Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Bottom    28/02/2015    2 recensioni
Salve a tutti! Questa è la prima ff che decido di pubblicare. Come molti di voi, anche io non ho digerito il finale del 7 libro perciò ho deciso di dare una seconda possibilità ad un personaggio in particolare: Severus Snape. La storia segue l'epilogo di Harry Potter and the Deathly Hallows ed è ambientata circa 21 anni dopo la fine del racconto.
Un nuovo nemico del mondo magico sta preparando la sua vendetta e Ron, Hermione ed Harry verranno coinvolti in qualcosa più grande di loro. Tra segreti da svelare, eventi inspiegabili e complotti macchinosi, il trio ritroverà una vecchia conoscenza che finirà per sconvolgere le loro vite. Spero mi seguirete in questa avventura!
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Hermione/Severus, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Non posso credere che tu voglia davvero fare una cosa del genere!”
“Non farmi la predica! Non sei affatto convincente…”
“Dopo tutto questo tempo e dopo quello che è successo, è possibile che il tuo desiderio di vendetta non si sia ancora consumato?”
“Tu non puoi capire…”
“Posso invece. Più di quanto pensi. Perché credi che ti avrei seguito fino a questo punto? Ma adesso…adesso è pura follia! Lo capisci? Non è così che doveva andare…”
“Invece si! E’ sempre stato questo l’epilogo della storia. Sei tu il solo a non averlo ancora capito!”
“Io non ci sto…non posso accettarlo!”
“Mi dispiace che tu dica questo perché sai…ormai è troppo tardi per tirarsi indietro”.
 
Ricordava ogni singola parola di quella che era stata la loro ultima conversazione. Ricordava la sua amarezza, la sua rabbia, la ferma volontà di andare fino in fondo a qualunque costo. Nessuno scrupolo, nessun ripensamento e soprattutto nessun rimorso. Non sentiva di appartenere a niente e nessuno ed era questo a renderlo libero. Libero, sì…perché ormai non aveva nulla da perdere.
 
 
 
 
Il viaggio era stato più breve del previsto malgrado entrambi non si fossero scambiati neanche una parola, troppo impegnati a riflettere e riesaminare quanto si era verificato fino a quel momento.
Hermione però ne aveva anche approfittato per dare sue notizie a Harry, omettendo naturalmente ciò che era accaduto da quando aveva incontrato il redivivo Snape; era stato sufficiente comunicargli il ritrovamento dell’amillea e della gerilissa e il suo arrivo in Romania. La risposta dell’amico fu altrettanto sintetica e concisa: nessuna novità rilevante e un nuovo incarico da parte del Ministero. Era stato a dir poco telegrafico ma ciò era probabilmente dettato dal timore che le loro comunicazioni venissero in qualche modo intercettate, eventualità questa che lei stessa aveva considerato. Del resto, farsi scoprire era l’ultima cosa che volevano.
Dal canto suo Snape non aveva mostrato alcun interesse nel vederla così impegnata a trascrivere il suo messaggio per Harry. Forse si era convinto della sua buona fede o, cosa più probabile, era penetrato nella sua mente scoprendo le sue reali intenzioni. In ogni caso non le aveva fatto domande né l’aveva incenerita con lo sguardo. Era già qualcosa. Non ci si poteva aspettare un atteggiamento più collaborativo malgrado sarebbe stato sicuramente più utile. Hermione, infatti, aveva dovuto accontentarsi di seguire il suo ex insegnante senza avere la minima idea di quale fosse la loro destinazione. Non era da lei accettare passivamente le iniziative altrui ma aveva forse alternative? Poteva rischiare di compromettere lo status quo raggiunto con Snape per una questione di orgoglio? La risposta, allo stato attuale delle cose, era ovvia. Così, senza aprire bocca, aveva lasciato che il mago conducesse il gioco sin dal momento della loro partenza dal passo del Semport.
Appena giunti in Romania e senza passare dal piccolo borgo di Bard, avevano attraversato la bassa piana del Danubio per poi ripiegare a est sulla pianura valacca, una terra fertile punteggiata da boschi e laghetti che raggiungevano le pendici dei Carpazi. Dopo aver percorso un piccolo sentiero che si arrampicava lungo il declivio di un’alta collina, raggiunsero la sommità di un colle e un’enorme distesa verde si aprì dinanzi a loro estendendosi a perdita d’occhio. Si trattava, come Hermione ben rammentava, di una vasta area agricola nella quale si concentrava gran parte della popolazione di quella regione; una zona dunque decisamente insolita per veder crescere erbe magiche così rare come quelle che stavano cercando. Era davvero quello il luogo in cui avrebbero trovato l’assadica e la verdenia?
- Siamo nel posto giusto – disse Snape mentre studiava quella che agli occhi della strega parve una vera e propria mappa. L’uomo, infatti, aveva risposto a quella muta domanda senza distogliere la sua attenzione dall’intricato groviglio di coordinate e indicazioni tracciati su una pergamena che teneva tra le mani, quasi volesse imprimere nella sua mente ogni singola macchia di inchiostro.
 
- Dobbiamo smaterializzarci – disse infine con aria torva. Poi, senza aspettare che Hermione potesse in alcun modo obiettare, allungò un braccio verso di lei.
Percependo forse la diffidenza della donna, che aveva compreso cosa volesse realmente fare, ma continuava comunque a fissarlo senza muoversi, aggiunse: - Non c’è altro modo…a meno che non voglia spaccarsi – La strega lo guardò intensamente senza però riuscire a incontrare i suoi occhi, stranamente troppo impegnati a scrutare l’orizzonte. Per quanto il suo ex insegnante fosse probabilmente riluttante a mostrare quella confidenza eccessiva, non sembrava particolarmente infastidito – Sono pronta – affermò lei poggiando timidamente la sua mano su quella del mago. Tutto avvenne in un attimo: risucchiata in un nero vortice e schiacciata da una pressione tanto forte da impedirle di respirare, Hermione riuscì comunque a sentire quanto fosse decisa la presa del professore su di lei, almeno finché, a smaterializzazione conclusa, non vennero ristabilite le distanze. Quasi si fosse scottato, infatti, Snape si allontanò da lei bruscamente, stringendo il proprio mantello attorno al collo.
Intanto Hermione tentò di capire dove fosse finita. Illuminata dalla luna e a pochi passi da lei, si stagliava contro il cielo stellato la sagoma di un antico castello, una vera fortezza, arroccato su una parete rocciosa. La fredda brezza che si levò e la fitta nebbia che avvolgeva ogni cosa intorno a lei, rendevano quel luogo davvero inquietante e spettrale.
- Perché siamo qui? – chiese stringendo la bacchetta.
- Credevo volesse trovare l’assadica…- fu la risposta di Snape che intanto, a passo spedito, aveva cominciato a ridurre le distanza che li separavano dal portone del castello.
 - Come fa a sapere che si trova qui? – continuò Hermione, seguendolo.
- Ogni cosa a suo tempo, Granger - il tono di voce stranamente non ostile -  Per ora dovrà limitarsi a fare ciò che le dico.
Avanzando lungo uno stretto e ripido percorso e fiancheggiati da alberi scheletrici, giunsero infine di fronte all’ingresso del maniero. Osservandolo da vicino, Hermione notò quanto la struttura fosse imponente con le sue guglie e i suoi pilastri, alternati a nicchie e statue che ornavano tutto il perimetro della facciata. Strani esseri erano scolpiti sui capitelli, figure mostruose dai tratti demoniaci che si potevano facilmente trovare anche nelle chiese babbane. Nella parte anteriore, poi, si innalzavano due torri dai pinnacoli ornamentali, sormontate da balconate e sculture che sembravano richiamare la forma delle montagne circostanti. Purtroppo era evidente che il castello fosse ormai disabitato, ricoperto com’era da piante rampicanti e deteriorato nel lato ovest. Il portone d’ingresso, invece, sembrava ancora riuscire a resistere alle intemperie con il robusto legno di acero con il quale era stato costruito e gli intarsi in rame ad abbellirlo. Era sormontato da uno stemma raffigurante due leoni sul cui petto erano incise due lettere “D” e “S”, e la parola DORIAN SFECTESSIO. Probabilmente, pensò Hermione, le iniziali e il nome del proprietario del castello; il resto purtroppo, era ormai illeggibile. Nulla comunque sembrava lasciar supporre che si trattasse di un luogo magico. Era più probabile fosse uno di quei castelli babbani edificati intorno al XVI secolo, poi ristrutturati nell’Ottocento e infine abbandonati.  Anche Snape si soffermò sull’incisione che aveva incuriosito Hermione,  ma furono due intagli nel portone ad attirare la sua attenzione. Anche la strega li notò illuminandoli con la punta della sua bacchetta: - Sono stati qui – disse con una certa apprensione.
- Cosa le fa pensare che non ci siano ancora? – le rispose Snape con tono vago, continuando a sfiorare i segni lasciati dai ghytyo. Non era possibile sbagliarsi. Quegli esseri avevano lasciato un segno evidente del loro passaggio e non era affatto da escludere l’ipotesi che fossero ancora lì in agguato, pronti ad aggredirli – Finché ci sarà la luna piena, possiamo considerarci relativamente al sicuro – riprese Snape – E’ il buio il loro alleato – e dicendo così agitò la bacchetta e aprì il cancello.
Oltrepassata la soglia, i due si ritrovarono nel cortile interno del castello, il quale era disposto su due livelli, orientati rispettivamente a nord e a est. La parte a sud invece, era delimitata da due statue raffiguranti gli stessi leoni scolpiti sullo stemma dell’ingresso e con le medesime incisioni. Hermione non seppe perché ma sentì che in qualche modo quelle lettere e quel nome erano lì per un motivo preciso, anche se al momento la loro ipotetica importanza le sfuggiva.
Nel frattempo Snape aveva raggiunto la parte superiore del cortile, alla quale si poteva accedere attraverso una scala, per poi entrare in una delle due torri di forma rettangolare che sovrastavano l’intera area. Si voltò infine verso Hermione che, senza indugiare oltre, lo seguì.
La stanza nella quale entrarono era più grande di quanto si potesse immaginare osservandola dall’esterno: il lato più lungo probabilmente si estendeva per almeno 20 metri ma la quasi totale oscurità dell’ambiente rendeva difficile avere un’idea certa delle sue reali dimensioni.
Camminando lungo la parete, Snape illuminò con la bacchetta alcuni affreschi ormai deteriorati dall’umidità ma Hermione riuscì comunque a scrutarli attentamente e a riconoscervi i soggetti rappresentati. Senza rendersene conto cominciò a rivivere alcuni momenti della sua infanzia, quando, ancora bambina e prima che scoprisse di essere una strega, partì per un breve viaggio in Grecia con i suoi nonni. Entrambi insegnavano filosofia in una prestigiosa università inglese e le avevano raccontato con entusiasmo tante storie sui miti e le leggende del popolo greco. Ricordava le sere trascorse sulle ginocchia del nonno a leggere le grandi opere di filosofi e poeti di un tempo ormai lontano eppure sempre così affascinante. Grazie a questi ricordi non fu difficile per lei capire chi fossero alcuni dei personaggi mitologici raffigurati sulle pareti di quella torre: Eracle, Apollo e Dafne, Orfeo ed Euridice, Narciso e molti altri. Ancora impegnata a destreggiarsi tra i labirinti della sua memoria, quasi non si accorse di essere giunta all’estremità opposta della stanza. Qui notò non solo che la scala che poteva condurli al piano superiore era impraticabile, inconveniente questo facilmente risolvibile con la magia, ma anche che Snape non vi prestava alcun interesse. Il mago si soffermò bensì su un arazzo che rivestiva l’intera parete nord della camera: avvicinandosi al lato destro ne spostò un lembo lasciando che tra la stoffa e il muro passasse la sua mano.
- Mi faccia luce Granger – disse risoluto senza scostarsi dalla parete. Hermione ubbidì malgrado mille domande le frullassero in testa: cosa stava cercando? Il campione di assadica? E se così fosse, come fa a sapere che quello è il posto giusto in cui cercare? Doveva scoprire la verità! Torturarsi così era inutile e frustrante. Tenendo alta la bacchetta e illuminando il muro sottostante l’arazzo, la strega poté notare una piccola nicchia nella quale sembrava vi fosse nascosto qualcosa. Prima che riuscisse a focalizzare di cosa si trattasse, Snape tirò fuori una scatola di legno finemente decorata e con intarsi in oro. – E’ questa – disse l’uomo avvicinandosi ancora di più alla luce emanata dalla bacchetta.
- L’assadica è conservata lì dentro?- chiese Hermione in trepidante attesa.
- C’è solo un modo per scoprirlo – le rispose il mago continuando a fissare il prezioso oggetto appena trovato. Quel cofanetto però non sembrava avere alcuna intenzione di lasciarsi aprire facilmente – Possiamo tentare con la magia – azzardò Hermione senza più preoccuparsi di nascondere la sua impazienza.
- Con il rischio di danneggiarne il contenuto? Le ricordo che queste erbe magiche sono molto delicate e gli incantesimi di apertura potrebbero risultare troppo violenti.
- Cosa propone allora? – la donna quasi si rimproverò per la sua impulsività.
- Guardi e capirà da sola – senza scomporsi, quasi si aspettasse quell’inconveniente, Snape mostrò un rilievo intagliato nella base della scatola che era sfuggito allo sguardo di Hermione. Erano incise, in piccoli riquadri, le lettere dell’alfabeto latino e, sfiorandole appena, era evidente che si potessero premere in sequenza.
- Un codice…- aggiunse la strega guardando negli occhi il suo ex insegnante.
- Codice, parola d’ordine, messaggio cifrato, possiamo definirlo in molti modi se vuole. Il problema è scoprire quali siano le lettere giuste che ci consentano di aprire questo cofanetto.
- Ci dovrà pur essere un’indicazione, un indizio che possa aiutarci – lo incalzò Hermione – Se è riuscito ad arrivare sin qui, dovrà pur sapere come procedere – forse era finalmente arrivato il momento di scoprire quello che il professore le stava ancora celando.
- Spera di ottenere qualche informazione in più Granger? – disse l’uomo con un sorriso sghembo – Non sopporta l’idea che la situazione sfugga ancora al suo controllo, vero? – Quella considerazione era puro sarcasmo.
- Anche se fosse, non vedo cosa ci sarebbe di strano! – rispose piccata Hermione – Lei sa tutto ciò che si nasconde dietro questa torbida vicenda. Dia la possibilità anche a me di capire cosa ci sia realmente in ballo – il suo tone di voce si faceva sempre più adirato mentre Snape, voltandosi, tornò a osservare la piccola scatola, rigirandola tra le mani – Che ruolo gioca lei in questa partita, professore? – continuò la strega – Chi le ha rivelato tutto quello che sa? – Un lungo silenzio seguì quelle domande fin troppo a lungo rimaste senza risposta. Snape, continuando a dare le spalle a Hermione, sembrava sempre più pensieroso: che stesse valutando la possibilità di rivelare almeno una parte di quanto sapeva? Prima che ciò trovasse conferma o smentita, un rumore sordo ormai ben noto fu avvertito da entrambi – Sono loro! – esclamò Hermione – I ghytyo sanno che siamo qui! – avvicinandosi a una delle finestre della torre, vide che un ammasso di nubi aveva interamente ricoperto la luna lasciando l’intera zona immersa nell’oscurità.
- Non c’è più tempo! – disse guardando nuovamente il professore, tornato nel frattempo stranamente impassibile malgrado il pericolo ormai imminente – Mi dica almeno qualcosa che possa essere utile per aprire questa scatola!
Visibilmente combattuto, Snape si avvicinò a Hermione e le porse con riluttanza un biglietto su cui erano scritte poche parole in latino:
 
SERMO SIMPLEX EST.
PLATONEM CLAVIS EST.
REPPERIT EUM IN AEREM.
REPERIES EUM IN LEONEM.
 
- La parola è semplice. Platone è la chiave. Nell’aria lui l’ha trovata. Nel leone tu la troverai. – Hermione ripeté lentamente e più volte quei versi sibillini per poi soffermarsi su quel nome che era riuscito a risvegliare in lei avvenimenti del suo passato.
 
“Non mi piace! Perché mamma e papà mi hanno chiamata così? E’ brutto!”
Rammentava bene quel giorno di tanti anni fa quando alcuni suoi compagni l’avevano presa in giro scimmiottando la pronuncia di quel suo nome così insolito. Solo una persona era riuscita a consolarla: suo nonno.
“Scommetti che ti farò cambiare idea?” le aveva sussurrato con quella voce dolce che era sempre stata in grado di calmarla “Tu lo sai chi era Platone?”
“Certo! Un filosofo greco” gli aveva risposto con il suo solito entusiasmo, fiera all’idea di dimostrare quanto avesse imparato dall’ultima volta che si erano visti.
“Esatto” aveva esclamato lui, divertito “E sai un’altra cosa?” ormai era riuscito a conquistare tutta la sua attenzione “In una sua opera, il Cratilo, egli afferma che i nomi racchiudono in sé la vera natura della cosa nominata. Ogni nome è indizio di conoscenza, di una conoscenza meravigliosa e poiché per i greci i primi a nominare le cose furono gli dei, esseri perfetti, anche i nomi sono sempre perfetti. Non esistono nomi sbagliati…neanche Hermione!” e abbracciandola aveva cominciato a farle il solletico così che dimenticasse ogni suo cruccio.
 
- Granger – la voce del professore l’aveva riportata nel presente, con i suoi problemi da affrontare e  da risolvere. Così, quasi fosse ancora in preda a quei ricordi, Hermione, senza rispondere al richiamo dell’uomo, si avvicinò nuovamente all’arazzo e lo illuminò con la bacchetta. Prese lentamente forma l’immagine ricamata che fino a quel momento era stata trascurata: si trattava di un bosco delimitato da un piccolo laghetto sulle cui rive erano stati finemente intessuti motivi floreali variopinti. Due figure, un uomo e una donna, erano state raffigurate in quel paesaggio bucolico, poste l’una di fronte all’altra.
- Platone…- disse improvvisamente Hermione con voce appena udibile.
- Che cosa ha detto? – le fece eco Snape avvicinandosi di più alla parete.
- Guardi attentamente – continuò indicando la parola cucita sul cartiglio che la figura maschile dell’arazzo teneva tra le mani – E’ scritta in greco.
Il mago protese la mano per toccare quelle oscure lettere, quasi potessero rivelargli il loro significato.
- Kratulox - bisbigliò la strega come se temesse di dire una sciocchezza. L’uomo, stupito, prese a fissarla – Conosce questa lingua? – chiese riuscendo a malapena a mascherare la sua sorpresa. Hermione non rispose, ormai totalmente rapita da quello che si stava svelando davanti ai suoi occhi: “Platone…aria…parola…nome…”, numerose informazioni si susseguirono nella sua mente, finché si voltò di scatto in direzione del professore ma senza guardarlo realmente – Era! – esclamò quasi in preda a un incontenibile entusiasmo – Provi ad aprire il cofanetto con questa parola! – Tutto ciò che suo nonno le aveva insegnato riaffiorò a una velocità incontrollata – Nel Cratilo, l’opera cui si riferisce il cartiglio del nostro arazzo, Platone parla di quelli che noi oggi definiamo “anagrammi”. Era, la dea greca, era considerata non solo la protettrice del matrimonio e delle nascite, ma anche la dea dell’aria e infatti, anagrammando il suo nome, il risultato è…
- Aer, aria, in greco – intervenne Snape ora sempre più consapevole di ciò che Hermione aveva scoperto. Ella, dal canto suo, non si sorprese affatto nel constatare che il suo ex insegnante conoscesse anche le lingue antiche – Le qualità nascoste nel nome… - mormorò infine con una punta di nostalgia.
- Ma non ha senso – disse a un tratto il mago.
- Perché? – gli chiese lei titubante, come se non avesse capito quanto aveva appena udito.
- Il leone…questo deve essere il nostro riferimento, la nostra parola chiave – continuò Snape concentrando nuovamente la sua attenzione sulla scatola.
Come se l’avessero svegliata da un lungo letargo, Hermione esclamò – Ma certo! Ha ragione! Lo stemma! Come ho potuto essere così sciocca – e prima ancora che il mago potesse in qualche modo controbattere, Hermione si era già precipitata fuori dalla torre raggiungendo di corsa le statue poste nel cortile. Snape la seguì sempre più colpito dall’arguzia che quella donna stava dimostrando: “La strega più brillante della sua età”, quelle parole risuonarono nella sua mente ma preferì scacciarle via.
Arrivati di fronte alle due sculture, entrambi lessero il nome scolpito sul petto dei leoni “Dorian Sfectessio”.
- E’ questa la parola da anagrammare – disse Hermione.
- Ci sono troppe combinazioni possibili. Dobbiamo restringere il campo – ribatté serio il mago.
Un breve silenzio si fece spazio tra i due finché, quasi avessero avuto la stessa intuizione, si guardarono negli occhi e dissero all’unisono – Platone!
- Se dobbiamo affidarci a lui e al suo Cratilo, ciò che dobbiamo trovare è…- ma Snape non ebbe il tempo di finire poiché fu Hermione a completare la frase.
- Il nome di una sua opera! –
- Esatto! – riprese il mago, stranamente non infastidito dal fatto che la sua ex allieva lo avesse interrotto – C’erano tutti gli indizi…basta sapere cosa guardare.
E così dicendo agitò con sicurezza la sua bacchetta finché, innanzi a loro, apparvero le lettere del nome inciso sulla pietra, fluttuanti nell’aria. Con movimenti rapidi e precisi, il mago cominciò a spostare i singoli caratteri disponendoli secondo un ordine sempre più preciso. Infine fu possibile leggere - DEFENSIO SOCRATIS – esclamò Hermione. Aveva sentito parlare di quest’opera da suo nonno. Era una delle più celebri del filosofo…come aveva fatto a non pensarci prima? - Conosce quest’opera? – la sua curiosità era evidente.
Snape la guardò alzando un sopracciglio – Non crederà di essere la sola a sapere chi sia Platone – poi, prestò nuovamente attenzione all’involucro di legno che conteneva l’assadica. Fu in quel momento che il rumore di un’esplosione irruppe prepotente tra le mura del castello.
- I ghytyo! – urlò Hermione sperando che la sua voce avesse la meglio sul frastuono che ancora fischiava nelle sue orecchie - Presto professore! Smaterializziamoci! Apriremo il cofanetto quando saremo al sicuro,
- No – fu la secca risposta dell’uomo – Non possiamo rischiare. Dobbiamo essere certi che quell’erba sia ancora qui dentro. Non avremo più alcuna possibilità di tornare in questo castello se non dovessimo trovarla in questa scatola.
Hermione temeva che non sarebbero usciti vivi da lì se avessero perso ancora altro tempo. Potevano difendersi con le loro bacchette, certo, ma non sapevano quanti fossero quegli essere e uno scontro diretto era da evitare. Il professore però aveva ragione: dovevano aprire quell’oggetto lì e subito. Non erano ammessi errori.
Intanto Snape, intenzionato a seguire il suo istinto, non attese che la strega assecondasse le sue intenzioni. Cominciò a premere sulla superficie lignea della scatola le lettere che componevano il nome dell’opera platonica, fin quando percepì distintamente il rumore di uno scatto e vide la parte superiore aprirsi: finalmente l’avevano trovata. L’assadica era lì, davanti ai lori occhi con i suoi piccoli fiori bianchi e le foglie grinzose. Hermione aveva tirato un sospiro di sollievo, felice e fiera di aver aggiunto un altro tassello a quell’intricato mistero che doveva risolvere. Si sentì però in dovere di spezzare quel silenzio che sapeva di trionfo e riportare sia lei che Snape all’emergenza del momento – Professore – disse – Non c’è più tempo. Dobbiamo andare.
Voltandosi verso di lei, il mago fece un breve cenno d’assenso per poi avvicinarsi e, con una strana naturalezza, porgerle la sua mano. Hermione non perse tempo e la strinse, pronta a lasciare quel posto.
Un debole pop e le due figure scomparvero.
Pochi minuti dopo, di quell’antico castello, non rimasero che cenere e macerie.
 
 
 
 
 
 
 
 
Nda: Mi scuso immensamente per questo mostruoso ritardo! Non ci sono scuse anche se il mio pc e la mia penosa connessione internet non mi hanno dato una mano. Spero che questo capitolo valga almeno un minimo l’attesa. Al prossimo aggiornamento!
 
Ps: Tutto ciò che riguarda Platone e il Cratilo lo devo all’enciclopedia Treccani ;-)
   
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Bottom