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Autore: Kaimy_11    09/03/2015    6 recensioni
Continuo di “The reason to fight”
La guerra ha spezzato la città, i ribelli sono insorti, opponendosi al nuovo governo.
Nessuno sa di chi fidarsi. Nessuno conosce la verità.
Il giovane capofazione degli Intrepidi deve guidare la rivolta al fianco di Jeanine, per riportare ordine anche dopo la divisione della sua fazione. Ma le sue priorità sono cambiate, tutto ciò che vuole è proteggere la persona che ama. Nonostante tutte le avversità, dovrà mantenere fede alle sue promesse senza rischiare di compromettere sé stesso e perdere tutto ciò in cui crede.
[Dal testo]
Si morde il labbro. -Pensavo che lo avessi detto per la foga del momento…-
Inarco pericolosamente le sopracciglia. -Ti sembro forse uno che si fa prendere da un’ emozione momentanea e si lascia scappare parole che non sa nemmeno gestire?-
Mantiene il silenzio, sembra impaurita, almeno ha la decenza di capire quando sbaglia.
-Non sono un ragazzino in preda agli ormoni, se dico di amarti nonostante tu sia più piccola di me ed insopportabilmente arrogante, vuol dire che ti amo, mi hai capito?-
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The reason '
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1. Scivolando

 

 

Apro la porta e tutto ciò a cui riesco a pensare è che non so come usciremo da questa situazione e, anche se allontano il pensiero per evitare che il fastidioso peso della sconfitta mi opprima, temo che non ci siano rimaste poi tante carte da giocarci.

Ad ogni modo, il peggio deve ancora arrivare.

Avverto che le forze mi stanno tornando in circolo, nonostante debba trascinarmi faticosamente dietro il mio piede ferito. Mi impongo di ignorare il dolore che mi riporta con la mente al momento dalla mia sconfitta e raggiungo la mia camera da capofazione, entrando pronto ad agire. 

Non so cosa succederà e non mi preoccupo di scoprirlo perché credo fermamente di essere in grado di crearmi da solo il mio destino.

Perciò, in fin dei conti, ho poco da temere.

Mentre con la mano spingo la porta affinché si richiuda dietro di me, sollevando lo sguardo, vedo il mio timore più grande.

Aria è in piedi davanti al letto, mi da le spalle, ma nonostante ciò vengo ugualmente colpito dal vuoto che esprime. Inconsciamente ho scoperto che posso sentire dentro di me, in una parte che credevo di non avere più, anche le sue emozioni.

Vorrei non dover perdere il poco tempo che abbiamo in questo modo, ma so per certo che se commetto un errore adesso la perderò. Perciò meglio fare con calma ora, piuttosto che tentare in futuro di ristabilire un contatto con lei, considerando che nessuno mi garantisce che avrò il tempo e l’occasione per farlo.

-Sei pronta? Hai preso tutto?- Le chiedo con voce piatta.

Non voglio che lo prenda come un ordine, ma sa che non possiamo permetterci un altro solo momento in questa stanza.

Sa che non può rispondermi di no.

Si gira e mi trafigge con quelli che mai prima d’ ora mi sono sembrati gli occhi di un’ estranea. Le sue iridi cobalto sono lucide e spente, temo che possano risucchiarmi nel mare oscuro che ha dentro, così distolgo immediatamente lo sguardo.

Guardo in basso e piego la bocca in una smorfia, non riesco più a trattenere il disgusto che provo al pensiero che la piccola lottatrice per cui ho perso la testa sia caduta in un limbo da cui non riesce a riemergere.

Ripenso al mio addestramento e a come gli altri capifazione abbiamo tirato fuori il mostro che è in me. Hanno plagiato una creatura temibile che non sa fare altro che lottare, anche quando è tutto finito. La voglia di comportarmi come l’istruttore tremendo che sono stato per gli ultimi iniziati mi assale, e sta quasi per prendere il sopravvento, quando mi impongo di mantenere la calma.

Con lei, in questo momento, minacce e rimproveri non servirebbero assolutamente a nulla.

-Aria!- La chiamo deciso.

Lei mi guarda ancora, con la differenza che sta volta mi vede realmente perché serra le labbra come fa quando è arrabbiata. Capisco che ho la sua attenzione e l’essere riuscito ad infastidirla mi soddisfa.

La rabbia, d’altronde, è pur sempre un’emozione migliore del nulla. Ed io ne so qualcosa.

-Dobbiamo andare, lo sai, vero?-

Non prende neanche in considerazione l’idea di rispondermi, si avventa contro il fagotto nero che c’è sul letto e me lo sbatte contro al petto, tenendolo sollevato con una mano sola finché io non lo prendo.

È uno zaino di tessuto nero in cui ha messo dentro quello che potrebbe servirmi mentre saremo via. Avrà sicuramente preso dal mio armadio qualche maglietta pulita e altri indumenti di ricambio, ma non so di preciso per cosa abbia optato e non mi interessa saperlo.

Dove andremo, avremo tutto quello che ci serve.

Aria si mette sulle spalle il suo zaino, che è riuscita a riempire perché le ho dato il permesso di correre al suo vecchio dormitorio a recuperare alcune cose senza la quale, a suo dire, non poteva lasciare la residenza.

La imito, mettendomi su una spalla sola la sacca con le poche cose che mi porterò dietro, poi l’ afferro da un polso. Sono pronto a trascinarla via con me, ma riesco a fare un solo passo in direzione del corridoio prima che lei si fermi.

-E Luna?- Chiede con un filo di voce.

Mi fermo e la guardò, ha di nuovo quello sguardo smarrito che aveva quando sono entrato nella stanza e la cosa mi manda direttamente il sangue al cervello.

La strattono e serro la mascella dalla rabbia. -È un gatto! Saprà cavarsela!-

Ma le spalle di Aria si abbassano e, nel momento in cui la sento arrendersi, capisco che l’ho sopraffatta senza il minimo sforzo. Non ha più la volontà di opporsi, mi fa un cenno poco convinto e il suo sguardo si sposta sui dettagli della camera.

Lascio che sia lei a guardare un’ultima volta la mia stanza da capofazione, la nostra stanza, pensando ai momenti che abbiamo condiviso fra queste mura negli ultimi giorni.

Ma non farò altrettanto.

Non sono un sentimentalista, non lo sono mai stato.

Ogni volta che sento la spinta di un’ emozione travolgermi, scopro che è solo la rabbia a volermi assalire, come suo solito. Ragion per cui,  per evitare che qualcosa mi faccia perdere la pazienza anche in questo momento, preferisco pensare che presto torneremo qui con tutta la nostra fazione da vincitori.

Meglio non considerare che, di fatto, stiamo scappando via come codardi e non so se e quando faremo ritorno.

Apro la porta e trascino via Aria con la consapevolezza che, per quando io desideri perdere il controllo e spegnere la mente, non riuscirò ad essere furioso con lei.

Ho ancora paura che un mio gesto sbagliato me la porti via.

Tutto ciò che mi è rimasto è la sua fiducia, non posso rischiare.

-Ho lasciato una finestra semiaperta, se avrà bisogno, potrà entrare e ripararsi…-

Mi capisce, i nostri sguardi si incontrano per meno di un istante e credo di cogliere un luccichio di felicità, prima che il suo volto si rabbui di nuovo mentre chiudo a chiave la porta.

Per Aria non sto solo chiudendo una porta, le sto portando via quello in cui credeva.

Ma non può andare sempre male e voglio dimostrarglielo.

Per adesso, tutto ciò che devo fare è proteggerla, attenendomi al piano che ho elaborato insieme agli altri capi.

Dopo che quella maledetta Rigida mi ha sparato, Max ha fatto portare lei e Quattro da Jeanine, ma la ragazzina è scappata.

Quello che non avremmo mai potuto immaginare, era che sarebbe arrivata alla nostra residenza riuscendo, insieme al suo amichetto con il numero di paure più basso mai registrato, a fermare la simulazione. Quando questo è successo, noi capifazione eravamo radunati al quartier generale degli Eruditi, pronti a gestire al meglio la situazione nel momento in cui tutto si sarebbe concluso come prestabilito.

Ma non è andata così.

Secondo il piano originario, la simulazione si sarebbe conclusa solo dopo aver guidato tutti gli Intrepidi al quartiere degli Eruditi, dove Jeanine avrebbe esposto loro il nuovo piano governativo della città. Max avrebbe preso la parola, gestendo la nostra fazione a dovere, impartendo i nuovi ordini e obbligando anche i ribelli ad adattarsi alle nuove regole.

In realtà, in pochi fra gli Intrepidi sarebbero stati contrari ad un nuovo governo che vedeva la nostra fazione al consiglio per la prima volta dopo anni.

Senza alcuna alternativa, con le nuove leggi già in atto, gli Intrepidi avrebbero dovuto adeguarsi e obbedire. La situazione si sarebbe risolta da sola in poche ore e, a seguire, avremmo ottenuto anche l’appoggio del resto della città.

Ed invece le cose sono andate diversamente.

Con la simulazione interrotta senza le dovute precauzioni, con i soldati ancora al quartiere degli Abnegati, si è scatenato il putiferio. Siamo riusciti a vedere tutto da uno dei computer principali degli Eruditi, che mostrava le riprese delle innumerevoli telecamere sparse per città.

È stato solo e soltanto un inutile bagno di sangue. Una volta tornarti in possesso dello loro facoltà cognitive, gli Intrepidi hanno aperto il fuoco gli uni contro gli altri, incapaci di far distinzione fra nemici e amici.

Calmare le acque è stato insolitamente facile, la divisione netta che si è creta ha diviso automaticamente gli alleati dai traditori.  

Fortunatamente uno degli uomini più fidati di Max era sul posto, e ha richiamato a sé quanti più compagni è riuscito a recuperare, spiegando loro la situazione e convincendoli ad unirsi ai capi e a correre al quartier generale degli Eruditi.

Ma, per una parte decisamente troppo numerosa di Intrepidi, la simulazione a cui sono stati costretti è stato un tradimento troppo grave.

Per questa ragione, etichettando tutti gli altri come traditori della fazione, il gruppo di ribelli si è staccato da noi. Spaventati dalle possibili ripercussioni, sono fuggiti a nascondersi chissà dove, portandosi dietro tutte le armi che avevano con sé.

Temiamo che presto vadano dai Candidi. D’altronde, chi meglio della fazione che amministra la giustizia in città potrà mai accoglierli?

Grazie a Jeanine e alla sua tecnologia, un messaggio è stato inviato a tutte le fazioni, invitandole ad allearsi alla nostra causa e a riconoscere gli Eruditi come nuova fazione al governo, senza possibilità di appello.

Nel messaggio c’è anche un invito riservato agli Intrepidi che sono scappati, in cui viene loro ordinato, senza troppe cerimonie, di ricongiungersi ai loro capifazione e di rispettare le nuove regole. Non so se davvero qualcuno si aggiungerà a noi, so solo che la nostra fazione ha risentito della divisione.

Il nostro gruppo si trasferirà dagli Eruditi, perché abbiamo promesso loro protezione e perché insieme potremo essere più forti e lavorare in maniera più efficiente.

Non possiamo riprenderci la nostra residenza, l’altra metà dei nostri compagni, i trasgressori, potrebbero farvi ritorno e non siamo pronti per sostenere una guerra tra Intrepidi.

In questa situazione di svantaggio che ci impedisce di replicare ad un possibile attacco, dovevamo assolutamente entrare in possesso della scorta di armi contenuta nel cavò della nostra residenza.

E non potevamo assolutamente fare a meno di cancellare tutti i dati dei computer al centro di controllo, sbarazzandoci di prove compromettenti. Era di fondamentale importanza riappropriarci di quanti più file riservati che avrebbero potuto provare le nostre colpe e svelare i nostri piani originali.

È per questo che ho guidato un gruppo di soldati in questa missione di recupero alla nostra residenza, ma dobbiamo andarcene al più presto per evitare spiacevoli incontri con l’altra metà della nostra fazione.

Al momento, evitare altri inutili spargimenti di sangue è la missione primaria.

Dobbiamo agire in fretta. 

Guido Aria tenendola con fermezza, non è al sicuro qui e voglio riportarla al più presto con me alla base. Non avrei dovuto portarla con me, ma non potevo nemmeno lasciarla da sola, così ho preferito assicurarmi che fosse sempre al mio fianco.

 

Arriviamo al punto di partenza e troviamo una piccola folla già radunata, il treno fermo e tutti i nostri compagni piazzati davanti ai portelloni.

Quando mi vedono arrivare si zittiscono e non mi perdono di vista mentre continuo ad avanzare verso di loro.

-Muoviamoci!- Grido e, come se avessi dato il via ad un insolito quanto orribile balletto, il gruppo di Intrepidi che mi ha seguito in questa missione di recupero inizia a salire sul treno in maniera scomposta.

Si ammassano tutti nello stesso punto e si spintonano fra di loro, con movimenti talmente instabili che dubito delle loro facoltà cognitive.

È probabile che dopo tanti anni passati a rincorre il treno, il loro corpo non sabbia come comportarsi davanti ad un mezzo fermo senza rischio ne pericolo. Non sanno dove scaricare l’adrenalina che prima disperdevano nella corsa e nei salti per aggrapparsi ai vagoni che frecciavano via, perciò  risultano impacciati e non fanno altro che urtarsi a vicenda.

Stringo la presa attorno al polso di Aria e la trascino con me quando salgo sul primo vagano del treno, mi sistemo contro una parete facendole segno di mettersi davanti a me.

Dall’occhiataccia che le lancio, le intimo di non muoversi.

Lo sguardo che mi riserva è carico di dubbi, e le sue labbra si serrano ancora, manifestandomi il suo fastidio. Ma la sua presa di posizione ha vita breve, mandandomi per l’ennesima volta in bestia, quando abbassa lo sguardo sconfitta e si stringe nelle spalle.

Forse avrei dovuto evitare di ricordarle la mia superiorità tutte le volte che si prendeva la briga di rispondermi a tono o di provocarmi, anche se avrei giurato che le piacessero i modi che usavo per rimetterla al suo posto e che li trovasse eccitanti quanto me.

Ripenso alle volte in cui le ho chiuso la bocca, alle volte che l’ho sbattuta sul mio letto soltanto perché la sua sottomissione era un’ unione perfetta fra eccitazione e perdizione di cui non potevo fare a meno.

Ma adesso è tutto sbagliato.

Non so cosa darei per vederla reagire, mi farei sparare all’altro piede.

Scuoto la testa, mordo l’interno di una guancia fino a sentire il dolore raggiungere il mio cervello come un pizzico bruciante. Adesso non posso preoccuparmi per Aria, quando arriverà il momento,  saprò risvegliarla.

Anche se, con molte probabilità, non le piaceranno i miei metodi.

Quando il treno parte, il sussulto improvviso fa perdere ad uno dei tanti idioti l’equilibrio. Esprimendo a pieno tutta la sua incapacità, quello che dovrebbe essere uno degli uomini migliori che ho al momento al mio servizio, scivola verso il fondo del treno. Mentre barcolla all’indietro, urta malamente Aria, che si sbilancia in avanti e mi finisce addosso.

Impreco sotto voce, contro il soldato.

Per evitare altri incidenti, faccio passare un braccio dietro la schiena di Aria e la tengo vicina a me, non voglio che nessuno la tocchi più del dovuto. Non sopporto questa situazione, sono letteralmente con le spalle al muro e non sono affatto soddisfatto di starmene stipato in un vagone sovraffollato.

Odio quando non sono in grado di gestire al meglio una situazione.

Abbasso gli occhi per smettere di arrovellarmi il cervello e di farmi venire un attacco di claustrofobia, di cui fortunatamente non soffro, e mi accorgo di quanto realmente sia piccola Aria.  La sua testa corvina non arriva nemmeno alla mia spalla, tiene il viso comodamente accoccolato sul mio petto e sento le sue mani stringermi i fianchi.

considerato il rischio che corro, non mi prendo il disturbo di verificare il suo sguardo, temendo di trovarlo ancora spento e vuoto.

Non so davvero cosa fare con lei, voglio a tutti i costi che torni quella che era e che chiuda la porta su qualunque cosa la turbi tanto in questo momento. Non è assolutamente il momento di dimostrarsi deboli, affronteremo momenti difficili, illudersi del contrario sarebbe controproducente, e lei non è nelle condizioni di reggere.

Più che di Aria, mi preoccupo per me.

Non avrò tempo per lei né per distrarmi e, per quanto mi scocci ammetterlo, lei è la mia unica debolezza.

Ho scelto il momento sbagliato per affezionarmi, ogni errore che faccio può rivoltarmisi contro. Se ho rischiato con successo una volta, frequentando un’iniziata contro le regole, non è detto che avrò ancora fortuna. Da adesso in avanti i miei doveri saranno al primo posto e, per farlo, dovrò trovare il modo di tenere Aria lontana.

La guardo e una mano sfugge al mio controllo sfiorandole i capelli. La sento rabbrividire e percepisco quello stesso brivido scorrermi lungo la schiena.

Sospiro, in questo mare di inconsce lei è l’unica certezza che ho e non sono abbastanza determinato da potervi rinunciare. Sarei folle a separarmi dall’unica persona con cui voglio condividere il mio tempo, e la mia parte altruista non è così sviluppata da spingermi a lasciarla andare per permetterle di salvarsi.

Perché devo ammetterlo, le ho fatto più male che bene.

Credevo di tenerla al sicuro e invece ho permesso che le ordinassero di rimanere chiusa in una stanza, il centro di controllo, dove sui monitor è stata trasmessa la morte del suo migliore amico. Come se non bastasse, sa che ne sono responsabile.

Le devo la mia fiducia perché lei mi ha dato la sua, perciò non posso abbandonarla e riconosco che è abbastanza forte da saper decidere da sola cosa è meglio per lei e cosa vuole fare, senza prendermi io questo incarico.

Ho deciso che la riporterò in sé e, mentre mi convinco di esserne in grado, sento la fastidiosa sensazione di essere osservato e mi volto verso il fondo del vagone.

Mi sfugge una smorfia quando scorgo la figura esile ed elegante di Leah, ma i suoi occhi verdi non guardano me, sono puntati su Aria. Seguono il profilo della sua testa e la mia mano che vi è ancora appoggiata sopra, arricciando le labbra per il fastidio.

Assottiglia lo sguardo e scuote la testa prima di voltarsi dalla parte opposta.

È probabile che qualcuno al mio posto avrebbe colto la nota di delusione nel suo sguardo e ne sarebbe rimasto impietosito. Ma quel qualcuno non sono io.

Mi concentro unicamente sul fastidio che sento crescere dentro di me e solidifico la presa attorno alla schiena di Aria, stringendola di più in quello che riconosco come un gesto protettivo che uso solo nei suoi riguardi.

Il treno si ferma, cosa a cui nessuno degli Intrepidi è abituato, e aspetto che tutti scendano prima di farlo io.

Mi accorgo che Sarah, l’unica donna capofazione, ci stava aspettando. La vedo impartire ordini a tutti senza batter ciglio e la massa scura di Intrepidi appena arrivati si sposta in maniera compatta, iniziando a seguirla.

Io non ho bisogno di andare con lei, so che la prima cosa da fare è trovare una sistemazione a tutti, e di certo non spetta a me occuparmene.

Io ho altro a cui pensare.

Appoggio una mano sulla schiena di Aria e le indico la strada da percorre. Ci spostiamo così verso sud, attraversando la zona del quartiere degli Eruditi abitata dei membri più importanti. Devo raggiungere Jeanine al più presto per elaborare un nuovo piano d’azione e perché so che ha per me informazioni importanti di cui Max deve restare all’oscuro.

La capofazione degli Eruditi ha un alloggio preferenziale proprio nella zona più curata dal quartiere e di tutta la città, peccato che non la usi mai perché passa tutto il suo tempo davanti al computer del suo ufficio al quartier generale.

Camminiamo da un po’ e siamo quasi arrivati, passiamo per una via principale che sembra deserta quando sentiamo una voce.

-Ariana!-

Mi volto e colgo il movimento di un corpo esile che corre verso di noi, vedendo una massa blu e di capelli biondi che si getta addosso ad Aria.

Lei non dice nulla, è silenziosa come lo è stata fino adesso e il suo copro rimane immobile mentre la biondina l’abbraccia.

-Stai bene? Eravamo preoccupati!-

Mi si storce il naso al pensiero che quella ragazzina, che riconosco come la sorella di Aria, si sia presa il diritto di avvicinarsi a lei come se qualcuno le avesse dato il permesso di farlo.

Sono io che mi prendo cura di Aria da settimane ormai, nessun altro deve toccarla.

Amber si stacca da lei ma le tiene ancora le mani sulle spalle, la guarda dritto negli occhi e si accorge che qualcosa non va. Vedo il suo sguardo che si assottiglia, ma non colgo né preoccupazione né altro.

Mentre sono l’una di fronte all’altra, mi accorgo della somiglianza disarmante che le lega e mi riscopro infastidito.

Aria è sull’orlo dell’abisso e ci sta scivolando dentro, mentre sua sorella continua a fissarla con insistenza, vittima anche lei del silenzio assoluto.

A quel punto, dato che le disgrazie non arrivano mai sole, un uomo avanza verso di noi e mi prendo un attimo per analizzare i suoi capelli neri, la sua espressione severa e i suoi occhi azzurri. Non mi ci vuole molto a capire che è il padre di Aria, ha la stessa espressione fredda e austera che aveva lei durante gli allenamenti per la sua iniziazione.

-Ho saputo che sareste arrivati.- Dice, e capisco che si sta rivolgendo a me. -Ci sarà un certo trambusto per la divisione degli alloggi ai vostri compagni. Ho pensavo che magari Ariana potrebbe fermarsi a dormire in casa nostra. C’è ancora il suo letto, d’altro canto.-

Il moto di rabbia che mi assale mi rende per un attimo incapace di formulare una risposta adeguata.

Cosa da a quest’uomo la presunzione di rivolgersi a me con tanta sicurezza?

Forse la sua mente non è poi così brillante e non gli permette di accorgersi del pericolo che sta correndo contro di me. La sue voce arrogante e la tranquillità che usa, per me, sono solo un affronto.

Ora capisco perché Aria è scappata, ho conosciuto sua sorella e suo padre, ed entrambi si comportano da Rigidi in maniera snervante. Hanno una compostezza innaturale mentre parlano, sembra quasi che non respirino, e il loro sguardo autorevole su di me non funziona.

Forse questo Erudito ha bisogno che la sua camicia azzurra si sporchi dal sangue che gli farò colore dal naso per capire con chi a che fare.

-Aria è un’ Intrepida adesso, ed io sono il suo capofazione!- Scandisco senza mezzi termini. -Decido io dove dorme, e casa vostra non è più il suo posto.-

Noto con estremo piacere il fremito che ha il suo occhio sinistro, sintomo del fastidio che le mie parole gli hanno causato.

Faccio un mezzo sorriso mentre mi passo la lingua sulle labbra, soddisfatto.

-Lei non è tua!-

Quando sento quella fastidiosa vocina indirizzata contro di me, abbasso gli occhi sulla ragazzina bionda ancora vicino alla sorella, e per un attimo la sua espressione decisa mi sembra la stessa che usava Aria quando combatteva sul ring.

Ma Amber è decisamente più arrogante e snervante, non so cosa mi impedisca di staccarle la testa dal collo. La trafiggo con uno sguardo e sto quasi per avanzare verso di lei, quando mi ricordo che è solo un’ inutile ragazzina Erudita con cui non intendo sprecare il mio tempo.

Tuttavia deve aver visto i miei muscoli scattare, perché scivola dietro Aria e mi guarda con sospetto.

Dal modo in cui spalanca gli occhi, capisco che anche suo padre deve aver temuto per lei. Sogghigno, evidentemente bastava fargli avere un mezzo infarto per riuscire a smuoverlo. Sento perfino la paura nella sua voce, quando mi parla ancora.

-Effettivamente è vero, sei il suo capofazione adesso. Perciò, ti chiedo il permesso di lasciare che Ariana resti sta notte con la sua famiglia.-

Già non gradisco una sola parola di quelle che ho sentito, ma se crede di potermi rabbonire si sbaglia di grosso. E, quando lo vedo abbassare gli occhi su Aria e fare una smorfia di preoccupazione, perdo il controllo.

-Magari le farà bene…- annuncia. -Amber, porta dentro Ariana!-

Vedo la biondina fare un cenno al padre e far passare un braccio dietro le spalle di Aria, pronta a guidarla via.

E la bestia dentro di me si risveglia.

-Si chiama Aria!- Urlo contro suo padre. -E la mia risposta è no!-

Lui  non batte ciglio, anzi, solleva il mento e mi sfida con lo sguardo.

Che grande errore.

Sto davvero per afferrarlo dal colletto della camicia, ho già le mani sollevate e sono pronto a strattonarlo fino a togliergli quell’espressione arrogante dalla faccia, ma poi sento la sua voce e tutto si spegne.

-Veramente…- Dice Aria, in un flebile sussurro. -Io vorrei restare…-

La guardo e sono stravolto, le mie braccia si  sono paralizzata a mezz’aria.

Lei è ancora immobile, le braccia lungo i fianchi e lo sguardo totalmente spento e privo di emozioni. Per un attimo mi sembra di vederla tremare impercettibilmente, ma devo essermi sbagliato.

Abbasso le braccia, che tenevo ancora sollevate verso il collo di suo padre, e prendo Aria per un polso. La trascino poco lontano per poterle parlare in privato, non prima di lanciare un’ occhiata di traverso al padre.

-Vuoi restare?- Le chiedo, chiaramente arrabbiato.

Lei mi si ferma davanti, è ancora priva di vitalità ma vedo le sue spalle irrigidirsi e capisco che sta recuperando la sua forza.

Mi fa un cenno con la testa.

-Credevo che fosse la famiglia da cui eri fuggita…- le ricordo, guardandola dall’alto.

Sono profondamente infastidito, fremo di rabbia a stento trattenuta e non posso negarlo.

Tanto per cominciare non accetto che Aria metta in dubbio la mia autorità davanti a quell’arrogante di suo padre, per di più non mi aspettavo che scegliesse loro a me.

È riuscita a deludermi e a farmi fare la figura dell’idiota in un colpo solo.

Mi guarda per interminabili secondi e, per quello che mi sembra un miracolo, ritrovo la mia piccola lottatrice. Il blu dei suoi occhi scintilla alla luce del sole morente prima che abbassi consapevolmente la testa in un cenno.

Sa che ho ragione, allora perché vuole restare a dormire in quella stanza da cui tentava di scappare nel suo scenario della paura?

Non voglio farle del male, ma sento le mie vene pulsare cariche d’ira e non posso fare a meno di lanciare l’ennesima occhiataccia a suo padre, che ci osserva poco distante.

Vorrei ricordargli che, se anche dovessi acconsentire a lasciare Aria con loro per una notte, non hanno alcun diritto su di lei.

Io si.

Lei è mia.

Ma so che Aria sta scivolando verso l’abisso e non voglio certo essere io a spingerla giù. Le posso concedere questo capriccio immotivato, ma da domani la musica cambierà e lei dovrà tornare ad essere quella di sempre o se la vedrà con me.

-Non sarebbe permessa una cosa del genere.- Le dico. -Perciò domani mattina presto passo a prenderti e non voglio sentire altre storie!-

Alza ancora lo sguardo verso di me e mi fa un cenno convinto. -Non ne farò. A domani allora!-

Sta quasi per andarsene quando si volta ancora verso di me, mi sorride e muove le labbra in un'unica parola.

-Grazie…- Mi dice.

Ma io non rispondo.

La osservo raggiungere sua sorella e suo padre e li vedo incamminarsi verso una casa dove una donna dai capelli scuri li attende, poco fuori la soglia.

Vedo la mano di Amber posarsi sulle spalle di Aria e stringerla in un abbraccio, accorgendomi di essere io quello che sta scivolando nell’ abisso.

Ma nel mio caso, l’abisso è la rabbia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

 

Ed ecco qui un nuovo inizio di storia, un po’ ritardo, ma il seguito è arrivato!

Il cambio di stile nella scrittura sta semplicemente nel fatto che non sarà più un racconto in terza persona ma in prima. Ma chi sarà a raccontare?

Aspetto con ansia i vostri commenti, sono ansiosa di sapere come vi è sembrato questo capitolo dal punto di vista di Eric, se era credibile e soprattutto se vi piace come sto iniziando a intrepretare questa seconda parte.

Andando avanti emergeranno tutti i dettagli, per ora vorrei tanto sapere cosa ne pensate di questo primo capitolo!

Grazie per aver letto la prima parte e per essere arrivati fino a qui, bacioni : )

   
 
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