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Autore: butterfly_heart    01/03/2015    1 recensioni
Contiene spoiler fino a "Il Professor Layton e l'eredità degli Aslant"! Vostra scelta se leggere o no!
Parla di Jean Descole, e della sua storia. Attenzione: aspetti e avvenimenti che non sono descritti nel videogioco sono completamente inventati da me, quindi la mia versione della vita di Descole sarà probabilmente diversa da quella ipotetica creata dalla "Level 5"!
Tratto dalla storia (capitolo uno):
Lo vedo allontanarsi da me, accompagnato dai suoi nuovi “mamma e papà”, titubante e pauroso come non mai. Perchè? Perchè deve andarsene? Il mio Theodore...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hershel Layton, Jean Descole, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ciao a tutti. Lo so, sono in ritardo. Chiedo umilmente scusa, specialmente a GreenBlood_, che approfitto per ringraziare per la sua recensione <3
Spero che questo capitolo vi piaccia ^^
Buona lettura <3
























Un vento freddo di ottobre soffiava, quel giorno, e sfiorava ogni cosa: gli alberi nei giardini delle case, i muretti dei viali, indifferenti tuttavia a tale soffio leggero, e ogni persona che, infreddolita, stringeva a sè il cappotto, e rabbrividiva, pensando di dover tornare a casa al più presto per prepararsi una cioccolata calda, e stare al caldo in compagnia.

Ma quel vento, quella folata gelida non toccava i due innamorati, no. Era come se il tempo si fosse inesorabilmente fermato, in quei pochi metri quadri che Hershel e Crystal occupavano.

Sarebbe potuto accadere ogni cosa intorno a loro, ogni cosa. Ma nessuna cosa poteva interessarli più che la piega che la conversazione stava prendendo. Nessuno dei due si voleva perdere neppure un particolare, una minima sfumatura di ciò che l’altro diceva.

Per loro, tutto dipendeva dalle parole che uscivano dalla bocca dell’altro.

«Tuo...padre...?» Hershel era estremamente confuso; come poteva il padre di Crystal sapere ciò che lui bramava conoscere da una vita?
Non riusciva a capire quale potesse essere il nesso fra lei e l’organizzazione. Non riusciva proprio a capire.
L’altra annuì, con un lieve ed insicuro cenno del capo fine. Voleva spiegare meglio cosa intendeva, ma trovare le parole giuste era complicato.

E, nel suo caso, pericoloso.

«Si...lui...faceva un...lavoro molto particolare» iniziò incerta. Hershel non l’aveva mai sentita tentennare così. La Crystal limpida ed allegra di una manciata di minuti prima era come svanita.

«Per lo Stato era un “libero professionista” o qualcosa del genere, ma non lo era affatto. E questo lo sapeva sia mio padre, che lo Stato stesso» un’amarezza grave si mescolò a questa affermazione.

“Era?”

Hershel ascoltava senza interrompere, così come aveva fatto Crystal poco prima.

«Lui...lavorava per un’organizzazione...la Targent. Ne era il capo»

Un’organizzazione...

Il tempo si fermò.

«Temo che...gli uomini che rapirono i tuoi genitori anni fa, facessero parte della Targent»

E sembrò non voler più ripartire.

«C-che cosa?»

“Tutto, ma questo no. Tutto, ma questo no.”

«Non può essere. E’ impossibile. Come...come può essere che tu...che io...» mentre Crystal lo guardava con un’espressione impagabilmente sconfitta ed impotente, Hershel aveva sussurato queste parole, quasi inconsapevolmente.
Le gambe sembrarono non riuscire a sostenere il peso della verità, che le costrinse a cedere. Il ragazzo si lasciò scivolare distrutto sulla panchina.

«Desmond...c-cioè, Hershel...ti prego, ascoltami» gli prese il volto fra le mani con delicatezza ma con fermezza.

«Te l’ho detto perchè...volevo darti dei libri. I libri che raccontano della civiltà Aslant, quella per cui gli uomini di mio padre rapirono il tuo e sua moglie con lui. Quella che hai cercato per una vita intera. Quella che ti ha fatto dannare. Ti...voglio aiutare» più la ragazza parlava, e più non riusciva a trattenere le lacrime, che scivolavano silenziose fino al suo mento sottile, per poi cadere sulla panchina già umida per la fredda temperatura.

«Voglio solo che tu sia felice, Hershel, è ciò che desidero per te. Voglio che tu ti renda conto che su di me puoi contare, perchè io ti voglio bene. No...ti amo. Ti amo, Hershel. Voglio solo la tua felicità, nient’altro» non cercò più nemmeno di trattenere i singhiozzi.

Lui scostò con delicata attenzione le mani di Crystal dal suo viso, si alzò, lo sguardo rivolto avanti a sè. Disse:

«Anche io ti amo, Crystal. Ma se pensi che ti avrei abbandonata perchè tuo padre è la causa dei miei dolori, ti sbagli di grosso. Tu non sei tuo papà. Tu sei tu. E io amo te, e nessun’altro» si voltò verso di lei, e sussurrò:

«Aiutami. Ti prego, aiutami a trovare i miei genitori. Lo desidero più di ogni altra cosa»

Crystal rise sommessamente: la felicità che Hershel non l’avesse abbandonata, che avesse capito le sue intenzioni e il suo amore per lui era indescrivibilmente dolce e consolatoria. Sentiva che poteva arrivare ovunque, con lui.

«Certamente. Non ti lascio solo»

E con un abbraccio bagnato di lacrime, la loro lotta contro la Targent cominciò.
Ma non sarebbe stata una vittoria.


*


Il giorno dopo, l’8 ottobre, quando l’orologio da polso di Hershel segnava le 14:30, il ragazzo suonò al campanello di casa Bone, dove abitava Crystal. Un grande giardino la abbelliva, anche se dal colore del fogliame degli alberelli nelle aiuole si intuiva che anche lì l’inverno era giunto, e senza ritardi.

Non era mai entrato in casa sua, nonostante fossero fidanzati, e neanche lei era mai andata a trovarlo. Non gli importava troppo a dire il vero, probabilmente perchè per lui bastava stare con lei, il luogo non era importante.

Il pomeriggio precedente, dopo essersi sciolti dall’abbraccio, Crystal insistè per ospitare Hershel l’indomani alle 14:30 a casa di Crystal per discutere. Avevano molte cose da dirsi, e su cui riflettere.

Tuttavia, Hershel, davanti all’abitazione ben tenuta, non riusciva a togliersi di dosso una sensazione strana, che aveva già provato prima, ma mai così tanto.
Sapeva bene di cosa si trattava: stava per entrare nella casa dell’uomo che aveva distrutto la sua infanzia, e con essa la vita.
L’uomo che aveva generato la donna che Hershel amava.
L’uomo che aveva fatto irruzione si nella sua casa, ma specialmente nella sua mente, nei suoi incubi. E quando improvvisamente entrava nei suoi pensieri, difficilmente ne usciva.
Quella sensazione, lui la conosceva, era l’odio.

La porta si spalancò, e Crystal lo accolse serena:

«Ciao tesoro. Prego, entra»

Un arredamento curato e sofisticato lo accolse con calore. Mobili antichi rendevano il salotto molto accogliente, e l’atmosfera che si respirava, così tranquilla, lo rese più rilassato.
Doveva affrontare il suo passato, e provare a scrivere al meglio il suo futuro, e farlo non era facile se intorno a lui non c’era armonia.

Un tavolo di legno era accostato a una delle quattro pareti, mentre due divani di un rosso scuro erano rivolti verso un televisore posto su di una mensola, spento.

Qualcosa suggerì al ragazzo che nessun’altro era in casa in quel momento. Anzi, non solo in quel momento, ma proprio ogni giorno.

«Ma...vivi da sola?» chiese Hersel; per un attimo, si chiese se non avesse domandato qualcosa di troppo personale e in modo troppo sgarbato, ma poi scacciò quel pensiero dalla mente; prima di tutto perchè ce ne erano già troppi, ma poi anche perchè ciò che era successo il giorno prima, a quella panchina, aveva, in qualche modo, rafforzato il loro rapporto, lo aveva reso più forte, o così almeno Hershel credeva e sperava con tutto il cuore.

Affrontare le difficoltà con qualcuno accanto faceva la differenza, doveva ammetterlo. Lui, che aveva passato buona parte della sua vita a pensare con la sua mente, da solo. Che aveva contato solo sulle sue forze.

«Si...mia madre è morta quando avevo un anno; mio padre...beh, tempo al tempo, ti spiegherò tutto» replicò Crystal.

Hershel si odiò, ma ammise di aver provato una perversa felicità nel sentirlo.

«Oh...mi dispiace» replicò.

Crystal lo guardò per un attimo; poi disse:

«Se hai provato in qualche modo gioia nel sentire che mio padre è morto, devi semplicemente dirmelo, sai, non importa. Preferisco che tu sia sincero»

Aveva provato in qualche modo a leggergli nel pensiero. Ma anche Hershel ci provò:

«Mi riferivo alla morte di tua madre, non di tuo padre»

«...capisco. Comunque, vieni, siediti, ti mostro i libri» gli indicò il tavolo accostato alla parete, e sparì dietro una porta, probabilmente di un archivio, in cerca dei tanto ambiti tomi.

Il ragazzo si chiese se non fosse stato un po’ troppo duro, con quelle affermazioni; dopotutto, aveva appena detto alla sua ragazza che gioiva nel sentire che suo padre era morto. Non era un grande punto a favore per il suo rapporto con lei, era evidente.

“Povera...chissà come dev’essersi sentita”

Mentre Hershel si arrovellava con questi pensieri, Crystal tornò nel salotto, trascinando con fatica una grande cassa di cartone sigillata.
L’altro si alzò di scatto dalla sedia, e le andò incontro, per aiutarla.
Quando ebbero sistemato lo scatolone sul tavolo, Hershel, con un taglierino, lo aprì. Dentro, una decina di libri erano impilati uno sopra l’altro.
Hershel deglutì a fatica.

Eccoli.
Fa’ qualcosa, Hershel!

Finalmente. Finalmente Hershel poteva fare qualcosa. La sua ricerca poteva finalmente fondarsi su qualcosa di certo, di tangibile.

Poteva raggiungere quei figli di...

Ne prese uno, giallo. Se lo rigirò più volte fra le mani. Il titolo enunciava: “Gli Aslant: leggenda o realtà?”. Lo posò sul tavolo, accanto allo scatolone.
Ne tirò fuori un altro: “Sfogliamo i segreti dei nostri antenati”. Lo accarezzò distrattamente. Stava pensando ad una cosa: averli a sua disposizione gli dava un senso di potere smisurato, una sorta di superiorità spietata.

Poteva vincere ogni cosa, con quelli, lo sapeva. Ne era certo: avrebbe vinto.

«Ecco qua. Tutti questi volumi contengono informazioni dettagliate sulla civiltà degli Aslant» enunciò la ragazza. Prima che potesse aggiungere altro, Hershel era già immerso nella lettura.

 

*


«Allora...cosa dicono?» domandò Crystal; si era sistemata su una sedia di fronte a Hershel, che da mezz’ora, forse più, non alzava gli occhi dai libri. Si era stancata di osservarlo sfogliare con agitazione febbrile quei volumi, tanto che rischiava, nel girare pagina, di strappare i fogli dalla fretta.
L’altro si interruppe, alzò lo sguardo e disse:

«Crystal, ma...qui, non c’è scritto niente sulla Targent. Io volevo sapere di loro, non di questi stupidi Aslant! A che mi serve sapere di gente vissuta secoli fa? Non servono a nulla!» era allibito. Non poteva essere che la Targent non fosse menzionata nemmeno lì.

Un’altra ricerca inutile, allora?

«Calmati, Hershel, ragiona. Io ti mostro questi libri sulla civiltà degli Aslant, l’attuale oggetto di ricerca della Targent. Ma pensa solo un attimo: cos’altro ti posso offrire, io? Non solo delle informazioni sugli Aslant, ma anche molte della Targent, visto che lì, sui volumi, non c’è assolutamente nulla»

Hershel la guardò, per la prima volta dopo mezz’ora.

«Lo faresti?»

La speranza avvolgeva soffice quelle due parole.

«Per te, si. Ma è necessario che tu cambi» rispose freddamente. Si alzò, prese dalle mani di Hershel il libro che stava sfogliando, lo buttò malamente su uno dei due divani, si risedette e disse:

«Per prima cosa, non mi hai nemmeno ringraziato per questi libri. E sarebbe proprio il caso. Seconda cosa, non puoi chiuderti in te stesso, chinarti sui tomi e farmi stare ad aspettare, prima di tutto perchè è sgarbato e scortese, ma poi anche perchè devo raccontarti cosa so sulla Targent. A meno che tu non voglia tornare a casa senza delle informazioni così preziose.
La scelta è tua, Hershel»

“Ha ragione. Dannazione, che stupido. Sono uno stupido” Hershel si sentiva un verme; come aveva potuto trattarla così? Con tutto quello che aveva fatto per lui...
Con il suo modo sgarbato, aveva distrutto ciò che si era creato fra loro il giorno prima, su quella panchina.

Che stupido.

«Perdonami, Crystal. Non avrei dovuto trattarti a quel modo. Quindi, prima di tutto: grazie per avermi fornito tutto questo. Senza di te, sarei ancora a disperarmi su come trovare una pista da seguire per cercare la Targent.
E si, mi interessa ciò che sai su quegli uomini: il tuo contributo è fondamentale. Scusami, spero tu possa perdonarmi»

Entrambi avevano appena fatto esperienza di una cosa: in una relazione, è basilare, talvolta, chinare la testa.
L’umiltà apre la strada all’amore, se è sincera.

La ragazza sorrise.

«Bene. Dunque...ti dico tutto quello che so sulla Targent. Sei pronto a sentire?»

Hershel si sistemò nervoso sulla sedia; non poteva essere più pronto.

«Si, dimmi»

«L’organizzazione con cui abbiamo a che fare si chiama Targent; essa si occupa di ricerche in campo archeologico. Il suo obiettivo
principale è quello di arricchirsi grazie alle scoperte che fa. Ovviamente, ha bisogno di persone competenti, e, a questo proposito, rapisce o ricatta studiosi ed archeologi. Lo sappiamo bene, visto che abbiamo l’esempio lampante dei tuoi genitori»

“Bastardi” l’altro strinse i pugni con odio.

«Mio padre era a capo della Targent. E’ morto 7 anni fa, di malattia. Ora non so chi abbia preso il suo posto; ciò che so è che, se mio padre era determinato a portare avanti le sue ricerche, e lo era credimi, il nuovo boss lo è il triplo. E’ un uomo davvero misterioso, o così almeno ho sentito dire, perchè da quando papà è morto, io non ho avuto più alcun contatto dall’organizzazione. Diciamo pure che la famiglia Bone è “fuori dai giochi”. Non so nemmeno quale sia la loro base; a dire il vero, non l’ho mai saputo. Nemmeno mio padre poteva dirmelo, era un’informazione davvero segreta»

A Hershel venne una curiosità:

«Spero di non essere invadente ma...tu come fai ad avere tutte queste informazioni? Voglio dire, certo che tuo padre era il capo, ma non penso che, prima di andare a dormire, rimboccandoti le coperte, ti raccontava chi avevano rapito quel pomeriggio, o no?»

Prese Crystal un po’ alla sprovvista. Era una considerazione giusta, ma anche molto offensiva verso suo padre.

«L’ho scoperto da sola. Da bambina, avrò avuto 5 anni, stanca del comportamento sospetto e riservato che aveva ogni volta che provavo a giocare con lui, un giorno, lo seguii. Entrato in un bar, confabulava con un uomo. Ero piccola ma non stupida: capii che non volevano darsi sentire. Aspettai che i due finissero di parlare; dopodichè, lo costrinsi a darmi spiegazioni. Lui, colto sul fatto, raccontò. Allora ero solo una bambina, ma da quel momento non smisi mai di documentarmi su cosa faceva e chi incontrava. Fino alla sua morte, riuscivo a raccogliere più o meno tutte le informazioni che volevo; l’ubicazione della loro base, però, non ha mai voluto rivelarmela»

Con mille pensieri che gli frullavano nella testa, Hershel chiese a Crystal di fermarsi un attimo con il racconto: aveva bisogno di assimilare ciò che aveva appena sentito. Aveva bisogno di riflettere con calma.

Crystal, vedendolo stanco, gli propose di continuare più avanti le loro considerazioni, per decidere sul da farsi.
Lui prese con se cinque libri sugli Aslant, per vedere se poteva ricavarne qualcosa leggendoli meglio e più attentamente, e tornò a casa.

Sulla via del ritorno, semplicemente capì una cosa: la vera battaglia iniziava lì, in quel momento.

   
 
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