Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: UiHamayu    10/03/2015    1 recensioni
Avete presente quando uno di quei sassolini fastidiosi vi si incastrano nelle fessure sotto la suola della scarpa?
"A furia di passare tempo con Marco avevo imparato a conoscerlo meglio, e lui aveva fatto lo stesso con me, 'riusciamo ad intenderci con una sola occhiata', conoscevo le sue abitudini, molto di lui, se avessi avuto un minimo di talento artistico avrei potuto disegnarlo qui su due piedi, ad occhi chiusi, semplicemente ricordandolo."
(art's by Gidan- Kuroki ; http://gidankuroki.tumblr.com/ )
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-Marco..Marco ma che cazzo dici?! Mi hai preso per un frocio di merda come lo sei te?!! Ma scherzi? Sei totalmente impazzito! Degenerato! Folle! Esci dalla mia vita! Non ti avvicinare a me, non toccarmi mai più neanche per sbaglio, mostro!-
'Tutto ciò fa male'

'Ero un ragazzo di Chiesa fino a che non ho sentito il disgusto del prete la domenica a messa nei miei confronti  e nei riguardi della mia famiglia durante la predica; anche mia madre ha smesso di andarci, nonostante ci tenga, e tutto per colpa mia.. se Dio esiste mi chiedo perchè debba far soffrire la gente creandola in questo modo difettoso. Vorrei non essere mai nato.. e tutto questo non significa forse che allora sono davvero.. così sbagliato? Le persone normali non vogliono dissolversi.
Non avrei mai voluto mettere mia madre in condizione di dirmi “devi essere cosciente che tutto questo ti porterà solo problemi” e “se mai dovrai stare con una ragazza lei potrebbe lasciarti per questo”.. eppure non ho deciso io di innamorarmi anche dei ragazzi. Eppure.. Faccio schifo anche a Jean.. tutto ciò che ha a che fare con me appassisce e muore lentamente, nonostante io tenti di essere e restare positivo.. forse questa è la volta buona che..'

Mi guardo attorno, non mi sento più io, tutto è uguale, ma io non mi sento più me stesso.

'Cosa diranno se non sorriderò più? Cosa accadrebbe se me ne andassi? Nulla, il mondo continuerebbe a girare.'
Dentro me una fitta al centro del petto, come se tutto il resto del mio corpo fosse composto solo da una guaina di pelle ed ossa e vuoto all'interno, svuotato all'interno.
'Ora sto sentendo dolore o non sto provando nulla?'
'Mi ero ripromesso di tenermi tutto dentro, allora perchè l'ho detto? Perchè l'ho urlato davanti a tutti? Perchè, poi, mi gira così tanto la testa? Mi viene da vomitare. Sto piangendo e non riesco a parlare. Vorrei solo non essere mai esistito. Vorrei solo non aver mai visto quell'espressione sul volto di Jean rivolta verso di me.'
'Vorrei solo poter essergli vicino'.

-Jean..- sussurro, cercando la forza di completare una frase di senso compiuto -...- il silenzio è tutto ciò che è presente; non riesco a tenere il mio sguardo rivolto ancora verso quello scosso di Jean, perciò abbasso gli occhi 'sicuramente ora mi odia, lui MI odia' -ho capito- concludo stringendo i denti, finalmente le lacrime smettono di navigare sul mio volto a loro piacimento.

L'aria è così pesante da non permettermi di respirare 'preferisco scappare, non sono mai stato vigliacco, ma non ho alcun appiglio ne speranza, neanche dentro'.

Mi alzo barcollando per la sbroza, che ancora mi possiede del tutto, e mi dirigo, il più velocemente possibile, verso la prima porta che il mio sguardo incrocia. 
Uscito, respiro profondamente.
'Non ho voglia di far nulla'
Per la prima volta nella mia vita sento di capire come si sentono quelle persone che non smettono di ripeterlo.
'Devono davvero essere tristi quelle persone.. dov'è il Marco di turno? Chi mi consolerà? Ah, già, nessuno'.

Inizio a camminare senza una meta precisa. Dopo qualche minuto ricomincio a pensare e mi rendo conto di essere all'interno di un giardino curatissimo, probabilmente quello del ristorante dello zio di Connie. Continuo quindi a camminare fino a che non avverto le mie gambe tremare e l'equilibrio venirmi meno.
-E' davvero bello qui, semplicemente splendido- la natura, mi ha, da sempre, rasserenato; e questa è l'unica cosa che riesco a dire sorridendo, vedo intanto in lontananza una panchina bianca al di sotto di un'arcata di rampicanti, l'unica zona con una lieve illuminazione direttavi sopra. Mi siedo e comincio a fissare il vuoto.
Vuoto.
'Proprio come me'.
'Sarebbe bello portare qui Jean a mangiare un gelato, sarebbe davvero bello'
“Esci dalla mia vita!”
'Sarebbe stato.. davvero bello..'
-Jean..- mi viene spontaneo pronunciare ancora una volta.
Inizio a piangere ancora, con fragore, senza curarmi del rumore che avrei potuto produrre, senza curarmi del fatto che avrei potuto infastidire qualcuno.
'Come si fa a cancellare una persona che è stata al centro dei tuoi pensieri ogni giorno per così tanto tempo?'
'Come si fa a ricominciare dopo aver creduto di poter avere qualcuno di preciso nel tuo futuro ad attenderti e ad accompagnarti?'
-Jea..n- singhiozzo. Tutto ciò mi mette in imbarazzo, ma il lusso della solitudine è proprio quello di poter fare ciò che si vuole.
'Sì ricomincia, vero Marco? Dopotutto sei abituato ad essere abbandonato dalle persone alle quali tieni di più.'
'Le persone alle quali tengo..'
-Papà, vorrei tanto poter piangere sulla tua spalla adesso, sono sicuro che Jean ti sarebbe piaciuto- continuano, copiose, le lacrime.

Il sole mi brucia sul volto, apro gli occhi, non ancora abituati alla luce del mattino. 
Ciò che mi si presenta davanti agli occhi è l'alba più bella che io abbia mai visto.

-
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-Buongiorno, signorino Kirschtein! Ha trascorso una buona serata?
-...come mai così di buon umore, Petra?- cambio discorso assonnato
-..Sai, una persona davvero molto molto speciale ha accettato di prendere un caffè con me!- 'Di certo sta parlando del prof.Ackerman.. che ci vedrà di tanto speciale in lui poi..' 
Sorrido amaramente.
-Sono felice per te- sincero, facendomi scrocchiare le ossa del collo
-Non vedo l'ora di andare. La signora, cioè, tua madre mi ha dato il pomeriggio libero.
-Figurarsi se non l'avrebbe fatto, va matta per le storie d'amore
-M-ma che amore.. mh.. è solo una persona che ammiro moltissimo..
-Sì, la “ammiri” così tanto da voler devolvere la tua anima a lui.. e il tuo corpo anche, giusto?- scherzando
-Jean!- arrossendo
-Dai, dai, lo sai che scherzo. 
-Aaah~ Non vedo l'ora che arrivi oggi pomeriggio..
-Dove vi troverete?
-Davanti la tua ex scuola, all'ingresso principale, lo vado a prendere con la macchina- 'ah, che strano ex-scuola, suona così.. nostalgico.. perchè sento di aver dimenticato qualcosa di importante, poi?'
-Aspetta.. lui non ha la macchina?- trattenendo non molto bene le risate
-Ma per scelta!
-AHAHAHAH! IL PROFESSORE CHE ARRIVA A PIEDI A SCUOLA PFF
-C-c-c-come cavolo fai a sapere che si tratta di lui?!
-Beh.. istinto femminile- facendole l'occhiolino e citandola
-Scemo..- sorride dandomi un buffo con due dita su una guancia.
-E quindi “il principe” va a prendere “la principessa”, eh?
-Hai finito?
-Va bene, va bene, la smetto..
-E poi lui ha la moto, ma essendo un gentiluomo non vuole mettermi a disagio.
-O semplicemente non vuole rischiare che gliela sporchi prima di averti esaminata..- dico sottovoce
-Cosa?
-Nulla, nulla.. ah, ma aspetta, tu sai guidare?
-No, ma Oluo ha accettato di accompagnarmi in auto! E con lui ci saranno anche Erd e Ghunter a sostenermi!
-Woah.. devi essere davvero una tipa socievole per trascinarti dietro tutte quelle persone!- stropicciandomi gli occhi 'povero Oluo, poi'
-Beh, fosse stato chiunque altro allora mi sarei sentita senz'altro in imbarazzo, ma loro.. sono la mia seconda famiglia!- parla la ragazza dai capelli color miele d'arancio, con uno sguardo sdolcinato, spazzando ad un angolo della mia stanza.
-Capisco..- sbadiglio mostrandole, come al solito, le profondità più oscure della mia gola.
-Vuoi per caso che alzi le serrande?- domanda lei
-No, tranquilla, faccio io- alzandomi -piuttosto scusami per non aver messo la mano davanti la bocca
-NON CI CREDO!- esclama. Sobbalzo, nel mentre ero intento a tirare su le tapparelle, per lo spavento.
-Ah?- grattandomi i capelli come uno scimmione pieno di pulci farebbe col suo pelo.
-Certo che da quando conosci quel tuo amico Marco sei cambiato da cima a fondo! Sei molto più educato! Fai passi da gigante!- 'Me lo avesse detto qualcun altro, di certo, avrei reagito male. Ma lei. Come potrei arrabbiarmi con la mia prima cotta da bambino?'
-Ma dai..- rido accompagnandola 'Marco.. Marco?' -CAZZO!
-Ah, beh, non possiamo pretendere tutto dalla vita, infondo.. ma a piccoli passi forse..!- esce dalla stanza ridendo cordialmente come è suo solito fare
-Marco- mastico il suo nome sottovoce. Ignorando l'uscita di scena di lei, totalmente.
'Ma che cazzo ho fatto?'
Mi siedo a terra rannicchiato al muro, mettendo la fronte sulle ginocchia e le braccia attorno alle gambe raccolte, zuppo dei miei sensi di colpa.

-
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-Jean, muoviti!
-Uffa, ma', ma che succede?
-Petra e i ragazzi, hanno avuto un incidente!
-Come un incidente!?
-Con l'auto, un tir guidato da un ubriaco gli si è lanciato contro alla rotonda, quella tra l'autostrada e la tua scuola. Non mi hanno detto altro, sbrigati, dobbiamo andare all'ospedale. Ti aspetto in macchina.
-Arrivo!- corro in camera a prepararmi, o meglio ad infilarmi i primi vestiti che mi capitano tra le mani, e scendo il più in fretta possibile le scale. 
I miei problemi personali passano con immediatezza in secondo piano.

Arrivati in ospedale, dopo una corsa nauseante e agitata in automobile, subito chiediamo informazioni: Gunther ed Erd erano morti sul colpo, e non c'era niente da fare, Petra e Oluo erano, invece, in camera attaccati ad alcuni macchinari dai nomi irripetibili; perfino l'imbattibile professor Ackerman era finito sotto i ferri, per fortuna in maniera più lieve degli altri, si era solo fatto male ad una gamba.
Mia madre, che non regge alla vista del sangue, mi chiede di andare a controllare la situazione con un'espressione angosciata in volto e cacciando il suo rosario fuori dalla borsa che si era portata.
Entrato nella stanza vedo Petra stesa e semi-cosciente con gli occhi appena aperti, Oluo messo seduto su un letto pieno di cuscini e il professore su una sedia di fianco ad un letto immacolato. 
“Per ora non possiamo dargli camere singole, non c'è abbastanza spazio” ci avevano riferito al piano sottostante.
Intanto, mentre sto per entrare, nella stanza viene portato su una barella un quarto uomo puzzolete d'alchol; a quel punto mi blocco sulla soglia. 
Oluo, dopo aver aspettato che gli infermieri uscissero, inizia a gridargli contro imprecazioni cariche di dolore e rabbia, incurante dei forzatamente deboli tentativi di Petra di calmarlo. 
In tutto ciò il professore tiene lo sguardo fisso sulla giovane donna: nonostante la sua figura sempre seria, nei suoi occhi, in questo momento, traspare un'espressione afflitta 'Che anche lui provi davvero dell'interesse nei suoi riguardi?' mi viene spontaneo pensare.
'Come sono stato superficiale fino ad ora' autocommiserandomi. 
L'uomo, a quanto pare la causa dell'incidente, quasi del tutto illeso, se non per qualche graffio e livido sparso sul corpo, per tutta risposta si alza in piedi bruscamente, dirigendosi verso il giovane, che imperterrito continua a sbraitare in una maniera che non aveva mai adoperato prima, tanto coordinato da riuscire a non mordersi la martoriata lingua.
La mia osservazione di questa scena è interrotta da un irruento Eren, che, spintonandomi da un lato, entra i camera deciso a bloccare quello, alto almeno un metro e mezzo più di lui.
-Marmocchio, sei proprio sicuro che questa sia la scelta giusta?- lo interrompe, con voce fredda e con la solita inespressività, il professore, dopo aver rivolto uno sguardo all'uomo corpulento e alla donna posizionati, chissà da quanto, dietro di me, che riconosco essere il preside e la professoressa Zoe.
Prima ancora che quest'ultimo possa rispondere in alcun modo o che io possa volgere nuovamente in avanti il mio sguardo, sento due macchinari riprodurre quel suono acuto e  statico che già avevo udito in molti film, il rumore dell'addio definitivo, seguito da una valanga di operatori sanitari tutti di corsa. 
'Resoconto della giornata: un uomo arrestato, quattro persone davvero importati della mia vita scomparse, una ramanzina da parte di Eren e Mikasa, una da mia madre e, come se non bastasse, in omaggio nel pacchetto, la gioiosissima scena dei genitori dei defunti che apprendono la notizia dopo di me e mia madre per un errore burocratico e che sfogano tutti il proprio dolore in diretta. Perfetto. Non vedo come questa giornata possa volgere in peggio'
-E io che credevo che la vita dopo il liceo sarebbe stata tutta rose e fiori- borbotto sarcastico sottovoce, passeggiando per i corridoi impregnati di medicinali dell'ospedale.
Arrivato in una zona dalle pareti allegre inizio a sbirciare all'interno della camere, arrivando così alla conclusione di essere giunto nel reparto dell'infanzia della struttura.
L'interno di una camera più chiassosa attira la mia attenzione, mi sporgo appena e noto tre pagliacci intenti a far divertire i bambini con spettacoli di magia e buffonate varie.
Non nascondo di aver riso anche io animatamente un paio di volte, sono davvero miracolose queste stronzate in certi casi.
Dopo qualche minuto di osservazione dello spettacolo inizio a rendermi conto che quelle voci dalle quali stava sparendo l'effetto dell'elio e quei volti truccati di bianco rosso e blu mi sono estremamente familiari: non si tratta di altri che non siano Sasha, Connie e.. Marco.
'Vedo che si riprende in fretta'.
Faccio un versaccio involontario e prendo per adarmene quando vengo bloccato da quello più basso dei tre.
-Bambini, ed ecco a voi: Il cavallo scontroso, Jeanboy!- un vocio generale di sorpresa.
Il mio sguardo, a questo punto omicida, si dirige verso il rasato che mi aveva coinvolto nella faccenda, soprattutto dato che con lui non sono ancora del tutto in pace.
-Dopo ti ammazzo- gli faccio intendere; vedo chiaramente il suo pomo d'Adamo salire e scendere nell'atto di deglutire.
-Il vostro pagliaccio, mr.Lentigginone, è costretto ad andarsene per stasera- annuncia Sasha, su tutti i bambini si dipinge un'espressione di profonda delusione.
-No! Fratellone, resta un altro po'!- un bambino con una farfalla blu e viola dipinta sulla guancia si trascina, con le sue stampelle, fino ad aggrapparsi ai larghi pantaloni colorati di Marco, che lo prende, sorridendo dolcemente, in braccio.
-Prometto che tornerò..- fa con tono dispiaciuto
-Ma hai per caso litigato con il signor Cavallo?- 'Come ci siamo arrivati a questa storia del cavallo, poi..'
-...in un certo senso..
-Ti ha rubato i giocattoli?- mi fa la linguaccia, resto interdetto
-No no, nulla del genere, è stata colpa mia comunque..
-Ma tu sei troppo bello per essere cattivo!- una bambina con i capelli rossicci e corti raccolti in due codini urla con una vocetta squillante dal suo letto.
-Ahahah, bambini, dai, tranquilli, va bene così- 'Dio, credo di non essermi mai sentito più in colpa di così..'
-Ehy, Jeanboy, cavallino, perchè hai bisticciato con Mr.Lentigginone?
-Ehm..
-Ora dovresti fare qualcosa di carino se non vuoi scatenare l'inferno- mi suggerisce sottovoce Connie sgomitandomi in un fianco
-Cavallino?- riprende il bambino
-Diciamo che.. non lo so bene neanche io..- sorrido amaramente accarezzando i capelli al bambino che mi si è aggrappato, non riuscendo a  stare in piedi, letteralmente al pantalone.
-Ciao Mr. Lentigginone, torna presto!- lo salutano
-Senz'altro bambini- sorridendo se ne esce dalla camera 'ho detto mica qualcosa di così sbagliato?'
-Jeanboy, il fratellone sembrava così triste!
-...
-Anche Jeanboy è triste, scemo!- un'altra bambina rimprovera quello che prima era tra le braccia di Marco
-Ehy bambini, chi vuole vedere come faccio scomparire in un solo boccone questa patata lessa?- con tono entusiasta domanda Sasha, attirando a se l'attenzione di tutti i bambini e facendo cenno a me di seguire Marco. Nuovamente sento tirarmi, dal basso, i pantaloni, mi metto piegato sulle ginocchia.
-Guarda che Mr.Lentigginone ti vuole un bene graaande così!- allargando più che poteva le braccia nel dirlo
-Ah sì?- sorrido reggedolo per i fianchi
-Sì sì, per questo oggi era così triste appena arrivato e anche quando se ne è andato! Devi fare pace, sai come si fa?
-A dire il vero no..- pronuncio prendendolo seriamente
-Guarda, si fa così- mi prende un mignolo con la mano e ci strige attorno il suo -e poi si promette di non litigare più.. poi alla fine magari capita di litigare dinuovo, però..
-Grazie mille, ora Jeanboy e Mr.Lentigginone faranno sicuramente la pace- mettendolo sul suo letto nitrendo prendo poi a correre verso la porta per tentare di raggiungere Marco.
Lo intravedo in una camera piena di armadi e decido di entrarvi.
-Marco- lo chiamo, si volta, poi torna a cambiarsi -Marco!- ripeto
-Scusi, ci conosciamo?- risponde
-Andiamo..
-..?- si volta  a guardarmi come si farebbe con un completo sconosciuto
-..Marco io.. non ti riconosco
-Non vedo come si potrebbe riconoscere una persona mai vista prima, si starà confondendo con qualcun'altro, lei è in cura qui, vero?
-...
-Con permesso- mi sorride e fa per allontanarsi, lo blocco istintivamente per un braccio appena mi volta le spalle per dirigersi all'uscita, senza neanche aver finito di cambiarsi e struccarsi
-Marco abbracciami- si scosta violentemente come mai mi sarei aspettato da lui
-Non toccarmi tu, quando hai detto a me di non farlo, potresti diventare frocio, è contagioso, sai?- riprende a camminare verso la porta senza neanche rivolgermi uno sguardo
-Marco- lo blocco nuovamente
-Cosa?
-Perdonami..
-Forse quello che hai detto ieri sera è la verità, infondo quando si è ubriachi si dice la verità, no?- ancora continua a non guardarmi -e ora la prego di lasciarmi andare.
-Marco ieri ero sobrio.
-Quindi eri serio.
-Io ti..- mi guarda con l'espressione di chi è in attesa. Distolgo lo sguardo.
-Arrivederci.- esce dalla stanza lasciandosi dietro la porta a chiudersi
-..ti amo- sussurro
'Davvero una bella giornata, insomma'

Terminati gli affari da svolgere in ospedale e dopo aver salutato i corpi dei miei grandi compagni di crescita per l'ultima volta, io e mia madre ci dirigiamo, con la tristezza stampata in volto, alla nostra vettura ferma nei parcheggi.

-Jeanboy della mamma, come va? Sembri distrutto..
-Tranquilla, infondo tu sarai sicuramente più giù di me- sospiro rispondendo a mia madre, rivolgendole un sorriso di consolazione e carezzandole il braccio col quale stava cambiando la marcia.
-Grazie figliuolo.. oggi comunque è stata una giornata pesante per tutti.
-Puoi dirlo- guardo fuori -senti.. ti dispiacerebbe se facessi la strada a piedi? Se succede qualcosa ti avviso..
-Sei.. sicuro? Hai visto quant'è pericolosa la strada dei giorni d'oggi..
-Dai, non diventarmi paranoica tutta ad un tratto!- ridacchio in maniera moscia 
-V-va bene.. ma fai attenzione, mi raccomando..
-Sì, tranquilla.
-Allora ciao, Jeanboy.
-Buonanotte.
-Le hai le chiavi, vero?
-Siiì, tranquilla
-Qualche soldo?
-Tutto in tasca- do qualche pacca su quest'ultima
-Allora buonanotte, ancora sicuro?- mi domanda accostando a qualche metro di distanza con la macchina
-Vai!- la incito anche con dei gesti delle mani
-Passa una buona nottata, per come si può; penso che quando rincaserai mi troverai a dormire, ammesso che ci riesca.
-Sì, 'notte- la saluto senza neanche la forza di infastidirmi per la sua apprensione. Aspetto che la macchia si incammini per poi dirigermi dal parcheggio al marciapiede dell'ospedale.
A qualche metro di distanza, lungo la parte iniziale del percorso che avrei dovuto seguire verso casa mia, nella zona d'ombra tra la luce emessa da un lampione ed un altro, in prossimità di una fermata dell'autobus, vedo una sagoma scura accasciarsi a terra di botto. Istintivamente corro a soccorrerla e, sorpresa delle sorprese, si tratta proprio di Marco.
'Proprio l'ultimo che avrei voluto vedere in questo momento.'
-Ciao.. Jean- sussurra dopo aver ripreso i sensi, mentre gli reggo la parte superiore del corpo sollevata e poggiata quindi sulle mie gambe e su un mio braccio.
-Ciao..- non ho idea di come possa vedermi, non ho idea di che espressione io abbia in volto, so soltanto che non sono mai stato così felice di essere stato salutato da un semplicissimo “ciao Jean” e allo stesso tempo che non ho mai avuto tanta ansia pensando a cosa sarebbe potuto avvenire, da ora che lo ho incontrato o anche solo se non fossi stato io a trovarlo lì, a terra, giacente.
-Ce la fai ad alzarti? Ti porto all'ospedale..
-No.. non voglio.
-Come no? Ma sei impazzito??
-Ancora..- mi mordo il labbro, pieno d'amarezza, tanto forte da farlo sanguinare leggermente
-Tranquillo, adesso scherzavo, anche se non so ancora cosa pensi in realtà.. e non è una bella sensazione- si mette seduto, ha le pupille dilatate e gli occhi stanchi e irritati,come se avesse pianto allungo.
-..scusami, davvero, non pensavo tutte quelle cose.. non penso tutte quelle cose.. quelle che ti ho detto ieri.. non so.. cosa mi fosse preso..
-...sì..
-Sì?
-Non sono ancora pronto a perdonarti.
-..Capisco.
-Jean.. mi sento.. debole..
-Ti porto all'ospedale..
-Non voglio..
-Dove vuoi andare allora?
-A casa.
-Ti accompagno.
-Non ce n'è bisogno..
-Sì, vabbè, e io mi chiamo lady Burrito
-Buonasera La..
-Ohi, Marco!- lo scuoto
-Penso di avere la febbre alta..
-Aspettiamo l'autobus.
-Grazie Jean- ci sediamo alla panchina della fermata attendendo l'arrivo del mezzo. Dopo qualche minuto d'attesa la testa di Marco è distesa sulle mie gambe e le sue mani bollenti sono strette alle mie.
'E' troppo caldo, come ha fatto ad ammalarsi così? Eppure soltanto l'altro giorno era in splendida forma'.

L'autobus finalmente, dopo circa venticinque minuti, arriva. A quel punto saliamo, lentamente, e ci sediamo verso gli ultimi posti, sulla sinistra, in modo da stare il più lontano possibile da chi sarebbe potuto restare altrimenti infettato durante il tragitto. Ora la testa di Marco, madita di sudore, e il suo volto a tratti rilassato e a tratti contratto dal dolore, è sulla mia spalla; il calore della sua carne si avverte, lo avverto sulla pelle, è così tanto da riuscire ad attraversare la mia maglia e il mio giubbino, non posso fare a meno di preoccuaparmi per la sua salute. 
'Riuscirò a prendermi cura di lui almeno la metà bene di come sarebbe capace di fare sua madre?'
Mando un messaggio alla mia di mamma, avvisandola che per qualche giorno non tornerò a casa a quanto pare. 
'Spero soltanto che dopo questo periodo le cose possano risolversi, o che quantomeno Marco guarisca, vederlo così è orribile.. voglio davvero che stia bene, anche se preferirei stesse bene con me; chissà se riuscirò a ricevere ancora una volta uno dei suoi smaglianti sorrisi.. ho davvero paura che le mie parole e il tempo che c'è stato di mezzo possano aver distrutto il nostro equilibrio irrimediabilmente'.


spazio dell'autrice
Spero davvero che possa piacervi-
Ecco, diciamo che mi è uscito.. in maniera strana questo capitolo... ma ecco, spero di non deludere coloro che leggono-
Non avendo ricevuto recensioni sto davvero in ansia, mi dispiacerebbe che questo progetto non desse alcun frutto, che non lasci nulla a nessuno *ansia*
Beh, ad ogni modo mi auguro che continuiate a seguirmi, alla prossima~
PS si ringrazia la Chiaretta perchè mi ha prestato la connessione per poter pubblicare ;;--))
  
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