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Autore: Michaelssmile    27/02/2015    5 recensioni
«A quanti anni hanno finito di raccontarti le favole, Skyler?» mi chiede sarcastico, tirando un calcio molto forte alla lattina, facendola finire lontano.
Il mio nome, pronunciato da quelle labbra così piene e apparentemente morbide allo stesso tempo, sembra mille volte più bello di quanto sia in realtà.
«Non ho mai creduto alle favole. In tutta onestà... mi ha sempre fatto schifo il lieto fine perché sapevo, già da piccola, che niente sarebbe mai andato come in quelle storie. Ora che ci penso... diamine, ero davvero noiosa da piccola» affermo, poggiandomi di schiena al tronco, con un sorriso.
Non ci posso credere, l'ho fatto ridere. Dopo qualche secondo riprende il suo zaino da terra e fa per andarsene, prima di girarsi, lanciarmi un'occhiata alquanto scettica e sostenere: «Non illuderti: porto solo a brutte esperienze».
Con un gesto del tuo istintivo, gli afferro il braccio e lo blocco a poca distanza di me. «No, sei solo una sfida e io non rifiuto mai le sfide».
Non so da dove mi sia uscito questo coraggio così improvviso, ma l'espressione incuriosita che gli adorna il volto ora mi suggerisce che, in fondo, non sia stata una cattiva idea.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ashton Irwin, Michael Clifford
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                      7. Disconnected








Rifiuto per l'ennesima volta la chiamata che sta facendo vibrare il mio cellulare, lasciandomi sfuggire uno sbuffo quasi impercettibile, e poggio di nuovo l'oggetto sulla sedia accanto a me: tra Luke, Calum, Kayla e Ashton non riesco a concentrarmi sul ragazzo non molto distante da me.
Riporto lo sguardo verso il palco e noto Michael tutto impegnato a scrivere su un pezzo di carta per poi cancellare il tutto, è quasi mezz'ora che sta facendo sempre le stesse cose.
Dopo avermi abbracciata per qualche secondo in corridoio, mi aveva condotta verso il teatro: aveva intuito il mio bisogno di cambiare aria e mi ha fatto piacere seguirlo lungo le scale per poi sedermi in tribuna ad ammirarlo suonare.
La mia presenza non sembra infastidirlo e ne sono entusiasta: divento raggiante anche solo se rimaniamo in silenzio, è più forte di me.
Ruoto leggermente la testa, dispiaciuta del fatto che non riesca a trarre frutto da quelle poche idee che ha in mente, e mi alzo per poi raggiungerlo: non ho mai scritto una canzone, sinceramente, ma forse posso essergli d'aiuto in qualche modo. 
Più mi avvicino e più sento le mani sudaticce, anche se non capisco a tutti gli effetti il motivo: so solo che questo ragazzo biondo non fa che mettermi in soggezione anche con un solo sguardo.
Per evitare figuracce, mi infilo le mani nelle tasche posteriori dei jeans e lancio uno sguardo ai fogli che ha davanti: sono mezzi stropicciati, con parecchie cancellature e segni di matita ancora non eliminati del tutto.
I suoi occhi verdi sono concentrati, in modo impressionante, davanti a lui e una mano è stretta a pugno, posizionata sotto il mento: ho una voglia pazzesca di accarezzargli la pelle... Sembra quella di un bambino.
Mi siedo davanti a lui, lasciando ciondolare una gamba, e gli sorrido dolcemente, sperando che mi noti: non appena alza lo sguardo, la sua espressione apparentemente dura sembra come addolcirsi.
Mi stanno salendo dei brividi incredibili lungo la spina dorsale.
«Come fai?» mi faccio sfuggire, rendendomene conto solo dopo.
Alza un sopracciglio, confuso, come a chiedermi "A fare cosa?" e gli sorrido di nuovo prima di continuare: «A scrivere canzoni: a me è sempre sembrata un'arte a dir poco impossibile.».
In tutta sincerità, vorrei anche chiedergli come fa a farmi questo effetto, ma non posso dirlo.
Alza entrambe le sopracciglia, in un momento di incertezza, ma poi alza semplicemente le spalle per poi rispondermi: «Non lo so, l'ho sempre fatto. Ormai mi viene spontaneo.».
Prima che io possa ribattere, solleva il plettro sopra le corde, in un apparente momento di ispirazione, ma alla fine sbuffa e torna nella posizione di prima: mi sta facendo una tenerezza assurda...
«Mi insegni?»
La mia domanda è risultata infantile persino alla sottoscritta, ma voglio davvero aiutarlo: scrivere una canzone insieme sarebbe un sogno...
Inizia a ridacchiare, forse divertito dalla mia costante insistenza, e alla fine posa di nuovo lo sguardo su di me.
«Non potrei nemmeno se volessi, Skyler. È una cosa che ti viene da dentro, non si può insegnare.»
Sporgo in fuori il labbro inferiore, in una sorta di espressione da cucciola, ma neanche questo sembra farlo cedere: sta cercando di fare l'osso duro, a quanto pare.
Non ho ancora dimenticato quello che è successo nemmeno una mezz'ora fa, ma sto cercando di non pensarci (come sempre): Michael mi ha già vista piangere una volta, non voglio che risucceda.
A quest'ora staranno già tutti a casa di Luke, a divertirsi, ma sto cercando di convincere me stessa: io sto benissimo qui con Michael, non sostituirei questi momenti con niente al mondo.
E allora perché sento ancora un peso enorme sullo stomaco?
Forse per l'indifferenza di Ashton nei miei confronti, o forse per la mancata lealtà di Luke, Kayla e Calum... Non lo so: riesco a capire solo che il “sentirsi invisibile”, soprattutto agli occhi delle persone più importanti della mia vita, è una sensazione orribile. Non la auguro a nessuno, poco ma sicuro.
Dovrei ringraziare Michael, per essere rimasto con me dopo la crisi di nervi, ma non l'ho ancora fatto: non ne conosco il motivo ma mi sentirei maledettamente a disagio a rivolgergli un semplice “grazie”.
Sono sempre stata convinta di una cosa: al mondo esistono persone che apprezzano le parole, altre no. E so, anche se lo conosco da poco meno di 2 settimane,  che Michael fa parte della seconda categoria.
Le parole vengono portate via dal vento, i gesti rimangono impressi nella memoria a vita. Tranne i testi delle canzoni: quelli sono l'eccezione che confermano la regola.
Ho lo sguardo fisso sul pavimento sotto di noi, sembrando quasi incantata, ma sto semplicemente affondando nei miei pensieri: cosa non molto positiva, dopo l'accaduto di poco fa. Forse è per questo motivo che il ragazzo di fronte a me mi guarda perplesso, mordendosi l'interno della guancia per dire qualcosa di giusto in questa circostanza: «Non posso insegnarti a scrivere una canzone perché... è complicato. La parole unite a una melodia formano una magia, e sai di cosa è fatta questa magia?».
Scuoto la testa lentamente, tornando a guardarlo, e alza leggermente l'angolo della bocca, come se lo stia spiegando a una bambina, prima di aggiungere: «Di esperienze, belle o brutte che siano, e di emozioni. La magia consiste nell'unire le parole a quello che stai provando o a quello che hai passato, come se volessi spiegarlo a qualcun altro».
Mi accorgo di star trattenendo il fiato non appena finisce di parlare e, nonostante siano parole, non si disperderanno nell'aria. Queste no.
«Hai presente quando hai tante cose dentro ma, quando cerchi di sfogarti con qualcuno, non ti escono le parole e alla frase “Dimmi come ti senti” riesci a rispondere con un confuso “Non lo so”? Ecco, io approfitto di quei momenti per scrivere» continua, dando voce a quelli che forse, ora, rappresentano i suoi pensieri. «Mi riesce più facile parlare attraverso la musica, perché non potrà mai giudicarti.»
All'apparenza sembriamo due persone provenienti da pianeti del tutto differenti ma, solo in questo preciso momento, mi sto rendendo davvero conto di quanto siamo simili: confusi, con un costante senso di solitudine addosso, incompresi e pieni di “come sempre” che cominciano a starci troppo stretti.
Vorrei riabbracciarlo di nuovo, diamine, lo vorrei stringere a me più forte che posso ma so di non poterlo fare: non siamo ancora in così completa confidenza.
Ricollegando l'intera spiegazione che mi ha appena concesso, i ragionamenti riguardo a lui iniziano a vorticarmi nel cervello: Wherever You Are è di sicuro una canzone d'amore, ma dedicata a chi? Ha vissuto sulla sua stessa pelle quello che mi ha appena detto? Ho così tante domande che, se le scrivessi su un quaderno, lo finirei un secondo scarso ma voglio tenermele: se gliele porgessi tutte ora, il mistero di Michael Clifford sarebbe svelato e, personalmente, è proprio questo che non voglio che accada.
Meglio godere lentamente piuttosto che vivere un solo momento di piacere.
L'ho appreso da Calum, da piccoli, quando trovammo per caso un piccolo fosso in una spiaggia isolata vicino Newcastle. Ci trovammo dentro delle uova di tartaruga, a decine, e andavamo a controllarle ogni giorno, sperando di poter assistere alla nascita di quei piccoli e teneri animaletti. Restavamo sempre a una distanza di circa un paio di metri, per paura di essere d'intralcio e scalpitavamo all'idea che quelle uova si potessero schiudere da un momento all'altro: io, soprattutto, non vedevo davvero l'ora. Mio fratello non aveva fatto altro che ripetermi, per tutto il tempo, che il piacere più grande si prova aspettando e lì per lì non riuscii proprio a capire quella frase: in fondo volevo solo vedere le tartarughe nascere, che me ne poteva importare dell'attesa? Eppure, col tempo, avevo iniziato a fare tesoro di quella sorta di “filosofia di vita” e ora sono, in un certo senso, grata a Calum per avermelo insegnato. 
Com'è finita la storia delle tartarughe? Finì che un bel giorno, l'ennesimo di ricognizione, trovammo solo i gusci delle uova e nessuna tartaruga. Ricordo che non rivolsi la parola a mio fratello per un'intera settimana, pensando fosse colpa sua, ma alla fine mia madre gli diede i soldi per portarmi al cinema a vedere Le Avventure di Sammy. Inutile dire che, davanti a quel cartone meraviglioso, mi dimenticai l'intero accaduto.
Ricordare una delle tante avventure vissute con Calum mi ha sempre strappato un sorriso, eppure ora sento solo un enorme peso allo stomaco: come ha potuto, il mio fratellone, mettersi contro la sua sorellina? Prima mi dice che sarò sempre la prima donna della sua vita, subito dopo fa coppia con il mio ragazzo e mi stende con una sola risposta affermativa.
Scuoto la testa leggermente, cercando per l'ennesima volta di non pensarci, e rivolgo di nuovo lo sguardo verso Michael: com'era da piccolo? Ha avuto una bella infanzia? Non so per quale motivo ma, immaginandomelo da piccolo, non posso fare a meno che pensare ad un bambino biondo, occhi verdi e vispi, labbra piene e un perenne sorriso biricchino sulle labbra. Ed è qui che giungo al responso finale: non mi dispiacerebbe per niente vedere qualche sua foto da piccolo. Io non sono cambiata molto: gli occhi grandi e neri sono sempre qui, così come i miei capelli castani e le mie guance morbide (secondo il parere di tutti).
In questo momento dovrei essere a casa, per ripassare francese, ma la sola idea di dovermi separare da Michael mi fa intristire subito: vorrei che venisse con me, ma quale essere umano sano di mente avrebbe mai il coraggio di chiedergli una cosa simile? Di certo non la sottoscritta.
Dopo un leggero sbuffo, stressato anche lui dal fatto di non riuscire a buttar giù nemmeno una riga, inizia a mettere a posto i fogli sparsi accanto noi: spero che riesca a trovare l'ispirazione, magari anche con me in teatro a fargli compagnia.
Lo aiuto a mettere a posto, recuperando gran parte della carta che c'è, ma, nel farlo, le nostre mani si toccano per qualche secondo: mi sembra una scena da film e, per quanto può sembrare assurdo, i brividi lungo la schiena non tardano ad arrivare.
Michael mi fa questo effetto e non so ancora il motivo.
Ritira subito la mano, come turbato, e stacca anche gli occhi da me per continuare a mettere a posto: dalla reazione che ha appena avuto, sto iniziando a pensare di avere la lebbra.
Mormoro un leggero “Scusa”, anche se non ho idea del perché io mi stia scusando, e lui si rilassa improvvisamente, regalandomi anche un sorrisino.
«Tranquilla, mi sono staccato per le tue mani estremamente fredde» risponde, indicandomi le mani con un cenno del mento.
Non lo avevo notato, in tutta sincerità, ma sono felice del fatto che non mi abbia risposto con monosillabi o altro: resterei a sentire la sua voce per ore.
Un sorriso spontaneo mi compare sul volto e, dopo essermi messa una ciocca di capelli dietro l'orecchio, inizio fischiettare un motivetto che mi è appena entrato nel cervello: non so da dove mi sia venuto ma devo dire che è piuttosto orecchiabile.
Torno a prendere la tracolla e il cellulare in tributa e, nel frattempo, Michael sembra incantato: chissà a che pensa. Smetto di fischiettare dopo alcuni minuti, ma la voce del ragazzo non molto distante da me mi fa sobbalzare: «No, aspetta: continua».
«Era orecchiabile, vero?» chiedo in risposta, felice del fatto che abbia attirato la sua attenzione.
Annuisce leggermente e, dopo aver memorizzato la melodia, inizia a battere il piede a terra a ritmo; che diavolo sta facendo?
Nemmeno un minuto dopo, riprende di nuovo la chitarra e butta qualche accordo sul mio stesso motivetto: oddio, forse gli ho appena dato l'ispirazione...
Nella mia testa, queste note me le sono solo immaginate: ora invece si stanno materializzando sulle corde della chitarra che Michael sta suonando e, incredibilmente, la canzoncina che ne sta venendo fuori non è niente male.
Senza nemmeno accorgermene, mi aggiungo con un “Oh” prolungato (abbinato, ovviamente, alle note) e devo dire che non stona per niente, anzi: sembra fatto apposta.
Non posso credere di aver appena suggerito la melodia a Michael, tenendo presente il fatto che fino a pochi minuti fa gli ho chiesto di insegnarmi a scrivere canzoni: mi sembra tutto così surreale.
È un motivetto che dura più o meno 10 secondi ma, cavolo, è davvero carino e anche lui sembra apprezzarlo: non fa che ripeterlo per svariate volte, forse per continuare a memorizzarlo o perfezionarlo con i giusti accordi.
«Sì, mi piace» esclama sorridendo, battendo il piede a tempo per assumere una sorta di percussione.
Il sorriso presente sul mio volto può essere perfettamente paragonabile a quello di un vincitore della lotteria: mi stanno iniziando a fare male i muscoli facciali ma non può importamene di meno. Se gli Imagine Dragons entrassero all'improvviso e iniziassero a cantare On Top Of The World  sarebbe davvero perfetto.
«Life's a tangled web...» sussurra leggermente un paio di volte, cercando di adattare la frase alla melodia.
Perché ho la sensazione che si stia riferendo alla chiacchierata profonda di poco fa?
 
 
 
 




                                                                                                                        *******
 
 





Io e Michael stiamo passeggiando per il corridoio della scuola, in direzione dell'uscita, ed entrambi non la smettiamo di sorridere: lui per la nuova canzone che scriverà e io per avergli dato l'ispirazione. Avete presente quella sensazione di potere assoluto che si prova solo dopo un progetto riuscito? Ecco, stessa situazione.
Se fossi da sola, in questo momento, non mi porrei nessun problema nel saltellare allegramente ma, per evitare figuracce con il ragazzo accanto a me, cerco di frenare l'impulso che mi fa formicolare le gambe: sono semplicemente troppo felice.
«Sai, tutto avrei pensato... Tranne che proprio tu decidessi di aiutarmi» afferma all'improvviso, sistemandosi meglio lo zaino in spalla.
Ed ecco che le mie guance iniziando a somigliare magicamente ad un pomodoro maturo: lo ha detto sorridendo o sbaglio?
«A volte, l'aiuto di cui abbiamo bisogno arriva proprio da chi meno ci si aspetta» rispondo gongolando leggermente sui piedi, cercando di sembrare spensierata.
Non potrei essere più felice, decisamente.
Continuiamo a camminare in silenzio e, una volta usciti da scuola, subito mi salta all'occhio una macchina rossa nel parcheggio deserto: non l'ho mai vista prima, a chi può appartenere? Assomiglia molto a una macchina d'epoca, cosa che mi fa sorridere: la vernice è rosso scuro (quasi bordeaux, oserei dire) ma presenta abbastanza graffi qua e là, la capote è leggermente piegata all'indietro e oserei aggiungere che, nel complesso,  sembra un'auto abbastanza utilizzata nel tempo.
«Oh, quel gioiellino è mio» esclama sorridendo Michael, avviandosi verso il veicolo in questione e facendomi segno di seguirlo.
Michael ha la patente? E da quando? Ma soprattutto: perché non ho mai visto questa macchina?
Lo raggiungo a passo incerto, soffermandomi ad osservare bene l'auto, e devo dire che non è niente male. Una cosa che mi salta subito all'occhio è la lunghezza: cavolo, per essere una decapottabile d'epoca, è lunga quanto un pick-up.
«Una Ford Mustang Cabrio del ‘66, 120 cc» afferma orgoglioso, guardando la macchina come la cosa più preziosa del mondo. «Era di mio nonno: l'ha conservata per quando mio padre avrebbe preso la patente e, in linea di successione, ora appartiene a me.»
Alzo le sopracciglia sorpresa, prima di affermare un altrettanto sorpreso - ma anche divertito - : «Wow, un vero cimelio di famiglia».
Il fatto che suo nonno e suo padre l'abbiano conservata per lui, è una cosa dolcissima: magari anch'io avessi un auto (e magari anche la patente)...
Annuisce sorridente alla mia affermazione e risponde quasi subito: «È vecchiotta, lo so, ma è come un privilegio guidarla, per me: nonostante risalga a quasi 50 anni fa, il motore è ancora in ottime condizioni».
Non avrei mai pensato di finire a parlare di macchine con lui, ma devo dire che non mi dispiace affatto: in fondo, da piccola mi divertivo a giocare con le macchinine elettrocomandate di Calum e i motori mi affascinano tutt'ora.
Chissà cosa si prova ad essere alla guida di un'auto come questa: ha quasi 50 anni di storia e chissà quante avventure deve aver vissuto con i suoi ex proprietari.
Nella mia mente, iniziano già a formarsi tante piccole scene dell'epoca: mi immagino (per quanto possa riuscirci) il padre di Michael seduto sul cofano, intento ad adocchiare qualche bella ragazza oppure mentre guida, con il vento contro il viso mentre i Pink Floyd o i Rolling Stones sollevano nell'aria tutta la loro meravigliosa musica.
Trovo l'intera situazione completamente affascinante. Anche se, uno come Michael, non ce lo vedo proprio a guidare questa Mustang: dal suo modo di vestire, lo vedrei di più in sella a una moto rampante, con musica rock a tutto volume e borchie dappertutto.
Io sono più una tipa da 500, a dirla tutta - anche se non mi dispiacerebbe per niente fare un giro in sella a una moto, alle spalle di un rockettaro dai capelli colorati -.
Ritorno alla realtà, dopo tutti i miei filmini mentali, solo quando il ragazzo accanto a me alza lo sguardo verso la sottoscritta: non voglio che pensi che, da come sto guardando la sua macchina, io pretenda un passaggio da lui. Mi farebbe piacere, ma non voglio risultare troppo invadente.
«Tu come torni a casa?» mi domanda all'improvviso, assottigliando gli occhi per un fioco raggio di sole che gli si è appena puntato contro.
Sembra illuminato da una luce divina, nonostante le poche nuvole presenti sulle nostre teste: diamine, i suoi occhi sono ancora più chiari e meravigliosi.
«Intendi ora? No perché, di solito, è Calum quello che mi riporta a casa. Ma oggi...» rispondo, abbassando lo sguardo verso il cemento sotto di me.
Non voglio ripensare a quello che è successo: rischierei di perdere il controllo ed è l'ultima cosa che voglio, davanti a Michael.
Tra di noi rimane un silenzio carico di tensione: non so se gli interessi davvero l'accaduto, visto che non mi ha ancora chiesto spiegazioni al riguardo, ma continua a rimanere zitto.
Si guarda intorno per qualche minuto, forse per temporeggiare, mentre le chiavi della macchina tintinnano leggermente nella sua mano. Non so davvero come muovermi, in questo momento.
Sembra incerto, sembra quasi che stia lottando contro sé stesso.
Una parte di me non fa altro che ripetermi di andare via, per mettere fine a questo silenzio così imbarazzante, ma sono completamente inchiodata a terra.
Alle mie orecchie non arriva nessuna domanda o suono da parte sua, vedo solo un leggero movimento del mento verso l'auto affianco a lui: vuole accompagnarmi? Davvero? Proprio me?
Schiudo le labbra, completamente senza parole, mentre mi rivolge un leggero sorriso: se non la finisce di sorridermi in questo modo, dovrà accompagnarmi direttamente all'ospedale, altro che a casa.
Sollevo entrambe le sopracciglia, lasciandogli intuire il mio stupore, e lui, in risposta, non fa altro che alzare le spalle innocentemente: lui, il ragazzo più tenebroso che abbia mai conosciuto, non può avermi davvero fatto capire di dover salire nella sua macchina.
Mi sento come se fossi sospesa nell'aria sopra a una voragine, sul punto di essere risucchiata nel vuoto da un momento all'altro.
Non ricevendo nessuna risposta da parte della sottoscritta, Michael si dirige verso la portiera, per poi sistemarsi al posto del guidatore, e gira la chiave, facendo rombare il motore in modo impressionante: non vuole demordere.
Scoppio in una risata di gusto, portandomi dietro anche lui, e alla fine corro verso la portiera del passeggero: quando mi ricapiterà un'occasione del genere?
«Ricambio il favore: tu mi hai aiutato con la canzone, io ti do un passaggio.» spiega con nonchalance, non appena mi siedo.
Inspiro a pieni polmoni e un sorriso a trentadue denti non può che comparirmi sul volto: nell'aria c'è il suo profumo, non faccio che inspirarne di continuo.
Direi che è un misto tra lavanda e muschio.
Le mie fragranze preferite.
 












SALVE A TUTTI!
O forse dovrei dire "buonasera" hahaha. Allora: non ci sentiamo da un bel po' di tempo e questo capitolo si è dimostrato un vero e proprio parto. Quello precedente è stato un vero e proprio salto nel vuoto e, per questo motivo, ci ho messo anni a scrivere questo.
Analizziamolo: Skyler e Michael passano più tempo insieme, si parla solo di loro, (personalmente, scriverei di loro dalla mattina alla sera *-*) e alla fine succede l'inpensabile. Lo avreste mai detto che Michael, proprio quel Michael tenebroso e, a detta di tutti, "pericoloso" avrebbe deciso di accompagnare la protagonista a casa?
Spero di non essere risultata troppo prevedibile o banale hahaha
Cosa ne pensate?
A me non dispiace per niente, stranamente, e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate :) 
Ringrazio, di nuovo, tutte le persone che hanno messo la storia tra le 
preferite/seguite/ricordate e vorrei ringraziare particolarmente la mia amica Ranyadel per tutto l'aiuto che mi da ogni giorno <3
Al prossimo capitolo! 

 
  
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