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Autore: Blueorchid31    09/03/2015    15 recensioni
Ritorno allo shippuden, dopo gli avvenimenti degli ultimi due capitoli. La mia personalissima versione circa il buco temporale che intercorre tra il 699 e il 700. Naturalmente ci saranno lacrime, risate e tanto, tanto Sasusaku. Penso che abbiate capito che faccio veramente schifo nelle introduzioni, quindi vi auguro solo una buona lettura.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
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#9 Una tavola scheggiata




"Sakura-chan mi stai facendo male!" piagnucolò Naruto, mentre Sakura, dimentica totalmente dei due, camminava infuriata, trascinandoli come due sacchi di patate.

"Sakura-chaan?" cercò nuovamente di attirare la sua attenzione "Vuoi fermarti?"

E Sakura finalmente si fermò – per la felicità anche di Sasuke che trovava alquanto imbarazzante che la sua compagna di Team lo trascinasse in quel modo davanti a tutta la popolazione di Konoha.

Aveva le gote rosse e il respiro affannato, ma non per lo sforzo, bensì per la rabbia: Ino aveva rovinato quella giornata perfetta ed era certa che Sasuke fosse di nuovo di cattivo umore.

"Sasuke-kun, mi dispiace per il comportamento di Ino" si sentì in dovere di dirgli, dato che non riusciva proprio a fare a meno di preoccuparsi per lui.

"Tsk" sibilò l'Uchiha, trovando assurdo che lei si scusasse anche per l'amica "Me ne vado a casa" aggiunse, confermando il dubbio di Sakura che il suo umore fosse davvero mutato.

"Ci vediamo domani mattina!" gli ricordò Naruto.

Sasuke fece finta di non sentirlo, non aveva alcuna intenzione di andare ai funerali. La sua presenza forse non sarebbe stata neanche gradita visto che aveva dato anche lui il suo contributo affinché il conflitto avesse inizio e in un certo qual senso si sentiva un po' responsabile del fatto che i suoi compagni dovessero piangere la morte delle persone a loro care: Shikamaru e Ino avevano perso i loro padri e il Clan Hyuga, Neji. Tutte persone che lui aveva avuto modo di conoscere e che adesso non c'erano più, proprio come la sua famiglia. Tutte vittime della stupidità dell'uomo e della sua sete di potere.

Sasuke continuava a rifiutare l'idea di dover vivere in un mondo così bieco e ingiusto, iniziava finalmente a comprendere cosa avesse spinto Itachi a credere fermamente nella pace. Itachi probabilmente non doveva essere stato molto contento delle sue azioni, ovunque lui fosse. Gli aveva detto che il suo amore per lui non sarebbe mai mutato, qualsiasi cosa avesse fatto, qualsiasi scelta avesse preso, e forse sperava che il suo esempio potesse essere un insegnamento per lui e non un ulteriore motivo per dichiarare guerra al mondo.

A pensarci bene si era comportato davvero come uno psicopatico, ma in quel momento, quelle idee, quell'utopia di governo che aveva elaborato, gli erano sembrate talmente giuste da essere necessarie.

Nessuno aveva capito cosa gli passasse per la testa nel momento in cui si era presentato sul campo di battaglia, pronto a difendere il mondo ninja, proclamando che sarebbe diventato il nuovo Hokage. Se fossero stati leggermente più attenti e più perspicaci avrebbero capito che quel che intendeva lui non fosse un'assurdità, come molti di loro avevano pensato, e a quel punto la sua permanenza su quel campo di battaglia non sarebbe stata così lunga. Non era sua intenzione chiedere il permesso di diventare Hokage, né di essere accettato come tale, lui lo sarebbe diventato e basta... e il come, era un piccolo dettaglio. Solo Naruto, con molta probabilità, aveva percepito qualcosa, ma lo aveva lasciato fare, conscio del fatto che senza di lui non sarebbe riuscito a sconfiggere Madara e poi Kaguya e quello aveva la priorità su tutto. Naruto, infatti, non si era tirato indietro dall'affrontarlo, anzi, aveva accolto la sua sfida per mettere una volta per tutte la parola fine a quella che si erano lanciati quattro anni prima.

Sakura e Kakashi, invece, erano rimasti scioccati. Come dargli torto.

E Sakura aveva tentato di fermarlo, nell'unico modo che conosceva, l'unico che inspiegabilmente, ogni volta, lo aveva fatto vacillare e aveva bloccato le sue gambe.

"Secondo me sbagli"

La voce inattesa della ragazza lo fece fermare sul posto, di nuovo.

"In cosa?" Sbagliare per lui era diventata una routine.

"Domani... credo che tu debba venire ai funerali" gli rispose, incerta, stringendo i pugni per farsi forza e dirgli quello che pensava mentre il suo stomaco si attorcigliava in una spirale di dolore soffocante.

"Io credo di no" e non doveva essere certamente lui a spiegarle il perché, poteva arrivarci tranquillamente da sola.

"Hai paura di quello che potranno pensare le persone?" osò domandargli, con un timore folle che quel quesito potesse segnare la fine inequivocabile di quel "non rapporto" che avevano sempre avuto.

"Perché, cosa pensano di me le persone, Sakura?" sibilò, abbozzando un ghigno sadico che lei non riuscì a scorgere perché di spalle.

Tuttavia dal suo tono, Sakura capì che fosse un trabocchetto, che lui non volesse sapere cosa pensassero le persone, gli altri, ma cosa pensasse lei.

Il cane si era morso di nuovo la coda e girava in tondo stordito.

Si pentì quasi di aver abbandonato Naruto con una scusa per inseguirlo e imporgli la sua visione dei fatti; non aveva considerato il rischio che lui capovolgesse la situazione e la mettesse di nuovo di fronte a quel necessario chiarimento che lei tanto rifuggiva.

Rimase in silenzio, cercando le parole giuste da utilizzare ma, nella sua mente, comparivano a random solo le immagini delle volte in cui era stata lei, e solo lei, a soffrire per lui. Aveva una vaga idea di quello che pensavano gli altri di Sasuke, ma sapeva bene cosa invece pensasse lei.

"Pensano che sei stato un nukenin e che se sono costrette a piangere i propri morti" o il proprio cuore "una buona parte della responsabilità sia tua" gli rispose, con un tono talmente fermo che Sasuke ne rimase stupito, non riuscendo tuttavia a scorgere le nocche delle sue mani che spuntavano, rigide, dai pugni stretti, né il labbro che aveva preso a mordersi subito dopo aver proferito quelle parole, già pentita.

"Non penso che saranno felici di vedermi" affermò, riprendendo a camminare. Per lui la conversazione era finita, aveva ottenuto quello che voleva.

"Non è così!" si affrettò a dirgli la ragazza, alzando appena la voce, temendo che se avesse fatto anche solo un altro passo non avrebbe avuto più modo di persuaderlo. Un ennesimo dejavù.

Riprese a respirare quando lo vide fermarsi, rimanendo però sempre di spalle. Sembrava uno strano scherzo del destino che lei si ritrovasse sempre in quella posizione, che di lui riuscisse a guardare solo le spalle, che le fosse negato il suo sguardo dal quale avrebbe potuto forse comprendere ciò che davvero provasse nell'ascoltarla; quelle espressioni naturali, involontarie, che rivelavano stupore, odio, ansia e non quelle costruite sulla base di un atteggiamento che lui si imponeva di avere.

"Tu..." e fece uno sforzo immane per sembrare convincente "Tu non sei più quella persona"

Sasuke soffiò dal naso tutto il suo dissenso, producendo un suono di stizza.

"Come fai a dirlo?" le domandò, stanco, sfinito fisicamente e mentalmente dai tentativi di tutti quelli che gli stavano intorno di farlo sentire meglio. Lui non voleva stare meglio, sentiva di meritare ogni singolo spasmo dei suoi muscoli e gli incubi che lo perseguitavano quelle poche volte che riusciva a dormire. La breve illusione che davvero tutto fosse finito e che per lui ci fosse un'altra possibilità si era infranta contro il muro di ciò che sembrava essere ovvio solo per lui: il passato non si poteva cancellare.

"Lo so" Una risposta vaga, buttata lì senza molta convinzione, che aveva sostituito all'ultimo minuto una più corretta e più onesta:"Lo spero".

"Vai a casa, Sakura" la liquidò, riprendendo a camminare di nuovo con l'intenzione di non fermarsi più, qualsiasi cosa lei avesse potuto ancora dire.

Sakura non se la sentì di aggiungere altro, consapevole di aver già osato troppo e di aver condizionato l'esito di quella discussione con la sua ultima affermazione. L'idea che Sasuke potesse aver interpretato male le sue parole, le creò un senso di angoscia. Desiderava proteggerlo anche dai suoi stessi pensieri, perché con il tempo, ne era certa, sarebbe riuscito a trasformare quella speranza in una certezza; doveva sentirsi circondato da persone che credevano in lui, che non gli facessero pesare costantemente tutto quello che aveva fatto, ma nel suo caso risultava davvero molto complicato fingere. Invidiava Naruto. Lui era riuscito davvero a voltare pagina, a trattare di nuovo Sasuke con naturalezza, come se niente fosse accaduto. Non avevano mai discusso dalla fine della guerra, discusso in maniera seria, s'intende; nessuno dei due aveva più tirato fuori l'argomento, malgrado la mancanza dei loro arti ne fosse una prova lampante. Forse avrebbe dovuto fare anche lei a cazzotti con Sasuke, forse si sarebbe sentita meglio, di certo non poteva dargliela vinta in quel modo.


-§-


"Sakura" sospirò Sasuke, affranto, al limite della sopportazione.

Perché doveva essere sempre così testarda?

Sakura incassò il colpo, ricorrendo a tutta la sua pazienza – e con Sasuke ce ne voleva davvero tanta – per non caricare il destro e aprire una voragine nell'appartamento di Kakashi-sensei.

Perché doveva essere sempre così indisponente?

Prese un bel respiro e chiuse gli occhi cercando di ricordare il motivo per il quale non avesse tirato dritto verso casa e avesse deciso di presentarsi al suo cospetto senza nulla di risolutivo da dire.

Si chiese se per caso, nel tempo, avesse sviluppato una particolare patologia autolesionistica che la portava a desiderare di venire insultata, denigrata e rifiutata da lui.

Quella parte irrazionale del suo cervello, quella che aveva partorito l'idea di presentarsi a casa sua e convincerlo – anche a suon di cazzotti – a presentarsi ai funerali, sembrava misteriosamente svanita nel nulla, si era data alla macchia – intimorita, forse, dallo sguardo glaciale che le stava rivolgendo Sasuke.

La maledisse con tutta se stessa per averla condotta a fare l'ennesima figura barbina, una di quelle da aggiungere alla lista... la lunga lista.

Doveva dire qualcosa, e subito!

Sasuke a breve le avrebbe sicuramente chiuso la porta in faccia – a patto che non lo avesse già fatto visto che i suoi occhi erano chiusi e non percepiva nulla intorno a sé – e lei sarebbe rimasta a contemplare il legno di acero chiaro della porta per alcuni minuti prima di tornare mestamente a casa con la coda tra le zampe e un groppone in gola.

"Hai intenzione di rimanere lì impalata ancora per molto?" Inaspettatamente fu Sasuke a rompere il silenzio.

Sakura socchiuse un occhio, intravedendo la figura di Sasuke a una certa distanza da dove sostava lei, impalata. (Certo, doveva sembrare davvero stupida a occhi chiusi, muta, e ferma sulla soglia di una casa in cui non era la benvenuta. Una vera idiota.)

Deglutì la bile prodotta in quei minuti lunghissimi e si decise ad aprire gli occhi per mettere a fuoco. Sasuke era fermo, di spalle, nel corridoio; il viso appena girato verso di lei e lo sguardo rivolto al pavimento.

Niente faceva intendere che lui l'avesse invitata ad entrare e lei, pertanto, tentennò a lungo, troppo a lungo, tanto da costringerlo a emettere un ulteriore grugnito che la portò a capire che lui fosse in attesa che lei si togliesse gli stivali per farle strada in salotto.

Quando lo sentì sbuffare, di nuovo, e lo vide avviarsi lungo il corridoio a piedi scalzi con quel suo passo leggero, impercettibile, si persuase a seguirlo.

Ogni fibra del suo corpo iniziò a tremare per l'ansia e l'imbarazzo rendendo macchinoso e complicato anche la semplice pratica di sfilarsi gli stivali. Lo faceva tutti i giorni, più volte al giorno, ma in quel momento le sembrò la cosa più difficile al mondo: la schiena rigida, non accennava a volersi piegare e le ginocchia sembravano essere diventate di acciaio.

Percepì il pavimento freddo sotto le piante dei piedi e, istintivamente, si mise sulle punte. Come una ballerina ubriaca percorse il corridoio, titubante, cercando conforto di tanto in tanto nella parete destra, nonostante il breve percorso da compiere.

Lo trovò seduto su un piccolo divano a due posti, non in modo scomposto o rilassato – non sarebbe stato da Sasuke – ma con la schiena dritta, e la mano destra poggiata sulla coscia. Sakura pensò che se Sasuke avesse avuto ancora il braccio sinistro, probabilmente lo avrebbe incrociato con il destro, rendendo ancora più limpido il concetto che fosse decisamente contrariato.

Sasuke pensò che se avesse avuto ancora il braccio sinistro, sicuramente lo avrebbe incrociato con il destro, perché non riusciva a capacitarsi del fatto che l'avesse invitata a entrare e trovava alquanto criptici questi slanci di generosità e tolleranza nei confronti di Sakura. In ogni caso, non vedeva l'ora che se ne andasse.

"E' carino qui" esordì Sakura, guardandosi intorno per sfuggire allo sguardo di Sasuke che sostava su di lei da quando aveva messo piede – o punta – in quella stanza.

Non si aspettava che Sasuke si comportasse da buon padrone di casa e le facesse fare un giro turistico, ma neanche che lui non avesse la gentilezza di cogliere quel suo tentativo di conversazione amichevole.

"Credevo di essere stato chiaro, Sakura. Se sei qui per convincermi a partecipare al funerale, sei pregata di andartene" lapidario, glaciale, inamovibile.

Sakura abbassò i talloni e anche il capo, smontandosi metaforicamente del breve entusiasmo di cui si era caricata quando Sasuke l'aveva, a modo suo, invitata a entrare. Aveva creduto per un attimo che lui le avesse dato accesso non solo alla sua casa, ma anche alla sua coscienza. Si sbagliava.

Allora, perché le aveva permesso di entrare?

Concentrò lo sguardo su una delle travi di legno del pavimento: era scheggiata e non combaciava con le altre. Come Sasuke.

Qualcuno avrebbe potuto ripararla – ripararlo – e anche se lei non era un falegname, avrebbe potuto provarci. Odiava le cose rotte anche se spesso e volentieri era proprio lei la causa della rottura e si chiese se anche con Sasuke non fosse stata lei a provocare quella crepa che sembrava non volersi chiudere; se avesse sbagliato a non rispondere alle sue domande; se fosse giunto il momento di giocare a carte scoperte e vomitargli in faccia tutto il male che le aveva fatto.

"Sì, ho capito" mormorò lei, sovrappensiero, mantenendo lo sguardo fisso sulla trave.

Senza il pezzo mancante la colla non sarebbe servita a molto; bisognava smussare gli angoli e aggiungere un pezzo nuovo, dello stesso colore possibilmente.

Sasuke si chiese a cosa stesse pensando: sembrava assorta in chissà quale riflessione oppure era semplicemente troppo delusa per parlare.

Ma Sakura non era delusa. Si era talmente abituata a esserlo che l'amaro in bocca era diventato per lei un gusto fin troppo banale. Erano altri i sapori che non provava da tempo e che in quella giornata, così normale, era riuscita a ricordare.

Stava solo perdendo tempo, ancora. Ma c'era qualcosa, qualcosa che non riusciva a spiegarsi che costringeva i suoi talloni a rimanere dov'erano, a non girarsi per condurla via e lasciare quella patetica immagine di Sasuke dietro le sue spalle.

Era così abituato ad autoimporsi di essere una trave scheggiata che desiderava sul serio rimanere tale? A lungo andare sarebbe marcito proprio come quel legno e sarebbe stato impossibile per lei o per qualsiasi altro, trovare un modo per aggiustarlo.

Era davvero convinto che lei lo abbandonasse? Che non provasse fino allo sfinimento, scheggia per scheggia, a ricomporlo? Lei lo amava, lo aveva sempre amato, anche quando non era riuscita a trovare dentro di sé alcuna ragione valida per farlo.

Un motivo adesso lo aveva: un dubbio. Perché Sasuke la conosceva troppo bene. Lui sapeva. Ma come non era cambiata lei, non vi era stato mutamento in lui. Era ancora quel dodicenne incazzato che in una notte di luna piena desiderava che qualcuno gli desse una ragione per non andare via; era il ragazzo disilluso che credeva di poter cambiare il mondo rendendosi immune dai sentimenti, tranciando ogni legame. Era quel ragazzo che stava seduto davanti a lei, che puntava su di lei il suo inespressivo rinnegan, distogliendo la sua attenzione dall'altro occhio nella cui oscurità si celava un messaggio che adesso sembrava così chiaro.


"Aiutami" Fu lei a dirlo, a sussurrarlo quasi come fosse stato un insulto. Sasuke dischiuse le labbra, fino a quel momento serrate, e sgranò gli occhi, mal celando il suo turbamento.

Perché gli stava chiedendo aiuto? Come poteva lui esserle utile, quando riusciva a stento a badare a se stesso?

"Non posso" le rispose, non riuscendo a guardare oltre il suo naso; non riuscendo a comprendere che lei avesse solo tradotto in parole ciò che aveva visto nei suoi occhi, quel bisogno che lui non poteva accettare. Con quale diritto avrebbe potuto chiedere aiuto a lei, o a Naruto, o a chicchessia? Avevano già fatto troppo e lui non era stato in grado di fare altro che ferirli.

"Sarebbe meglio dire che non vuoi!" Sakura non si arrese, strinse i pugni e si aggrappò a quel dubbio con tutta se stessa, sperando che lui reagisse in qualche modo, che lo rendesse certezza, ma Sasuke, professionista nel dissimulare le sue emozioni, si schermì dietro un'apparente indifferenza come se le parole della ragazza non avessero iniziato a penetrare nella pelle del suo sterno come un dolce veleno. Sasuke iniziò a sospettare che lei fosse riuscita in qualche modo a leggergli l'anima.

No, non poteva essere possibile.

Doveva essere sicuramente una delle sue solite manfrine sentimentali e quella parola doveva essere uscita dalle sue labbra senza un motivo. Forse stava a significare " Aiutami a non odiarti" o "Aiutami a dirti che mi fai schifo per tutto quello che hai fatto".

Perché aveva utilizzato quella stramaledettissima parola?

Le sue false certezze stavano vacillando, di nuovo. Iniziò a sentirsi inquieto, con le spalle al muro, nudo davanti a quegli occhi verdi che lo sbeffeggiavano, convinti di aver scoperto l'arcano, di aver toccato il tasto giusto.

Doveva farli smettere, doveva mandarla via, subito!

"Se vuoi che le persone non ricordino quello che sei stato, devi dare loro nuovi ricordi, dei ricordi migliori. Se domani venissi ai funerali, dimostreresti la tua volontà di ritornare ad essere un ninja di Konoha a tutti gli effetti" Contro ogni previsione, Sakura riprese a parlare sempre più determinata.

Nuovi ricordi...

Bastavano per cancellare tutto?

Essere di nuovo un ninja di Konoha...

Si aspettavano questo da lui?


Ma soprattutto... questo poteva bastare a lei?


Sakura stava facendo un discorso generalizzato, non stava parlando per sé, ma per gli altri, ma questi ultimi non erano lì davanti a lui a persuaderlo, c'era lei, e quel discorso iniziò a sembrare a Sasuke sempre meno credibile. Girava intorno al vero problema, nascondendosi dietro quello che probabilmente era il pensiero collettivo.

Troppo facile, Sakura.

Era riuscito anche lui a trovare una falla e il suo sguardo che per un momento si era spento, spaventato dal fatto di aver rivelato più di quanto avesse dovuto, ritornò a sfidarla, spavaldo.

"Deve partire da te, devi essere tu a fare il primo passo" continuò Sakura, non accorgendosi del cambiamento, troppo presa a trovare parole sensate e convincenti da dire "Non chiuderti in te stesso, non perdere questa occasione" Vomitò parole su parole; tutte cose che pensava, indubbiamente, ma che Sasuke continuò a interpretare come un vile e ipocrita escamotage per non mettersi in gioco in prima persona, per non dire quello che davvero desiderasse: dammi un motivo per perdonarti, una speranza a cui aggrapparmi... dammi un motivo per non toglierti quella maschera da insensibile bastardo dalla faccia a suon di pugni.


"Hai finito?" le chiese a bruciapelo.

Sakura aggrottò la fronte, incredula: le sue parole sembravano non aver avuto alcun effetto su di lui.

"No!" gli rispose, sicura. Non aveva intenzione di arrendersi.

A Sasuke non rimase altro che borbottare qualcosa di incomprensibile e sorbirsi un altro delirio verbale incentrato sui seguenti punti: non mollare – non ho alcuna intenzione di farlo – devi reagire – lo ha detto sul serio? – fallo per Kakashi-sensei e per Naruto – ipocrita.

Lui aveva sempre odiato i ricatti morali, inoltre un "fallo per me" forse sarebbe stato un po' più credibile, un pelo più convincente, per lo meno onesto. O forse no?

Ma se lei glielo avesse chiesto, lui che cosa le avrebbe risposto?

"Naruto e Kakashi ti hanno chiesto di venire a parlare con me?" indagò, non riuscendo più a seguire il filo del discorso che soprattutto nella sua mente stava diventando molto contorto.

"Assolutamente no!" negò a gran voce la ragazza, deragliando fuori dai binari, laddove lui voleva condurla.

"Allora perché sei qui?" ringhiò l'Uchiha, stanco di tutto quel parlare a vanvera.

Aveva capovolto la situazione: era riuscito a zittirla e a metterla a disagio in un colpo solo.

Sakura capì di non avere altra scelta.

Abbassò il capo, nascondendo preventivamente i suoi occhi che di lì a poco sarebbero diventati lucidi – un riflesso incondizionato che in quella situazione si sarebbe rivelato molto sconveniente – e rimase in silenzio sapendo che lui avrebbe atteso una sua risposta prima di dire qualcos'altro, cercando le parole adatte.

"Cuore spezzato", "Dolore", "Amarezza"... Ognuna di queste parole sarebbe stata più che appropriata, ma avrebbe portato solo a un'altra umiliazione. Non desiderava che lui la vedesse debole e fragile anche se solo la sua presenza riusciva a renderla tale e non desiderava che lui si muovesse a compassione per un qualsiasi tipo di senso di colpa che potesse provare nei suoi confronti.

"Avrei tante cose da dirti, tante cose da chiederti" iniziò a parlare sottovoce, ma nel silenzio innaturale di quel salotto sembrò quasi che stesse urlando "ma è ancora troppo presto per me ... e per te" aggiunse, fregandosene del fatto che avesse deciso per entrambi.

"In ogni caso, hai ragione: non so perché io sia qui. Decidi tu." continuò, senza dargli il tempo di dire nulla "Come hai sempre fatto" concluse amaramente prima di voltargli le spalle e andare via.

Sasuke sentì il fruscio dei suoi stivali, il rumore della zip che veniva tirata su in fretta e infine la porta di casa che si chiudeva delicatamente.

Rimase seduto sul divano con lo sguardo fisso sulla porzione di pavimento dove prima sostava lei. C'era una trave scheggiata che andava riparata.



-§-


Sakura teneva stretta la mano di Ino che finalmente si era lasciata andare, aveva accettato il suo lutto e guardava con gli occhi pieni di lacrime la lapide di suo padre accanto a quella di Shikaku Nara. Naruto, invece, aveva preferito stare vicino a Hinata, ricordando con lei Neji. Un fitta coltre di nubi cineree sovrastava le centinaia di lapidi dei valorosi shinobi di Konoha che si stendevano a perdita d'occhio fino al confine della foresta.

Sakura si guardò attorno più volte in cerca di Sasuke, sperando che la sceneggiata della sera precedente avesse sortito qualche effetto, ma di lui neanche l'ombra.

Un'improvvisa folata di vento trascinò via dagli alberi della foresta delle foglie morte e lei si voltò a guardarle danzare vorticosamente nell'aria.

Fu allora che li sentì. Sentì i suoi occhi addosso e lo vide... nascosto tra gli alberi, avvolto in un mantello nero. Non era certa che stesse guardando proprio lei e non sapeva se fossero state le sue parole a convincerlo, ma lui era lì, anche se come al solito aveva fatto di testa sua, ma era lì. Guardò Naruto che a sua volta si era girato verso di lei e lesse nei suoi occhi un certo sollievo. Sasuke aveva fatto il primo passo.



Angolo Autrice


In ritardo di un paio d'ore, fate finta che sia ancora domenica.

Questo capitolo è stato un parto trigemellare. I dialoghi di questa fan mi mettono terribilmente in difficoltà, soprattutto quando a parlare è Sasuke, pertanto ho riscritto alcune parti anche quattro, cinque volte. Il problema nasce dal fatto che Sasuke in questo momento, a mio parere, è in un momento di transizione: non è ancora quello delle ultime pagine del 699, ma neanche quello che abbiamo conosciuto in passato(e amato nonostante la sua follia). Ho avuto molti dubbi in questa settimana, mi sono bloccata più volte cercando di creare una versione di lui un po' ibrida e spero che il risultato sia decente. Ci tengo a ringraziare Ambra Chan, Elettra, Voglia di Vivere e le altre amicizie "facebookiane" e le irriducibili Manga e Meryl Watase che mi hanno supportato in questo momento #noncistocapendopiùuncazzomode.

E come sempre il mio ringraziamento va a voi lettori e a voi recensori che mi coccolate tantissimo e mi date degli input indispensabili per continuare questa storia. Adesso vado a nanna perché domani si ricomincia a lavorare, ho preferito postare il capitolo per una volta quasi in orario e rimandare le risposte alle recensioni a domani. Non me ne vogliate.

A domenica prossima.

Buona settimana a tutti.

Blueorchid31



































   
 
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