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Autore: 69Conigli    06/03/2015    1 recensioni
Non fatevi trarre in inganno dal titolo, può sembrare macabra ma non non lo è per nulla XD E' la prima storia che pubblico e non sono brava a scrivere introduzioni, come penso avrete già notato. Questa storia è ambientata dopo i fatti raccontati nel manga, Rukawa si troverà a fare i conti con nuove sensazioni ed una persona che sembrerà portarlo verso strade che rischieranno di distoglierlo dai suoi obbiettivi e mettere in discussione il suo futuro. Questa nuova presenza entrerà nella sua vita come una calamità, stravolgendo la sua quotidianità. Sembrerà sconvolgere tutti gli equilibri e, naturalmente, i suoi "amati" compagni di squadra non si esimeranno dal dire la loro =D
Dubito di aver destato qualunque tipo di curiosità in voi con questa orrificante introduzione, ma spero gli darete comunque un'occhiata, nonostante l'incompetenza della sottoscritta =D Buona lettura...
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1
Impatto
 
 
 
 
One Week Later
 
 
Varco la soglia della terrazza ed una folata di vento teso mi travolge, minacciando quasi di sollevarmi la gonna. Mi stringo nelle spalle e raggiungo la ringhiera, imprecando tra me per non essermi portata la giacca. La serie di bestemmie si incrementa notevolmente quando mi viene in mente che l’ho pure lasciata a casa. Insieme a cellulare e portafoglio. Maledizione...
 
Mi sporgo appena in avanti e butto un’occhiata annoiata al cielo scuro, gonfio di nubi nere. Accendo una sigaretta e aspiro a pieni polmoni, osservando il fumo disperdersi nell’aria. E proprio quando i miei neuroni sono in procinto di saltellare allegri verso nuovi ed avventurosi lidi, percepisco un rumore di passi alle mie spalle e con la coda dell’occhio scorgo appena una figura.
 
Poco distante da me, Kaede Rukawa incede barcollante. Stranamente, anziché andare a morire in qualche angolo assurdo senza guardare in faccia nessuno come suo solito, si trascina silenzioso nella mia direzione.
 
La sua presenza, alle mie spalle, mi provoca un brivido che non riesco a decifrare. Lo ignoro e torno a guardare la città antistante, simulando una tranquillità che in realtà non sto provando.
 
- Mayu Okazaki, giusto. – la sua voce roca rompe il silenzio d’improvviso.
- Che intuito... - sospiro, roteando gli occhi. Non c’è una sola persona, in questa fottuta scuola, che non conosca il mio nome. I corridoi sono un alveare brulicante di presunti gossip su di me, anche inventati se necessario. Ma la mia reputazione non è nemmeno paragonabile a quella che ha lui. Io ho la nomina di stronza, troia, drogata, manipolatrice e cagna.
 
Mi raggiunge, posa a terra un... succo d’uva ??? e si sporge appena in avanti, poggiando i gomiti alla ringhiera. Mi guarda in modo strano e mi ritrovo, mio malgrado, a rispondere alle sue velate occhiate, provando una strana sensazione... esaltazione, forse. Mischiata ad un’insolita tensione. Guardarlo equivale inevitabilmente a ritrovarmi la testa infestata da un esercito di pensieri non esattamente leciti, che sfiorano i confini dell'immaginario erotico. E questo di certo non mi aiuta a tranquillizzarmi.
 
Dopo un primo momento di velata tensione, l’idiota desiste e si decide a trascinarsi fino al muro poco distante. Si siede pigramente e sbuffando poggia la schiena contro la parete, incrociando le braccia al petto con aria sonnacchiosa.
 
 
- Hai già finito l’autonomia, volpe? – ridacchio, mentre quello fatica persino a tenere gli occhi aperti.
- Non ho neanche voglia di starti a sentire... – mugugna, cominciando a ciondolare con la testa.
- Cristo, ma stai a pezzi. – gracchio ruvida, guardando la volpe con disgusto. – Che diavolo, fatti una cura di caffeina! - pigolo con la solita delicatezza, ricevendo in risposta un’occhiata gelida che mi fa ribollire il succo d’uva nelle viscere.
 
Lo guardo, scuotendo la testa disgustata e l’idiota comincia a russare beato. Qualcosa però deve aver ridato impulso ai criceti morti nel suo cervello, perché dopo dieci minuti inizia a mugugnare qualcosa di incomprensibile e si arrischia ad aprire un occhio, come vittima di un’improvvisa illuminazione. Comincia a fissarmi con la consueta espressione da spugna di mare e con un cenno della testa mi indica il succo d’uva che ha lasciato ai miei piedi.
 
- Cosa? – grugnisco, con la solita simpatia che mi contraddistingue.
- Passa - ordina, in tono volutamente irritante.
- Scusa? – è sconvolgente la faccia tosta di questo soggetto.
- Passami il succo. - ripete atono, sprecando fin troppo fiato.
- Prenditelo, idiota. – replico saccente, incrociando le braccia al petto e fissandolo di proposito.
 
Il volpastro alza gli occhi al cielo e sospira, sollevandosi da terra con uno sforzo che sembra sovrumano. Ma essendo ancora in fase catatonica, l’idiota quasi si schianta per terra come un demente senile. Soffoco a stento una risata mentre la Diva, seccata, si stabilizza e striscia malfermo verso di me. Scivola al mio fianco e avverto immediatamente la scia dolciastra del suo profumo insinuarsi in ogni particella d’aria che respiro.
 
- Idiota. – borbotta infine e si abbandona coi gomiti sulla ringhiera, sorseggiando il liquido violaceo.
 
Stranamente non rispondo e di nuovo... quella fastidiosa sensazione che mi colpisce alla bocca dello stomaco. Qualcosa dentro di me comincia a fare allegre capriole, come quando sto male di stomaco. Lo guardo di sottecchi, mentre il vento scivola tra i suoi capelli ed i tuoni accendono quegli occhi intensi, carichi di elettricità. Accidenti...
 
Cerco di ridare contegno ai miei pensieri, ma quell’idiota continua a fissarmi e la cosa comincia a darmi sui nervi.
 
- La pianti di fissarmi o vuoi un pugno in faccia? - sbotto, con voce forse troppo acuta.
- Assurdi. –
- Di che diavolo stai parlando, imbecille? -
- I tuoi capelli. Sono assurdi. – asserisce inespressivo, inarcando un sopracciglio. Il suo sguardo scorre languido lungo le ciocche liscissime, pervase da quel rosso che mi accompagna da quando ho iniziato a respirare e che ha sempre attirato ostilità e disapprovazione. Il mio vanto, la mia peculiarità dominate, il colore vivo dei miei giorni. Lo specchio della mia essenza racchiuso in quel rosso che dipinge la mia intera esistenza.
- Cosa? Ma ti sei guardato allo spe... – mi interrompo, consapevole di quanto sia ridicolo fare insinuazioni sull’aspetto ad uno che sfiora così spudoratamente la perfezione. – Mph... non capisci un cazzo. – borbotto infine, indignata. Continua a scrutarmi perplesso, con insolito interesse. Allunga una mano e si sofferma ad osservare placido una ciocca di capelli color fuoco che stringe tra indice e medio.
- Assurdi... – ribadisce, fissandola con indifferenza.
 
Quella vicinanza mi costringe a reprimere un brivido. Cerco di rimanere disinvolta, ma per un attimo la risolutezza vacilla e la mente si annebbia, nell’assoluta eccitazione della prospettiva che si staglia nella mia testa: io distesa sul letto con un succinto negligé di seta nero e lui sopra di me, che si muove felino...
 
Serro i denti, infastidita da quei pensieri. Lui al mio fianco è fastidiosamente tranquillo ed il suo profumo mi scivola sulla pelle come un fottuto brivido.
 
- Sembri la versione acida del do’hao. – biascica, alludendo vagamente ad Hanamichi Idiota Sakuragi. Cos’è, gli è venuta voglia di morire?
- Non ti azzardare a paragonarmi a quello lì! – ruggisco, continuando ad insultarlo sommessamente. Ignora le mie minacce e i suoi occhi si perdono ancora tra le inquietanti nubi nere. Di nuovo, una raffica di vento mi travolge e un brivido mi pietrifica. Ma stavolta non è il freddo. Affatto.
- Tu parli decisamente troppo. – mormora. Quegli occhi... deglutisco aria e reprimo un brivido, cercando di comportarmi con disinvoltura.
 
 
Guarda il cielo con aria assorta e comincio a chiedermi cosa ci sia in lui che non riesco a cogliere. Sospira, perdendosi in quell’espressione insolita che fa brillare i suoi occhi di luce più intensa. Mi chiedo se sia davvero la vera facciata quella che mostra dietro quegli sguardi apparentemente assenti, o se lasci vagare liberamente le sue sensazioni in più direzioni.
 
Ma Kaede Rukawa è un enigma lucido, schermato da sguardi che, ne sono convinta, vedono molto più di quello che vogliono far credere. Ma non permetterà a nessuno di sviscerare quegli occhi colmi di tensioni e contraddizioni. Mai, nemmeno per sbaglio. È troppo geloso di se stesso per permettere a qualcuno di contaminare i suoi rassicuranti e granitici spazi vitali.
 
 
Persa nei miei pensieri, nemmeno mi accorgo che ha iniziato a piovere.
 
- Maledizione... – raggiungo rapida l’entrata e mi volto a cercarlo, non sentendo alcun rumore di passi. Lui è ancora lì, gli occhi fissi verso l’alto. L’acqua percorre lenta i lineamenti del suo viso, scivola tra i capelli, lungo il collo... inumidisce la camicia e rende la stoffa dannatamente trasparente, delineando le linee di un torace perfetto. Sussulto e un brulicare vorticoso di brividi mi si addensano nel petto.
 
- Che fai, rimani lì? – la mia voce sembra raggiungerlo a malapena mentre socchiude appena le palpebre.
- Solo un attimo... – chiude gli occhi, inclinando la testa su un lato con sensualità innaturale, incollando la mia attenzione sull’eleganza di ogni fottuto gesto.
 
Ostenta un corpo creato per sedurre, per scavare nel cervello violentemente, fottendo ogni neurone. Mi odio, quando faccio certi pensieri su quell’idiota... e odio lui, che mi costringe a guardare quel torace scolpito premere contro la stoffa umida della camicia. È un fermo immagine che colpisce dritto al cervello, per qualche incomprensibile ragione.
 
Distolgo lo sguardo con violenza, sollevando una mano a massaggiarmi una tempia. Cerco di dilatare i pensieri e riprendere il controllo delle mie facoltà intellettive. Respira Mayu. Non posso fare certi pensieri su quell’imbecille! Ok, devo concentrarmi. Pensare a qualcosa di brutto...
 
 
- Ti sei rincoglionita? – la sua voce mi scuote con violenza, facendomi trasalire. Lo ritrovo accanto a me che mi guarda dall’alto, dalla sua frangia color ebano l’acqua gocciola ipnotica, riversandosi sul pavimento umido.
- No idiota, stavo pensando! Che palle! – sbotto acida, passandomi le dita tra i capelli. Mi avvio tacitamente verso le scale ed il rumore dei suoi passi, alle mie spalle, mi rende insolitamente inquieta.
 
Sceso l’ultimo gradino, mi volto d’impeto e mi ritrovo a fissare i suoi pettorali, perfettamente visibili oltre la stoffa resa trasparente dall’acqua. Respingo quei pensieri non esattamente leciti e schiarisco la voce, mantenendomi lucida e risoluta.
 
- Smettila di starmi tra i piedi... – sibilo decisa, incastrando gli occhi nei suoi. Inarca un sopracciglio interdetto e mi volto, allontanandomi da lui con passo felpato.
 
 
Percepisco ancora il peso del suo sguardo mentre percorro lenta il corridoio, lasciandomi alle spalle quegl’occhi che sanno sedurre con l’arte del demonio...
 
 
 
Some Days Later
 
 
Avete presente Homer Simpson quando parla col suo cervello? I neuroni sgattaiolano fuori mentre il corpo si muove autonomo, ripetendo meccanicamente i gesti di tutti i giorni? Ecco, io ora mi vedo quasi dall’alto, come se la mente fosse emigrata fuori dal mio corpo. Vado avanti per dieci minuti finché mi rendo conto che è una cosa davvero troppo idiota e comincio a ridere da sola come un’immane deficiente.
 
- Che hai da ridere? - prorompe Faye, distogliendomi. Sbatto le palpebre e aggrotto le sopracciglia, cercando di far ripartire i neuroni.
- Che? – blatero, senza nemmeno cogliere il filo della conversazione.
- Stava partendo di nuovo per la tangente... – mormora Hikari, sorridendo rassegnata.
- Tu sei fuori, Mayu... – rotea gli occhi e getta la cicca aldilà della recinzione, stiracchiandosi con molta poca classe. - Andiamo a vedere gli allenamenti? – quell’affermazione improvvisa, quasi mi provoca un ameno shock.
 
Sollevo un sopracciglio, guardandola dall’alto in basso. Ora: il problema non è tanto l’epicità della richiesta in se, ne la quantità di droga che probabilmente ha tirato su stamattina, ma il sorriso ebete che ha stampato in faccia come una paresi. Qui le opzioni sono due: o ha scoperto di avere un male incurabile al cervello oppure, il cervello, se lo è completamente bevuto!
 
- Sei seria? -
- Perché? -
- Come perché? Non ci sei mai voluta andare! Hai sniffato zucchero stamattina? - sbotto sconvolta.
- Che palle, ma che avete tutte e due oggi? Deve per forza esserci un motivo se per una volta voglio andare a vederli anch’io?! -
- Va per Mitsui. – cinguetta candidamente Hikari al mio fianco, rischiando di farsi cavare gli occhi.
- Oho, ma non mi dire?! – infierisco, ridendole in faccia senza ritegno. Tuttavia, avevo dimenticato la proverbiale facilità all’ira di Faye che, difatti, ci stacca quasi la testa a morsi.
- Hikari ma la vuoi chiudere quella bocca?! E tu smettila di ridere, maledetta! – tuona, diventando dello stesso colore dei miei capelli.
 
 
Non vuole ammetterlo nemmeno a se stessa, ma si vede chiaramente che è persa per Mitsui. Ed è evidente che questa non sia affatto una delle rapide avventure tipiche di Faye. Questa volta no, con lui è diverso. Lo capisco da come lo guarda, da come le sorridono gli occhi ogni volta che parla di lui. Con Mitsui perde ogni difesa... è troppo forte, troppo viscerale la fame che hanno l’una dell’altro.
 
E come darle torto: Hisashi Mitsui è fuoco vivo. Rude, affascinante, sfrontato, con quelle cicatrici da uomo vissuto e quell’aria da teppista redento. Ha un tale fuoco dentro, che lo fa ardere di pura passione... e quei modi burberi e quei sorrisi storti sono stati fatali per Faye.
 
 
- Dai muoviti! – esclama, trascinandomi in palestra con talmente tanta foga, da mandarmi a sbattere contro Akagi e Miyagi, fermi in prossimità dell’entrata. Dopo vari tentativi di omicidio, riusciamo a stabilire una parvenza di tregua e finalmente raggiungiamo gli spalti, tra vari auguri di morte prematura. Le urla delle invasate del fan club di Rukawa risuonano per tutto il perimetro, mentre inneggiano il loro idolo vestite da cheerleader. - Quelle stronze fanno un casino del diavolo! – biascica disgustata. Personalmente non so se essere più schifata o sconvolta.
 
Mi appoggio con i gomiti alla ringhiera, osservando il campo con sguardo vago. Quando sono nel pieno di un intenso momento di vuoto cosmico, un urlo isterico mi fa quasi cadere di sotto, provocandomi qualcosa come una decina di infarti.
 
- Ciao Mayu! – cinguetta Hanamichi, saltellando come un ossesso. Lo incenerisco con lo sguardo mentre il pazzo mi saluta con ampi gesti, in una delle sue classiche pose da sedicente campione.
- Perché non lo hanno ancora internato quello psicotico? – Faye lo guarda sconcertata, chiedendosi probabilmente perché ad un soggetto simile non abbiano ancora messo la comica di forza. Domanda che, peraltro, mi pongo anche io ogni santo giorno.
- Sei venuta ad ammirare il mio immenso talento, vero? Vedrai rossa, farò vedere a tutti di cosa è capace il Genio Sakuragi! – e ricomincia a delirare, sparando vaneggi come fossero caramelle.
- Che pagliaccio, si crede un campione... guarda che razza di gente frequenti. – biascica inorridita, piantandomi una gomitata tra le costole.
 
La ignoro e cerco inutilmente di deviare i deliri di Hanamichi, finché delle urla improvvise richiamano l’attenzione dell’intero universo. Le ragazze cheerleader accolgono l’ingresso in palestra del loro idolo agitandosi come pazze, emettendo urla degne di un branco di scimmie in calore. Che lui naturalmente non nota nemmeno per sbaglio.
 
Distolgo lo sguardo disgustata e trovo il Rosso che spara deliri con le mani al collo dell’odiato rivale. Mitsui e Miyagi si schiantano a terra, piangendo dalle risate, mentre il Gorilla comincia ad avere la mezza idea di pregare qualche Dio che li fulmini all’istante. Ora: tra Volpino, Rosso, Nano e Teppista scegliere chi sia il male minore è un dilemma irrisolvibile da mente umana; così, tanto per essere sicuro, li prende a sberle tutti e quattro, trascinandoli in campo per le orecchie.
 
 
Ristabilita una parvenza di normalità, l’allenamento finalmente comincia.
 
 
Durante la partitella d’allenamento, non posso evitare di rimanere incantata dal modo di giocare di quell’imbecille. Kaede Rukawa incarna l’essenza stessa del talento e del genio. La classe innata, l’eleganza, l’estro... tocca quella palla come fosse un prolungamento del suo braccio. Io, quel talento puro, non sono riuscita a vederlo nemmeno in Sendo, riconosciuto come uno dei migliori giocatori nel circuito liceale nazionale.
 
È la punta di diamante di una squadra plasmata per vincere: Akagi è il collante, Mitsui la precisione, Miyagi la velocità, Sakuragi l’imprevedibilità, Rukawa l’estro. Cinque ingranaggi che si incastrano perfettamente, in un meccanismo nato in modo così naturale da riuscire ad imporre un gioco assolutamente vincente ed imprevedibile. Non hanno un gioco particolarmente pulito, ma è sempre dannatamente efficace ed è eccitante vederli giocare insieme.
 
Tuttavia, è una squadra che può vantare una ragguardevole pletora di disadattati più o meno latenti. Psicologicamente sono uno più devastato dell’altro, hanno caratteri assolutamente incompatibili, eppure sono riusciti a creare un insolito legame. È qualcosa di inevitabilmente profondo, in bilico tra l'odio, l’affetto e quella stima naturale verso dei compagni che, condividendo gioie e sofferenze, alla fine non diventano amici, ma fedeli alleati.
 
Ricordo che non avevo queste sensazioni, quando seguivo il Ryonan. Non c’era quell’alchimia, quel legame naturale che invece ho visto in loro. Il successo dello Shohoku è una sinergia dettata dalle circostanze, una convergenza di obiettivi comuni ed è proprio questa natura accidentale che li rende qualcosa di assolutamente unico. Se giocassi a basket, non credo potrei desiderare una squadra migliore della loro...
 
 
 
Finito l’allenamento, i giocatori si dirigono negli spogliatoi e gli spalti si svuotano lentamente. Faye raggiunge Mitsui, mentre Hikari ed io usciamo in cortile.
 
Avvolte dal verdissimo manto erboso del giardino, poggiate di schiena al tronco di un grande ciliegio spoglio, Hikari estrae due sigarette dal pacchetto e me ne tende una. Ringrazio, mentre sfilo l’accendino dal taschino e le accendo entrambe. Rimaniamo in silenzio per un po’, ad osservare le nuvole bianche evolversi nel cielo azzurro.
 
- Ma cos’è che ti colpisce di Rukawa? – esordisco infine, riempiendo il silenzio.
- Hai intenzione di ridere di me? – chiede sospettosa, alzando gli occhi al cielo.
- No, sono seria. - esita per qualche secondo, poi sospira.
- Mh... in realtà non è mai stato il suo aspetto a colpirmi, se è lì che vuoi arrivare. –
- Ah no? E cosa allora? Non mi pare abbia qualche altra particolare dote quel rit.. ragazzo. - mi correggo, non riuscendo comunque ad evitare un’occhiataccia.
- Non è vero. Certo, è innegabile che sia sempre stato molto bello, però... c’era qualcosa nei suoi modi di fare, nel suo sguardo, che mi ha sempre provocato un’inspiegabile inquietudine. Quegli occhi... - si morde le labbra, come se stesse cercando le parole. - ... quel fuoco che arde, è qualcosa che non ho mai visto in nessun altro. Ogni volta mi colpisce come se lo guardassi per la prima volta. - sussurra, socchiudendo quegli occhi che brillano, ogni volta che parla di lui. Nonostante le apparenze, Hikari non smetterà mai di proteggere con tanta forza il sentimento che prova per Rukawa. È troppo forte, troppo consolidato il legame che la lega a lui.
- Mpf, io non vedo niente di speciale in quello li... – biascico sbuffando.
- Perché tu lo guardi con pregiudizio, Mayu. Non avresti un’opinione così brutta di lui se lo vedessi con gli stessi occhi con cui lo guardo io. - sospira, intrecciando una ciocca di capelli chiari tra le dita.
- Mh, forse hai ragione... – mormoro, spegnendo la sigaretta sull’erba. - E comunque non capisco perché non ti fai avanti, visto il tipo di legame che avete. Lui per primo sa che non sei come quelle dementi. – blatero, col tatto di un sumo, mentre lei raccoglie le gambe al petto.
- Ma io non ho mai voluto una relazione con Kaede, Mayu. -
- Che vuoi dire? - stavolta il mio tono è più interessato. È solo per fare conversazione, mi dico, per quella che si può fare con Hikari su quell’idiota. Eppure noto, con una punta di disapprovazione, di essere stranamente interessata a quello che lei pensa di lui.
- Il sentimento che provo per Kaede va oltre il concetto di attrazione puramente fisica... - si interrompe per spegnere la sigaretta e finalmente riprende. - È un sentimento molto più complesso, molto simile all’amore per certi versi, ma che non implica in alcun modo l’interazione sessuale. L’avermi permesso di essere parte della sua vita è più di quello che potessi desiderare da lui. Ma non potrebbe mai essere il mio fidanzato, da quel punto di vista siamo assolutamente incompatibili. – sorride, lasciandomi interdetta.
 
Ripenso per un attimo alle sue parole ed il parallelismo, nella mia testa, nasce spontaneo. Lei pone i sentimenti su un livello completamente diverso dal mio: più intenso, profondo ed interiore. Io, invece, sono di tutt’altra scuola. Secondo la mia etica, il maschio è solo oggetto di piacere puramente fisico, niente più di questo. Ma infondo sono sempre stata viziosa, fin da quando presi coscienza del mio corpo e di ciò che potevo ottenere con facilità, affilando a dovere le mie armi.
 
La verità è che posso essere velenosa quanto mi pare, ma io ai piaceri della carne non so resistere. In Giappone, avere una mentalità come la mia, equivale inevitabilmente ad immoralità e depravazione. In realtà ho solo una struttura troppo occidentale, troppo aperta per una società estremamente chiusa e bigotta come questa.
 
- Certo che sei strana... – biascico perplessa.
- Mayu... – si volta e mi rivolge uno sguardo vagamente inquietante. - Secondo me voi due sareste perfetti, sai? - se ne esce candidamente, provocandomi un ameno shock.
- Ma sei impazzita? Tienitelo pure, quel frigido! – sbotto imbarazzata e lei se la ride beata.
- Poi non venire a dirmi che non te l’avevo detto.. - allude maliziosa, rimediando un’occhiataccia. - Ora devo andare, ho lezione di piano e sono tremendamente in ritardo. Ci vediamo per cena? -
- Mh stasera lavoro. - mugugno stiracchiandomi.
- Allora verremo a trovarti. – mormora, ampliando il suo sorriso. Mi manda un bacio e scappa via, sparendo oltre il grande cancello dello scuola.
 
 
Sbadiglio apatica, avviandomi in palestra per recuperare la cartella che ho dimenticato sugli spalti. Ciabatto svogliata, ciondolando la testa, persa a seguire la logica dei miei inutili pensieri. Dei rumori provenienti dall’interno distolgono la mia attenzione; si sente il fragore della palla che rimbalza, il suono secco del tabellone che vibra e il tintinnio sgraziato del ferro. Mi avvicino silenziosa, sbirciando oltre la porta.
 
Gli ultimi raggi di sole piovono sul parquet, accendendolo di una luce intensa. È un’immagine bellissima, quella che vedo. La sua figura si staglia altera, circonfusa dal bagliore rossastro del sole morente. Fermo sulla lunetta, palleggia pigramente, guardando fisso avanti a se. Si muove in modo indolente e felino allo stesso tempo, feroce come una tigre pronta a scattare. Tira ed i muscoli risaltano, tesi e tirati, sotto la canotta e i pantaloncini corti...
 
 
- Hey, dormi? – la sua voce mi fa sobbalzare.
- Che? – farfuglio incerta.
- La palla. – con un cenno della testa indica la sfera arancione scivolata ai miei piedi. – Ridammela. –
- Prenditela. – sibilo perentoria, incrociando le braccia. Lui sbuffa e mi raggiunge, chinandosi a recuperare la palla.
- Che ci fai qui. - mugugna seccato.
- La fan. Mi fai un autografo? – lui mi guarda interdetto mentre cinguetto beffarda, sbattendo le ciglia con finta ammirazione.
- Hn, idiota... -
 
 
Raggiunge la linea dei tre punti e mi lancia uno sguardo che è una chiara provocazione. Illuminati dagli ultimi raggi inclinati, i suoi occhi si incendiano e scatta in avanti. Salta, sollevandosi un metro da terra e schiaccia la palla nel canestro con una potenza devastante. Il tabellone trema per un tempo indefinito, mentre lui atterra con una classe da far impallidire.
 
È stupefacente, il talento di questo imbecille... credo non sia umanamente possibile non rimanerne abbagliati. In un istante, mi ritrovo ad annegare in quello sguardo fiero, puntato sul mio con fastidiosa superbia. In quegli occhi alteri brilla una luce che mi provoca un’improvvisa vertigine... mi tornano in mente le parole di Hikari e, non so perché, ho la sgradevole sensazione che le mani abbiano preso a tremare.
 
Scrollo appena la testa e sorrido cattiva. Batto le mani con fare volutamente ironico, ma è talmente pieno di se da non esserne minimamente toccato.
 
- Accidenti, questo posto è troppo piccolo per contenere la tua immensa modestia. Vuoi che venga lì a sbavarti ai piedi? – ghigno, in tono chiaramente sarcastico.
- Che ridere... – biascica seccato, incrociando le braccia al petto.
- Mi dispiace che il mio senso dell’umorismo ti offenda... – mi interrompo e raccolgo da terra il pallone. Incedo decisa e lo affianco, colpendogli lo stomaco con la palla. - ... E con mi dispiace in realtà intendo fottiti. – ghigno sadica e lui risponde con un’indecifrabile smorfia.
 
Col suo sguardo fisso sul mio lo oltrepasso e con passo lascivo raggiungo gli spalti. I suoi occhi mi seguono pressanti, mentre recupero la cartella e sparisco aldilà del grande portone. Sei uno spasso, Kaede Rukawa...
 
 
 

Angolo Autrice:


Bene, il primo capitolo è andato. Non mi convinceva moltissimo, essendo un capitolo di transizione, ma era necessario per iniziare a mostrare il lento sviluppo delle sensazioni di Mayu nei confronti di Kaede, che iniziano a mutare da incontro ad incontro. I primi capitoli saranno incentrati principalmente su loro due, per cui spero abbiate un po’ di pazienza =) Ringrazio Ice_DP per aver commentato, ringrazio i lettori silenziosi e coloro che hanno inserito la mia storia tra le seguite, spero riuscirò a convincervi, prima o poi, a lasciarmi una vostra opinione, mi farebbe davvero un grandissimo piacere. Grazie ancora, vi mando un bacione  =*
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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