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Autore: Old River Chant    07/03/2015    3 recensioni
La chiamavano Sangue di Drago, a casa, nell'enclave. Lei aveva sempre nascosto i suoi poteri: non li poteva controllare, la spaventavano. Le era capitato di fare del male con quei poteri che non aveva mai voluto, e aveva giurato di non risvegliarli mai più.
Ma durante il Flagello, forse, una promessa come quella non aveva più senso.
[Fanfiction su Origins]
***
[Spero non sia troppo OOC... scusatemi, non sono molto brava con le fanfiction]
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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[Capitolo 3]

La mano di Alistair si posò sulla sua spalla, trattenendola da proseguire nel suo cammino. L'aria si era fatta pesante e densa, qualche goccia stava cominciando a scendere su foglie e terreno.
Elissa rivolse il suo sguardo al giovane guerriero, che le accennò un lieve sorriso carico di tensione e le fece cenno di stare in silenzio. D'istinto, la ragazza portò una mano all'elsa della spada. La sua spada, l'arma che da secoli accompagnava gli eredi dei Cousland nelle più ardue avventure, e che ora lei brandiva nonostante non ne fosse minimamente degna. Era suo padre che avrebbe dovuto impugnarla nella battaglia in cui ora si trovava lei. E invece ora quella gloriosa lama passava nelle mani di una secondogenita, l'inetta che era fuggita davanti al pericolo condannando la sua intera famiglia.
Ma, sebbene non fosse degna di impugnare la spada dei Cousland, avrebbe fatto in modo di diventarlo, facendole assaggiare il sangue del traditore.
L'avrebbe tenuta solo provvisoriamente, aveva deciso. Non appena avesse trovato suo fratello, l'avrebbe riconsegnata a lui, il suo legittimo proprietario ora che papà era morto.
L'avrebbe presto rivisto, forse tra quelle stesse selve. Lo sentiva.
«I prole oscura tendono un agguato oltre quel ponte» disse il Custode sottovoce. «Sono in superiorità numerica e c'è un mago tra di loro. Dovremo fare attenzione.»
Ma davvero? Elissa dovette trattenersi dallo sbuffare. Cosa credeva, Alistair, di trovarsi di fronte a un branco di ragazzini sperduti? In effetti, una ragazzina sperduta c'è, si disse la ragazza, sbirciando l'elfetta di sottecchi. Era palesemente agitata. Probabilmente non aveva mai combattuto in vita sua, se si escludevano le zuffe con i cani randagi nelle strade dell'enclave. Come avesse fatto una tal imbranata ad attirare l'attenzione di Duncan era un mistero.
Infatti Alistair, che evidentemente era più intelligente di quanto sembrasse, aveva raccomandato all'elfetta e al delinquente di stare fuori dalla mischia con arco e balestra.
«Bene» concluse lei. «Andiamo a sterminare quei mostri.»
Sguainò la spada dei Cousland e ne ammirò per qualche secondo il filo imperfetto, sfregiato dalle cicatrici di antichi colpi che erano rimaste impresse sull'acciaio. Era pronta.
«Scusatemi. È meglio se voi restaste accanto a me per questa battaglia» le disse Jory, preoccupato per la sua incolumità. Ma lei non aveva bisogno di nessuno, era sopravvissuta allo sterminio della sua famiglia e al tradimento, non la spaventavano certo degli ammassi ringhianti di carne putrefatta.
«So cavarmela in combattimento, ser Jory» rispose, rifiutando educatamente la sua proposta. Non voleva vincoli: parte della sua vendetta si sarebbe compiuta quel giorno.
«Andiamo. Una retroguardia ci attaccherà alle spalle appena potranno. Non abbassate la guardia.»
Detto questo il Custode imbracciò lo scudo e sguainò la spada. Poi fece cenno a tutti di proseguire.
Elissa non si fece pregare. Procedette subito dietro di lui, le mani ben salde sull'impugnatura rivestita di cuoio. Poco piu avanti, la foresta si diradava nell'ennesima radura paludosa ricoperta di una rada distesa erbosa grigiastra. Oltre, un rivo fangoso che la tagliava in due, attraversato solo dal ponte stentato di assi di cui aveva parlato Alistair. Rovine sbilenche semisepolte dalla terra e invase di muschio e piante si innalzavano oltre il ruscello, come ovunque in quelle selve. L'unico passaggio era un arco a sesto acuto che si apriva nelle mura sbeccate e che coincideva con il ponte.
Un ottimo luogo per un'imboscata.
La ragazza si mosse a passo spedito, superando un esterrefatto Alistair. Non aveva senso tutta quella cautela: le bestie erano consapevoli della loro presenza.
Prima che il giovane potesse fermarla, uno di loro spuntò dal nulla. Era tozzo, le arrivava a malapena al petto, e impugnava una daga per mano. Emanava un forte odore di metallo e sangue che la colpì come una mazzata. Per qualche istante intorno a sé rivisse l'inferno, le mura in fiamme, le grida. Poi il lampo di una lama le abbagliò gli occhi e lei riemerse dalla visione. Muovendosi d'istinto, sollevò la spada per parare la daga con un clangore metallico, fece un passo di lato e schivò il secondo fendente.
Quella bestia era veloce, per essere così tozza e rinchiusa in un'armatura di scaglie intrisa di sangue rappreso. I suoi tratti marcescenti erano tesi in un perenne ringhio di scherno, mostrando una chiostra di piccoli denti affilati. Il mostro si piegò e mandò a vuoto un altro dei suoi affondi, scattò in avanti e approfittò dell'istante in cui era sbilanciata per attaccare. Colta alla sprovvista Elissa parò con il bracciale metallico dell'armatura.
La rabbia la invase come quella sera, al suo castello. Lasciò andare un urlo di frustrazione, riprese la spada con più fermezza e si lanciò in una serie di attacchi serrati, per quanto le permetteva l'arma pesante.
L'ultimo fendente staccò di netto la testa dal collo del mostro. Lei la guardò rotolare piu in là lasciando una scia di sangue mentre il corpo si afflosciava come un sacco vuoto a terra. Il mostro era morto, ma la sua furia non accennava a scemare. Adocchiò un altro di loro caracollare verso di lei mulinando una mazza e gli si avventò contro. Poche mosse dopo la spada dei Cousland spuntava di due spanne dalle sue costole marcescenti. Sangue nero scorreva sulla lama non più argentea; mano a mano che i mostri morivano falciati dalla sua furia spruzzi neri si accumulavano sulla sua armatura e sulle sue mani. Quelle stupide bestie non erano nemici alla sua altezza. Il loro sterminio non placava la sua furia.
Ritornò in sé quando l'aria crepitò incandescente accanto al suo viso e si schiantò a terra dietro di lei. Voltandosi di scatto colse perfettamente il movimento dell'emissario: stava in un angolo del ponte, fuori dalla mischia, troppo lontano perché quegli inutili arcieri che erano il delinquente e l'elfetta potessero mirare con precisione senza avvicinarsi troppo agli altri combattenti, mettendosi quindi in pericolo. Lo vide sollevare il bastone e scagliarle contro un'altra sfera di fuoco verdastro e anche stavolta Elissa schivò il colpo per un soffio. Eccolo, l'avversario che cercava.
Partì di corsa falciando tutti quelli che si frapponevano tra lei e il suo obbiettivo. Sentì qualcuno gridare il suo nome – o forse l'aveva immaginato? Non che le importasse – ma continuò ad avanzare.
Si nascose dietro alcuni di loro, sfruttandoli come barriera. Sporadiche frecce tagliavano l'aria e si conficcavano in membra e armature dei mostri, ma quando la giovane si voltò indietro per un istante, vide che Daveth era solo. Che fine aveva fatto la bambina?
Parò l'ennesimo attacco con un clangore di lame e rispose trafiggendo il fianco dell'enorme mostro davanti a lei, tra una piastra e l'altra dell'armatura. Il taglio vomitò sangue nero che andò ad imbrattare il già impregnato terreno.
Un'altra bestia la attaccò di spalle, ma una freccia la abbatté conficcandosi in profondità nell'occhio liquido e scuro e innaffiando lei di sangue viscoso. Ora, grazie a Daveth, aveva la strada libera. L'emissario era davanti a lei.
Gli si avventò di corsa con un grido, caricando un fendente. Gli occhi del mostro erano fissi nei suoi, vitrei come quelli dei suoi compagni; il ghigno sul volto deturpato si tese, per un attimo, in un'inquietante consapevolezza. Oltre la furia si fece strada in lei un terrore cupo: era una trappola, e lei ci era caduta come una stupida.
Il bastone metallico dell'emissario si illuminò di un sinistro bagliore rossastro.
Ancora pochi passi e l'avrebbe ucciso prima che potesse lanciare la sua magia. Ce l'avrebbe fatta.
La luce aumentò d'intensità. Il mostro mosse l'arma.
Era spacciata.
Sentì un grido, e non seppe se era suo o di uno dei suoi compagni. I suoi occhi furono accecati da un lampo d'argento.
Era morta? Si trovava forse tra le braccia luminose del Creatore?
Aprì gli occhi nell'improvviso silenzio.
Alistair e Jory arrivarono di corsa. Tutti i mostri giacevano a terra in una poltiglia di sangue e fango. L'emissario davanti a lei, invece, era solo un cadavere carbonizzato. Lo fissò sbalordita. L'incantesimo di morte era rimbalzato e aveva ucciso la creatura che l'aveva lanciato? Era stata lei?
Elissa si rialzò in piedi, accorgendosi solo in quel momento di essere inginocchiata a terra. L'aria sapeva di sangue e fumo, esattamente come quella notte. La testa le vorticò per qualche istante.
«Cos'è successo?» sussurrò, confusa. L'ira era svanita, ora era solo stanca.
«Non siete stata voi?» le chiese Jory fissandola con occhi sbarrati. Daveth li raggiunse in quel momento, arco in mano e fiato corto. Notò quello che restava del mostro e produsse un sommesso fischio di approvazione.
«No, non è stata certo lei. Quella era magia dei prole oscura» sentenziò Alistair con tono cupo. Non guardava né lei né il cadavere, ma i suoi occhi erano fissi più in là. Elissa seguì il suo sguardo fino a incontrare una figura.
L'elfetta era in piedi tremante, si fissava le mani imbrattate di sangue con gli occhi sbarrati.
«Sei stata tu?» disse la giovane, fissando la ragazzina. Era divisa tra l'orrore di ciò che quella minuscola elfa poteva fare e la gratitudine per averla salvata.
Lei non rispose. Jory e Daveth sembravano uno più inorridito dell'altro. L'unico che non era stupito, forse, era Alistair. Il Custode fece un passo avanti, tendendole la mano.
«Ythil...»
La ragazzina non parlò. Sollevò gli occhi sgranati su Alistair e parve ancora più spaventata. Elissa si sentiva lacerata dall'impulso di intimarle di combattere in duello contro di lei e morire come i mostri che avevano appena sterminato e quello di stringerle la mano. La giovane era sull'orlo dell'abisso, e lo sguardo confuso del cavaliere e quello terrorizzato del ladruncolo sicuramente non l'avrebbero aiutata.
La giovane Cousland sollevò la testa di scatto. Mosse due passi avanti, improvvisamente decisa, e le tese la mano guantata. Ythil sussultò a quel gesto repentino, esitò ma la strinse nervosamente.
«Grazie» le disse senza una qualche particolare inflessione della voce. L'elfa sembrò visibilmente grata per il gesto. Poi Elissa si allontanò di qualche passo, squadrò i suoi compagni ancora impietriti in mezzo al massacro e recuperò la sua spada da terra.
«Sbrighiamoci, ora. Non possiamo stare qui tutto il giorno! Non resteremo vivi a lungo in questo postaccio di notte.»
Senza aggiungere altro, né controllare se i guerrieri la stessero seguendo, attraversò il ponte a passo spedito.




 
Note dell'autrice (sempre se così si può chiamare)
Bonsoir!
Questa volta ho deciso di scrivere dal punto di vista di Elissa. Entro la fine
della storia riuscirò a non farvela odiare (spero).
I poteri di Ythil si sono manifestati nella loro parte più inquietante! Cosa ne pensate?
Con il prossimo capitolo chiarirò qalcos'altro, non preoccupatevi.
Niente reseterà irrisolto!
Bye ;)

- Old River Chant

 
   
 
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