1.
Scivolando
Apro la porta e
tutto ciò a cui riesco a pensare è che non so come usciremo da questa
situazione e, anche se allontano il pensiero per evitare che il fastidioso peso
della sconfitta mi opprima, temo che non ci siano rimaste poi tante carte da
giocarci.
Ad ogni modo, il
peggio deve ancora arrivare.
Avverto che le forze
mi stanno tornando in circolo, nonostante debba trascinarmi faticosamente dietro
il mio piede ferito. Mi impongo di ignorare il dolore che mi riporta con la
mente al momento dalla mia sconfitta e raggiungo la mia camera da capofazione,
entrando pronto ad agire.
Non so cosa
succederà e non mi preoccupo di scoprirlo perché credo fermamente di essere in
grado di crearmi da solo il mio destino.
Perciò, in fin dei
conti, ho poco da temere.
Mentre con la mano
spingo la porta affinché si richiuda dietro di me, sollevando lo sguardo, vedo
il mio timore più grande.
Aria è in piedi
davanti al letto, mi da le spalle, ma nonostante ciò vengo ugualmente colpito
dal vuoto che esprime. Inconsciamente ho scoperto che posso sentire dentro di
me, in una parte che credevo di non avere più, anche le sue emozioni.
Vorrei non dover
perdere il poco tempo che abbiamo in questo modo, ma so per certo che se
commetto un errore adesso la perderò. Perciò meglio fare con calma ora,
piuttosto che tentare in futuro di ristabilire un contatto con lei, considerando
che nessuno mi garantisce che avrò il tempo e l’occasione per farlo.
-Sei pronta? Hai
preso tutto?- Le chiedo con voce piatta.
Non voglio che lo
prenda come un ordine, ma sa che non possiamo permetterci un altro solo momento
in questa stanza.
Sa che non può
rispondermi di no.
Si gira e mi
trafigge con quelli che mai prima d’ ora mi sono sembrati gli occhi di un’
estranea. Le sue iridi cobalto sono lucide e spente, temo che possano
risucchiarmi nel mare oscuro che ha dentro, così distolgo immediatamente lo
sguardo.
Guardo in basso e piego
la bocca in una smorfia, non riesco più a trattenere il disgusto che provo al
pensiero che la piccola lottatrice per cui ho perso la testa sia caduta in un
limbo da cui non riesce a riemergere.
Ripenso al mio
addestramento e a come gli altri capifazione abbiamo tirato fuori il mostro che
è in me. Hanno plagiato una creatura temibile che non sa fare altro che
lottare, anche quando è tutto finito. La voglia di comportarmi come
l’istruttore tremendo che sono stato per gli ultimi iniziati mi assale, e sta
quasi per prendere il sopravvento, quando mi impongo di mantenere la calma.
Con lei, in questo
momento, minacce e rimproveri non servirebbero assolutamente a nulla.
-Aria!- La chiamo
deciso.
Lei mi guarda ancora,
con la differenza che sta volta mi vede realmente perché serra le labbra come
fa quando è arrabbiata. Capisco che ho la sua attenzione e l’essere riuscito ad
infastidirla mi soddisfa.
La rabbia,
d’altronde, è pur sempre un’emozione migliore del nulla. Ed io ne so qualcosa.
-Dobbiamo andare, lo
sai, vero?-
Non prende neanche
in considerazione l’idea di rispondermi, si avventa contro il fagotto nero che
c’è sul letto e me lo sbatte contro al petto, tenendolo sollevato con una mano
sola finché io non lo prendo.
È uno zaino di
tessuto nero in cui ha messo dentro quello che potrebbe servirmi mentre saremo
via. Avrà sicuramente preso dal mio armadio qualche maglietta pulita e altri
indumenti di ricambio, ma non so di preciso per cosa abbia optato e non mi
interessa saperlo.
Dove andremo, avremo
tutto quello che ci serve.
Aria si mette sulle
spalle il suo zaino, che è riuscita a riempire perché le ho dato il permesso di
correre al suo vecchio dormitorio a recuperare alcune cose senza la quale, a
suo dire, non poteva lasciare la residenza.
La imito, mettendomi
su una spalla sola la sacca con le poche cose che mi porterò dietro, poi l’ afferro
da un polso. Sono pronto a trascinarla via con me, ma riesco a fare un solo
passo in direzione del corridoio prima che lei si fermi.
-E Luna?- Chiede con
un filo di voce.
Mi fermo e la
guardò, ha di nuovo quello sguardo smarrito che aveva quando sono entrato nella
stanza e la cosa mi manda direttamente il sangue al cervello.
La strattono e serro
la mascella dalla rabbia. -È un gatto! Saprà cavarsela!-
Ma le spalle di Aria
si abbassano e, nel momento in cui la sento arrendersi, capisco che l’ho
sopraffatta senza il minimo sforzo. Non ha più la volontà di opporsi, mi fa un
cenno poco convinto e il suo sguardo si sposta sui dettagli della camera.
Lascio che sia lei a
guardare un’ultima volta la mia stanza da capofazione, la nostra stanza,
pensando ai momenti che abbiamo condiviso fra queste mura negli ultimi giorni.
Ma non farò
altrettanto.
Non sono un sentimentalista,
non lo sono mai stato.
Ogni volta che sento
la spinta di un’ emozione travolgermi, scopro che è solo la rabbia a volermi
assalire, come suo solito. Ragion per cui, per evitare che qualcosa mi faccia perdere la
pazienza anche in questo momento, preferisco pensare che presto torneremo qui
con tutta la nostra fazione da vincitori.
Meglio non considerare
che, di fatto, stiamo scappando via come codardi e non so se e quando faremo
ritorno.
Apro la porta e
trascino via Aria con la consapevolezza che, per quando io desideri perdere il
controllo e spegnere la mente, non riuscirò ad essere furioso con lei.
Ho ancora paura che
un mio gesto sbagliato me la porti via.
Tutto ciò che mi è
rimasto è la sua fiducia, non posso rischiare.
-Ho lasciato una
finestra semiaperta, se avrà bisogno, potrà entrare e ripararsi…-
Mi capisce, i nostri
sguardi si incontrano per meno di un istante e credo di cogliere un luccichio
di felicità, prima che il suo volto si rabbui di nuovo mentre chiudo a chiave
la porta.
Per Aria non sto
solo chiudendo una porta, le sto portando via quello in cui credeva.
Ma non può andare
sempre male e voglio dimostrarglielo.
Per adesso, tutto
ciò che devo fare è proteggerla, attenendomi al piano che ho elaborato insieme
agli altri capi.
Dopo che quella
maledetta Rigida mi ha sparato, Max ha fatto portare lei e Quattro da Jeanine,
ma la ragazzina è scappata.
Quello che non
avremmo mai potuto immaginare, era che sarebbe arrivata alla nostra residenza
riuscendo, insieme al suo amichetto con il numero di paure più basso mai
registrato, a fermare la simulazione. Quando questo è successo, noi capifazione
eravamo radunati al quartier generale degli Eruditi, pronti a gestire al meglio
la situazione nel momento in cui tutto si sarebbe concluso come prestabilito.
Ma non è andata
così.
Secondo il piano
originario, la simulazione si sarebbe conclusa solo dopo aver guidato tutti gli
Intrepidi al quartiere degli Eruditi, dove Jeanine avrebbe esposto loro il
nuovo piano governativo della città. Max avrebbe preso la parola, gestendo la
nostra fazione a dovere, impartendo i nuovi ordini e obbligando anche i ribelli
ad adattarsi alle nuove regole.
In realtà, in pochi
fra gli Intrepidi sarebbero stati contrari ad un nuovo governo che vedeva la
nostra fazione al consiglio per la prima volta dopo anni.
Senza alcuna
alternativa, con le nuove leggi già in atto, gli Intrepidi avrebbero dovuto
adeguarsi e obbedire. La situazione si sarebbe risolta da sola in poche ore e,
a seguire, avremmo ottenuto anche l’appoggio del resto della città.
Ed invece le cose
sono andate diversamente.
Con la simulazione
interrotta senza le dovute precauzioni, con i soldati ancora al quartiere degli
Abnegati, si è scatenato il putiferio. Siamo riusciti a vedere tutto da uno dei
computer principali degli Eruditi, che mostrava le riprese delle innumerevoli
telecamere sparse per città.
È stato solo e
soltanto un inutile bagno di sangue. Una volta tornarti in possesso dello loro
facoltà cognitive, gli Intrepidi hanno aperto il fuoco gli uni contro gli altri,
incapaci di far distinzione fra nemici e amici.
Calmare le acque è
stato insolitamente facile, la divisione netta che si è creta ha diviso
automaticamente gli alleati dai traditori.
Fortunatamente uno
degli uomini più fidati di Max era sul posto, e ha richiamato a sé quanti più
compagni è riuscito a recuperare, spiegando loro la situazione e convincendoli
ad unirsi ai capi e a correre al quartier generale degli Eruditi.
Ma, per una parte
decisamente troppo numerosa di Intrepidi, la simulazione a cui sono stati
costretti è stato un tradimento troppo grave.
Per questa ragione,
etichettando tutti gli altri come traditori della fazione, il gruppo di ribelli
si è staccato da noi. Spaventati dalle possibili ripercussioni, sono fuggiti a
nascondersi chissà dove, portandosi dietro tutte le armi che avevano con sé.
Temiamo che presto vadano
dai Candidi. D’altronde, chi meglio della fazione che amministra la giustizia
in città potrà mai accoglierli?
Grazie a Jeanine e
alla sua tecnologia, un messaggio è stato inviato a tutte le fazioni,
invitandole ad allearsi alla nostra causa e a riconoscere gli Eruditi come
nuova fazione al governo, senza possibilità di appello.
Nel messaggio c’è
anche un invito riservato agli Intrepidi che sono scappati, in cui viene loro
ordinato, senza troppe cerimonie, di ricongiungersi ai loro capifazione e di
rispettare le nuove regole. Non so se davvero qualcuno si aggiungerà a noi, so
solo che la nostra fazione ha risentito della divisione.
Il nostro gruppo si
trasferirà dagli Eruditi, perché abbiamo promesso loro protezione e perché
insieme potremo essere più forti e lavorare in maniera più efficiente.
Non possiamo
riprenderci la nostra residenza, l’altra metà dei nostri compagni, i
trasgressori, potrebbero farvi ritorno e non siamo pronti per sostenere una
guerra tra Intrepidi.
In questa situazione
di svantaggio che ci impedisce di replicare ad un possibile attacco, dovevamo
assolutamente entrare in possesso della scorta di armi contenuta nel cavò della
nostra residenza.
E non potevamo
assolutamente fare a meno di cancellare tutti i dati dei computer al centro di
controllo, sbarazzandoci di prove compromettenti. Era di fondamentale
importanza riappropriarci di quanti più file riservati che avrebbero potuto
provare le nostre colpe e svelare i nostri piani originali.
È per questo che ho
guidato un gruppo di soldati in questa missione di recupero alla nostra
residenza, ma dobbiamo andarcene al più presto per evitare spiacevoli incontri
con l’altra metà della nostra fazione.
Al momento, evitare
altri inutili spargimenti di sangue è la missione primaria.
Dobbiamo agire in
fretta.
Guido Aria tenendola
con fermezza, non è al sicuro qui e voglio riportarla al più presto con me alla
base. Non avrei dovuto portarla con me, ma non potevo nemmeno lasciarla da sola,
così ho preferito assicurarmi che fosse sempre al mio fianco.
Arriviamo al punto
di partenza e troviamo una piccola folla già radunata, il treno fermo e tutti i
nostri compagni piazzati davanti ai portelloni.
Quando mi vedono
arrivare si zittiscono e non mi perdono di vista mentre continuo ad avanzare
verso di loro.
-Muoviamoci!- Grido
e, come se avessi dato il via ad un insolito quanto orribile balletto, il
gruppo di Intrepidi che mi ha seguito in questa missione di recupero inizia a
salire sul treno in maniera scomposta.
Si ammassano tutti
nello stesso punto e si spintonano fra di loro, con movimenti talmente
instabili che dubito delle loro facoltà cognitive.
È probabile che dopo
tanti anni passati a rincorre il treno, il loro corpo non sabbia come comportarsi
davanti ad un mezzo fermo senza rischio ne pericolo. Non sanno dove scaricare
l’adrenalina che prima disperdevano nella corsa e nei salti per aggrapparsi ai
vagoni che frecciavano via, perciò risultano
impacciati e non fanno altro che urtarsi a vicenda.
Stringo la presa
attorno al polso di Aria e la trascino con me quando salgo sul primo vagano del
treno, mi sistemo contro una parete facendole segno di mettersi davanti a me.
Dall’occhiataccia
che le lancio, le intimo di non muoversi.
Lo sguardo che mi riserva
è carico di dubbi, e le sue labbra si serrano ancora, manifestandomi il suo
fastidio. Ma la sua presa di posizione ha vita breve, mandandomi per l’ennesima
volta in bestia, quando abbassa lo sguardo sconfitta e si stringe nelle spalle.
Forse avrei dovuto
evitare di ricordarle la mia superiorità tutte le volte che si prendeva la
briga di rispondermi a tono o di provocarmi, anche se avrei giurato che le
piacessero i modi che usavo per rimetterla al suo posto e che li trovasse
eccitanti quanto me.
Ripenso alle volte
in cui le ho chiuso la bocca, alle volte che l’ho sbattuta sul mio letto soltanto
perché la sua sottomissione era un’ unione perfetta fra eccitazione e perdizione
di cui non potevo fare a meno.
Ma adesso è tutto
sbagliato.
Non so cosa darei
per vederla reagire, mi farei sparare all’altro piede.
Scuoto la testa, mordo
l’interno di una guancia fino a sentire il dolore raggiungere il mio cervello
come un pizzico bruciante. Adesso non posso preoccuparmi per Aria, quando
arriverà il momento, saprò risvegliarla.
Anche se, con molte
probabilità, non le piaceranno i miei metodi.
Quando il treno
parte, il sussulto improvviso fa perdere ad uno dei tanti idioti l’equilibrio. Esprimendo
a pieno tutta la sua incapacità, quello che dovrebbe essere uno degli uomini
migliori che ho al momento al mio servizio, scivola verso il fondo del treno.
Mentre barcolla all’indietro, urta malamente Aria, che si sbilancia in avanti e
mi finisce addosso.
Impreco sotto voce,
contro il soldato.
Per evitare altri
incidenti, faccio passare un braccio dietro la schiena di Aria e la tengo vicina
a me, non voglio che nessuno la tocchi più del dovuto. Non sopporto questa
situazione, sono letteralmente con le spalle al muro e non sono affatto soddisfatto
di starmene stipato in un vagone sovraffollato.
Odio quando non sono
in grado di gestire al meglio una situazione.
Abbasso gli occhi
per smettere di arrovellarmi il cervello e di farmi venire un attacco di
claustrofobia, di cui fortunatamente non soffro, e mi accorgo di quanto
realmente sia piccola Aria. La sua testa
corvina non arriva nemmeno alla mia spalla, tiene il viso comodamente
accoccolato sul mio petto e sento le sue mani stringermi i fianchi.
considerato il
rischio che corro, non mi prendo il disturbo di verificare il suo sguardo,
temendo di trovarlo ancora spento e vuoto.
Non so davvero cosa
fare con lei, voglio a tutti i costi che torni quella che era e che chiuda la
porta su qualunque cosa la turbi tanto in questo momento. Non è assolutamente
il momento di dimostrarsi deboli, affronteremo momenti difficili, illudersi del
contrario sarebbe controproducente, e lei non è nelle condizioni di reggere.
Più che di Aria, mi
preoccupo per me.
Non avrò tempo per
lei né per distrarmi e, per quanto mi scocci ammetterlo, lei è la mia unica
debolezza.
Ho scelto il momento
sbagliato per affezionarmi, ogni errore che faccio può rivoltarmisi contro. Se
ho rischiato con successo una volta, frequentando un’iniziata contro le regole,
non è detto che avrò ancora fortuna. Da adesso in avanti i miei doveri saranno
al primo posto e, per farlo, dovrò trovare il modo di tenere Aria lontana.
La guardo e una mano
sfugge al mio controllo sfiorandole i capelli. La sento rabbrividire e
percepisco quello stesso brivido scorrermi lungo la schiena.
Sospiro, in questo
mare di inconsce lei è l’unica certezza che ho e non sono abbastanza
determinato da potervi rinunciare. Sarei folle a separarmi dall’unica persona
con cui voglio condividere il mio tempo, e la mia parte altruista non è così
sviluppata da spingermi a lasciarla andare per permetterle di salvarsi.
Perché devo
ammetterlo, le ho fatto più male che bene.
Credevo di tenerla
al sicuro e invece ho permesso che le ordinassero di rimanere chiusa in una
stanza, il centro di controllo, dove sui monitor è stata trasmessa la morte del
suo migliore amico. Come se non bastasse, sa che ne sono responsabile.
Le devo la mia
fiducia perché lei mi ha dato la sua, perciò non posso abbandonarla e riconosco
che è abbastanza forte da saper decidere da sola cosa è meglio per lei e cosa
vuole fare, senza prendermi io questo incarico.
Ho deciso che la
riporterò in sé e, mentre mi convinco di esserne in grado, sento la fastidiosa
sensazione di essere osservato e mi volto verso il fondo del vagone.
Mi sfugge una
smorfia quando scorgo la figura esile ed elegante di Leah, ma i suoi occhi
verdi non guardano me, sono puntati su Aria. Seguono il profilo della sua testa
e la mia mano che vi è ancora appoggiata sopra, arricciando le labbra per il
fastidio.
Assottiglia lo
sguardo e scuote la testa prima di voltarsi dalla parte opposta.
È probabile che
qualcuno al mio posto avrebbe colto la nota di delusione nel suo sguardo e ne
sarebbe rimasto impietosito. Ma quel qualcuno non sono io.
Mi concentro
unicamente sul fastidio che sento crescere dentro di me e solidifico la presa
attorno alla schiena di Aria, stringendola di più in quello che riconosco come
un gesto protettivo che uso solo nei suoi riguardi.
Il treno si ferma,
cosa a cui nessuno degli Intrepidi è abituato, e aspetto che tutti scendano
prima di farlo io.
Mi accorgo che
Sarah, l’unica donna capofazione, ci stava aspettando. La vedo impartire ordini
a tutti senza batter ciglio e la massa scura di Intrepidi appena arrivati si
sposta in maniera compatta, iniziando a seguirla.
Io non ho bisogno di
andare con lei, so che la prima cosa da fare è trovare una sistemazione a
tutti, e di certo non spetta a me occuparmene.
Io ho altro a cui pensare.
Appoggio una mano
sulla schiena di Aria e le indico la strada da percorre. Ci spostiamo così
verso sud, attraversando la zona del quartiere degli Eruditi abitata dei membri
più importanti. Devo raggiungere Jeanine al più presto per elaborare un nuovo
piano d’azione e perché so che ha per me informazioni importanti di cui Max
deve restare all’oscuro.
La capofazione degli
Eruditi ha un alloggio preferenziale proprio nella zona più curata dal
quartiere e di tutta la città, peccato che non la usi mai perché passa tutto il
suo tempo davanti al computer del suo ufficio al quartier generale.
Camminiamo da un po’
e siamo quasi arrivati, passiamo per una via principale che sembra deserta
quando sentiamo una voce.
-Ariana!-
Mi volto e colgo il
movimento di un corpo esile che corre verso di noi, vedendo una massa blu e di
capelli biondi che si getta addosso ad Aria.
Lei non dice nulla,
è silenziosa come lo è stata fino adesso e il suo copro rimane immobile mentre la
biondina l’abbraccia.
-Stai bene? Eravamo
preoccupati!-
Mi si storce il naso
al pensiero che quella ragazzina, che riconosco come la sorella di Aria, si sia
presa il diritto di avvicinarsi a lei come se qualcuno le avesse dato il
permesso di farlo.
Sono io che mi
prendo cura di Aria da settimane ormai, nessun altro deve toccarla.
Amber si stacca da
lei ma le tiene ancora le mani sulle spalle, la guarda dritto negli occhi e si
accorge che qualcosa non va. Vedo il suo sguardo che si assottiglia, ma non
colgo né preoccupazione né altro.
Mentre sono l’una di
fronte all’altra, mi accorgo della somiglianza disarmante che le lega e mi
riscopro infastidito.
Aria è sull’orlo
dell’abisso e ci sta scivolando dentro, mentre sua sorella continua a fissarla
con insistenza, vittima anche lei del silenzio assoluto.
A quel punto, dato
che le disgrazie non arrivano mai sole, un uomo avanza verso di noi e mi prendo
un attimo per analizzare i suoi capelli neri, la sua espressione severa e i
suoi occhi azzurri. Non mi ci vuole molto a capire che è il padre di Aria, ha
la stessa espressione fredda e austera che aveva lei durante gli allenamenti
per la sua iniziazione.
-Ho saputo che
sareste arrivati.- Dice, e capisco che si sta rivolgendo a me. -Ci sarà un
certo trambusto per la divisione degli alloggi ai vostri compagni. Ho pensavo
che magari Ariana potrebbe fermarsi a dormire in casa nostra. C’è ancora il suo
letto, d’altro canto.-
Il moto di rabbia
che mi assale mi rende per un attimo incapace di formulare una risposta
adeguata.
Cosa da a quest’uomo
la presunzione di rivolgersi a me con tanta sicurezza?
Forse la sua mente
non è poi così brillante e non gli permette di accorgersi del pericolo che sta
correndo contro di me. La sue voce arrogante e la tranquillità che usa, per me,
sono solo un affronto.
Ora capisco perché
Aria è scappata, ho conosciuto sua sorella e suo padre, ed entrambi si
comportano da Rigidi in maniera snervante. Hanno una compostezza innaturale
mentre parlano, sembra quasi che non respirino, e il loro sguardo autorevole su
di me non funziona.
Forse questo Erudito
ha bisogno che la sua camicia azzurra si sporchi dal sangue che gli farò colore
dal naso per capire con chi a che fare.
-Aria è un’
Intrepida adesso, ed io sono il suo capofazione!- Scandisco senza mezzi
termini. -Decido io dove dorme, e casa vostra non è più il suo posto.-
Noto con estremo
piacere il fremito che ha il suo occhio sinistro, sintomo del fastidio che le
mie parole gli hanno causato.
Faccio un mezzo
sorriso mentre mi passo la lingua sulle labbra, soddisfatto.
-Lei non è tua!-
Quando sento quella
fastidiosa vocina indirizzata contro di me, abbasso gli occhi sulla ragazzina
bionda ancora vicino alla sorella, e per un attimo la sua espressione decisa mi
sembra la stessa che usava Aria quando combatteva sul ring.
Ma Amber è
decisamente più arrogante e snervante, non so cosa mi impedisca di staccarle la
testa dal collo. La trafiggo con uno sguardo e sto quasi per avanzare verso di
lei, quando mi ricordo che è solo un’ inutile ragazzina Erudita con cui non
intendo sprecare il mio tempo.
Tuttavia deve aver
visto i miei muscoli scattare, perché scivola dietro Aria e mi guarda con
sospetto.
Dal modo in cui
spalanca gli occhi, capisco che anche suo padre deve aver temuto per lei.
Sogghigno, evidentemente bastava fargli avere un mezzo infarto per riuscire a
smuoverlo. Sento perfino la paura nella sua voce, quando mi parla ancora.
-Effettivamente è
vero, sei il suo capofazione adesso. Perciò, ti chiedo il permesso di lasciare
che Ariana resti sta notte con la sua famiglia.-
Già non gradisco una
sola parola di quelle che ho sentito, ma se crede di potermi rabbonire si
sbaglia di grosso. E, quando lo vedo abbassare gli occhi su Aria e fare una
smorfia di preoccupazione, perdo il controllo.
-Magari le farà
bene…- annuncia. -Amber, porta dentro Ariana!-
Vedo la biondina
fare un cenno al padre e far passare un braccio dietro le spalle di Aria,
pronta a guidarla via.
E la bestia dentro
di me si risveglia.
-Si chiama Aria!- Urlo contro suo padre. -E la mia
risposta è no!-
Lui non batte ciglio, anzi, solleva il mento e mi
sfida con lo sguardo.
Che grande errore.
Sto davvero per
afferrarlo dal colletto della camicia, ho già le mani sollevate e sono pronto a
strattonarlo fino a togliergli quell’espressione arrogante dalla faccia, ma poi
sento la sua voce e tutto si spegne.
-Veramente…- Dice
Aria, in un flebile sussurro. -Io vorrei restare…-
La guardo e sono
stravolto, le mie braccia si sono
paralizzata a mezz’aria.
Lei è ancora
immobile, le braccia lungo i fianchi e lo sguardo totalmente spento e privo di
emozioni. Per un attimo mi sembra di vederla tremare impercettibilmente, ma
devo essermi sbagliato.
Abbasso le braccia,
che tenevo ancora sollevate verso il collo di suo padre, e prendo Aria per un
polso. La trascino poco lontano per poterle parlare in privato, non prima di
lanciare un’ occhiata di traverso al padre.
-Vuoi restare?- Le
chiedo, chiaramente arrabbiato.
Lei mi si ferma
davanti, è ancora priva di vitalità ma vedo le sue spalle irrigidirsi e capisco
che sta recuperando la sua forza.
Mi fa un cenno con
la testa.
-Credevo che fosse
la famiglia da cui eri fuggita…- le ricordo, guardandola dall’alto.
Sono profondamente
infastidito, fremo di rabbia a stento trattenuta e non posso negarlo.
Tanto per cominciare
non accetto che Aria metta in dubbio la mia autorità davanti a quell’arrogante
di suo padre, per di più non mi aspettavo che scegliesse loro a me.
È riuscita a
deludermi e a farmi fare la figura dell’idiota in un colpo solo.
Mi guarda per interminabili
secondi e, per quello che mi sembra un miracolo, ritrovo la mia piccola
lottatrice. Il blu dei suoi occhi scintilla alla luce del sole morente prima
che abbassi consapevolmente la testa in un cenno.
Sa che ho ragione,
allora perché vuole restare a dormire in quella stanza da cui tentava di
scappare nel suo scenario della paura?
Non voglio farle del
male, ma sento le mie vene pulsare cariche d’ira e non posso fare a meno di
lanciare l’ennesima occhiataccia a suo padre, che ci osserva poco distante.
Vorrei ricordargli
che, se anche dovessi acconsentire a lasciare Aria con loro per una notte, non
hanno alcun diritto su di lei.
Io si.
Lei è mia.
Ma so che Aria sta
scivolando verso l’abisso e non voglio certo essere io a spingerla giù. Le
posso concedere questo capriccio immotivato, ma da domani la musica cambierà e
lei dovrà tornare ad essere quella di sempre o se la vedrà con me.
-Non sarebbe
permessa una cosa del genere.- Le dico. -Perciò domani mattina presto passo a
prenderti e non voglio sentire altre storie!-
Alza ancora lo
sguardo verso di me e mi fa un cenno convinto. -Non ne farò. A domani allora!-
Sta quasi per
andarsene quando si volta ancora verso di me, mi sorride e muove le labbra in
un'unica parola.
-Grazie…- Mi dice.
Ma io non rispondo.
La osservo
raggiungere sua sorella e suo padre e li vedo incamminarsi verso una casa dove
una donna dai capelli scuri li attende, poco fuori la soglia.
Vedo la mano di
Amber posarsi sulle spalle di Aria e stringerla in un abbraccio, accorgendomi
di essere io quello che sta scivolando nell’ abisso.
Ma nel mio caso,
l’abisso è la rabbia.
Continua…
Ed ecco qui un nuovo inizio di
storia, un po’ ritardo, ma il seguito è arrivato!
Il cambio di stile nella
scrittura sta semplicemente nel fatto che non sarà più un racconto in terza persona
ma in prima. Ma chi sarà a raccontare?
Aspetto con ansia i vostri
commenti, sono ansiosa di sapere come vi è sembrato questo capitolo dal punto
di vista di Eric, se era credibile e soprattutto se vi piace come sto iniziando
a intrepretare questa seconda parte.
Andando
avanti emergeranno tutti i dettagli, per ora vorrei tanto sapere cosa ne
pensate di questo primo capitolo!
Grazie
per aver letto la prima parte e per essere arrivati fino a qui, bacioni : )