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Autore: violadelpensiero    03/03/2015    1 recensioni
Gli opposti si attraggono? Gli antipodi si completano?
No, questa storia dimostrerà che forse sono le cose che ci permettono di rispecchiarci nell'altra persona ad avvicinarci maggiormente a lei. Allora che cosa condivide Draco Malfoy con Ginevra Weasley? Sesto anno, una Ginny che ha sempre ricevuto amore dalla sua famiglia ma che non riesce ad accontentarsi delle cotte adolescenziali e cerca il sentimento con la A maiuscola e Draco, Mangiamorte per costrizione, intrigato dalla caparbietà dell'unica ragazza che non ha paura di dire le cose come stanno e a tenergli testa per difendere le sue idee. Un mix scoppiettante di incontri rubati, chiarimenti su sè stessi e dialoghi complici nella mia prima long FF Drinny.
(Stralcio dal primo capitolo, POV GINNY)
-Che cosa vuole da me Malfoy?- pensò non irritata né spaventata, ma, si rese conto, curiosa. Iniziò un gioco di sguardi che durò a lungo. Ginny alzò un sopracciglio come a dire: “Che cosa vuoi da me?”. Il ragazzo rispose con un gesto identico e un’alzata di spalle che la rossa tradusse come: “Mah, vediamo dove ci porta il destino”. Stavano flirtando!
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Violadelpensiero
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley | Coppie: Draco/Ginny
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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DRACO 10 maggio

Lettere infervorate e sollecite continuavano ad arrivare con cadenza regolare da Malfoy Manor, attraverso la maestosa aquila reale di Lucius. Ogni volta che entrava in Sala Grande e planava sul tavolo Slytherin con alterigia, Draco non solo s’imbarazzava per quella sfacciata ostentazione di lusso –poche famiglie potevano vantare di aver avuto un’aquila come messaggera, considerando il prezzo e la difficoltà di allevamento dell’animale-, ma si sentiva anche male per le notizie imprevedibili che poteva portare. Inoltre non gli era mai piaciuto quell’uccellaccio; era come se nel becco uncinato intravedesse la linea dura della bocca di suo padre e negli occhi di ghiaccio la freddezza calcolatrice. Le settimane correvano fra esami, verifiche e interrogazioni serrate, mentre i professori intensificavano le spiegazioni in vista degli esami finali. Dopotutto, Hogwarts era una delle scuole magiche più prestigiose non a caso. Il Preside Silente sembrava scomparso, tanto che il suo imponente scranno di legno durante i pasti era sempre vuoto e torreggiava sulla sala rumorosa. Giravano molte voci su cosa stesse facendo, da collaborazioni segrete con il Ministero delle Magia a un’improbabile vacanza alle Hawaii. Ah, le gemelle Patil, che pettegole! Evangeline non lo lasciava respirare: “Draco, dove vai? Cosa fai? Studiamo insieme? Perché non stai mai con me? Devo ricordarti che sono la tua promessa sposa?” Il sommarsi di tutte queste cose lo innervosiva. Si sentiva scoperto, debole, anche se aveva ripassato il piano di fuga con Theo così tante volte che se chiudeva gli occhi poteva vedere le cose da fare punto per punto in sovrimpressione. Il dolore al braccio, quelle fitte lancinanti che altro non potevano essere se non le chiamate di Voldemort, lo spossavano e lo lasciavano tremante. Per fortuna, Ginny era quasi sempre con lui e divideva il peso di quelle fatiche, anche solo con la sua presenza silenziosa. Bastava un suo sguardo obliquo o una mano posata sul suo braccio per calmarlo. Lo spaventava un po’, questo potere che aveva su di lui.

Nel frattempo, sostenuto da tutti i suoi amici, ma in modo particolare da Ginevra, Blaise aveva smesso di bere una volta per tutte. Ne avevano provate di tutte i colori per trovare un valido sostituto: mentine, centrifugato di zucca, caramelle, thè verde, caffè, fino a quando lo Slytherin ricciuto non aveva scoperto il succo al mirtillo: suo nuovo amore, sostituiva efficacemente ogni alcolico e, anche se forse abbondava nelle dosi, non era deleterio per la sua salute. Era pure convinto che lo rendesse affascinante e lo beveva in bassi bicchieri di cristallo con cubetti di ghiaccio sorseggiandolo proprio come se fosse bourbon. Ovviamente nessuno gli aveva fatto presente che era ridicolo, ma lo facevano per lui e per la sua autostima. Lo vedeva chiacchierare con Ginevra, l’onnipresente succo in mano, e raccontarle i particolari dell’infanzia sua e di Draco, ridendo con uno sguardo un po’ malinconico. La camera Serpeverde era il quartier generale del loro buffo gruppo, disseminata dei libri per i G.U.F.O. della ragazza, che studiava anche se non li avrebbe mai sostenuti per via della fuga, bottiglie vuote di Blaise e post-it con appunti e mappe di Theo, davvero, davvero ovunque. Draco si lavava i denti e sullo specchio c’era scritto, con la matita per occhi che Ginny aveva dimenticato lì, “COSE DA PRENDERE” oppure perfino nei suoi cassetti poteva trovare fogli sparsi con elenchi di case sicure, liste o luoghi utili. A volte Draco si preoccupava che qualcosa potesse involontariamente essere ascoltato o che qualcuno s’intrufolasse nella stanza, così piena di indizi sulla partenza dei ragazzi, perciò ogni volta che usciva poneva un incantesimo di chiusura sulla porta. Poi però scuoteva la testa per le sue paure ingiustificate e andava avanti…

Un giorno, mentre stava scarabocchiando annoiato il profilo di un castello su un angolo della sua pergamena, il professor Piton gli fece recapitare un messaggio che lo informava che era richiesto nell’ufficio del Preside. Sobbalzò e chiese il permesso di uscire alla professoressa McGranitt; sentiva gli occhi di Potter, dietro a quei suoi fondi di bottiglia, pungergli la schiena. Era da qualche tempo che lo aveva beccato a fissarlo, con rancore, quasi una sorte di… gelosia. Ottenuto un cenno d’assenso sorpreso, uscì dalla classe, sentendo la professoressa ricominciare a spiegare l’argomento del giorno. I corridoi erano ovviamente vuoti, essendo proprio la metà della terza ora. Si chiese dove fosse Ginny in quel momento e non cosa voleva da lui il preside: non gli era così difficile immaginarlo. Arrivato davanti ai due gargouille posti da sentinelle alla porta, pronunciò titubante la parola d’ordine scritta nel biglietto di Piton: -Palline acide?-

-Sei sveglio, ragazzo- ironizzò il mostriciattolo destro, ghignando e facendo cenno alla fessura della porta che si era aperta. Draco alzò gli occhi al cielo ed entrò, silenzioso. Lo studio era immerso nel sole mattutino che spuntava dalla grande finestra davanti al trespolo dell’araba fenice del preside. Di lui, si vedeva solo la sagoma in controluce, le mani intrecciate dietro la schiena, l’ampia veste violetta.

-Buongiorno, professor Silente- lo salutò cauto, ma cortese, fermandosi per rispetto presso la scrivania e chinando il capo. Tra gli Slytherin, i più giovani non alzavano lo sguardo fino a quando l’altra persona non si rivolgeva direttamente loro. Draco guardò gli oggetti d’argento bizzarri che soffiavano e vibravano sul tavolo sotto la biblioteca immensa. Il Pensatoio fumava in un angolo, azzurrino e perlaceo. Il preside si girò quasi subito, accogliendolo con calore e indicando con ampi gesti la sedia opposta alla sua: -Vieni, Draco, vieni a sederti-

Il ragazzo si accomodò in punta di sedia, considerando forse per la prima volta l’uomo, il grande mago, che aveva davanti. Lo aveva sempre ritenuto un pazzo, folle per certi versi, con tutte le sue idee sulla forza dell’Amore. Eppure, in un certo senso, iniziava a capire cosa intendesse. Silente intrecciò le mani sotto il mento, osservandolo indagatore con quei suoi occhi azzurri, quasi da bambino, da dietro le lenti a mezzaluna degli occhialini.

-Allora ragazzo, cosa volevi dirmi?- domandò pacato. Per poco Draco quasi non cadde dalla sedia dallo sconcerto. “Ma come?!” pensò, “Mi ha chiesto lui di venire. E’ proprio fuori…” La sua espressione attonita non scompose minimamente il mago, che continuò a osservarlo in modo enigmatico e fiducioso. Fanny emise un musicale verso dal suo trespolo, allora il ragazzo deglutì e gli porse il foglio vergato di sua mano: -Il professor Piton ha detto che era da parte sua- Silente rimase immobile e sorridente: -Conosco perfettamente il contenuto di quel biglietto-

-Ma non è di questo che vuole parlare, vero?- Draco ritrasse la mano, capendo dove il mago lo stava portando. Appoggiò il biglietto sul tavolo, soppesando le sue parole con attenzione.

Il vegliardo annuì, pacifico: -Esatto, ragazzo. Esatto-

Il Serpeverde all’improvviso sussultò e abbassò lentamente il braccio sinistro, dolorante. Era da qualche giorno che il Marchio non gli dava tregua con il bruciore e il prurito continuo. Sembrava ingrandirsi sempre di più e pulsare di vita propria. Forse aveva le allucinazioni; d’altra parte l’insonnia lo sfiancava. Draco a disagio lo grattò sopra la manica e allo sguardo acuto del preside non sfuggì il movimento, seppur impercettibile. Smise immediatamente e osservò il mago alzarsi per andare ad accarezzare l’araba fenice dalle piume iridescenti.

-Ti duole? Un buon unguento di assenzio potrebbe aiutarti- disse dolcemente osservandolo con quei suoi occhi turchini così fastidiosamente compassionevoli. Il ragazzo ignorò del tutto il commento, domandando con urgenza, anche se sapeva già la risposta: -Sta arrivando, vero?- Non si potevano spiegare in nessun altro modo i sintomi e, in cuor suo, sebbene avesse cercato di negarlo, l’aveva già capito. Non poteva più tenerlo nascosto. Il professore per la prima volta in tutta la visita distolse gli occhi dai suoi e sembrò all’improvviso diventare molto vecchio, con le spalle curve e lo sguardo sconfitto.

-Non dovrebbe andare così- mormorò, parlando quasi tra sé –Non c’è più tempo… Dovete andarvene, al più presto. Ho fissato la vostra passaporta fra cinque giorni esatti. Quando la prenderete, per sicurezza, sarà presente anche l’Ordine. Vi aspetto alle sedici qui nel mio ufficio. Sarà meglio che la Signorina Weasley sia coperta da un mantello pesante. I Signori Weasley non verranno qui ad Hogwarts, ma in ogni caso non è il caso che qualcuno noti la sua partenza… anticipata- Draco arrossì e si rese conto che non avrebbe potuto nascondere Ginny per sempre. In qualche modo il preside l’avrebbe vista arrivare, no? Alla fin fine era meglio così, sia che lei partisse con loro che Silente lo sapesse. Lucius avrebbe potuto torturarla per sapere dove era andato, per non parlare di Voldemort, che sicuramente aveva il desiderio di punire i disertori e il preside sembrava non condannare questa scelta. Forse anche lui credeva che sarebbe stata la cosa migliore per lei. -Quindi… sta arrivando?- domandò cauto, torcendosi il braccialetto di cuoio che portava al polso.

Lo sguardo di Silente era greve: -Sì-

GINEVRA

Non è facile pensare che all’improvviso non vedrai più attorno a te i tuoi amici, gli ambienti in cui sei cresciuta -le aule spaziose dei compiti in classe e delle infinite spiegazioni, il dormitorio condiviso delle chiacchierate a tarda notte, la Sala Grande, ricordo sempiterno delle cene, dei balli, delle feste-, la scuola che ti ha ospitato. Da quando Draco le aveva riferito del suo incontro con Silente e da quando era stata fissata una data certa per la loro partenza, le sembrava che il tempo passasse alla velocità della luce.

Fra cinque giorni, ore sedici.

Fa cinque giorni, ore sedici. La data era sempre stata molto vaga, ma ora una scadenza così inflessibile la spaventava un po’. Non c’era il tempo necessario per fare tutte quelle cose che aveva desiderio di lasciarsi alle spalle. Non sapeva esattamente cosa, eppure sentiva di doversi preparare per bene. Come poteva immaginare di iniziare una nuova vita, se prima non avesse messo a posto il suo passato? Oh, non si pentiva della sua scelta, perché ormai ogni luogo in cui ci fosse stato anche Draco era casa. Lo amava così tanto… Se fino a un anno prima glielo avessero detto, avrebbe riso fino alle lacrime. Adesso, invece, non riusciva a pensare di non averlo accanto. Mentre sistemava le poche cose che le sarebbero servite per il viaggio ignoto nella sua camera bordeaux vuota, Ginny si chiese con malinconia se avrebbe mai rivisto i suoi genitori, i suoi fratelli, talvolta fastidiosi, sì, ma amatissimi. E le sue amiche? La mestizia la assalì, per fortuna in un momento in cui Draco non era presente. Quanto sarebbe stato male, vedendola così abbattuta.  Si deterse quasi con rabbia le lacrime bollenti che le rigavano le guance e le appannavano gli occhi. Odiava sentirsi così debole e insicura: non se lo poteva permettere, non in quel momento. Piegò una maglia, singhiozzando senza ritegno e alla fine la buttò in un angolo, accartocciandosi contro la sponda del suo letto per piangere in pace. Arnold le si avvicinò saltellando e con un pigolio le diede una leccatina sulla mano. La rossa lo prese in mano, stringendolo a sé. Dopo che si fu sfogata e che dai suoi occhi arrossati non uscì più nemmeno una lacrima, si alzò risoluta. Finì di sistemare la sua borsa, diventata spaziosa grazie a un Incantesimo che aveva imparato con il professor Vitious, diede un’ultima, lunga occhiata alla sua stanza e uscì. Qualche tempo prima, aveva pensato di scrivere delle lunghe lettere in cui spiegava la situazione ai suoi amici e parenti, però quando le aveva lette con Draco, lui l’aveva guardata con doloroso rammarico e Theodore aveva chiarito che non poteva lasciare delle informazioni così rintracciabili. Le spie di Voldemort e i suoi mezzi erano onnipresenti… Avrebbero sicuramente trovato una lettera, che, seppur priva di coordinate fondamentali, poteva essere un primo indizio di partenza. I ragazzi e Ginevra dovevano sparire, all’improvviso, da un momento all’altro. Silente, a tutti coloro che lo avessero chiesto, avrebbe detto che gli Slytherin dovevano tornare a casa per svolgere mansioni familiari (cosa non del tutto impensabile, data la precocità dei Serpeverdi) e che Ginny era semplicemente scomparsa. Chi avrebbe mai collegato la Grifondoro orgogliosa al ragazzo che dall’inizio della scuola l’aveva derisa e umiliata? Il reciproco disprezzo l’uno per l’altra non era un segreto al Castello, sebbene da qualche tempo i due non si erano più visti battibeccare. Oh, Ginevra non dubitava che i suoi fratelli avrebbero messo sottosopra Hogwarts per trovarla, ma in questo caso una lettera fallace sarebbe stata d’aiuto. Aveva scritto che si voleva recare in Romania da suo fratello Charlie, perché le mancava molto e che non aveva più intenzione di continuare la scuola. Certo, passava come una bambinetta infantile e capricciosa, però forse in questo modo avrebbe potuto depistare i suoi inseguitori. Sperò che Charlie non si arrabbiasse e che non venisse messo in mezzo a questa follia. Camminò per il lungo corridoio cercando a tutti i costi di avere un’aria naturale e rilassata, mentre il sole ancora alto entrava dalle finestre con raggi arcobaleno. Per fortuna alle cinque del pomeriggio c’era poca gente in giro. Gli esami si avvicinavano e le giornate si allungavano: chi studiava chiuso in biblioteca per non farsi distrarre, chi prendeva il sole e si rilassava nell’ampio giardino e chi, infine univa le due cose, portando libri e vocabolari nel parco con una bella coperta. Lei stava continuando a studiare, spesso buttandosi nei compiti per dimenticare e non pensare, anche se sapeva che non avrebbe mai dato gli esami. Draco l’aiutava molto e anche Theodore; Blaise l’ascoltava quando ripeteva, bacchettandola per gli errori. Erano tutti e tre studenti brillanti, anche se portati per materie diverse. Anche lei, da studentessa non mediocre, ma nemmeno eccelsa, era migliorata considerevolmente. Quando entrava raggiante nella camera dei ragazzi con una E vergata di rosso sul suo compito si sentiva davvero bene. Poi Draco la baciava e tutto era perfetto. Persa nei suoi fantasticamenti, non si accorse della persona che aveva davanti e ci andò a sbattere del tutto involontariamente. Le cadde la borsa e alcuni oggetti rotolarono sul pavimento: -Oddio, scusami, non ti avevo visto, non volevo proprio- si profuse, raccogliendoli ed alzandosi di scatto per vedere chi aveva investito. Si stava proprio spostando una ciocca di capelli che le era caduta sul viso, quando una voce che ben conosceva fece per tranquillizzarla: -Calma, Gin, non è successo niente- La rossa si irrigidì e riconobbe Harry davanti a sé. Lui lì con le mani aperte quasi in segno di scusa, o forse di pace, i capelli perennemente spettinati, gli occhiali tondi un po’ storti e quel suo sguardo benevolo. Ginny non aveva dimenticato come si era approfittato di lei quella volta nello spogliatoio di Quidditch e nemmeno come l’aveva forzata a baciarlo. La vergogna e lo sdegno che provava la fecero ancora arrabbiare. Infuriata, stava per intimarlo di lasciarla stare, quando lui disse tutto d’un colpo: -Ginevra, scusami per quella volta! Io non ho idea di cosa mi sia preso e il mio gesto è stato imperdonabile. Solo che… mi sono accorto che mi piacevi proprio perché tu hai iniziato a rivolgerti a qualcun altro-

La Grifondoro incrociò le braccia, sospettosa eppure impietosita. Harry aveva abbassato la testa avvilito e la guardava da sotto le ciglia, porgendo le sue scuse. Come poteva non accettarle? Lo conosceva da quando aveva sei anni, era cresciuto insieme a lui, trattandolo al pari di un fratello. E sembrava veramente dispiaciuto… Tentennando, quindi, rispose: -Ciò che hai fatto è stato disgustoso, soprattutto perchè contro la mia volontà, però voglio accettare le tue scuse. Non sono il tipo da giudicare una persona solo per un’azione sbagliata che ha fatto in passato. E’ una lezione che ho imparato sulla mia pelle- in quel momento parlava con Harry, ma pensava innegabilmente a Draco. Allungò una mano, sorridendo: -Pace?-

Il moro tese la sua, stringendola con un luccichio di felicità negli occhi verdi: -Certo!- Camminarono insieme per il resto del corridoio, in un piacevole silenzio fino a quando una domanda candida del ragazzo, seppur del tutto amichevole, la fece tremare dalla paura: -Allora, come va fra te e Malfoy?- Impietrì, impallidì, si fermò e lo fissò con uno sguardo così evidentemente costernato che Harry le chiese se stesse bene. Ginny provò a parlare, ma la prima volta le uscì solo un suono rauco. Non poteva negare, lui era così sicuro, quai compiaciuto che lo avesse scoperto. Con il secondo tentativo, le uscì in un soffio: -E come lo sai?- Il ragazzo deglutì e iniziò a spiegare: -Quando mi sono accorto di essere innamorato di te, qualche mese fa, ho iniziato a frequentare i posti in cui di solito sapevo di trovarti. E le coincidenze sono state davvero troppe. Fino a quando ho incrociato Malfoy sulle scale del settimo piano e non ho avuto più dubbi, nonostante metterei la mano sul fuoco che non mi avrebbe creduto nessuno se lo avessi detto in giro. La bella Griffyndor e il burbero Slytherin! Ahah-

Ginny boccheggiò, anche se Harry continuava a chiacchierare perfettamente a suo agio, sorridente e affettuoso: -Mi sono arrabbiato moltissimo quando l’ho scoperto, ma ora che ho fatto pace e ho capito che sei solo un’amica per me, sono divertito-

Scuotendo la testa e riacquistando un po’ di voce, sussurrò, preoccupata: -Ma non l’hai detto a nessuno, vero? Nemmeno a Ron, o a Hermione, no…?-

-No, stai tranquilla, l’ho tenuto per me. Chissà cosa avrebbe fatto tuo fratello se lo avesse saputo…- ridacchiò. Ginny non sorrise nemmeno e, stringendolo brevemente per una spalla, lo lasciò lì: -Bravo, continua a mantenere il segreto. Adesso devo andare. Ci si vede- Corse via con il cuore in gola e arrivò davanti alla Stanza delle Necessità, incriminata di nascondere i loro incontri proibiti. Spalancò le porte, entrando con foga e chiamò, leggermente affannata: -Draco! Sei qui?- La sua voce tesa risuonò nella stanza, ma già alla prima occhiata Ginny si era accorta che lui non era presente. Il letto aveva le coperte verdi perfettamente ripiegate, il camino era spento, con le ceneri argentee fredde da tempo, il tavolo sgombro, senza traccia di libri o oggetti appartenenti al ragazzo. Si rendeva conto del pericolo che stavano correndo in quel momento, eppure aveva solo tanta voglia di seppellirsi sotto le coperte e piangere ancora. Strinse gli occhi per trattenere le lacrime e si avviò verso l’uscita. La sua mano trovò conforto stringendosi intorno al medaglione dorato allacciato alla sua collana. Era stranamente tiepido e liscio, solido; la rincuorò un poco. Passò davanti al grande specchio posto all’entrata e si fermò, studiandosi pensosamente. Si potevano vedere i segni di questo grande cambiamento che sentiva? Il riflesso mostrava una ragazza pallida con lunghi, lisci capelli ramati che circondavano un viso molto magro dalle lentiggini sbiadite. Non sembrava nemmeno lei… Era la versione più adulta di Ginevra Weasley, completamente diversa dalla ragazza che aveva iniziato la scuola a settembre. Sospirando, distolse lo sguardo da quella sconosciuta e iniziò a camminare stancamente lungo il corridoio del settimo piano. Forse il Destino questa volta ebbe compassione di lei perché all’improvviso dalle scale davanti a lei comparì Draco, che camminava con la testa china e le mani in tasca. Perso nei suoi pensieri, non la vide e Ginny, fermandosi, si prese tutto il tempo per ammirarlo. Osservò il modo in cui i capelli gli ricadevano sulla fronte, l’espressione concentrata, il movimento fluido e naturalmente aggraziato del camminare. Involontariamente le venne da sorridere e, seppur ancora preoccupata per ciò che le aveva detto Harry, non sentiva più gravare su di sé quella tristezza inconsolabile. Alla fine, il biondo alzò gli occhi e la vide ferma davanti alla finestra. Ginevra immaginò che il suo sorriso dovesse essere identico al proprio: -Ehi- Gli corse incontro e lo abbracciò, sentendo le sue mani che si allacciavano dietro la schiena.

-Ciao, bella ragazza- rispose lui ridendo. La Grifondoro si alzò in punta di piedi per baciarlo, con le mani intorno al suo viso. Unì le labbra con quelle del ragazzo, sentendo il cuore battere più forte. All’improvviso, proprio nel mezzo del bacio appassionato, Ginny si staccò con gli occhi sbarrati: -ODDIO DRACO!- La faccia del ragazzo fu di puro sconcerto: -Cosa c’è?! Ti ho fatto male?- Le studiò il viso per cercare ferite, ma la ragazza fece un gesto con la mano come per cacciare via l’idea e si ricordò del piccolo, enorme particolare che doveva riferire al Serpeverde: -Dovevo assolutamente dirti questa cosa! Ho visto Harry poco fa, no, smetti di fare quella faccia, ho fatto pace con lui. Comunque, non è questo il punto. Mi ha detto che sa di noi!-

Draco la guardò attentamente, con una ruga di preoccupazione che gli aggrottava la fronte: -In che senso sa di noi?-

-Ci ha visti entrare nella Stanza ed evidentemente ha fatto due più due- spiegò avvilita –Ma mi ha giurato che non lo dirà a nessuno ed io ci credo, Draco- Quasi parlando tra sé, il ragazzo rispose: -Effettivamente l’ho incrociato qualche volta sulle scale mentre venivo da te… Però pensavo fosse di ronda! Dobbiamo stare molto, molto attenti, Gin. Nessun altro lo deve sapere-

Ginny sentì un macigno di ansia che si posizionava nel suo stomaco e un groviglio di inquietudine bloccarle la gola, presagendo una delle cose che non avrebbe voluto nemmeno immaginare per nulla al mondo. Aveva come l’impressione che fossero tutti in grave pericolo…

Draco le prese le mani sulle sue e se le portò alla bocca per baciarle: -Non possiamo più vederci, Ginevra, fino al giorno della partenza. Non dovrai entrare nella Stanza delle Necessità o nel mio dormitorio. Non starmi vicino, non parlare con Theo e Blaise, non mandare lettere, non scrivere messaggi. Se proprio vuoi dirmi qualcosa di urgente, lascia un biglietto qui dietro al quadro di Barnabà il Babbeo- La rossa sopportò stoicamente quelle parole che colpivano come staffilate nel suo cuore e alla fine, dopo aver baciato a lungo Draco, assaporando le sue labbra con desiderio, si allontanò senza voltarsi.

Quando svoltò l’angolo, gli occhi adamantini del ragazzo si staccarono controvoglia dalla sua schiena e il Serpeverde capì che non avrebbe potuto vivere senza di lei.

Quelli di Ginny, verdi come l’erba d’estate, si riempirono di lacrime.

  
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