e 4 – Una rosa, mille rose a Izu (epilogo) f
La linea dell’orizzonte sul mare si stagliava davanti al suo
sguardo, infinita quanto quell’ incredibile cielo senza nuvole che gli sembrava
di ammirare per la prima volta. Al mattino si era svegliato con la curiosa
sensazione che ogni cosa su cui posava gli occhi fosse nuova, diversa: la
villa, gli oggetti, il fragore delle onde contro la scogliera, il richiamo dei
gabbiani che si inseguivano dentro quella vastità azzurra.
Sorrise tra sé, osservando la spiaggia sottostante,
lasciandosi travolgere da stupore e turbamento, mentre l’aria salmastra giocava
con i suoi capelli scivolando sul suo volto. Il solo pensiero che lei tra poche
ore sarebbe stata lì con lui, a fissare con meraviglia quello stesso orizzonte,
bastava a colorare tutto di una luce viva e palpitante.
Tu mi fai questo…
Tu fai brillare tutto il mio mondo…
Tu accendi le stelle nel mio cuore…
Fai tremare i miei pensieri come nessuno mai…
Fai presto, Maya…
Fai presto, ti prego…
È troppo tempo che aspetto…
Quella villa era il suo rifugio, mai diviso con nessuno.
Prima, ma spesso dopo il matrimonio, quante volte era venuto
quaggiù, da solo, impedendo qualsiasi accesso a chiunque, perfino alla moglie
che aveva rinunciato presto a mettervi piede. In momenti di particolare
sconforto veniva per ritrovare un po’ di pace da sé stesso, evadere dalla sua
vita deprimente e cercare un po’ di amaro conforto solo abbandonandosi al
ricordo dolce e sfuggente di lei.
Aveva perso il conto delle volte che aveva immaginato di
averla lì con lui, in quella casa; nell’ultimo anno, prima di quella notte di
felicità era accaduto di frequente. Lasciava che ogni ricordo, ogni più
piccola, segreta fantasia legata a Maya gli inondasse la mente come una lenta
marea che saliva dalle profondità del suo essere, abbandonandosi a quei
pensieri senza difese, mentre la risacca del rimpianto lasciava cocci appuntiti
di cose taciute sul suo cuore.
Era una croce e delizia, ma era meglio di nulla. Meglio
della sofferenza di non poterla avere.
Per lungo tempo, il solo sollievo concesso all’infelicità
della sua vita.
Quanti al suo posto, avrebbero dimenticato? Quanti si
sarebbero rassegnati? Non lui.
Quasi godeva di quel tormento, come un masochista,
immaginandola muoversi in quelle stanze, presenza leggera che invadeva quei
luoghi come il fantasma di un sogno d’amore impossibile.
Faceva ancora fatica a convincersi, ma finalmente il sogno
acquistava sostanza.
Tutto era pronto.
Dalla veranda, si volse a guardare il colore violaceo dei
mazzi di rose poste con strategia presso ogni angolo della sala. La luce del
primo mattino pareva farle brillare di rugiada. Non si era mai preoccupato di
certe cose, certamente non dell’estetica dell’ambiente in cui viveva o
lavorava, neppure quando si trattava di accogliere un ospite particolare e
importante.
E di sicuro, non lo aveva mai fatto per alcuna donna, in
passato.
Era davvero lui quell’uomo in trepidante attesa della sua
amata? Era davvero sua quella tenerezza sconfinata che gli bruciava le vene e
trasformava il sangue del corpo in lava incandescente?
La gioia era perfino dolorosa da sopportare, e si liberava
in sospiri ansiosi.
Trovò che fosse tutto quasi perfetto.
Mancava solo lei.
§§§§
Il fidato Hijiri Karato aveva ricevuto l’incarico di
accompagnare Maya a Izu, per questo si era presentato sotto il suo appartamento
nelle vesti di taxista. Sembravano tutte precauzioni inutili a quel punto, ma
Masumi aveva preferito così, soprattutto per non attirare attenzione su di lei,
e di questa delicatezza Maya gliene fu grata.
All’ arrivo, Hijiri parcheggiò l’auto davanti all’ ingresso
di una grande ed elegante costruzione su due piani, isolata su un piccolo
promontorio; scese dall’ auto e aprì il bagagliaio per prendere la valigia
della giovane, prima di salutarla e allontanarsi.
“Le auguro una buona permanenza, signorina. Il signor Hayami
l’aspetta con ansia.”
Le fece uno strano effetto sentirgli pronunciare il suo
nome: era come se cadesse l’ultimo velo che nascondeva un segreto.
“Grazie per avermi accompagnata, signor Hijiri… grazie per
tutto quello che ha fatto, anche per essere stato un buon amico.” L’uomo le
concesse un sorriso sincero.
“È stato un grande piacere, Maya-chan, poterle essere
d’aiuto.”
Maya osservò l’auto di Karato allontanarsi, prima di
fermarsi a osservare la facciata semplice della villa. Lentamente si avvicinò
ai pochi scalini di pietra che salivano verso il portico dell’ingresso.
Sulla porta, legata con un nastro alla maniglia, Maya trovò
una rosa e vicino un biglietto.
Benvenuta amore mio.
Solo tre parole.
Trattenne subito il respiro, mentre fissava il cartoncino
con mani tremanti.
Oltre la soglia fu accolta da una profusione di rose
purpuree, sistemate lungo un percorso che andava dall’ingresso, dove lasciò la
sua valigia, al grande soggiorno che apriva le sue ampie vetrate sulla veranda.
Vicino a ogni mazzo, sistemato in un angolo strategico,
c’era un biglietto che la guidava a quello successivo.
Non vedevo l’ora che tu
fossi qui.
Non immagini quanto io abbia
sentito la tua mancanza, ragazzina.
Anche lei, se ne rese conto. Erano mesi che desiderava
raggiungerlo, passare più tempo con lui di quanto non le fosse concesso, e
adesso le sue gambe tremavano. Col progredire dei biglietti la sua emozione
aumentava, immaginando il prossimo istante in cui lo avrebbe incontrato,
vincendo l’impulso che l’avrebbe fatta volare subito tra le sue braccia.
Segui le rose: ti porteranno
da me.
Vorrei dirti di fare presto,
ma allo stesso tempo
è quasi un piacere doloroso
prolungare questa attesa.
Perché le infliggeva quel dolce tormento? L’aveva
conquistata, e lei si era arresa da tempo al suo lungo assalto. Maya avrebbe
voluto correre ad abbracciarlo, per placare il suo spirito che fremeva
d’impazienza, ma si sforzò di tenere un contegno. Intanto il suo cuore
accelerava ogni istante di più, vinto da un’ emozione quasi incontenibile che
le serrava la gola. Stava per entrare nel soggiorno e il profumo delle rose la
investì fin quasi a stordirla.
Preparati perché non ti
lascerò più andar via.
Appena sarai davanti a me,
ho paura che ti stringerò così forte
da confondere i nostri
stessi cuori.
Si fermò sulla soglia imbambolata ad ammirare i magnifici
mazzi di rose disposti in vasi di cristallo che a tratti regolari percorrevano
una parete dell’intera stanza. Meravigliata, lasciò vagare lo sguardo
nell’ambiente accogliente, elegante ma senza quel lusso pretenzioso che si
sarebbe aspettata di trovare: il grande e comodo divano chiaro a forma di
penisola, una grande libreria color noce dalle linee moderne colma di libri,
qualche cd musicale che era curiosa di scoprire, e diversi blurey, un tavolino
basso di legno su cui faceva bella mostra un vaso contenente una solinga rosa
purpurea ancora in boccio, delle riviste ordinate sul ripiano sottostante, e
sulla parete opposta un televisore a schermo piatto. Maya notò che sul tavolino
accanto al vaso c’era un altro biglietto.
Finalmente sei arrivata.
Lasciati stingere, Maya.
Lasciami guardare la luce
incredibile dei tuoi occhi.
Lasciati accarezzare dalle
mie mani ansiose.
Anelo il calore della tua
pelle, il gusto di miele delle tue labbra.
Il tuo profumo delicato mi cattura
più di tutte queste bellissime rose.
Ti sento con la forza di
questo sentimento che riempie la mia anima.
Maya sentì il cuore sciogliersi; si portò la mano libera
alla guancia e la sentì calda.
Restò immobile, quasi incapace del più piccolo gesto, lì al
centro della camera.
Poi, la raggiunse la sua voce. Ne percepì l’emozione
trattenuta a stento.
“È qualcosa di delizioso il rossore che hai sulle guance in
questo momento… vorrei ricordarti così…”
Masumi tacque, incapace di dire altro.
Lei alzò la testa e lo vide, vicino alla porta/finestra
dell’ ampio soggiorno, un gomito alzato appoggiato allo stipite, sullo sfondo
della veranda, con la striscia del mare blu e un cielo terso immenso a
incorniciare quell’apparizione.
Un gemito di sorpresa uscì dalla labbra della giovane.
Mosse qualche breve passo, quasi incerta, poi alzò
lievemente le mani in avanti. Masumi nel frattempo, si era staccato dallo
stipite ed era entrato nella stanza; era esattamente di fronte a lei.
Maya non resse oltre: seguì solo il suo impulso che la fece
precipitare tra le sue braccia spalancate ad accoglierla. E l’abbraccio invase
di felicità i loro cuori.
E i loro baci colmarono tutte le distanze di quei tristi
mesi, i desideri soffocati, in un groviglio di corpi e anime che si ritrovavano
trasportati dalla stessa passione. Masumi prese il suo volto tra le mani e si
chinò per assaggiare di nuovo le sue labbra, ritrovando intatto il suo sapore
morbido ed eccitante, che sembrava confondersi con l’aroma delle rose di quella
stanza; sulla lingua confuse la fresca dolcezza della sua bocca che lo
invitava, con la consistenza serica dei petali. Le accarezzò la nuca,
intrecciando le dita ai suoi capelli lunghi e morbidi, mentre Maya si
aggrappava alle sue spalle. Sul tessuto leggero della camicia, le sue piccole
mani aperte regalavano carezze al suo corpo, che si risvegliava alla brama
prepotente che aveva per lei.
“Maya… oh, Maya…” Articolò
rauco, mentre lei affondava il volto nel suo petto caldo, aspirandone il buon
profumo della pelle, accostando la guancia al suo cuore. Immaginava che udisse
il ritmo dei palpiti selvaggi e furiosi che lo possedevano.
“Non mi sembra vero di essere qui…” la sentì sospirare.
“Maya, sono così felice…”
La scostò dolcemente per guardarla e la tenerezza dei suoi
occhi lucenti lo fece tremare.
“Oddio! Se tu mi guardi così, io… - l’espressione ardente,
catturò il suo volto tra le mani, e non riuscì a trattenere le parole. - Non so
cosa mi trattenga dal prenderti in braccio e portarti al piano di sopra, nel
mio letto e fare l’amore con te, subito. Ti desidero troppo… questi mesi sono
stati una tortura terribile…”
Maya arrossì, sbalordita abbassò lo sguardo per nascondere
l’inaspettata eccitazione, scatenata da quella confessione infuocata, e si
strinse a lui, affondando il viso nelle pieghe della sua camicia. Era
piacevolmente sconvolgente essere desiderata in quel modo, ma era qualcosa che
non sapeva ancora gestire. In fondo era stata in intimità con lui solo una
volta, e lei non aveva molta esperienza di certe cose.
Masumi parve comprendere il suo turbamento; si dominò, emise
un lungo sospiro, e con dolcezza spostò le mani sulle sue esili spalle.
“Scusami Maya, sono soltanto un uomo… Vieni in veranda,
voglio mostrarti una cosa…”
Le circondò la vita e l’accompagnò verso l’esterno, e lei lo
seguì docilmente.
Fecero qualche passo oltre la soglia a vetri, e Maya si
lasciò incantare dal panorama mozzafiato che si presentò ai suoi occhi: la
distesa blu cobalto del mare era una visione di straordinaria bellezza che si
interrompeva contro la costa frastagliata e selvaggia della penisola, con le
sue spiagge bianche di sabbia fine, le rocce del colore della terra e la
vegetazione dei pendii di un verde lussureggiante.
Era talmente immersa in quello stupore estatico, quasi da
non accorgersi che Masumi si era staccato da lei, per avvicinarsi a un tavolo
con delle sedie, lì vicino. Senza distrarla, la osservò avvicinarsi al limite
della veranda. Restò immobile, appoggiata alla elegante balaustra di legno,
persa nella contemplazione di quello spettacolo naturale fatto di acqua e di
cielo, di profumi, luci e suoni, colori e vento che sibilava tra le rocce, e
sollevava i suoi capelli scuri come fossero leggera spuma di mare.
Maya volgeva lo sguardo lontano, e Masumi si perse ad osservare
il suo profilo delicato contro lo sfondo azzurro del cielo: era davvero
graziosa, una bellezza semplice, per nulla sofisticata.
I suoi vestiti leggeri di cotone si modellavano appena sulle
sue forme per effetto della brezza marina che accarezzava il suo corpo.
Aveva sempre avuto il potere di immobilizzalo, e non solo
sul palco; sarebbe rimasto per ore ad ammirarla, incantato dalla sua
espressione radiosa, dalla gioia genuina e sincera che animava quegli occhi
scuri e profondi. Averla lì, era essere in pace col mondo, con la sua anima
tormentata, e sapere di essere riamato, era qualcosa che travalicava tutti i
suoi sogni e desideri. Maya colmava tutto.
Lei diventava senso di ogni cosa, di ogni pensiero e di ogni
azione.
E lui sapeva che non aveva bisogno di altro, un pensiero che
poteva spaventare, se si fermava a pensare a ciò che implicava: la vita di
Masumi Hayami era custodita nelle mani di quella ragazza. E non esisteva in
tutto l’universo un posto più sicuro di quelle piccole mani.
Si riscosse dai suoi pensieri fissi su di lei, e la chiamò.
Lei si voltò nella sua direzione. Era seduto su una sedia e
la invitò con un sorriso ad avvicinarsi. Solo allora, la ragazza notò un fascio
di carte sul tavolo.
“Ti ricordi la mia promessa, Maya?”
“Cosa sono quelle?” chiese, avvicinandosi al tavolo rotondo.
“Vieni e guarda tu stessa.”
Era stranamente serio.
Maya si avvicinò al tavolo, scorse il primo foglio
velocemente, lesse l’intestazione.
Ci fu un rapido scambio di sguardi. Con molta calma, si
sedette sulla sedia di fianco a lui.
Prese il foglio tra le mani e lo lesse con maggior
attenzione, finché gli occhi si posarono sulle firme in calce a fondo pagina.
Erano le carte del divorzio, firmate di comune accordo dai coniugi Hayami. [1]
In realtà, quanto consensuale, Maya ancora non poteva
indovinarlo.
Sollevò la testa dal foglio per fissarlo. Masumi non ne fu
sicuro, ma gli parve di scorgere incredulità nei suoi occhi.
“Allora, adesso sei un uomo libero?”
“Sì. Te lo avevo promesso, no? Ora possiamo stare insieme,
ed è ciò che voglio di più al mondo.”
Masumi allungò una
mano a prendere la sua e se la portò alle labbra. Le baciò le dita, l’interno
del polso, sulle vene delicate e fragili. Poi si sporse col busto, mentre con
l’altra mano le alzò il viso per baciarla sulle labbra. Sapevano di vento e di
salsedine, come il profumo dell’aria che sembrava emanare la sua pelle. Il
bacio all’inizio fu lento, uno sfiorarsi leggero, un tremito che correva sulla
pelle, ma divenne presto più esigente e profondo, insinuante, affamato e acceso
di eccitazione.
Divenne un inseguirsi ardente e senza fiato, mentre la mani
di Masumi la stringevano convulse e possessive intorno alla vita e Maya si
aggrappava con un braccio alla sua schiena e con la mano libera saliva a
sfiorargli il volto in una tenera carezza.
Si staccarono solo per appoggiarsi fronte contro fronte,
ansanti e tremanti.
“È stato difficile?” chiese lei all’improvviso, e lui non
colse subito il senso della domanda. Maya si accorse della sua espressione
perplessa.
“Intendo, ottenere quella firma.”
Non era sicuro di volerglielo spiegare; quelli erano
dettagli penosi e tristi che voleva risparmiarle. Perché guastare quel momento
magico, con lo squallore di una vicenda amara? Rifletté per pochi istanti e si
rese conto in fretta che non poteva proteggerla da tutto, forse non era neppure
giusto: quel divorzio riguardava anche lei e omettere certi particolari poteva
rivelarsi molto più nocivo del previsto.
Sospirò, pronto a mostrarle ciò che non lo rendeva
orgoglioso.
“Le difficoltà ci sono state, non voglio negarlo. Mia moglie
ha tentato di opporsi, con ogni mezzo. Ho confessato senza problemi il
tradimento, e per quanto io non abbia mai parlato di te, ha intuito che eri tu
la causa di tutto, ma sarebbe stata disposta ad accettare il fatto e andare
avanti come sempre. Quando ha capito che non avrei ceduto, ha minacciato che ti
avrebbe diffamata: attraverso te, voleva ferire me…”
Maya ascoltava, il cuore gonfio di apprensione e pena, più
per lui che per sé stessa.
“Mi dispiace, Masumi…”
“Non devi dispiacerti di nulla. Io non potevo permettere che
ti facesse del male, per una mia scelta sbagliata. Semplicemente non avrei mai
dovuto sposarla, ma tre anni fa ero convinto di non avere speranze: una donna
valeva l’altra, se non potevo avere te. Per mio padre, lei era la moglie ideale
per un uomo nella mia posizione, così ho accettato il fidanzamento e di
conseguenza il matrimonio. Ma è stato il più grosso errore che potessi fare.”
Lo ascoltava seria.
Masumi poteva leggerle l’amarezza in volto, la velata pena
che traspariva dal suo sguardo mesto. Anche lei aveva sofferto, forse più di
lui. Continuò perché voleva che sapesse tutto, che non ci fossero altri segreti
tra loro.
“Avrei fatto qualsiasi cosa per liberarmi da quel legame
imposto, così sono ricorso al ricatto per obbligarla a firmare quelle carte: ho
fatto fare delle ricerche a Hijiri e ho scoperto la sua firma su certi
documenti compromettenti delle società di suo padre. Solo allora ha ceduto, ma
per vincere ho dovuto ferirla. Non è qualcosa di cui vado fiero, ma lo farei di
nuovo, se questo fosse l’unico modo per stare con la donna che amo…”
“Masumi…” articolò Maya col cuore in gola, toccata da quella
straziante, impietosa confessione.
Lui la afferrò per le spalle.
“Per stare con te farei di tutto, Maya. Nel bene e nel male.
Non voglio ritrovarmi domani come il marito di Nora. [2]
Non voglio essere un estraneo per te. Sei l’unica che potrebbe fermarmi, mi
arrenderei se non mi volessi più, e così mi uccideresti…”
“Oh, Masumi… cosa dici? Io ti amo, come potrei non volerti?”
“Anche se posso essere cinico, freddo e spietato, Maya?”
Il suo sguardo si era indurito, suo malgrado, ma Maya non si
lasciò impressionare dalla luce cupa di quegli occhi, capaci di nascondere
profonda umanità. Maya parlò con naturale spontaneità da impressionarlo,
lasciando defluire parole e pensieri come acqua limpida di sorgente.
“Il tuo cinismo è solo una maschera che ti costringi a
portare, per motivi che io non sempre comprendo, ma io so che nel tuo cuore hai
tanto amore, e vero calore umano da dare. Conosco i tuoi slanci e le tue
gentilezze, e attraverso l’ammiratore mi hai rivelato la tua anima. Non sarai
mai un estraneo per me, e quello che ancora non so di te, imparerò a
conoscerlo. Siamo solo all’inizio del nostro viaggio insieme, non credi?”
Erano parole così profonde e vere, da lasciare Masumi basito
e commosso all’inverosimile.
Chi
sei ragazzina?! Quando sei diventata così saggia e adulta?
Sei
un tesoro immenso, che ho paura di non meritare.
La strinse di slancio, travolto dall’ emozione e dall’amore
immenso che sentiva per lei.
“Santo Cielo, Maya! Grazie… grazie, amore mio! Sei la
benedizione della mia vita!! - Poi lentamente, si staccò da lei, senza
interrompere del tutto il contatto fisico. - Sono un pessimo padrone di casa:
non ti ho neppure chiesto se hai fame o sete…”
“Beh, in effetti, il mio stomaco fa i capricci.” Rispose
imbarazzata.
“Ti piacerebbe fare un picnic sulla spiaggia? C’è una
piccola insenatura discreta, qui accanto, dove potremmo stare soli… ti
andrebbe, Maya?”
“Sì che mi andrebbe! Però, ecco… credo di non aver messo in
valigia il costume da bagno…”
“Mh… Quello non sarebbe un problema…” le rispose in tono
allusivo, stirando la bella bocca in un sorrisetto da adorabile canaglia. Maya
spalancò gli occhi diventando di brace, e lui si mise a ridere di gusto. –
Stavo scherzando, ragazzina. Per il
tuo costume posso provvedere senza problemi. Vieni!”
La prese per mano facendola alzare dalla sedia per
accompagnarla dentro casa.
L’insenatura era in linea d’aria circa duecento metri sotto
la villa di Masumi. Vi si arrivava tramite un lungo percorso fatto a scale che
zigzagava dolcemente lungo il pendio delle rocce, e partiva proprio sul fianco
della villa e attraversava la vegetazione rigogliosa che cresceva in quel
luogo. Lungo il percorso si poteva trovare qualche arbusto fiorito, fiori
bianchi e rossi che punteggiavano la
macchia con le loro corolle variopinte. Masumi si fermò a cogliere uno
di quei fiori per puntarlo tra i capelli di Maya, appena sopra l’orecchio. Le
aveva fatto trovare un paio di costumi in camera da letto, ma non sapeva ancora
cosa avesse scelto di indossare sotto i suoi abiti, se il bikini o il costume intero.
Con un po’ di malizia, sperava in quello più ridotto, ma
conoscendo la sua ragazzina,
immaginava che avesse scelto il costume olimpionico, decisamente più castigato.
Quando arrivarono all’insenatura, Maya si lasciò andare a
esternazioni di giubilo, entrando in quel piccolo angolo di paradiso: aveva la
forma di una dolce mezzaluna, circondata da pareti rocciose che la chiudevano
come uno scrigno prezioso, e alle sue estremità, la piccola spiaggia di sabbia
bianca e fine era punteggiata qua e là di massi rocciosi levigati dall’acqua. [3]
“Ti piace?”
“Oh, ma è bellissimo, qui! Che posto delizioso!”
Sistemarono i loro asciugamani e la borsa frigo vicino ad
alcune rocce.
Il pasto, un po’ di riso con le verdure, uova sode, frutta e
bibite fresche, fu piacevole e rilassante per entrambi, e fu l’occasione per
parlare con tranquillità del passato, e molto dell’immediato futuro, dei
prossimi spettacoli, di ruoli nell’ambito del teatro shakespeariano che Maya
doveva valutare per l’anno nuovo.
“Sarei molto curioso di vederti nei panni di Viola, la
fanciulla che si camuffa da uomo…” [4]
“È un ruolo che mi intriga, in effetti; non diverrai geloso
del Duca Orsino, vero?” lo provocò scherzosamente.
“Da Heathcliff in poi, io sono stato geloso di tutti i tuoi
partners sul palcoscenico. Lo sarò sempre probabilmente.”
Mentre mangiava il suo riso, Maya contemplava la spiaggia,
quel luogo che le pareva così intimo, chiedendosi se mai lui, vi avesse portato
qualcun altro.
Parve leggerle nel pensiero.
“Sei la prima persona che portò qui. In realtà, sono venuto
in questo posto forse un paio di volte al massimo; di solito preferisco
camminare sulla spiaggia libera dall’altra parte della scogliera, che è molto
più lunga. Possiamo andarci domani se vuoi…”
“Vuoi dire che non sei mai venuto qui con tua moglie?
Neppure una volta?” chiese osservandolo, sinceramente incredula.
“No, mai. Non è mai entrata nemmeno nella villa. Non ho mai
voluto che venisse qui.”
L’uomo non poté immaginare quanto quella confidenza turbasse
Maya. Era sempre stato un tipo indecifrabile, e lo era tuttora.
Che strano uomo che sei…
“All’inizio, venivo qui in cerca di solitudine… pace forse…
- fece una lunga pausa, prima di proseguire. - Da qualche anno, solo per stare
con te…”
La guardò, e lei non riuscì a nascondergli la sua
espressione inquieta, mentre qualcosa di indefinibile si agitava nel suo animo.
Cosa voleva dire con quella frase? Che quel posto lo faceva pensare a lei?
Lo osservò sdraiato sulla stuoia, la muscolatura forte e
robusta del petto e delle spalle, il torace e l’addome, senza osare scendere
più in basso, verso i boxer neri del costume. Era veramente un bell’uomo. Lo
era sempre stato, pensò, anche quando credeva di detestarlo.
Sembrava davvero troppo per una come lei, eppure lui la amava.
E la desiderava in un modo di cui non si capacitava. Lo
capiva anche adesso, per quella fiamma che bruciava in fondo al suo sguardo, la
stessa passione che bruciava lei.
Doveva allontanarsi, per distrarsi da certi pensieri.
L’aria era ventilata per quell’ inizio di stagione, e
l’acqua era ancora troppo fredda per fare il bagno, ma Maya si avvicinò al
bagnasciuga per giocherellare con le onde.
Per Masumi era stata una deliziosa sorpresa, scoprire che
Maya aveva scelto di indossare il bikini, ma aveva mantenuto addosso la sua
camicetta bianca, legata in vita.
Appoggiato su un gomito, osservò le linee del suo corpo
snello che ricordava in ogni più segreto dettaglio, mentre lasciava che l’acqua
le lambisse i polpacci; poi, tornò in fretta a sedersi accanto a lui, che da
mezzora almeno aveva in testa un solo pensiero: toglierle quel maledetto
bikini.
“Brr, l’acqua è gelida. È impossibile fare il bagno!”
Esclamò, fregandosi con vigore le gambe.
“Hai freddo, Maya?” le domandò, facendo in modo che si sdraiasse
accanto a lui.
Al suo diniego, lui allungò le dita affusolate a sciogliere
il nodo della sua camicetta che si apriva rivelando il reggiseno a fiori del
costume, e sfiorò con delicatezza la pelle dell’addome.
La sentì sussultare, mentre un sorriso dolce accendeva il
rosso delle sue guance.
Si sporse su di lei, a incontrare i suoi occhi; brillavano
di una luce che stava imparando a conoscere e che era un invito ad amarla, a
scoprirla nella sua intimità di donna.
Masumi non fermò le sue carezze e con la mano scivolò lento,
ma deciso sulla pelle dei fianchi e su quella tenera dell’ interno delle cosce.
E l’esile corpo di Maya si aprì con fiducia e candore al suo passaggio,
lasciandosi scoprire, donandogli l’intensità di una passione autentica che lo
lasciò stupito e turbato.
Con la bocca, Masumi giocò sul pendio delle sue spalle,
risalendo sulla gola fino a catturare le sue labbra piene che schiudeva gentile
per dissetarsi di lei.
E lei accese la sua sete, senza estinguerla mai, accarezzando
la sua bocca come la più tenera e appassionata delle amanti. Quell’incontro
umido e dolce diventò un fuoco morbido e caldo che crebbe potente, un palpito
di anime in sintonia perfetta.
Un bisogno antico e atavico, naturale come la vita spingeva
le dita degli amanti a disegnare strani percorsi sulla pelle e le mani a
cercarsi con urgenza, inseguirsi nei recessi più segreti, nelle pieghe più
intime e profonde della pelle, sotto l’elastico dei costumi, per cedere in
fretta alla voglia incontenibile di essere nudi.
La sabbia tiepida sotto i loro corpi febbricitanti era un
piacere nuovo; attendevano di unirsi e prolungavano quel momento fatto di
gioiosa scoperta e piacere, sotto il fuoco di baci sempre più proibiti e
audaci, brividi di infinito posati ovunque, sulla pelle calda e lievemente
salata.
La voce di Maya nell’ amore diventava profonda e sensuale,
quasi non appartenesse più a lei, un richiamo oscuro, una malia dei sensi cui
era impossibile resistere, e Masumi se ne sentì travolto, vinto nell’intimo. E
in quel momento, fu quasi spaventato dal vigore della sua brama per lei.
“Maya, mi sento come un lupo affamato… Tu sei così delicata…
una rosa… - sussurrò roco, quasi tremante sulle sue labbra bollenti, aderendo
con il bacino alle curve gentili della sua femminilità, pronta ad accoglierlo
nel cuore e nell’anima. – Ti voglio così tanto, che ho quasi paura di farti
male. Ti prego vita mia, dimmi che mi vuoi… dimmelo ancora…”
“Ti voglio da morire, Masumi. Sono affamata d’amore quanto
te… Non mi farai male, io lo so… lasciati andare, ti prego…”
Bastarono quelle parole a incendiarlo, e sentì il calore
invadere il suo sangue.
“È così bello sentirtelo dire… Potrei morire per un tuo
sospiro di piacere…”
Fu in lei come la marea, e la loro danza d’amore, antica e
sacra come la vita e forte come la morte, crebbe al ritmo delle onde che si
infrangevano dolci e impetuose su quella spiaggia. Il mare saliva e si
ritirava, baciando la sabbia candida e facendo l’amore con essa.
Quando, sotto il suo corpo forte sentì la sua tenerezza
vibrare ed esplodere al culmine del loro amplesso, la baciò con voluttà, non
per soffocare il suo grido di gioia, ma fonderlo col suo, sentirlo in sé come
un respiro vitale, nella congiunzione perfetta dei corpi in un solo corpo,
mentre le mani di Maya si artigliavano ai muscoli della sua schiena per
trattenerlo.
Non poteva esserci felicità più grande, e mai c’era stata
che lui ricordasse. Restò dentro di lei, senza muoversi, finché non sentì
rallentare il suo respiro, tornare sereno e tranquillo. In Maya, terminava
tutto quello che lui cercava. Era come quella casa, la sua meta, il suo rifugio
più grande. Fuori da lei non c’era vita, perché lei era la vita stessa.
L’accolse sul suo fianco e l’abbracciò per custodirla al
calore del suo cuore.
Si addormentarono così, vinti dalla spossatezza tenera che
accompagna l’amore fisico, mentre il sole tiepido allungava una striscia
arancione sull’acqua, iniziando a scendere lento verso l’orizzonte, e i toni
del cielo andavano scurendosi nel grigio violaceo tinto di rosso del tramonto.
Quella sera, Masumi la portò fuori a cena, in un locale
intimo e discreto della zona.
Scelse un ambiente sobrio che si adattava a lei e non la
facesse sentire troppo fuori posto. La cucina era quella tipica delle zone di
mare, con una predominanza di piatti a base di pesce fresco.
La trovò subito molto graziosa col suo vestito leggero
scollato di un delicato color pastello, la gonna appena svasata sopra il
ginocchio che metteva dolcemente in evidenza le sue forme, il seno appena
accennato e i fianchi sottili, e i saldali con un po’ di tacco slanciavano la
sua figura.
Il loro tavolo era accostato presso ad un ampio acquario che
conteneva aragoste vive e astici; arrivò un cameriere che infilò il braccio
nella vasca per prendere uno dei crostacei e portarlo in cucina.
Maya mangiava sempre con gusto e notevole appetito, ed era
una cosa che a Masumi faceva piacere, anche se si chiedeva dove finissero tutte
quelle calorie che non lasciavano tracce evidenti su di lei.
Chissà, forse le bruciava tutte sul palco… e in altri modi
decisamente piacevoli, pensò malizioso.
Si lasciò cogliere di sorpresa quando lei, per fargli
assaggiare un boccone del suo piatto, quasi si sporse per imboccarlo, tenendo
l’altra mano sotto la forchetta, per non macchiare la tovaglia.
Superato il primo momentaneo imbarazzo, per una situazione
tanto intima e semplice, eppure mai vissuta, Masumi fece la stessa cosa con
lei, la imboccò e finì addirittura a
passarle il pollice sulle labbra macchiate di sugo, facendola arrossire.
Fu in quel momento che le fece la domanda.
“Io la mia promessa l’ ho mantenuta, ma ora ne vorrei una da
te, Maya - e guardandola, sorseggiò il suo vino bianco prima di continuare. –
Non voglio metterti fretta, in fondo ho appena divorziato, ma vorrei che tu
pensassi sul serio alla possibilità di sposarmi.”
Maya tossicchiò e quasi le andò l’acqua di traverso.
“Mi sembri sorpresa…”
“Beh, sì! Non pensavo che tu volessi… Ecco… sembra così
presto.”
“Non devi rispondermi subito… posso darti un po’ di tempo…”
“Gentile da parte tua. Quanto tempo?”
“Mh, vediamo… fino a domani mattina? – Rise al lieve sgomento
di lei. - Approfitterò di questa notte per
convincerti; credo di avere dei buoni argomenti…” insinuò sorridendo, e
le prese la mano per portarsela alle labbra e posare un bacio sulle dita.
“Oh!! E tu credi che cederò ai tuoi buoni argomenti… vero?
Come se niente fosse.” esclamò Maya, con evidente ironia, appoggiando il mento
sull’altra mano.
“No, hai ragione. Con te, è meglio non dare nulla per
scontato… Ma ammetto che mi piacerà molto provarci… magari piacerà altrettanto
a te.” Sussurrò con le labbra vicine al suo orecchio, le baciò una guancia e
lei sorrise abbassando lo sguardo.
Il dopo cena si tradusse in una passeggiata serale sul lungo
mare, che li portò ad appartarsi su un pontile in prossimità di un chiosco,
dove c’erano altre coppie di innamorati sotto le luci di alcune lampade appese
a intervalli lungo delle travi di legno. Si persero un po’ a guardare le stelle
della notte, ricordando una sera di qualche anno prima al planetario di Tokio,
quando lui ebbe paura di dirle la verità sull’ammiratore, e la luce rossa
ancora li separava.
Poi tornarono verso la villa.
Varcata la soglia, giacca, camicia di Masumi, golfino di lei
finirono in fretta sul pavimento, sparsi tra il piano terra e le scale che
portavano alle camere da letto del piano superiore, mentre le dita dell’uomo,
un po’ frenetiche, davano l’assalto alla lampo del vestito di Maya; così una
nuova notte d’amore consumata tra il tepore delle lenzuola, concluse degnamente
la giornata appena trascorsa.
Al mattino i raggi del sole filtrarono attraverso le
persiane, andando a svegliare il sonno degli amanti. In verità, avevano dormito
poco e solo verso le ultime ore dell’alba, ma non avvertivano la stanchezza.
Nel cuore sentivano solo traboccare la felicità a lungo
insperata, di poter stare insieme.
E questa volta Maya non fuggì dal letto, né dalle sue
braccia.
Era semplicemente nel posto in cui doveva essere.
Lui le dette il buongiorno con un bacio, prima di appoggiare
la testa sulla mano per contemplarla. Il silenzio attorno era leggero, pieno
solo dello sguardo innamorato, del sorriso luminoso di lei.
Poi arrivarono quelle parole desiderate e inattese, e con
esse lo stupore.
“Masumi, ti prometto che ci penserò… e posso già dirti che al 99% sarà un sì. È
più di quanto abbia avuto io per La Da Scarlatta. Per ora ti basta come risposta?”
domandò posando la mano sul suo petto ampio, sentendo sotto le dita il velo di
una rada peluria.
Masumi trattenne l’emozione dentro un sospiro.
“Mi basta, Maya.”
Avrebbe puntato tutta la sua vita futura su quello, sicuro
che avrebbe vinto.
Fine. (questa volta per davvero)
Eccomi qui,
con la fine di questa storia che ho sentito quasi l’urgenza di scrivere, cosa
abbastanza insolita per me. Sarà perché questo manga mi ha preso talmente, che non
ho potuto farne a meno, o forse è l’ansia per una conclusione che sembra ancora
lontana da venire, che ho dovuto esorcizzare la cosa. Questa in qualche modo,
potrebbe essere la mia versione dell’incontro a Izu, anche se in tempi più
lunghi, e con altri presupposti ovviamente.
Il capitolo
è lungo, spero non troppo melenso, anche se mi pare di aver corso il rischio
con tutte quelle rose all’inizio, ma volevo risarcire Maya dell’affronto di
quella pazza di Shiori nel manga, che spregia le rose dell’ammiratore. Spero
tanto che abbiate gradito e che la fine vi sia piaciuta. Ringrazio tutte le mie
lettrici, quelle che seguono semplicemente in silenzio e quelle che hanno
commentato in precedenza. I vostri pareri saranno sempre bene accetti. Un
saluto
Ninfea.
[1] Facendo una piccola ricerca
in internet, ho scoperto che in Giappone i divorzi avvengono velocemente, senza
la separazione legale e quasi senza intervento di avvocati, se i coniugi si
separano consensualmente di comune accordo; la cosa viene registrata tramite un
modulo in un ufficio civile. Ora nel caso di Masumi e la moglie ho pensato che
la cosa fosse un poco più complicata, anche per una questione puramente
economica, ma non solo. Insomma, non ho immaginato un divorzio fatto di comune
accordo, come si è capito anche dal capitolo precedente. Peccato che qui in
Italia non esista una procedura simile… quanto tempo e soldi si
risparmierebbero!!
[2] Riferimento a “Casa di bambola”.
[3] Ho visto alcune immagini di Izu
su internet, è un posto incantevole che potrebbe ricordare un po’ la nostra
Isola D’Elba per la conformazione delle rocce, così per questa descrizione
immaginaria, mi sono ispirata un po’ alla nostra isola che conosco bene.
[4] Personaggio della commedia di Shakespeare “La dodicesima notte”.