Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Dragon_Flame    05/03/2015    2 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

33.



 

Lidia rientrò in punta di piedi dentro la casa immersa nel silenzio più assoluto, tenendo tra le mani le décolleté nere dal tacco vertiginoso e tentando di fare meno rumore possibile. Trasalì appena al pensiero dell'ora in cui stava rincasando. Se sua madre l'avesse beccata, sarebbero stati cavoli amari per lei.

Richiuse l'uscio con lentezza alle sue spalle, chiudendo poi con un secco gesto della chiave nella toppa e posando il mazzo sul tavolino dell'ingresso. Si spaventò vedendo il proprio riflesso nel grande specchio dell'atrio, non riuscendo a riconoscersi, quindi tirò un sospiro di sollievo al pensiero di avercela fatta senza che Sara la scoprisse.

Lidia ripensò, ancora un po' sconvolta, alla splendida serata trascorsa con Ivan a casa dell'uomo. Dopo l'iniziale momento di imbarazzo seguito alla loro mancata prima volta, l'infermiere aveva socchiuso gli occhi, nelle iridi ambrate un luccichìo malizioso, e un sorriso tremendo era spuntato sulla sua bocca. E poi era cominciato un gioco erotico estremamente eccitante per la ragazza, un gioco che si era protratto per ore senza che giungesse al culmine con l'atto sessuale. Lui l'aveva stuzzicata e accarezzata nei suoi punti più sensibili, facendole provare piacere, e Lidia aveva risposto con tutto l'ardore che aveva in corpo, ebbra di quell'emozione stupenda e devastante che deflagrava dentro di lei ogni volta che raggiungeva l'acme. Anche Ivan era rimasto appagato da quell'esperienza, completamente soggiogato dal sensuale tocco delle dita della ragazza sulla sua pelle, sui suoi capelli, sui suoi punti deboli, sulla sua figura, e dall'inconsapevole bellezza irradiata dal viso estatico e felice della sua incantevole compagna.

Quella serata piena di emozioni felici era però finita, e ora la ragazza doveva salire gli scalini e sgattaiolare dentro la propria camera senza farsi cogliere, ancora sveglia e appena rientrata, dalla madre. Ma Lidia, che credeva di averla scampata, non aveva fatto ancora i conti con l'oste, e mettendo piede sul primo scalino quasi cadde all'indietro per lo stupore quando le luci del corridoio si accesero e la sagoma assonnata di Sara, con indosso il pigiama di paille e la vestaglia, comparve in cima alla scala, negli occhi stanchi un lampo di collera e delusione.

"Scusami, mamma, ho fatto tardi... non mi sono accorta dell'ora" si giustificò subito la figlia, temendo che la donna potesse cominciare uno dei suoi temibili ed interminabili interrogatori sul con chi, dove, perché e come fosse stata quella sera.

Ma Sara, forse a causa della tarda ora, del sonno o del desiderio di potersi rifugiare nuovamente nel caldo abbraccio della coperta termica, non era in vena di mettere sotto torchio la ragazza con una valanga di domande, e la sua replica fu secca ed irrevocabile.

"Fila a letto, Lidia. Subito. Sono le tre e mezza. Domani mattina ti sveglio alle otto, anche a costo di buttarti giù dal letto, perciò sbrigati e va' a dormire." La donna fulminò la figlia con un'ultima, acrimoniosa occhiata, quindi le voltò le spalle e si diresse verso la propria camera, sostando poi per un momento sulla soglia. "Ah, non pensare di fare così anche domani sera, altrimenti ti impedisco di uscire per un mese intero. La mattina di Natale sarai tu a guidare l'auto fino a Siena, e io non sarò in condizione di controllare che tu abbia dormito abbastanza per evitare colpi di sonno. Perciò ricordati il mio monito. E ora, buonanotte."

Sara chiuse con un tonfo la porta dietro di sé, lasciando finalmente sola Lidia, la quale, con uno sbuffo a metà tra il sospiro di sollievo e lo sbadiglio per la stanchezza, poté finalmente rilassarsi, salendo le scale e precipitandosi in camera. Qui si spogliò e infilò il pigiama, tuffandosi nelle coperte senza nemmeno struccarsi o lavarsi i denti, e poi sorrise al ricordo della serata appena trascorsa. Il cellulare sopra il comodino accanto al suo letto vibrò, e lei lesse il messaggio della buonanotte che Ivan le aveva spedito su Whatsapp. Replicò e poi spense il telefono, cadendo preda delle braccia rasserenanti di Morfeo in pochi minuti.


 

***


 

Il mattino dopo, come promesso, Sara andò a destare presto Lidia dal sonno di piombo in cui era caduta, strappandole di dosso le coperte con un gesto stizzito. La ragazza, che dormiva supina con il pigiama sollevato che le lasciava scoperto il dorso, avvertì subito sulla pelle il gelo dell'aria e sobbalzò, litigando con la madre per stringersi addosso un plaid ancora intriso del suo tepore, perdendo malamente quella battaglia e scivolando pure sul pavimento della stanza. L'impatto col suolo la svegliò completamente, e Lidia si costrinse a sollevarsi da terra per correre subito a vestirsi, ricordando con uno sbadiglio l'ammonizione di Sara della notte precedente.

"E io che credevo di dover litigare con te anche stamattina per costringerti ad alzarti" commentò con ironia la quarantenne, sbuffando una risata e posando le coperte appallottolate l'una con l'altra sul letto della primogenita per sciogliere l'intricata matassa.

"Non sono così pigra" ribatté offesa la diciottenne, rabbrividendo di freddo e abbandonando la camera per scendere al piano inferiore dell'abitazione a prepararsi la colazione.

Si gustò con lenta rilassatezza le cucchiaiate di cereali semplici Kellogg's inzuppati nel latte caldo col Nesquik, gongolando soddisfatta nel gustare quella sottile traccia di sapore di cioccolato.

Quindi lasciò tazza e cucchiaio nel lavello della cucina, tornando al piano superiore per aprire le finestre e far circolare l'aria gelida del mattino nelle stanze della zona notte per permetterne l'aerazione. Rifece velocemente il proprio letto e chiuse la finestra della stanza, prodigandosi per riordinare il salotto e l'atrio mentre la madre provvedeva a rassettare il resto della casa. Intorno alle dieci avevano già finito, e Sara comunicò alla figlia la sua intenzione di uscire.

"Devo andare a comprare una cosa con una certa urgenza, perciò ora esco. Tu, intanto, non tornare a cacciarti sotto le coperte del letto e fa' la tua valigia: quando torno, pretendo che sia già bell'e pronta, qui davanti al portone d'ingresso. E non portare via cose inutili come ha fatto tua sorella Eva" comandò la donna con tono intimidatorio, lanciandole un'ultima occhiata prima di dirigersi nella propria stanza per cambiarsi d'abito e prepararsi ad uscire.

"Heil Hitler" la prese in giro Lidia in lingua tedesca, mimando il saluto nazista, ma si affrettò a fingere di obbedire alla madre. "O santi numi, ho disonorato i miei ideali di sinistra" commentò poi parlando con se stessa, scuotendo la testa in segno di ironica disapprovazione.

Sara se ne andò via venti minuti dopo, trafelata e ansiosa, entrando nella prima delle pochissime farmacie che trovò aperta. Acquistò con tangibile tensione due test di gravidanza, e una volta che fu ritornata a casa, all'incirca mezz'ora dopo, senza dire nulla a Lidia, si chiuse dentro il bagno e svolse correttamente entrambi, attendendo nervosamente che ognuno di essi annunciasse il proprio verdetto. Dieci, tesissimi minuti più tardi, osservando lo stick della Clear Blue, Sara lanciò un gemito di sorpresa e commozione, conscia del fatto che i suoi sospetti erano confermati: malesseri mattutini, frequente affaticamento, emotività, la scomparsa del ciclo che inizialmente aveva scambiato per una forma di menopausa precoce. Ed ora, in entrambi gli stick, aveva riscontrato le due linee colorate. Era incinta. Facendo i calcoli, tra il secondo e il terzo mese.

Sara si sedette con pesantezza sulla tavoletta abbassata del water, sospirando mentre accettava quella rivoluzionaria certezza. Accarezzò con gioiosa compostezza il ventre non ancora visibile, sognando ad occhi aperti il prossimo futuro e assaporando un primo assaggio delle venture ansie da neomamma over quaranta, con tutti i rischi legati ad una gravidanza così delicata da portare avanti nella cautela più assoluta. Il bisogno impellente di confidare a qualcuno le proprie paure si affacciò prepotentemente al suo animo turbato, ma Sara, controllando l'emotività, si sforzò di non gridare il nome della figlia Lidia per non attirarla dentro la stanza e comunicarle la sconvolgente notizia, determinata a non parlarne ad anima viva fino a che non avesse incontrato nuovamente Domenico, in modo da comunicare la lieta novella alla famiglia al completo.

"Mein heiliger Gott°, sto per diventare madre di nuovo" si disse con le mani di fronte alla bocca, mentre due lacrime di giubilante emozione le brillavano agli angoli degli occhi azzurri e vividissimi, scoppiando in un silenzioso pianto di gioia.


 

***


 

Lidia osservò la madre di sottecchi per un bel po', continuando a chiedersi il motivo di tanta spensierata allegrezza. In confronto all'umore mattutino, il suo comportamento aveva subito un radicale cambiamento, e il momentaneo stato di docile grazia nei confronti della figlia, con la quale spesso era più acida e litigiosa che dolce e affabile, era inesplicabile. La vedeva assorta nei suoi pensieri, canticchiando sommessamente una ninna nanna che soleva cantarle da bambina, ma nonostante le numerose elucubrazioni mentali non riusciva proprio a cogliere la causa di quel mutevole umore.

Comunque, il cambiamento non durò a lungo, dato che Sara si avvide subito che la figlia era tornata a dormicchiare sotto le coperte e non aveva nemmeno tirato fuori la borsa da viaggio da preparare per la trasferta a Siena. Quindi, tra uno strepito e l'altro, la routine quotidiana delle ferie natalizie era ricominciata e Lidia aveva dimenticato i bizzarri momenti trascorsi dalla madre in sintonia con il mondo intero, primogenita compresa.

La valigia fu subito pronta grazie all'intervento di Sara, che tirò fuori un mucchio di abiti dal guardaroba della figlia e li sistemò all'interno della borsa, aggiungendovi poi altri suoi effetti intimi e personali e chiudendo infine il tutto. Riordinando i pochi panni che non era riuscita a far entrare nel bagaglio a mano, l'infermiera notò che tra i pullover della ragazza c'era pure quello di cachemire di Ivan, prestatole dall'uomo durante l'estate precedente. Chiamò a gran voce la figlia, irritata dal fatto che non lo avesse restituito dopo tutti quei mesi.

"Lidia! Ma ti pare il modo di comportarsi? Dovevi restituirglielo subito, non aspettare che io te lo ricordassi! Quanto sei maleducata!" strepitò con una sfumatura isterica nella voce, indicando l'oggetto dell'accusa.

Lidia replicò con tranquillità facendo spallucce e prendendo il capo invernale tra le mani, risistemandolo poi tra i propri. Non avendo una scusa per giustificare la presenza di quella maglia, decise di confessare la verità, omettendo ovviamente alcuni dettagli.

"Me l'ha detto lui di tenerlo. Dice che di maglie così ne ha tantissime e che a me questa sta bene... ha insistito per farmela accettare. E da allora non l'ho più restituita" rispose con semplicità, ricambiando con calma apparente lo sguardo sospettoso che la madre le aveva lanciato.

Sara osservò ancora per qualche istante la diciottenne, indecisa se credere o meno alla sua versione della questione, e scelse di crederle, comprendendo che si trattava della verità. Un campanello d'allarme si attivò nella sua mente, facendole presente che un comportamento come quello da parte di Ivan e Lidia poteva risultare assai equivoco. Ignorò tuttavia la fastidiosa vocina che le suggeriva la possibilità di qualcosa di losco dietro quella storia, seccata dal fatto che le continue insistenze di Domenico sulla faccenda l'avessero finalmente contagiata.

"Potevi dirmelo. Almeno avrei insistito io con lui. Non mi tiene mai testa, forse per rispetto o per amicizia, e sicuramente gliel'avrei fatta riprendere."

Sara si allontanò, uscendo dalla camera della figlia per andare a sistemare gli ultimi effetti personali nella propria borsa da viaggio. Lidia sospirò di sollievo, rilasciandosi contro il pouf. Sua madre non aveva sospettato nulla, o almeno non lo aveva dato a vedere.

La ragazza si perse nel pensiero di quella serata, eccitata dalla prospettiva assai gradevole di trascorrere la vigilia con Ivan. La certezza che quella notte avrebbero fatto l'amore insieme per la prima volta le accelerò il battito del cuore, che cominciò a pulsare all'impazzata. Pensò con timore alla possibilità che la madre potesse scoprirli insieme, ma si impose di scacciare tale paura, certa che nulla avrebbe mai potuto sconvolgere la quiete di quella vigilia. Andò quindi ad aprire le ante dell'armadio, cercando un abito da sera elegante ma anche seducente, e poi scelse con cura l'intimo da indossare, seguendo i consigli cercati su internet per prepararsi bene alla serata.

Trascorse il pranzo e il primo pomeriggio con insofferenza, attendendo impazientemente il calare del buio per avere la scusa di andare a prepararsi. Si fece la doccia e si depilò, arricciando i corti capelli per prepararli ad un'acconciatura sbarazzina e giovanile che le donava tantissimo, mettendo quindi in risalto i vividi occhi azzurri con un trucco smoky eye. Infine si vestì lentamente, infilando la biancheria, poi le sottili, lunghe calze velate, ed infine un paio di shorts di velluto nero a vita alta abbinati ad una maglietta rossa smanicata con delicati chiffon sullo scollo a V. Aggiunse un elegante giacchetto scuro e un paio di stivaletti dal tacco alto, osservandosi con maliziosa soddisfazione nel grande specchio dell'atrio della casa. Afferrò una pochette rossa molto semplice su cui erano stati applicati degli strass e ammirò il proprio riflesso, sentendosi veramente bella, seducente e sicura di sé.

"Mamma, che ne pensi?" domandò a Sara, la quale, affacciandosi dal salotto con le braccia indaffarate, le lanciò una lunga occhiata in cui si riflessero parecchie emozioni che Lidia non riuscì a decifrare.

Sara, come accorgendosi per la prima volta in vita sua che ormai la figlia maggiore si era fatta donna, se ne uscì infine con un commosso sorriso d'approvazione, ammirando la figura flessuosa e incantevole della ragazza.

"Stai benissimo" le rispose con semplicità, ma nei suoi occhi azzurri, specchio di quelli della giovane che le stava davanti, passò una tacita meraviglia che Lidia comprese essere un complimento autentico.

La ragazza le sorrise di rimando, accettando quel silenzio. D'altronde, tra loro i rapporti erano sempre stati tesi e pieni di litigi e non c'era una confidenza fra le due, perciò quell'imbarazzata ma sincera approvazione da parte della madre era il massimo a cui lei avrebbe potuto aspirare.

"Ok" replicò con voce flebile la ragazza, chinando poi lo sguardo sullo schermo del cellulare per controllare l'ora.

Di lì a poco Enrico sarebbe passato a prenderla. E il piano sarebbe effettivamente cominciato. Le dispiaceva dover rinunciare a trascorrere la prima vigilia natalizia con i propri amici, ma avrebbe rimpianto ancor di più non passarla con Ivan, perciò la scelta sofferta che aveva dovuto fare era stata in qualche modo resa meno ardua da quella prospettiva.

Il suo migliore amico parcheggiò puntualmente alle otto e un quarto davanti alla casa di Lidia. Notando dalla finestra l'avvicinarsi dell'Audi A5 bianca di Gregorio, il fratello di Enrico, la ragazza si precipitò a prendere cappotto, borsetta, cellulare e chiavi di casa. Quindi andò a salutare la madre, promettendole che non avrebbe fatto tardi e che la mattina dopo sarebbe stata sveglia per poter guidare fino a Siena senza essere fonte di pericolo per sé o per gli altri. Quindi sfuggì alle solite raccomandazioni materne, rifugiandosi nell'abitacolo dell'Audi. Salutò Enrico con un bacio sulla guancia, sorridendo eccitata al pensiero della serata tanto agognata che stava per cominciare.

"Come va?" gli domandò con voce vibrante di gioia, mentre lui faceva manovra per ripartire.

"Bene." Ma Enrico sospirò. "In realtà, vorrei potermi sottrarre al cenone. Valentina è riuscita a far invitare anche Vittorio." Il suo tono era controllato, ma le sopracciglia aggrottate e la mascella tesa sottolineavano la sua agitazione. "Quasi quasi fingo pure io di stare male. Dico che abbiamo contratto entrambi una malattia collettiva e che siamo in isolamento, così almeno mi levo dalle scatole."

"Forse dovresti andare."

"Per fare cosa, per vedere lei soffrire a causa di lui che la tiranneggia? Mica ne ho voglia, sai."

"Lui mica viene al cenone."

"E allora perché è riuscito ad aggiungersi? Non ha senso."

Lidia tirò fuori il Samsung Ace dalla pochette, sbloccando la schermata e cercando tra i messaggi di Whatsapp. Infine ne lesse uno ad alta voce.

"Valentina ha inviato un messaggio sul gruppo di Whats. Ma tu, di sicuro, hai visualizzato tutta la chat senza nemmeno leggerla per non perdere tempo, e così ti sei perso questo." Cominciò a leggere dopo una pausa ad effetto. "Vic" - diminutivo di Victor, il soprannome con cui si faceva chiamare Vittorio da tutti - "alla fine non viene più, ha detto che non vuole buttare venticinque euro per unirsi a dei diciottenni. Esce con i suoi amici. Con tanto di emoticon triste. Ma penso che, in fondo, lei sia contenta di non dover passare la vigilia con quello stronzo."

"Conoscendo Valentina, avrà sicuramente ridimensionato termini ben più offensivi. Ci tiene a far apparire normale la sua situazione" osservò Enrico con amarezza.

Tuttavia, nei suoi vivaci occhi color onice brillò un bagliore di speranza che a Lidia non sfuggì. La ragazza gli indirizzò un sorrisetto d'intesa.

"Ma tu, sicuramente, approfitterai di quest'assenza per provare a parlare un po' con lei, giusto? Tenta di stabilire un contatto, una sorta di confidenza o di amicizia, non so... Comincia con piccoli passi. Prima o poi, forse, riuscirai a sfondare il muro della sua riservatezza" gli consigliò con voce gentile.

Il biondo imboccò una strada secondaria e frenò di colpo, parcheggiando poi in una vicina area di sosta. Da lì controllavano l'arteria stradale principale senza farsi vedere, in modo da poter notare quando Sara sarebbe passata di lì con la sua Lancia Musa nera, per riportare Lidia a casa senza che sua madre la cogliesse lì.

Enrico scrutò la sua migliore amica con uno sguardo incerto, come a pregarla di dargli un consiglio.

"Non so cosa fare, Lilì. Secondo te devo parlarle? Provo un confronto diretto e le dico di lasciare Vittorio prima di toccare il fondo oppure tento un approccio graduale?"

Lidia ci pensò un istante prima di rispondere, riflettendo sulle parole da usare.

"Enri, credo sia meglio un approccio più diplomatico. Non aggredirla subito, altrimenti lei si richiuderà a riccio su se stessa e tu brucerai la tua unica opportunità di farla ragionare. Segui il mio consiglio: comincia ad avvicinarti piano piano a lei con conversazioni innocue. Convincila che si può fidare di te, che tu non tenti un approccio romantico con lei, e si aprirà un po'. Sarà dura, ma devi conquistare la sua stima e stabilire un'amicizia, o comunque qualcosa che sia un legame abbastanza forte. Ovviamente Vittorio non deve sapere nulla, ma credo che lei non gli dirà niente. Non sentitevi per chat, perché so che lui le controlla periodicamente il telefono, stando a quanto ho sentito dire in giro. E credo che la voce non sia falsa."

"Quindi devo limitarmi a conversazioni a tu per tu a scuola" precisò Enrico.

"Esatto. Falle comprendere che provi un interesse per lei, ma non di tipo romantico: deve essere una partecipazione innocente, che escluda qualsiasi coinvolgimento amoroso. Lei dopo un po' si aprirà e tu avrai campo libero per provare a giungere al suo cuore, a convincerla che la relazione con Vittorio le è deleteria e che la porterà sull'orlo del baratro. Ma sii tranquillo e dolce, non pressante o aggressivo: dolce, sicuro, rilassante. Lei potrà ritirarsi in sé, ma tu sii insistente senza opprimerla e forse alla fine ti lascerà entrare nella sua sfera emotiva più intima. Se riuscirai ad essere costante con le pressioni ma senza farle sentire il peso della tua preoccupazione lei potrebbe fidarsi abbastanza da darti ascolto. Forse così riuscirai a strapparla alle grinfie di quell'idiota."

"Ho notato molti forse nel tuo discorso" osservò con piglio scettico il suo amico, ricambiando il suo sguardo azzurro.

Lidia chinò gli occhi verso le proprie mani che stringevano la pochette scarlatta, tormentando il labbro inferiore con un canino.

"E' vero, Enri, ed è anche probabilissimo che tu non riesca a convincerla a rompere con lui. Ma io penso che sia il modo più utile per spingerla a lasciare Vittorio, perciò credo che dovresti agire così. Con l'impulsività, l'aggressività e la rabbia lei si richiuderà in se stessa e non ti darà ascolto. Solo se conquisti la sua fiducia avrai qualche chance. Di questo sono sicurissima. Posso pure provare io a parlare con lei, se vuoi, o possiamo chiedere a Céline di farlo, ma tu ci vorrai fuori da questa situazione, conoscendoti, e non vorrai ingerenze. Perciò tocca a te parlarle."

Enrico sospirò pesantemente, rilasciandosi contro lo schienale del morbido sedile in finta pelle voluto appositamente da Gregorio, convinto animalista, per la sua elegantissima automobile. Con la coda dell'occhio notò una Lancia Musa nera passare lentamente nel traffico stradale fiorentino, riconoscendo in controluce il profilo del volto di Sara. Rimise in moto la macchina e, quando la Lancia sparì dietro l'angolo, si avvicinò all'incrocio per immettersi nuovamente nella trafficata strada principale.

"Sono le otto e mezza" suggerì all'amica, facendole capire che intendeva chiudere lì la loro conversazione.

Lidia accettò in rassegnato silenzio la sua decisione, annuendo appena con il capo. Cinque minuti dopo era nuovamente davanti a casa; la ragazza scese e così fece pure il biondo, accompagnandola fino al cancello.

La castana si voltò per salutare Enrico, augurandogli una buona serata.

"Spiega agli altri che ho qualche linea di febbre con un forte mal di testa e che mi dispiace tantissimo di non poter partecipare al cenone con loro. E di' ad Anto che mi sono scordata di comunicargli la partecipazione di Heydar. Soprattutto, cerca di divertirti e trascorri una bella serata. Non rovinartela con brutti pensieri" disse all'amico con gentilezza, accarezzando con fraterna amicizia il volto glabro di lui.

"D'accordo, Lilì. Lo farò" le promise con un sorriso. "E tu divertiti con Ivan. Trascorrete una bella serata e non fate gli sporcaccioni" scherzò, guadagnandosi uno schiaffetto minaccioso sul petto esile.

Lidia alla fine scoppiò a ridere con Enrico, abbracciandolo con affettuoso slancio.

"Buon Natale, Enrico."

"Buon Natale anche a te, Lilli."

Lei gli lanciò un'occhiata perplessa.

"Io non festeggio il Natale. Io festeggio le vacanze invernali, festeggio la vita. Festeggio l'amore" precisò con ironia, sorridendogli un'ultima volta. "Cerca di divertirti."

Lidia si girò verso il cancello del giardino, frugando nella borsetta in cerca delle chiavi, quando Enrico le posò la mano sulla spalla, costringendola a voltarsi nuovamente. Nei suoi scuri occhi mediterranei brillò un lampo di determinazione che non le sfuggì.

"A proposito di prima... hai ragione. Ci ho riflettuto e credo che tu mi abbia suggerito l'unico modo possibile per cercare di farle lasciare quel gran bastardo. Ci proverò. Non la lascerò andare senza prima aver combattuto" le confessò, lasciandole poi la spalla dopo un ultimo saluto.

Quindi il biondo salì di nuovo sull'Audi e si allontanò, lasciandola da sola. Lidia, rinfrancata dalla tenacia dell'amico, si augurò ardentemente che il suo suggerimento si fosse rivelato efficace, altrimenti per il suo migliore amico sarebbero stati dolori. Non sopportava più di vederlo soffrire in silenzio, ma forse affrontare la situazione l'avrebbe spezzato definitivamente, oppure si sarebbe rivelata la soluzione ideale.

La ragazza rientrò in casa, posando borsa, chiavi e cappotto su una sedia e salendo subito al piano superiore. Accese il riscaldamento, che la madre aveva spento dieci minuti prima, e sgattaiolò in camera per infilare una maglione casalingo al di sopra del completo da sera. Scorgendo il pullover di cachemire di Ivan sopra il letto, dimenticato lì dalla mattina, ebbe un'idea: si spogliò, rimanendo in intimo e calze trasparenti, e infilò il maglione sopra di esso, sussultando appena al pizzicore della fine lana lavorata sulla pelle nuda. Il pullover era enorme e le arrivava fin quasi a metà coscia, perciò poteva utilizzarlo come mini abito. Calzò infine un paio di stivaletti neri con le borchie e un po' di tacco, osservando la propria figura riflessa nello specchio sull'anta del guardaroba.

Considerò che ci avrebbe messo meno tempo a svestirsi per il momento cruciale della serata e, soddisfatta del proprio aspetto, si ravviò due ciocche dietro le orecchie, scendendo poi al piano terra per apparecchiare la tavola per due. Stese la tovaglia, tirò fuori dalla credenza due piatti del servizio di porcellana regalato dal nonno Friedrich alla madre in occasione del suo matrimonio con Domenico, ventun anni prima, e cercò i calici in vetro di Murano, ma non li ritrovò. Sbuffando seccata, decise di rinunciare ad imbandire la tavola con quelle stoviglie, di cui Sara era estremamente gelosa, optando infine per piatti e bicchieri abituali che utilizzava quotidianamente. Aggiunse una caraffa d'acqua, un cestello con alcune fette di pane, le posate e i tovaglioli, sedendosi quindi per attendere il fidanzato. Erano ormai le nove meno cinque, come appurò osservando l'orologio appeso in cucina, perciò Ivan sarebbe giunto di lì a poco.

In leggerissimo anticipo, il campanello squillò neanche due minuti dopo e Lidia si precipitò all'ingresso per far entrare l'uomo. Spalancando il portone, riuscì a trattenersi appena in tempo per evitare di far cadere un piccolo, meraviglioso vaso di azalee dalle minuscole corolle rosso vivo. Il volto di Ivan, al di sopra di esse, sorrideva entusiasta. Con l'altra mano sorreggeva una busta di plastica, presumibilmente contenente qualche suo effetto personale.

Lidia trattenne per poco un grido di sorpresa.

"Ivan, ma come sei riuscito a trovare queste azalee? Sono una varietà rarissima!" esclamò felice, slanciandosi su di lui per abbracciarlo.

Con la testa posata sul suo petto, avvertì la sua voce profonda e maschile nascere ed espandersi dal torace, uscendo poi in una risata sollevata.

"E io pensavo che tu ne avessi già un esemplare... ho fatto centro col regalo di Natale" rispose, replicando con un sorriso a quello che si dipinse sul volto di Lidia quando la ragazza alzò lo sguardo verso di lui.

Si dettero un bacio sulla porta di casa, poi Lidia, che avvertiva il vento accarezzarle la pelle con la sua gelida carezza d'inverno, prese l'involto nelle proprie mani e lo invitò ad entrare dentro, chiudendo poi a chiave. Ivan lasciò il cappotto alla ragazza, che lo sistemò nel guardaroba dell'atrio, e intanto si diresse nel salotto per posare il vaso di fiori pregiati, avvolto in carta da regalo lucida, sul ripiano del tavolo. La castana gli si fece incontro e aderì al suo corpo con un abbraccio, approfondendo il bacio che poco prima, sull'uscio di casa, non erano riusciti a continuare.

"Su, adesso basta... così mi farai impazzire prima della fine di questa serata" disse l'infermiere qualche minuto dopo, staccandosi dalla figura della fidanzata con un certo rimpianto.

"Passiamo direttamente all'opera" suggerì Lidia con una risata maliziosa, mentre il suo volto si apriva in un sorriso sensuale. "Fino a domani mattina alle sei abbiamo campo libero."

"Come pensi di fare per domattina, a proposito?" la interruppe lui, nel tentativo di raffreddare la sua passione.

Ivan desiderava Lidia, ma non voleva prenderla subito. Voleva iniziare la serata con un ritmo lento e delicato, per rendere indimenticabile la loro prima volta. In più aveva fame, dato che era uscito da un turno di lavoro con un'ora di permesso anticipato per potersi preparare alla serata e non era riuscito a mangiare nulla da mezzogiorno in poi.

"Ok, ok, rinnovo l'assalto più tardi" s'arrese la diciottenne, sventolando bandiera bianca. "Comunque, ho impostato la sveglia per domani alle cinque, così abbiamo tutto il tempo di fare colazione insieme e salutarci per bene prima che tu te ne vada e mia madre torni" gli spiegò in seguito, terminando la frase con una punta di amarezza. "Grazie per le azalee... cercavo da tantissimo quella varietà! Come hai fatto a trovarla? E ti deve essere costata tantissimo, è così rara!"

"Effettivamente l'ho cercata a lungo... l'ho fatta ordinare e importare da Torino, dato che nessun negozio della città disponeva di qualche esemplare. Mi è arrivata per tempo, proprio ieri."

"Che dolce che sei stato." Lidia era colpita dalla sua ricerca: nessun ragazzo, o uomo, aveva mai fatto così tanto per procurarsi un regalo per lei, nemmeno suo padre o Roberto. Sorrise allegra. "Be', allora sarà un miracolo se il mio regalo sarà all'altezza del tuo!"

La ragazza salì per qualche istante al piano superiore, andando a prendere il dono di Natale per l'uomo, e si ripresentò poco dopo, tenendo un ampio pacco fra le mani con leggero imbarazzo.

"Spero che ti piaccia" disse semplicemente, attendendo che lui l'aprisse.

Ivan scartò il regalo con poche mosse e si ritrovò a contemplare con sguardo lieto e quasi assorto una maglia ufficiale dell'ACF Fiorentina di vecchia fattura, inquadrata in una cornice essenziale, con stampato il numero e il nome di Gabriel Batistuta, uno dei attaccanti più forti che avevano fatto la storia della squadra toscana. Dopo qualche istante di ammirazione, strinse a sé il quadro con la delicata attenzione con cui avrebbe abbracciato una reliquia, subissando la ragazza di domande.

"E questo secondo te è un regalo che non regge il confronto con il mio? Sant'Iddio benedetto, è una maglia ufficiale della Fiorentina!" L'uomo tirò un sospiro nostalgico, ripensando al passato. "Cioé, io andavo pure a vedere le partite della Viola contro il Bologna, quando ancora vivevo con Emiliano; l'ho vista giocare davanti ai miei occhi... e come facevi a sapere che sono stato un fan sfegatato di Batigol? Questa è una maglia introvabile, è datata di un certo periodo e fuori commercio... come hai fatto ad ottenerla?"

"Piano con le domande, per favore!" tentò di rabbonirlo la ragazza, ridendo per la sua sorpresa, riuscendo finalmente a farlo tacere. "L'aveva comprata mio padre per me quando ho compiuto sedici anni, tuttavia lo stesso giorno del mio compleanno gli avevo annunciato di essermi messa con Roberto e lui era uscito fuori dai gangheri per la rabbia, dato che non l'ha mai sopportato..."

"Su questo sono assolutamente d'accordo con tuo padre" la interruppe Ivan, lanciandole un'occhiata possessiva.

"E allora, per punizione, non mi ha mai consegnato questo dono. L'ho ritrovata per caso in soffitta, cercando le valige per il viaggio a Siena. E ho pensato che a te sarebbe piaciuto averla..." Lidia lasciò la frase in sospeso.

"E' il regalo più bello che avresti mai potuto farmi." Ivan si sporse per baciarla sulle labbra, nascondendo il sorriso che spuntò sul volto della ragazza.

"Ora però prepariamo qualcosa da mangiare, io ho fame" annunciò la castana, staccandosi dalla figura dell'uomo.

Ivan sorrise furbamente.

"A questo ho pensato io" replicò, seguendola in cucina. "Ho un amico proprietario di una pizzeria, e mi ha promesso che tra le nove e le nove e mezza mi avrebbe spedito con un fattorino delle pizze. Però" aggiunse poi "qualche trancio di pizza non è proprio il massimo, perciò ho pensato di portare qualche vasetto di marmellata e uno di Nutella, così che possiamo cucinare delle crêpes. Tuttavia non sapevo se ne avevi in casa e quali gusti ti piacessero, perciò ho pensato di portare più varietà."

"Quindi, a parte le crêpes, non devo preparare nulla."

"Esatto."

"Come sta Emma? L'hai risentita?" chiese quindi Lidia, orientando la loro conversazione su un altro argomento.

Intanto la ragazza tirò fuori una ciotola e altri utensili da cucina, prendendo poi uova, farina, latte, zucchero e tutti gli altri ingredienti necessari per il composto dolciario. Cominciò ad aggiungere e amalgamare il tutto, prestando attenzione ad Ivan che parlava al suo fianco. Ad un certo punto pure l'uomo si unì a lei per la preparazione, accendendo il fornello con sopra una padella e divertendosi a farle saltare abilmente per cuocerle, senza tuttavia farle cadere a terra.

"Visto che bravura, Lidia?" si vantò scherzosamente quando depose la prima crêpe su un piatto.

La ragazza rise allegramente, versando un po' di composto nella padella per cuocerne una seconda.

"A me sembri un po' matto" lo prese in giro.


 

***


 

Enrico arrivò intorno alle nove meno un quarto nella sala prenotata da Antonio per il cenone. Prese da parte proprio l'amico per parlargli.

"Ascolta, Anto: Lilli non sta bene, ha qualche linea di febbre e si è dimenticata di avvertire che non viene più. Però mi ha detto anche che Heydar si era aggiunto alla festa e aveva portato i soldi a lei, tuttavia, stando male, non ha potuto consegnarteli, né tantomeno dirti della sua aggiunta. Perciò ha chiesto a me di riferirti tutto e di consegnarti la quota di Dar" spiegò il biondo, consegnandogli venticinque euro.

Antonio annuì con il capo, rispondendo che l'iraniano era già arrivato e l'aveva già avvertito del fatto di essersi aggiunto al cenone tra amici.

"Però mi dispiace per Lidia... sta tanto male?"

"Sì, purtroppo... ha un disturbo intestinale, credo."

"Circola ultimamente. Dicono che sia tremendo."

"Vabbé, parliamo d'altro. Sinceramente, non ci tengo a discorrere di problemi intestinali poco prima di mangiare" aggiunse scherzosamente Enrico, dando una pacca sulla spalla ad Antonio e avvicinandosi con lui al numeroso gruppo di amici lì riuniti.

Enrico adocchiò subito Valentina, ferma a chiacchierare con Aurelia ed Eliana. La trovò bellissima nel semplice abitino nero che le arrivava alle ginocchia, reso meno austero da un filo di trucco e da una morbida acconciatura sottolineata dal filo di perle. Tuttavia la magrezza del suo corpo era scheletrica e risaltava ulteriormente, ed Enrico si sentì stringere il cuore dalla sua anoressia. E' più magra di me, nonostante io abbia problemi alla tiroide e sia sottile come un chiodo, pensò il biondo, indeciso su come avvicinarsi a lei. Scelse di fingere di star cercando l'ex-compagna di banco di Lidia per consegnarle un regalo, inserendosi facilmente nel gruppo.

"Grazie del pensiero, Enri! Ma non era necessario..." si schermì Aurelia, scostando con un gesto le lunghe ciocche ramate dal lato del volto per rivolgergli un sorriso pieno di gratitudine.

"E invece sì che è necessario. Mi dispiace, ma io, Greg e i miei genitori partiamo il 29 per due settimane a Cortina d'Ampezzo... me l'ha detto oggi mia madre. Aveva prenotato la vacanza come regalo di Natale per me e mio fratello. Non posso essere al tuo diciottesimo il 2 gennaio, perciò vorrei consegnarti adesso il mio regalo di compleanno invece che farti aspettare dieci giorni" confessò con un leggero imbarazzo il ragazzo, aspettando la reazione della rossa.

Aurelia sembrò oscurarsi per qualche istante, ma poi l'ombrosità scivolò via dal suo volto. Sbuffò dispiaciuta, accettando il dono.

"Mi dispiace saperlo... mi sarebbe piaciuto averti al mio compleanno. Sei stato molto gentile a pensare in anticipo al regalo... Lo aprirò al mio diciottesimo, così non mi rovino la sorpresa" disse, cambiando poi argomento. "Ma Lidia non c'é? Non la vedo da nessuna parte..."

"Lilì ha la febbre e non sta parecchio male; alla fine ha rinunciato a venire."

"Ma no, dài!" esclamò una voce maschile dietro di lui, con un tono profondo che gli rammentava qualcuno.

Enrico si girò e notò la presenza di Gianluca dietro di sé. Il bruno sembrava essere appena uscito dall'estetista, tant'era pronto e vestito di tutto punto: l'abbinamento camicia-pantaloni su di lui risultava molto elegante, coordinato ad un blazer azzurro scuro. I folti capelli scuri avevano subito una spuntatina ed erano stati modellati dal gel con accuratezza.All'abbigliamento chic il ragazzo aveva aggiunto mocassini neri. Nelle iridi grige brillava la delusione, e la sua espressione così accorata stuzzicò la risata di Enrico, che riuscì a trattenersi a fatica dallo scoppiargli a ridere in faccia.

"Quindi Lilli non c'è?" domandò con tono sconsolato il moro, riscontrando la conferma di tutto il gruppetto.

Gianluca sollevò un pacchetto regalo tra le mani, cogliendo con quel movimento l'attenzione del biondo: evidentemente era il dono di Natale per la sua migliore amica.

"Ed è rimasta a casa?" chiese ancora il corvino.

"No, guarda... secondo te dove dovrebbe essere?" ribatté con cipiglio ironico Enrico, notando poi una luce risoluta riflettersi negli occhi grigi del ventiduenne.

"Ok. Allora vado a vedere come sta" decise ad un tratto Gianluca, voltandosi di colpo e abbandonando il quartetto di amici.

"Cosa?!" strillò il diciottenne, inseguendolo di corsa dopo un primo istante di smarrimento. Lo trattenne per un braccio. "Lidia sta male, non andarla a disturbare! E' da sola a casa perché non c'è nessuno con lei e ha bisogno di silenzio assoluto. Non andarle a rompere le scatole, cazzo!"

Gianluca si scrollò di dosso la presa insistente del biondo, fulminandolo con lo sguardo.

"Appunto. E se Lidia ha bisogno di qualcosa? Mi hai detto tu stesso che è sola. Vado ad accertarmi che abbia tutto ciò di cui necessita e non stia troppo male."

Detto questo, uscì dalla stanza con una certa fretta, lasciando Enrico in preda ad un'infinita angoscia personale.

Cazzo, e se adesso scopre suo fratello insieme a Lidia? Devo avvertirli!

Il biondo scrisse con fretta spasmodica due messaggi all'amica su Whatsapp, ma lei non li visualizzò. La chiamò più e più volte, sia al suo numero personale che sul telefono di casa, ma non rispose mai. Non aveva il numero di Ivan, perciò non poteva avvertire lui.

Enrico non era certo a conoscenza del fatto che Ivan e Lidia avevano spento entrambi il proprio telefono per non avere distrazioni di alcun tipo durante la serata.

E Gianluca, intanto, a bordo della sua Ford blu, stava arrivando per appurarsi che la ragazza non avesse bisogno di nulla, con sul sedile anteriore il regalo di Natale per lei e nel cuore la speranza di poterla veder sorridere e trascorrere qualche minuto da solo con lei.

 



 

°Santo mio Dio

 

***




N.d.A.
Salve a tutti!
Mi scuso per l'infinito ritardo e per le mancate risposte a messaggi e recensioni, ma il computer si è rotto e ho dovuto portarlo ad aggiustare. Fatto sta che mi è stato restituito solo ieri senza i salvataggi dell'ultimo capitolo, perciò ho dovuto riscriverlo tutto dal cartaceo al digitale. Risultato: ritardo di una settimana quasi e scocciature interminabili. Comunque, eccomi qui. E spero che il capitolo vi sia piaciuto. Qui accade molto, si rivela molto e nel prossimo saprete di più. Il nuovo capitolo è ancora in fase di stesura, perciò lo pubblicherò fra due settimane esatte di venerdì, come al solito.
Bon, termino in fretta perché mi aspettano i compiti, ma vorrei ringraziare Tanny, controcorrente e Hazel_Watanka per le loro bellissime recensioni e Robii_ per il suo fantastico messaggio di incoraggiamento. Grazie mille a tutti quanti i miei lettori. Spero di essere sempre all'altezza delle vostre aspettative.
Mi scuso ancora per il ritardo e spero che abbiate gradito il capitolo nuovo.
Alla prossima! :*


Flame

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Dragon_Flame