CAPITOLO 13
Giovanni quella sera non era tranquillo.
Aveva lasciato pianificare tutto da Mario, che poco prima gli
aveva riferito ciò che aveva deciso, ma lui se n’era praticamente già
dimenticato.
Diede tutta la colpa a quella ragazza. Non avrebbe mai dovuto
rapirla. Le sue parole l’avevano ferito, ma l’avevano anche fatto riflettere.
Si sentì improvvisamente un bruto, e si rese conto che, a volte, aveva un
carattere molto aggressivo, e allo stesso tempo stupido.
Infatti, non appena gli veniva fatto notare qualcosa che a
lui non andava giù, tendeva a perdere la pazienza. Era vero che Teresa l’aveva
trattato male, ma prima di tutto era stato lui a farlo. Per la prima volta in
vita sua avrebbe voluto chiedere scusa, e magari chiedere perdono a quella ragazza.
Nel frattempo Furia deviò con masso con un movimento brusco,
che fece tornare in sé Giovanni.
Attorno a lui, i suoi uomini stavano cavalcando in rigoroso
silenzio. Con lui c’erano Mario e altri dieci uomini, un gruppo piuttosto
ristretto, ma più che adatto per compiere piccole rapine.
Quella sera avrebbero tentato di rapinare un piccolo
signorotto, la cui villa distava un paio d’ore di cavallo dal covo dei
briganti. Quella doveva essere, più che una rapina, un’esercitazione, per
tenere in allenamento i suoi ragazzi. Infatti, stando a ciò che erano venuti a
sapere i briganti dall’informatore, quel signorotto non era molto ricco.
Giovanni dovette riconoscere di non sapere neanche il cognome
della vittima, visto che aveva lasciato pianificare tutto al suo braccio
destro, ma poco importava. Una rapina era pur sempre una rapina, e i nomi non
facevano molta differenza, era il bottino ad essere importante.
Ben presto, si ritrovò insieme con i suoi al luogo designato.
In silenzio, tutti smontarono da cavallo, lasciando gli animali liberi.
Mario e Giovanni avanzarono per primi, seguiti dagli altri
dieci.
La villa del signorotto era poco più che una casa normale.
Giovanni cercò lo sguardo di Mario, quasi come per volergli chiedere cosa
l’avesse spinto a scegliere quel luogo, ma anche l’amico aveva il volto
corrucciato, e nel buio il capo dei briganti non riuscì a notare altro.
Comunque ormai era fatta, ed era troppo tardi per tornare indietro.
Velocemente, Giovanni iniziò a percorrere i pochi passi che
lo separavano dall’uscio dell’abitazione.
Il capo dei briganti constatò che la casa giaceva in
condizioni misere; sul retro, un’edera incolta si aggrovigliava fin quasi al
tetto, mentre una vecchia capanna andava in rovina.
Continuò a non fare caso a tutti quegli elementi, ed arrivò
alla porta della villa. Con un colpo, la sfondò. Il legno era marcio. Quella
era la classica porta di un’abitazione abbandonata.
Giovanni si ritrasse subito, capendo che quella si trattava
di una trappola.
‘’Via di qui!’’, gridò ai suoi uomini, che lo guardarono
stupiti.
Poi, dal nulla partì un colpo, che ferì di striscio uno dei
suoi uomini. Subito, tutti capirono, e si gettarono verso ai cavalli.
Dalla porta dell’abitazione abbandonata emersero alcune
figure, che presero a sparare.
In pochi attimi, con il fiatone, Giovanni si ritrovò a
balzare in sella a Furia, e a speronare l’animale. Ma ciò non bastò. Infatti,
nel buio i suoi uomini erano riusciti a superarlo, lasciandolo lievemente
indietro. Gli altri cavalli correvano tutti all’impazzata, mentre Furia veniva
colpito di striscio alla testa.
L’animale s’imbizzarrì, e si impennò, agitandosi in preda al
dolore, mentre il sangue rosso sgorgava dal suo muso. Giovanni ebbe paura, e constatò
che era rimasto solo, visto che i suoi uomini erano tutti passati oltre. Il
gruppo si era dissolto, ed ognuno correva per salvare sé stesso.
Lottando disperatamente sulla sella, e cercando di non
cadere, il capo dei briganti pensò di essere giunto al capolinea. Dopo alcune carezze,
però, Furia si rimise a correre dietro agli altri briganti, ma ciò non bastò.
I criminali erano quasi riusciti a raggiungerlo, e fecero
fuoco su Giovanni.
Furia, rapidissimo, riuscì a seminare i nemici, ma il
brigante gridò dal dolore. Una pallottola era appena entrata nella spalla, e
un’altra nel polpaccio destro. Cercando di non cadere dalla sella, continuò a spronare
il suo cavallo, e ben presto riuscì a seminare i nemici. Ma il sangue
continuava ad inzuppare i suoi vestiti.
Ansimando, Giovanni fece rallentare Furia, e si tastò la
spalla. Ritrasse la mano e la fissò; era tutta sporca di sangue.
Pregò di non essere raggiunto dai nemici mentre inveiva
contro Mario e gli altri, che lo avevano lasciato indietro. Pian piano, insieme
con il sangue, iniziò a perdere anche la coscienza. Il brigante si abbassò
sulla sella, emettendo forti grugniti, come se, insieme al suono gutturale,
riuscisse ad espellere anche un po’ del dolore che provava.
Dopo un periodo di tempo indeterminato, con Furia che
progressivamente rallentava, Giovanni si rese conto di non riuscire più a restare
lucido.
Mentre la sua vista si annebbiava, riuscì ad intravedere una
figura a cavallo che si stava avvicinando. Gli parve di sentire un tono di voce
familiare, ma non ne era sicuro.
Poi, tutto si fece buio.
Teresa quella mattina si svegliò male. Per tutta la notte
aveva avuto incubi, ed aveva riposato veramente molto poco.
Si alzò di buon ora, si vestì in fretta, poi aspettò l’arrivo
di Lina, che, come ogni giorno ormai, la passava a prendere per poi andare
entrambe a casa sua.
Quella mattina tirava un vento forte, e a tratti cadevano
minuscoli fiocchi di neve. Teresa notò che doveva fare piuttosto freddo.
Mentre la ragazza rattizzava la stufa, sentì che qualcuno
apriva la porta, ed infatti entrò Lina. La donna si affacciò solo per un
momento sulla soglia.
‘’Su Teresa, andiamo, prima che si metta a nevicare più
intensamente’’, le disse, restando fuori e socchiudendo la porta.
Teresa non si fece ripetere il messaggio due volte. Infatti,
si avvolse in un pesante mantello e raggiunse l’amica, che la prese subito
sottobraccio.
‘’Che dici, ne farà molta di neve?’’, chiese Teresa,
incuriosita dai fiocchi, che stavano iniziando a cadere sempre più fitti. A
Roma non nevicava quasi mai, e lei era immersa nello stupore.
‘’No, non credo. Non soffia il vento da neve. Vedrai, al
massimo ne farà una spanna, poi smetterà’’, le disse la donna, con fare sicuro.
Teresa rabbrividì mentre una raffica di vento gelido la
travolgeva. L’inverno sembrava che fosse arrivato da un momento all’altro. Solo
il giorno prima il clima era gradevole, e splendeva il sole.
A passi svelti, le due donne raggiunsero il sentiero che
andava a valle, verso la casa di Lina. Teresa continuò a tenere lo sguardo
puntato verso il basso, per fare in modo che i suoi occhi non venissero frustati
dal vento gelido. A dire dell’amica quello non era vento da neve, ma era
comunque molto freddo.
Improvvisamente, un nitrito frantumò il frastuono del vento.
La ragazza guardò Lina, che nel frattempo aveva sentito anche lei, però la
donna si limitò a scrollare le spalle e proseguire.
Non fecero in tempo a percorrere una ventina di passi che
davanti a loro apparvero i briganti a cavallo. Le due donne si fecero da parte,
lasciando passare la colonna dei loro cavalli. Tutti erano incappucciati e
avvolti in grossi mantelli, che non lasciavano intravedere quasi nulla.
Teresa notò fin da subito la mancanza delle figure di Mario e
Giovanni. Comunque, non ci prestò molto caso, e neppure Lina lo fece. Non appena
la colonna ebbe finito di transitare, la ragazza trovò la risposta alla sua
domanda di poco prima.
Lina e Teresa mossero pochi passi avanti, e da dietro un cespuglio di ginepro apparve
Mario, che, a piedi, con la mano destra teneva le redini del suo cavallo,
mentre con quella sinistra cercava di guidare anche Furia.
Teresa a momenti gridò. Accasciato sul suo cavallo, Giovanni
pareva senza sensi. Aveva una mano premuta sulla spalla. La ragazza, con un
balzo, gli si avvicinò.
‘’Giovanni! Giovanni!’’, provò a chiamarlo, scuotendolo.
‘’Ma cos’è successo?’’, chiese Lina a Mario, stupita.
Teresa toccò la testa del brigante, che in quel momento girò
il volto verso di lei e la guardò. La ragazza notò che aveva gli occhi vitrei.
‘’A… aiutami’’, bisbigliò l’uomo, che cercò di togliere il
piede sinistro dalle staffe.
Teresa si passò una mano tra i capelli scompigliati dal vento
ed inumiditi dalla neve, e vide che il volto del brigante era pallido e
sconvolto dal dolore.
Mario, intanto, era rimasto in rigoroso silenzio, e non
rispose alla valanga di domande di Lina.
Teresa cercò di fare
del suo meglio, tolse prima un piede poi l’altro dalle staffe, mentre Mario si
avvicinava per aiutare il suo capo a smontare.
‘’Siamo troppo lontani. Dove vuoi andare? Teresa, lascialo lì
sopra’’, disse Mario ad un certo punto, categorico. Giovanni lo fissò.
‘’No. Voglio scendere qui. Poi… poi mi porterete…’’. Il capo
dei briganti non terminò la frase.
‘’Ha perso molto sangue. Non ha ferite gravi, ma ha galoppato
per parecchie ore e se qualcuno non gli cura la ferita alla spalla morirà
dissanguato. È in confusione, ora lo lego sul cavallo e lo portiamo alla sua
cascina’’, continuò a dire Mario.
‘’No!’’, ribadì Giovanni, che poi, con una lieve spinta, si
fece ruzzolare giù dal cavallo.
Fortunatamente, Mario riuscì ad afferrarlo, almeno in parte,
attutendogli la botta con il duro terreno ghiacciato.
‘’E’ pazzo’’, disse Mario.
‘’Non è pazzo. Soffre. Avete cavalcato a lungo, e gli
scossoni del cavallo avranno danneggiato le parti lese. Avanti, portiamolo a
casa mia, che è poco distante, poi gli darò un’occhiata’’, suggerì Lina.
Tutti furono d’accordo, compreso Giovanni, che annuì con la
testa.
‘’Chiama indietro qualche ragazzo, che ci aiuti a
trasportarlo’’, continuò a dire Lina. Mario scosse la testa, amareggiato.
‘’Non credo che sia il momento giusto. Questa notte se la
sono presa per il fatto che abbiamo subito un agguato. E vedere il loro capo
ridotto in questa maniera potrebbe metter loro strane idee in testa, per questo
ho viaggiato dietro la colonna, un po’ distanziato’’, disse l’uomo, scrollando
le spalle con un gesto di rassegnazione.
‘’Oh. Ma cos’è successo di preciso?’’, continuò a chiedere
Lina, mentre aiutava Mario a sorreggere il capo dei banditi.
‘’Due giorni fa ho avuto una soffiata. Una spia si è recata
da me per indicarmi un’abitazione di piccoli nobili, a poche ore di galoppo da
qui. Pensavo fosse una buona idea per far svagare i ragazzi, e l’ho suggerito
anche al capo, che ha accettato subito. Però, a quanto pare, era stata tesa una
trappola. La casa era tetra, sembrava disabitata, e Zvàn si è fatto strada ed è
entrato all’interno della dimora. Poi, improvvisamente, sono esplosi i primi
colpi, e tutti siamo fuggiti, in un modo a dir poco disperato. Dopo un po’, mi sono
accorto che il capo non era con noi, così sono tornato indietro per cercarlo, e
l’ho ritrovato così. Comunque, poteva finire anche peggio’’, concluse Mario.
Teresa, che nel frattempo stava tirando per le redini dei due
cavalli, per farli muovere più velocemente, rimase in ascolto, senza dire
nulla. A tratti, il vento era così impetuoso che sembrava ruggire nel mezzo
degli albero spogli.
‘’Ma chi può essere stato ad organizzare questa trappola?’’,
continuò a chiedere Lina, che pareva insaziabile di risposte.
‘’Ancora non lo sappiamo. Ma lo scoprirò molto presto. Farò
catturare l’informatore che ha mentito, ovunque esso si stia nascondendo’’,
rispose Mario con decisione, lasciando la stessa Lina senza altre domande.
Teresa non era riuscita a dire nulla. Vedere quell’uomo così
forte ridotto in quel modo, le faceva male. E pensare che solo il giorno prima
l’aveva pesantemente offeso. La ragazza si sentì in colpa.
Giovanni arrancava, sorretto a fatica dal suo braccio destro
e da Lina. Le sue guance, a volte si gonfiavano, come se cercasse di trattenere
dentro di sé un ruggito di dolore. Eppure, quell’uomo, nonostante le ferite,
manteneva una grande dignità, e non fece alcuna scenata o pianto.
Teresa si accorse che anche Furia era ferito al muso, fortunatamente
solo di striscio.
Ben presto, i quattro si trovarono di fronte alla porta di
Lina. Teresa attese un attimo fuori con i cavalli, fintanto che Lina e Mario
non ebbero sistemato alla meglio il brigante ferito.
Poi, Mario tornò fuori, il volto livido dal freddo e dalla
rabbia. Prese le redini dei cavalli, e si allontanò senza dire nulla. Era in
apprensione per il suo capo.
Teresa entrò subito nella casa di Lina, felice di non dover
più affrontare la tempesta che infuriava lì fuori. Giovanni era disteso sul
letto della donna, che intanto gli stava togliendo il mantello, che era lacero
ed insanguinato.
‘’Teresa, metti una pentola d’acqua a scaldare sulla stufa’’,
le disse Lina. Teresa obbedì subito.
Lina mise a nudo la spalla del brigante e parte del petto, e
prese ad analizzare la ferita.
‘’Niente di troppo serio. La pallottola è rimasta dentro e la
ferita va richiusa, però non è nulla di eccessivamente grave’’, disse la donna,
con evidente sollievo. Teresa sorrise, senza dire nulla.
‘’La… gamba’’, sussurrò il ferito. Lina e Teresa lo fissarono
con fare interrogativo, poi la donna notò un foro nello stivale destro. Con
decisione, Lina lo sfilò, facendo sfuggire un gemito al brigante.
Effettivamente, Giovanni era stato colpito anche al polpaccio
destro, apparentemente di striscio. Almeno lì, il sangue stava cominciando a
raggrumarsi.
‘’La tua fortuna è stata che quei tizi non avevano una grande
mira’’, riprese a dire Lina, mentre strappava una parte dei calzoni del
brigante, che prese ad agitarsi.
‘’E sta buono! Non pensare ai calzoni, pensa a te stesso’’,
gli disse, con toni quasi ironici. L’uomo non rispose. Poi, sempre con tatto,
la donna si mise ad ispezionare meglio anche quella ferita.
‘’Niente di grave anche qui. Ma bisogna ripulire, richiudere
e disinfettare tutto. Io non sono capace di fare tutto ciò’’, disse Lina.
‘’E allora come facciamo?’’, chiese improvvisamente Teresa,
con toni ansiosi.
‘’Oh, stai tranquilla. Nella vallata ci vive una contadina
che è capace di curare le ferite ed estrarre i proiettili. Tutti dicono che è
molto brava. Si sa, in momenti come questi donne del genere servono sempre.
Vive non molto distante da qui’’,
continuò a dire la donna.
‘’Beh, allora è abbastanza vicina a noi’’, osservò la giovane
con sollievo.
‘’Non cantar vittoria troppo presto, ragazza. Andare a
cercarla, con una giornataccia così, sarà veramente dura. Ma io ci andrò
ugualmente’’, concluse la donna, che si mise ad indossare il mantello.
Teresa continuò a guardarla senza dire nulla. La donna, poco
dopo, prese anche un sacchettino, con alcune monete all’interno, e stringendolo
forte si accinse ad uscire.
‘’Teresa, cercherò di fare il più presto possibile. Tu stai
qui con Zvàn, e cerca di tenerlo sveglio’’, disse frettolosamente Lina, che poi
tirò un sospiro ed uscì.
La ragazza le gettò un’ultima occhiata dal vetro della
finestra. La donna arrancava, poiché il vento era molto forte. Poi, al suolo
c’erano già alcuni centimetri di neve. Ben presto, Lina scomparve nella
tormenta. Teresa sospirò, prese una sedia e andò a sedersi a fianco del
brigante.
‘’Stai tranquillo, vedrai che tornerà presto’’, provò a
dirgli, per rassicurarlo. Giovanni si girò verso di lei.
‘’Non credo che farà tanto presto. E poi… e poi, le ferite….
Non si curano così in fretta…. Ed ho perso troppo sangue’’, concluse il
brigante, con il respiro affannato.
‘’No, basta, ti prego, non parlare più. Lascia che lo faccia
io’’, gli disse Teresa, preoccupata per il suo stato di salute. Lui alzò lo
sguardo, e puntò i suoi occhi in quelli della ragazza. Fu uno sguardo
silenzioso, ma allo stesso tempo pieno di significati. Teresa lesse dolore nei
suoi occhi, ma anche sentimenti repressi.
La ragazza si risistemò meglio sulla sedia, e prese a narrare
qualche racconto che le avevano raccontato durante la sua giovinezza, in modo
da intrattenere il brigante e cercare di tenerlo sveglio, ma ben presto si
accorse di ottenere l’effetto contrario.
Lina non tornava, e il brigante era sempre più pallido ed
assonnato. Dalla ferita alla spalla aveva ripreso ad uscire sangue. Teresa
iniziò a guardarsi attorno, in preda al panico, senza sapere cosa fare. Intanto,
Giovanni chiuse gli occhi.
A quel punto, la ragazza tentò un ultimo appiglio, ovvero
esprimere i suoi pensieri e dire la verità. Espresse quei pensieri che la
tormentavano già da un po’.
‘’Giovanni’’, gli disse. Il brigante sussultò lievemente, e
con grande fatica la guardò. ‘’Non devi morire. Pregherò perché tu non muoia,
poiché per me sei una persona importante e perché… perché… mi piaci davvero un
bel po’ ’’, ammise Teresa, balbettando. Il suo volto divenne subito paonazzo,
mentre abbassava lo sguardo, in preda all’imbarazzo.
Si sentì una bambina stupida. Si chiese dove fossero finite
le sue buone maniere, in fondo non era stata educata per comportarsi in quel
modo. Lei era una contessina, e da lei ci si aspettava un certo comportamento,
e non di rivelarsi e di parlare come una popolana. Eppure, in quel momento le
parve la scelta migliore.
A quel punto, il brigante spalancò gli occhi dalla sorpresa,
ma non disse nulla.
Per tutto il resto del tempo, le sue palpebre lottarono per
stare aperte, e i suoi occhi furono sempre e solo fissi su di lei.
Teresa si sforzò di continuare a mostrarsi calma, e di tanto
in tanto cercava di sorridere, pregando che Lina tornasse presto.
NOTA DELL’AUTORE
Ciao a tutti, e grazie per aver letto anche questo capitolo J
Giovanni è caduto in un’imboscata, ma ancora non sappiamo di
preciso chi sia il fautore di tutto ciò. Forse lo scopriremo più avanti… J
Teresa invece ha trovato il coraggio di pronunciare certe
parole, anche se in un momento poco opportuno. Però, è riuscita a rivelare il
suo interesse.
Come procederà la vicenda? Lo scopriremo a breve J
Grazie a tutti voi, miei carissimi lettori, per passare a
leggere questo racconto, e per averlo scelto J
Grazie, ancora, a tutti! J a lunedì prossimo J