfiancato e le antiche cicatrici pulsavano tremendamente.
Il capitano si sdraiò sul suo letto, deciso a dormire un paio d’ore prima del pranzo. Sentiva i suoi uomini scattare agli ordini del suo vice, il mare infrangersi contro i fianchi della nave e lo stridio dei gabbiani in cielo.
Stava per addormentarsi cullato da tutti quei suoni, quando la porta della sua cabina si spalancò di colpo.
“Capo! Guarda qua!”
Il primo ufficiale gli mise in grembo il giornale appena arrivato e una pila di volantini: l’articolo in prima pagina riportava l’episodio di Enies Lobby che aveva visto protagonisti i Mugiwara contro il Governo Mondiale.
L’uomo scoppiò a ridere: quel moccioso non sarebbe mai cambiato! Iniziò a studiare attentamente le taglie per vedere che razza di persone avevano deciso di seguire uno scalmanato come lui! Sicuramente non dovevano essere meno avventate del loro capitano.
Mentre sfogliava i vari fogli, il suo sguardo fu catturato dal nome su uno dei manifesti, un nome che faceva male più di tutte le sue ferite corporali.
Osservò la foto con attenzione: quella ragazza assomigliava tremendamente a lei. Ma il pirata sapeva bene che entrambe erano morte tanti anni addietro, non doveva illudersi.
Eppure quel volto… quei tratti… quello sguardo… quel particolare… saltò in piedi come una molla e  uscì sopracoperta per vedere meglio l’immagine alla luce del sole.
Il vice comandante stava controllando che la rotta fosse giusta, quando sentì un urlo provenire da prua. Corse verso il luogo da cui giungeva quel lamento e lì trovò il suo capitano in ginocchio, tremante e piangente che stringeva convulsamente nella mano destra un volantino stropicciato.
L’uomo si chinò vicino al suo amico chiedendogli che fosse capitato e per tutta risposta l’altro pirata gli porse il volantino per poi abbracciarlo convulsamente sotto gli occhi atterriti del resto dell’equipaggio che era accorso a vedere cosa fosse successo.
Il pirata dispiegò il foglio raggrinzito e gli diede un occhiata, rimanendo sbalordito, mentre nelle orecchie gli rimbombava la voce del suo capitano che, come un mantra, continuava a ripetere: “È lei, è viva. Mia figlia è ancora viva!”
 
La brezza leggera gli solleticò il volto scoperto facendolo volgere a est. Iva glielo aveva detto un sacco di volte: quando soffiava il vento, in qualsiasi posto si trovasse, lui si volgeva sempre verso il Mare Orientale. Lo aveva sempre negato spudoratamente, ma in fondo al suo cuore sapeva che l’amico/a aveva ragione. Tuttavia ora non era più necessario: la ragione per cui guardava sempre verso la sua terra natale, stava navigando nella Rotta Maggiore. E si stava dando anche parecchio daffare a giudicare dalle ultime notizie.
Dei passi ben cadenzati lo riscossero dalle sue riflessioni, ma non lo fecero voltare: conosceva quella camminata alla perfezione e l’avrebbe riconosciuta anche nel fragore di una battaglia.
Il misterioso individuo gli si affiancò poggiando i gomiti sulla balaustra della terrazza e allungandogli un paio di volantini.
“Sì, ho visto.” rispose monocorde mantenendo il suo cipiglio severo.
L’altra figura si limitò ad annuire. “Ti somigliano parecchio!” disse.
“Davvero? Io credo invece che abbiano preso molto più dalla madre, specie nell’avventatezza!” ribattè l’altro facendo ridere l’ascoltatore.
Dopo qualche minuto di silenzio, questo riprese la parola: “È quasi giunto il momento. Non è lontano il giorno del nostro incontro.”
L’altro si limitò ad annuire mentre una lacrima solitaria si andava a posare sulle labbra sorridenti.
“Sì, Dragon.” disse solo in un sussurro che si perse nelle trame del vento autunnale. 
 
La prima cosa che Portuguese D. Ace percepì quando riemerse dal baratro oscuro che l’aveva inghiottito, furono delle voci. Due, per l’esattezza. La prima non l’aveva mai sentita; la seconda, invece, l’avrebbe riconosciuta tra mille: Teach.
Il ragazzo provò ad aprire gli occhi, ma il mondo iniziò a vorticare paurosamente e fu costretto a richiuderli. Tentò di portarsi la mano al volto, ma si accorse di averle legate. Ecco spiegato il motivo della sua eccessiva spossatezza: ai polsi aveva catene di agalmatolite.
Provò ad aprire nuovamente gli occhi e questa volta ebbe maggiore successo: dopo qualche secondo riuscì a mettere a fuoco il luogo dove si trovava. Era in una cella, ma non in una prigione: la stanza, infatti, era grande, chiara, ordinata e pulita, con due scrittoi posti uno di fronte all’altro e sul fondo un’enorme scrivania.
Al centro del locale c’erano i due uomini di cui aveva sentito le voci: uno era Barbanera, l’altro niente di meno che il Grand Ammiraglio Sengoku in persona.
Ace capì di trovarsi in una base della Marina, forse proprio nel Quartier Generale!
Imprecò sottovoce per essersi fatto battere da quel traditore panzone, poi si concentrò sulla conversazione, piuttosto animata, degli altri due. A quanto sembrava Teach lo voleva vendere per un posto nella Flotta dei Sette: che verme schifoso! Quello che però Ace non riusciva a capire era perché Sengoku non avesse accettato subito l’accordo del pirata, ma ci stesse ancora meditando sopra. Da quando Rufy aveva sconfitto Crocodille, c’era un posto vacante tra gli Shichibukai e allora perché tentennava? Forse temeva l’ira di Barbabianca e una sua pericolosa offensiva? La Marina era diventata così debole da avere paura di un’ipotetica rappresaglia da parte di un Imperatore, anche se si parlava dell’uomo considerato il più forte del mondo?
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dall’entrata plateale di un terzo individuo nella stanza. Non era un marine, non portava l’uniforme e il mantello. Aveva un passo deciso e un’espressione autoritaria in volto.
“Sengoku, che diamine stai combinando?!” urlò quest’ultimo facendo zittire gli altri due uomini.
“Signore… cosa ci fa lei qui?”
Ace notò che nella voce del Grande Ammiraglio c’era una vena di stupore e… paura?!
“Chi diavolo è questo tizio?” disse l’ultimo arrivato lanciando uno sguardo disgustato a Teach.
Sengoku si affrettò a spiegare la situazione.
“Beh, che stai aspettando? Accontentalo, hai la mia approvazione: parlerò io col consiglio.” L’uomo concluse la faccenda in maniera molto spiccia. Il Grand Ammiraglio tentò di ribattere, ma un cenno dell’altro lo fece tacere. Barbanera ridacchiò divertito e soddisfatto.
L’uomo si voltò verso il pirata e sibilò: “Sparisci, feccia!”
Ace guardò Teach dirigersi in silenzio e in fretta verso la porta, la fronte leggermente imperlata da sudore freddo: Pugno di Fuoco mai lo aveva visto così atterrito. Chi diavolo era quell’individuo?
“Signore, mi farebbe la cortesia di spiegarmi il motivo della sua improvvisa visita? Se mi avesse informato, sarei potuto venire io senza che lei si scomodasse!”
Ace tornò a concentrarsi sulla voce del marine.
“Cosa ci faccio qui, chiedi? Sarebbe meglio domandarsi perché tu non sia venuto da me non appena hai visto questa foto!” tuonò l’uomo sbattendo su una scrivania un foglio spiegazzato.
Sengoku lo prese in mano osservandolo e capendo dove l’altro volesse andare a parare.
“Signor Vane, io non credo che questa sia vostra nipote!”
A quelle parole Ace sussultò. Vane? Quello era il nonno di Maya, Vane D. Matica? E sembrava proprio che avesse trovato la sua “cara” nipotina!
“Mi prendi per il culo?! Ha lo stesso nome, porta la sua maledetta collana e assomiglia come una goccia d’acqua a sua madre! È mia nipote!”
Il Grand Ammiraglio non sapeva come controbattere, sopraffatto dall’evidenza.
“Prendetela. Subito. Catturatela e portatela a Marijoa. Ma non osate torcerle un capello: sarò io ad ammazzarla con queste mie mani!”
“No!” Ace si morse la lingua troppo tardi.
L’Astro si voltò verso il prigioniero come se si fosse accorto solo un quel momento della sua presenza nella stanza. Si avvicinò lentamente alla sua cella e si chinò sulle ginocchia per guardarlo direttamente negli occhi. Il pirata tremò capendo il disagio che aveva provato prima Teach: quell’uomo aveva due iridi di un verde talmente acceso da sembrare veleno puro. Non era difficile credere che potesse uccidere solo con lo sguardo.
“ Tu sai di chi parlavamo. Tu la conosci.”
Ace rimase in silenzio di fronte a quelle domande che assomigliavano più a dure constatazioni.
Vane assottigliò lo sguardo: “Ci tieni a lei.”
Il ragazzo sussultò impercettibilmente. Non abbastanza.
“Tu la ami.”
Ace sgranò gli occhi facendo sorridere l’altro.
L’uomo si alzò in piedi e si voltò verso Sengoku: “Mi è venuta un’idea grandiosa. Useremo questo ragazzino per attirare allo scoperto sia Barbabianca che quella mocciosa ingrata. Così prenderemo due piccioni con una fava: metteremo fine all’era di Newgate e io farò quello che avrei dovuto fare quindici anni fa’, uccidere quella sudicia bastarda. Libereremo il mondo dai due più grandi mali esistenti dalla morte di Gold Roger!”
Sia il marine che il pirata ascoltarono shoccati il piano di Matica ed entrambe le loro menti vennero sfiorate dal pensiero che quel tizio fosse completamente pazzo.
“Sengoku.” proseguì l’uomo esaltato: “Fa portare via questo verme. Spero che si godrà il soggiorno ad Impel Down mentre noi organizziamo il suo funerale!”
Il Grand Ammiraglio si riscosse dal suo torpore e premette un bottone sulla scrivania per chiamare un paio di marines.
Ace uscì dal suo stato di trans solo quando sentì la porta della sua cella aprirsi. Non gli importava tanto di morire, ma sapeva che la sua condanna a morte avrebbe fatto intervenire suo padre con i suoi compagni e Maya, e con lei, suo fratello Rufy. Non riusciva a sopportare il fatto che tutte le persone che amava fossero messe in pericolo per causa sua. Lui aveva sbagliato, si era fatto catturare e ora non poteva permettere che fossero gli altri a pagare per i suoi errori.
Mentre le guardie lo trascinavano fuori da quella gabbia iniziò ad urlare verso l’Astro di Saggezza: “No, aspettate, non potete farlo! Lei non ha colpe! Lasciatela stare! MAYA!!!”
Vide quegli occhi velenosi fissarlo con scherno, poi percepì un forte dolore alla nuca e precipitò nuovamente nelle tenebre.
 
 
 
N.d.a.
Saaaaaaaaalve.
Sono in ritardo lo so, ma ho sono stata impegnata con un esame  fino a quattro giorni fa’ e guardando il calendario ho deciso di aspettare ad aggiornare. Perché oggi è un anno dal primo capitolo de “La volontà dellaD.”!!!! Non mi sembra vero che sia già passato un anno e tanto meno che la storia avesse così tanto successo. Siete tantissimi a leggerla (meno a recensirla, timidoni!) ed è solo grazie al vostro affetto che sono riuscita ad andare avanti. Grazie di cuore!
Devo dire che questo è il mio capitolo preferito finora: sono comparsi nuovi personaggi e le cose iniziano a complicarsi. Dal prossimo si metteranno da parte i sentimentalismi e si passerà all’azione e all’avventura!!!
Arrivando alle note dolenti, come avevo già detto sto preparando la tesi di laurea, quindi non ho molto tempo per scrivere e gli aggiornamenti saranno discontinui al massimo fino a settembre.
Tenterò comunque di pubblicare almeno una volta ogni due mesi.
Quindi vi do appuntamento a fine aprile, massimo i primi di maggio e vi ringrazio anticipatamente per la pazienza!
Ho scritto più note che di storia, quindi la chiudo qui. Ci si sente presto! Bye bye!!! C.S.
P.s. Il soprannome di Syri non mi convince molto, se avete delle idee migliori, comunicatemele e potrei cambiarlo per voi!
 
 
 
 
  
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