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Autore: Giorgia Alfonso    10/03/2015    1 recensioni
"Lontano dagli occhi lontano dal cuore", un motto che potrebbe confermare Gemma Brizzi. Passare dalla piena felicità ad una voragine di sentimenti cupi, contrastanti e senso di perdita, ma non volersi arrendere nemmeno per un secondo. Nemmeno per un attimo di riposo. Eppure, colui che l'ha spinta dentro quel buco nero è l'uomo che un tempo avrebbe considerato la sua stessa vita. Tanti sacrifici buttati in aria, tanti viaggi affrontati solo per lui. E quel fato diabolico che sembra volerle dare un'altra possibilità, un'ultima partenza, un ultimo arrivo, un ultimo viaggio, un'ultima occasione ... per riprendersi quell'amore apparentemente perduto.
Seoul, la grande città coreana che di primo acchitò la spaventò tanto, giungendo lì per una vacanza che, in teoria, doveva essere semplice relax. Invece si era rivelata una manna ... per lo meno inizialmente. Ora invece, tornare a calpestare quel suolo potrebbe portarla alla rovina più completa o ad un nuovo inizio.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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25 Capitolo

 

 

«Secondo te … se dovessi andare a teatro con qualcuno, mi dovrei vestire elegante?»
«Certo che sì! Quei posti non sono fatti per t-shirt, jeans, birra e patatine.» Inizialmente non si era affatto insospettita, rispondendo alla strana curiosità di Gemma senza darle troppo penso. Ma ci mise un attimo ad accoppiare la parola “teatro” al cognome “Im”. «Perché? Con chi ci vai?» Aveva chiesto successivamente, colta da un improvviso e preoccupato interesse.
Gemma dal canto suo non svelò troppo, timorosa che l’amica si ingelosisse per niente. Per paura di ferirla, non le confessò dunque che l’indomani avrebbe accompagnato “l’uomo dei sogni” ad una sorta di elegante “recita scolastica”. Optò invece per rivelare la grande sorpresa che teneva in serbo: l’invito alla prima dello spettacolo al quale il sajangnim stesso avrebbe partecipato. Logicamente l’italo-coreana si era trattenuta nell’urlare dall’emozione, sotto intendendo così di essere in compagnia del suo “chingu”, come lo definiva lei. Se si è con il proprio ragazzo, meglio non gioire a causa di un altro uomo.
Im Song Rok non era stato chiaro sull’abbigliamento da adottare, ma non serviva un genio per capire cos’era più consono indossare, d’altronde Sarah stessa l’aveva confermato durante quella loro breve telefonata. In effetti Gemma la disturbò solamente per quel suo dubbio esistenziale, sperando solo di essere in torto. Non aveva nessuna voglia di indossare un vestito e soprattutto di cercarne uno adatto tra quei pochi che si era portata dietro dall’Italia. Ancor più impensabile sperare di trovarne uno in quella terra delle curve accennate. Non era il tipo da mettere in risalto le sue forme con capi formali, ma nell’armadio di una signora qualcuno di essi lo si trova sempre, giusto?
Per fortuna sua era lo spettacolo degli studenti, non veri e propri professionisti, quindi immaginava di dover limitarsi nell’eccedere con la raffinatezza. La scollatura leggera a v, segnata dalle spalline unite dietro al collo, una bella forma a tubino dalla gonna non troppo corta e dalla stoffa che ricordava la seta, color avorio tendente al verde dorato, con il pizzo nero che la ricopriva quasi del tutto. Una fascia nera sempre in stile ricamato a stringerle la vita. Aveva acconciato i capelli in modo che le ricadessero dal lato sinistro, ammorbidendoli sulle punte per dare più volume e lisciando la parte destra della capigliatura, immobilizzando il tutto con un ferma capelli ben mimetizzati. Il trucco era semplice, una linea sottile di eyeliner sulla palpebra superiore, mascara e un tocco di rossetto rosso, un look che ricordava forse gli anni sessanta. Le scarpe erano nere, anche se il tacco non era dei più esponenziali poteva dirsi ben accompagnato all’intero stile.
Riscontrare uno splendido stupore nel volto di un uomo è qualcosa che ogni donna dovrebbe provare per una volta nella vita. Specie dopo esser stata scaricata, comprendere di attrarre altri esseri di sesso maschile è una sensazione di potente fierezza. Anche se magari la persona non è stata del tutto catturata dalle vostre spire e voi non avete l’intenzione di farla cadere ai vostri piedi, non davvero. Per il nostro ego è pur sempre piacevole osservare come possiamo far scaturire interesse nei maschietti. E Im Song Rok in quel momento stava regalando a Gemma quella stessa sensazione che la faceva sentire ancora desiderabile.
«C’è qualche problema?» Nonostante fosse divertita dalla faccia che mostrava il direttore, dagli occhi incantanti, le sopracciglia ben sollevate, le rughe della fronte evidenti e le labbra dischiuse in una sorta di espressione impacciata e statica, avvertiva allo stesso tempo una sorta di disagio e incomprensione.
Ci vollero le sue parole per farle rendere conto che non doveva assolutamente dubitare di se stessa. «Mmm … no. Sei molto bella.»
Il sorriso sincero della ragazza però, non poté evitare l’imbarazzo dei suoi occhi, precipitosamente sfuggenti.
La rappresentazione avrebbe avuto inizio verso le dieci della sera, ma Mr. Im in veste di direttore e anche insegnante della scuola, rappresentante perfetto dunque, doveva presentarsi poco prima per controllare che tutto fosse pronto. Aveva perciò dato appuntamento a Gemma per le sette e mezza, ma visto che entrambi non avevano ancora mangiato, optò per una cena veloce. Avrebbe voluto lasciare l’onore alla sua ospite, ma dato che sembrava non avere preferenze, decise lui per entrambi. Gemma Brizzi in verità non voleva prendersi la briga di riflettere su quale posto sarebbe stato più congeniale, visto anche gli abiti che indossavano entrambi. Anche il suo accompagnatore non scherzava in quanto ad eleganza, anche se non ci si poteva aspettare altro da lui, ben vestito ventiquattrore su ventiquattro o quasi.
Inizialmente Gemma aveva osservato il locale quasi sogghignando per la prevedibilità di Song Rok. Proprio come si addiceva all’eleganza che portavano sotto forma di vesti, l’ambiente intorno a loro era curato. Un’atmosfera delicata, resa un po’ rustica dai tavolini di legno scuro, apparecchiati con tovaglie candidissime e luci soffuse che creavano anche un senso di calore e intimità. Ci mancava solamente la candelina per ogni postazione e il gioco era fatto. Sperava solo che l’assenza di addobbi sfarzosi sottolineasse il buon mercato del ristorante. Ma nel caso si fosse rivelato tutto troppo costoso, al conto ci avrebbe pensato colui che aveva scelto il luogo.
In realtà non c’era un vero motivo per preoccuparsi né dei propri soldi né della situazione in sé. A causa di quell'aria intima, aveva giudicato frettolosamente quel locale, associandolo ad un luogo per coppie. In realtà nei tavoli già occupati, poteva notare diverse tipologie di gruppi: non solo fidanzati, ma anche semplici amici. Insomma alcuni tavoli a due erano occupati anche da persone dello stesso sesso. Vestivano casual, con toni formali e altri invece in jeans e maglietta. Gemma cominciò a sentirsi un tantino fuori luogo conciata in quel modo, una concezione dovuta alla proprio cultura o carattere, forse troppo abituata ad osservare gli altri e a criticarli. Nelle città che non dormono mai gli altri non sollevavano poi molto gli occhi verso i passanti, quindi non hanno nemmeno la scomoda abitudine di giudicare il loro abbigliamento, tanto che si poteva anche uscire in pigiama e ciabatte la notte, senza che nessuno sogghignasse.
La sorpresa vera e proprio però arrivò una volta sedutisi al proprio tavolo: afferrando il menù si rese conto che era composto per gran parte da piatti della sua terra. Aveva sollevato il volto guardando l’uomo di fronte a sé con sguardo meravigliato, anche se lui la stava ignorando per compiere un'azione più interessante: scegliere cosa ordinare.
«Spaghetti alla vongole … o alla carbonara?» Sussurrò tra sé e sé leggendo la lista. Sfogliò rapidamente la pagina, « di secondo … », si arrese e abbassò il libro che teneva tra le mani, supplicando la giovane donna seduta con lui di aiutarlo nella decisione. «Qui sei tu l’esperta. Cosa dovrei prendere? Ordiniamo tutto quello che vuoi, pago io.» Affermò prima di stupirsi del modo in cui lei lo stava ancora osservando.
Il suo dolce sorriso era una sorta di ringraziamento. Schiarì appena la gola sporgendosi verso l’uomo a cui era riconoscente. «Se vuoi possiamo prendere un primo a testa e un secondo, ma di solito io mangio o l’uno o l’altro.»
«Allora facciamo a modo tuo.» Annuì tornando a controllare le scelte. «Vuoi vongole o -»
«Non amo i molluschi.» Attirò il suo sguardo. «Se no possiamo anche ordinare un primo e un secondo e dividercelo. Oppure … la pizza!»
«D'accordo! Carbonara va bene? Se vuoi c’è anche questa cosa ...», Song Rok fece una smorfia osservando meglio l’immagine, «certo che pasta e pane sono delle botte caloriche … Come fate a mangiare sempre così voi italiani? Però … a vederlo, deve essere comunque buono.»
«In realtà quella sottospecie di zuccotto non esiste in Italia.» Lo rassicurò. Si trattava di un piatto molto apprezzato dai coreani, ma l'orgine … molto probabilmente era inventata. Pane scavato all’interno, riempito di crema e spaghetti. Addio alla salute! «Prendiamo la carbonara semplice e una pizza margherita.»
 

Dopo che la signora finì di abbuffarsi di leccornie, ben distanti dall’assomigliare all’italiano, anche se sempre di carboidrati si trattava, chiesero il conto al tavolo. Quando il cameriere, un bel giovane dall’altezza comparabile a quella del chilometrico coreano ancora comodamente seduto, si prodigò a porgere il classico libricino con le note della consumazione, Song Rok notò l’interessamento di costui per la straniera lì presente. Lo fissò con severa disapprovazione, ma non proferì parola e Gemma sembrò non accorgersene nemmeno. Il ragazzo aspettò i contanti, ben dritto al fianco del tavolo, ma con l’occhio che cadeva verso forme femminili elegantemente rivelate da un vestito di pizzo.
«Tenga!» Tuonò una voce gelida, che riportò all’attenti il cameriere. La mano protesa verso costui, le banconote tenute a mezz’aria, un’occhiata infastidita. «Tieni il resto.» Il giovane lavoratore fece un breve inchino, prese il compenso e se ne andò.
Uscendo dal locale lei salutò come sempre, mentre il suo accompagnatore non proferì parola, il volto ancora adirato. Gemma non aveva ancora compreso l’entità del problema, sapendo bene che molti coreani non hanno l’abitudine di salutare gli altri quando entrano o escono dai vari locali, non se ne curò più di tanto.
Quei giorni in Corea erano stati piuttosto miti e caldi, anche se spesso dipendeva dalla giornata. La sera invece si alzava il fresco d’autunno. Sentì improvvisamente qualcosa posarsi sulle sue spalle, prima ancora che potesse avvolgersi nello scialle che si era portata appresso. Song Rok si era svestito della giacca, per cederla alla signora al suo fianco, che prontamente lo guardò confusa.
La faccia di Song Rok era quella di chi non sapeva bene se riferire o meno quel particolare e, allo stesso tempo, si leggeva un cenno di rimprovero. «Il cameriere ti stava guardando il seno.»
Le mani di Gemma volarono immediatamente sul proprio decolté, coprendolo. «Come?»
«Non lo sai che qui le scollature attirano sguardi maliziosi più di un paio di belle gambe?»
Abbassò brevemente lo sguardo osservando il suo vestito, «non è troppo scollato!»
Il direttore sospirò, « dalle tue parti potrebbe essere considerata una piccola scollatura quella, ma qui è un film porno.»
Gemma rise sinceramente. «Esagerato! E se fosse così, non potevi farlo presente quando sono uscita dalla mia stanza?»
Lui alzò le spalle, non avendo una seria risposta da darle. «Stai bene così. Stasera sei bella.» Si concesse di riferire. Fare un complimento ad una donna non voleva di certo dire corteggiarla.
Infatti Gemma non si insospettì affatto e non prese quella frase per una dichiarazione, piuttosto la ignorò perché troppo impegnata su un punto che le era decisamente sfuggito: «Un momento … », lo fissò con occhi socchiusi a fessura, «stavi fissando anche tu il mio seno per caso?»
Gli occhi a mandorla, spesso straordinariamente minacciosi, si allargarono di colpo, trasformando il volto di Mr. Im in una maschera simpatica e impacciata. «N-no!» Esclamò quasi balbettando.
Si compiacque dell'aver messo in difficoltà un uomo come lui. Gli si avvicinò velocemente, con uno sguardo ricco di provocazione, «ammettilo!»
«No! … Ma è logico che pure il mio sguardo sia andanto laddove puntavano gli occhi allupati di quel ragazzino!» Allargò le braccia, una mossa per mostrarsi disarmato. «Quella scollatura è sexy» Fece una piccola pausa, capendo di averla lasciata sbigottita con quell'ultimo appunto. «Hai un bel seno, okay? Prosperoso naturale e se ne vedono pochi nella capitale, quindi è più che normale se cade l’occhio.»
In effetti la ragazza era rimasta un tantino scioccata da quel suo cedimento. Un tipo come Mr. “bella mano”, non poteva lasciarsi sfuggire una cosa così di basso stile, così troppo similare al pensiero ordinario di qualunque uomo sulla faccia del pianeta.
«Sei un pervertito come tutti allora.» Non era seria, ma si stava divertendo a giocare con quella sua debolezza.
«Non è questione di perversione! Almeno che uno non sia gay, con quel vestito non puoi pretendere di passare inosservata.» Si protese verso Gemma, aiutandola ad infilare le braccia dentro la sua giacca, per poi iniziare dal basso ad abbottonarle l’indumento. Arrivato all’altezza del petto si bloccò, puntando involontariamente la traiettoria del decolté femminile. Deglutì, facendo un passo indietro. «Continua da sola.»
La “donna dal bel senso” nel frattempo si trattenne dal ridere e obbedì.

****

«Ti intendi di mitologia?» Chiese, raggiungendola nella postazione a loro riservata. Erano in seconda fila e da lì il palcoscenico sembrava immenso, anche se si trattava di un piccolo teatro, niente a che vedere con quelli di fama internazionale. Il direttore dell’ArtKuekjang l’aveva accompagnata fino alla postazione designata, spostandosi poi dietro le quinte per aiutare i vari professori e gli studenti della scuola, promettendole di tornare il prima possibile. In verità, in quanto a direttore, gli era stato prenotato un posto in prima fila, ma lui aveva preferito scambiarlo con il vicino di Gemma, per poter condividere lo spettacolo insieme alla sua personale invitata. Che gentiluomo sarebbe stato se l’avesse lasciata da sola?
«Narciso ed Eco?» Lesse nell’opuscolo. «Conosco il mito di Narciso.»
«Quale versione conosci?» Le sussurrò, proprio mentre le luci si stavano spegnendo. «Questa che andremo a vedere è la rappresentazione della versione romana.» Concluse, e quando la ragazza si voltò ad osservarlo, lui le sorrise dolcemente, per poi indirizzare le sue attenzioni di fronte a sé.
Narciso era un giovane dall’aspetto talmente piacevole, da far innamorare chiunque lo incontrasse. Eppure, orgogliosamente il ragazzo respingeva chiunque gli confessasse amore, preferendo la solitudine. Un giorno venne notato da Eco, che come tutte se ne invaghì perdutamente. La storia si svolgeva sulla storia di quell'egocentrico personaggio.
Un ragazzo realmente bello come un Dio, un perfetto Narciso. Avvertì un movimento alla sua destra, Gemma era troppo concentrata ad osservare l’attore che recitava la parte del protagonista per dargli peso. Non solo, l'intera scena rapiva il suo interesse: dietro ad una finta siepe, allungando il collo, poté vedere un gruppo sostenuto di ragazze vestite con abiti di vari colori. 
«Quelle sono le ninfe.» il profilo del suo volto si scaldò di un lieve sussurro, voltandosi appena, si disincantò a causa di quella voce. «Povera Eco, non ti fa pena?» Il suo vicino di postazione si era chinato verso di lei per dialogare dialogare senza far troppo rumore. «Una ninfa con una maledizione terribile. Osserva.» Entrambi tornarono a concentrarsi sulla scena successiva.
Il giovane Narciso avvertì un rumore. «Chi va là?» Chiese spaventato.
«Chi va là?» Rispose la voce della ninfa che si nascondeva dietro le fronde degli alberi.
Narciso si avvicinò, «chi sei?»
«Chi sei?» Ripeté il timbro femminile.
Gemma avvertì le loro spalle toccarsi e un dolce peso posarsi sul suo profilo. Ma continuò a fissare la storia nattata senza battere ciglio. «A causa di quel farfallone di Zeus, Giunone punì Eco e la maledì. Perse così l’uso della parole, le uniche cose che poteva pronunciare erano le ultime parole che avvertiva-»
A quel punto Gemma lo interruppe, voltando il capo per rispondergli, «proprio come … » e improvvisamente lui si scostò di scatto, come se fosse stato scottato. « … L’eco.» Lei stessa si era bloccata, vedendo il volto del direttore così vicino al suo. Ma era durato un solo attimo. Continuando a fissare Song Rok, lo vide annuire come se niente fosse, illuminato ad intermittenza dai riflettori del palcoscenico. Così approfondì ulteriormente la storia: «Me la ricordavo diversa. So che Narciso affogò a causa del suo peccato, del suo egoismo ed egocentrismo, ma Eco? Cosa successe poi?»
Mr. Im si sporse, così lei velocemente spostò il viso e lo sguardo nuovamente sulla scena di fronte. Avvertì uno strano brivido correrle lungo la schiena. Maledizione a lui e alla sua sicurezza, e se il buon senso non l’avesse incitata a voltarsi? Per un breve istante Gemma pensò che avesse l'intenzione di baciarla. Un pensiero assurdo, che nemmeno lei si capacitava a comprendere da che parte del suo cervello fosse uscito.
«Vuoi davvero sapere la fine di Eco? Guarda che la metteranno in scena. Non voglio rovinarti lo spettacolo.»
«Sono troppo curiosa.» Ormai le sue assurde preoccupazioni e i suoi giri di fantasia erano scomparsi. La storia attirava la sua mente come una calamita.
«Se lo dici tu.» Si chinò ulteriormente, per poterle svelare la fine di quella povera ninfa: «Eco continuò a seguire l’uomo di cui era innamorata ma senza che i suoi sentimenti fossero ricambiati. Alla fine si annientò completamente per amore e di lei rimase solo ... l’eco. Scomparve.»
Gemma osservò l’incontro tra Narciso ed Eco con uno sguardo addolorato. La ragazza si era inchinata a lui, senza proferire parole, come poteva? Gli sorrise, ma il ragazzo sembrò totalmente disinteressato, nemmeno un minimo cenno di cordialità, non le diede nessuna possibilità. Lei allora aveva provato a regalargli dei fiori, ma lui la scacciò con amare parole, che prontamente la ninfa dovette obbligatoriamente ripetere, racimolando il disprezzo da parte della persona desiderata. E mentre la straniera osservava la recita di un’opera romana, il direttore della scuola di teatro sorrise divertito, notando lo sconforto in quel bel profilo dai lineamenti e colori lontani.
Alla fine ci pensò Nemesi, una sorta di Dea della giustizia, figlia di Zeus, a vendicare la povera Eco, facendo appunto annegare Narciso. Costui vedendo in una pozza d’acqua il volto di un giovane bellissimo, finalmente per la prima volta in vita sua si innamorò. Ma quel giovane altro non era che il suo stesso riflesso e comprendendo l'amore impossibile di cui era ormai schiavo, si suicidò nelle acque del laghetto.
«Provò amore a sua volta, ma un amore impossibile e perciò sofferto.» Concluse Im Song Rok mentre, davanti ai loro occhi, si stava consumando la morte del protagonista.
«Provò esattamente quel che aveva provato la povera Eco.» Aggiunse Gemma, fissando il giovane attore sul palcoscenico e i suoi movimenti. «Se non avesse avuto quella terribile maledizione, Eco avrebbe potuto parlare sinceramente a quell’uomo, risparmiando ad entrambi inutili sofferenze.
Song Rok si voltò verso di lei nell'esatto istante in cui le luci si accesero. La recita era ormai conclusa, mancava solo l’inchino degli interpreti. «Sbagliato.» Con quell’unica parola catturò immediatamente l'attenzione, « se quello stupido di Narciso avesse compreso prima i sentimenti e le difficoltà di quella ragazza, guardando oltre l’handicap della parola, forse avrebbe potuto ammirare la bellezza racchiusa in lei, invece che solo in se stesso.»
I loro occhi incollati cambiarono prospettiva solo quando l’applauso si scatenò in tutto l’ambiente. Poco dopo pronunciarono il nome del direttore, richiedendo la sua presenza. Perciò Im Song Rok sorrise ai suoi allievi, si alzò in modo elegante, chiudendo il solito bottone della giacca e si spostò verso il palco. Una volta raggiunti gli attori e i colleghi, si inchinò di fronte a tutta la platea, prendendo possesso del microfono per ringraziare tutti della partecipazione. Quando i riflettori si spensero e la gente cominciò ad uscire dal teatro, un’orda di studenti investì i professori, compreso il sajangnim stesso.
Gemma si guardò attorno osservando gli spalti liberarsi poco a poco. Appoggiò il gomito sul bracciolo della poltrona di velluto, fissando sconvolta la scena successiva: un gruppo numeroso di donne, tra cui ragazzine ma anche signore di una certa età, investì Mr. Im, regalando fiori, carezze e qualcuna tentò anche di strappare qualche bacio sulla guancia. Chi urlava il suo nome seguito dal rispettoso “ssi”, chi utilizzava il termine tecnico di “sajangnim” e chi addirittura si metteva bene in mostra urlando un sonoro “oppa”.
«Waa … per forza è assalito! Ammetto che ha fascino …», era decisamente molto acclamato e da quel che si poteva notare forse era addirittura il più popolare lì dentro. Ed era più che normale! A tutti gli effetti si trattava del direttore, non di un qualunque interprete. Anche senza un metro e novanta di bellezza ed eleganza, avrebbe avuto comunque un enorme successo a causa del suo titolo.
Quando lo vide allontanarsi, trascinato via dagli studenti, scomparendo inevitabilmente dietro le quinte, Gemma decise di lasciarlo ai suoi impegni, tornando da sola all'alloggio. Erano rimasti davvero in pochi e come tutti gli altri spettatori, anche lei doveva uscire. Di certo non poteva seguirlo dietro il palco, non era autorizzata, ne tanto meno si poteva considerare confidenziale a tal punto. Non se ne risentì, poteva comprenderlo benissimo, visto che si trattava di lavoro.
 

Si trovava ormai nei pressi del goshiwon, già ad Hondae, quando avvertì il suono di un messaggio in arrivo. Aveva optato per un veloce taxi, anche perché entrare in un bus con quel vestito non era un buon modo per passare inosservata.
Aprì la pochette e controllò il cellulare, comprendendo subito di chi si trattava:
 

Commediante

Sei una prestigiatrice? Scomparire così è da maleducati!

 

Gemma sorrise brevemente, apprestandosi a rispondere. «Troppe ammiratrici per i miei gusti», mentre scriveva leggeva ad alta voce, «non riesci a trovare una donna in mezzo a loro?» Inviò con un continuo ghigno divertito sulle labbra. Aveva passato una bella serata, mangiando italiano, se così si poteva davvero descrivere, gustandosi una recita teatrale di una storia davvero tristemente affascinante, per di più il tutto in buona compagnia. Per quel giorno non aveva pensato ai suoi problemi e al suo cuore perennemente in caduta libera. Non fino ad un dato momento: quando Song Rok proferì il suo ultimo parere riguardante la storia, Gemma ebbe una sorta di cedimento. Quel cuore tanto bistrattato aveva ripreso a battere, e si trattava di un moviemento che le faceva avvertire ogni singola ferita inferta dall’amore. Non voleva interpretare l'Eco della situazione, perché la ninfa si era appunto distrutta per l’egoista Narciso e lei non voleva fare la stessa fine. Aveva poi immaginato un finale diverso per loro, come sarebbe andata a finire se Giunone non si fosse messa in mezzo, maledicendo la giovane donna. Non era detto però che Narciso, in quel caso, avrebbe accettato i sentimenti di Eco, perché lui non sapeva amare il prossimo, non aveva mai imparato a rivolgere lo sguardo verso altro se non se stesso. Aveva ragione Song Rok, il vero problema non era la malocchio, ma il protagonista stesso di quel mito.
 

Commediante

Immagina le gelosie che nascerebbero se stessi con un’attrice. No, credo che non sia possibile instaurare un rapporto serio con una collega.

 

Destinatario: Commediante

Comunque sia grazie per la bella serata ☺

 

Commediante

Grazie a te! E scusa se ti ho abbandonato. Devo farmi perdonare? Domani non sarò all’ilmol per tutto il giorno, ma posso passare per cena se vuoi. Ti porto a mangiare la carne?

 

Gemma Brizzi sollevò il volto osservando il cielo, continuando a camminare. I piedi le dolevano, forse aveva qualche vescica, non avendo portato quelle scarpe per troppo tempo, ed evidentemente ci aveva camminato per qualche chilometro di troppo. Era scesa a qualche isolato prima per fare quattro passi, non sentendosi per nulla stanca, anzi quasi rigenerata dopo la serata passata.
Alla fine riprese a scrivere il messaggio di risposta: «Tranquillo sajangnim! Non serve. Oltretutto ho promesso a Sarah di uscire con lei domani.» Premette il tasto invio velocemente. Dopo quella breve passeggiata, la stanchezza della giornata stava iniziando a farsi sentire.
Ripensò nuovamente alla commedia e ai diversi personaggi. Se comparava se stessa ad Eco, doveva comparare Jin Yon U a Narciso e sicuramente Song Rok si sarebbe dimostrato concorde in tutto ciò. Proprio in quel momento si chiese se le sue parole fossero un ammonimento verso la propria personale esperienza, prendendo solo come esempio la commedia stessa.
La suoneria dei messaggi la distrassero da quel pensiero:
 

Commediante

Meglio così! Vorrà dire che potrò tornare a casa, cenare tra le mura domestiche e rilassarmi. Nei prossimi giorni dovrò dare tutto me stesso per le prove dello spettacolo, quindi sarò totalmente assente da quelle parti. Se dovessi avere problemi di qualche tipo al goshiwon contattami pure per messaggio.

 

Scrutò il display corrugando la fronte sospettosamente. «Non mi sta chiedendo di controllare l’Ilmol-house al posto suo, vero?» Voleva essere un questito tra sé e sé, ma alla fine decise di domandarlo allo stesso interessato.

 

Destinatario: Commediante

Non mi stai dando il compito di badare al tuo goshiwon vero? Logico che ti chiamo se ho problemi. D'altronde il proprietario sei tu!

 

Commediante

Non sia mai! Sei una mia cliente e il cliente va sempre ascoltato.

 

Destinatario: Commediante

Propongo allora di cambiare proprietario.

 

Commediante

Siamo spiacenti, ma la sua proposta è stata bocciata. La prego di ritentare. Ah, e vedi di non fare soste tornando a casa, evita di bere.

 

Destinatario: Commediante

Avverto una nota di preoccupazione o sbaglio? Tranquillo! Sono davanti all’Ilmol-house, infatti ora ti saluto e vado a dormire.
Buona notte Mr. commedia. :p

 

Sorrise leggendo la chat dei messaggi che si erano inviati, scendendo le scale stando attenta a non perdere l’equilibrio nel mentre. Infilò la chiave distrattamente, sempre osservando il cellulare. Non riuscendo ad aprire, abbassò un attimo l'apparecchio telefonico e aprì finalmente l’uscio. Entrando, posò il telefono sul materasso distrattamente e si spogliò, spostandosi poi verso il bagno per aprire il rubinetto della doccia, perché si scaldasse l'acqua. Tornando indietro diede un’altra occhiata al telefonino che non aveva né squillato né vibrato. Si fermò, sospirando infastidita. Velocemente lo prese in mano e fece scorrere il dito per visionare il display.
L’ultimo messaggio era sempre il suo, non ve ne erano altri. Ci rimase un tantino male, e ancor di più quando, una volta tornata a controllare la chat, dopo aver fatto una bella e lunga doccia, constatò che in effetti la conversazione tra loro era finita lì. Morta. Dall'augurio di una buona notte ci si aspetta una risposta similare, cosa che invece non avvenne.
Con una strana delusione si mise a letto e tentò di prendere sonno, e non le riuscì difficile.

 

   
 
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