Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: fmsugar    12/03/2015    1 recensioni
Daniel è un adolescente appena trasferitosi nella misteriosa città di MoonTown. Qui conoscerà nuovi amici e Marcus un ragazzo, a tratti particolare, che lo trasporterà in un vortice di emozioni. Qualcosa però potrebbe non andare per il verso giusto.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mi svegliai stuzzicato dal profumo del cibo, mi mossi nel letto e girandomi mi accorsi che era vuoto. Pensai che forse era andato a cucinare, poi mi resi conto che la doccia nel mio bagno era in funzione. Mi alzai ed entrai nel bagno. La tenda della doccia era chiusa.
-Marcus sei tu?-  Dissi a bassa voce.
-Si Dan.- La doccia si fermò e di scatto la tenda si aprì.
Era tutto bagnato e l’acqua sul corpo gocciolava dalla punta del pene. Mi girai di scatto coprendo il viso con le mani. Non sapevo perché lo stavo facendo, ma provavo imbarazzo.
-Ehi, non fare così. Ieri sera non eri così timido.-
-Non lo so perché lo faccio, non sono abituato.-
-Dai smettila e passami un’ asciugamano.- Disse provocandomi.
Mi avvicinai all’asciugamano, vedendo tra le dita, e gliela porsi. Se la avvolse in vita.
-Ora puoi guardare sciocco.-
Mi tolsi le mani dal viso, lo raggiunsi e gli diedi un bacio.
-Ma se tu sei qui, chi è che sta cucinando?- Gli chiesi. –Oh no! Mia madre è in casa.-
-Tranquillo, ora mi vesto e ci penso io.-  Si avvicinò ai suoi vestiti e li raccolse, poi li indossò.
-Che diavolo vorresti fare? Si arrabbierà se verrà a sapere che hai passato la notte con me.-
-Allora aspetta. Tu va’ pure a farti la doccia.-
Si avviò verso la finestra, la aprì e guardò giù. Portò prima una gamba fuori, poi l’altra e si gettò. Corsi verso la finestra e lo vidi perfettamente in piedi. Mi guardò.
-Adesso busserò alla porta.-
-Perché?- Cercai di non farmi sentire di sotto.
-Oggi è sabato, voglio passare la giornata con te.- Mi disse ridendo e si avviò senza lasciarmi il tempo di ribattere.
Mi avviai di corsa sotto la doccia, non volevo stare in una stanza in presenza di mia madre e del mio ragazzo. Quando ebbi finito indossai dei jeans aderenti scuri, degli stivaletti neri, una felpa abbinata e, nel caso sarei dovuto uscire, preparai un giubbotto nero. Scendendo le scale cominciai a sentire le loro voci, stavano parlando di me. Mia mamma stava dicendo a Marcus che ero un ragazzo che aveva sofferto molto anche per la questione con mio padre, Marcus le rispondeva che non mi avrebbe mai fatto soffrire e che mi avrebbe amato per sempre, aveva giurato anche sui suoi genitori, che ormai non c’ erano più. Mi videro sulla soglia del salotto, mia madre era seduta sulla poltrona singola e Marcus era sul divano a due posti.
-Tesoro, finalmente ho conosciuto il tuo fidanzato.- Disse raggiante, mi metteva sempre in imbarazzo.
Marcus sorrideva voltando la testa per non farsi vedere, immaginai che quasi si fosse pentito per la mossa che aveva fatto.
-Marc non dovevamo andare in quel posto?- Cercai di comunicargli con gli occhi la mia voglia di fuggire. Lui capii. Si alzò.
-Signora Lamb è stato un piacere conoscerla. Spero di rivederla presto.- Disse ricambiando l’abbraccio di mia madre.
-Marcus, ti prego chiamami pure Kirsten.-
Quando fummo fuori la porta lui mi guardò.
-E adesso dove andiamo?- Disse, guardandomi divertito.
-Non lo so, volevo solo fuggire. Fai sempre gesti avventati.-
-Dai Dan abbiamo tolto l’inconveniente genitore, se non avessi fatto questa cosa non l’ avrei mai conosciuta.-
-Ma certo che sì, però quando sarei stato pronto.- Dissi abbassando gli occhi. Non pensavo ci tenesse davvero così tanto.
-Sai in effetti c’è un posto dove voglio portarti. Sali sulla moto.- Lo guardai incuriosito.
Questa volta mi sedetti dietro di lui. Indossammo il casco e aderii alla sua schiena, serrando le mani sul suo addome. Passammo per casa sua, farcimmo dei panini e li mettemmo in uno zaino. Durante il viaggio rimasi in silenzio, guardando il villaggio sfrecciare. Arrivammo in un posto che lui aveva chiamato “la riserva”.
-Questo è un luogo speciale per me. Ti porto a conoscere i membri della mia famiglia.- Ero del tutto impreparato.
-Cosa? Io pensavo che tu…-
-Non ti ho mica mentito. Parlo dei miei amici che per me sono come una famiglia.-
-Capisco.-
Il posto era bellissimo. Una distesa di prati e scoscese rocciose, in lontananza intravidi delle casette di legno e dedussi che i suoi amici abitassero nei dintorni. Arrivammo in un punto dove sull’ erba era seduto un gruppo di ragazzi. Quando ci avvicinammo si voltarono e ci sorrisero.
-Ciao ragazzi vi presento Daniel, il mio ragazzo.- Arrossii.
Mi presentai e conobbi Cole, Zack, Emmet che era fidanzato con Dana infine Shana che era fidanzata con Kat. Mi accorsi che Dana aveva una cicatrice sul braccio sinistro, era molto simile a quelle che avevo visto sulle cosce di Marcus. Cole era il più piccolo del gruppo, aveva la mia età. Mi chiesi perché non lo avevo mai visto a scuola. Si misero a parlare di cose che no riuscivo a capire, si trattava di combatimenti, nascondersi, e saltare.
-Quando lo buttammo per terra Emmet stava per azzann…- Disse Cole a Zack, ma Marcus lo zittì con una tosse.
Si voltarono a guardarlo e lui gli lanciò uno sguardo serio. Si voltò verso di me, mi prese la mano e mi fece alzare. Ci allontanammo da quel gruppo, e ci dirigemmo verso un altro prato.
-Qui vengo a pensare e a riflettere, è il mio piccolo posto.-
Mi condusse verso una roccia che accostata ad un’ altra formava un tetto sull’ erba, dallo zaino cacciò un telo blu e lo distese sul morbido verde. Si sedette e io mi adagiai fra le sue braccia, con la schiena appoggiata sul suo petto. Appoggiò il suo viso su una mia spalla, e all’orecchio mi sussurrò.
-Non permetterò mai che ti accada nulla, dovessi morire.-
-Perché dici questo? Cosa può accadermi.- Non mi rispose.
-Deve essere stato difficile per te ambientarti qui.- Cambiò discorso.
-Non è stato male, anche se a Chicago vivevo nel lusso. Mia madre e mio padre facevano entrambi gli avvocati in un rinomato studio legale e guadagnavano tanto.-
-Sembra tu ti sia abituato a questa vita di provincia.- Disse cingendomi la vita con le braccia.
-In effetti, con questa bella compagnia è difficile non esserne affascinato.- Girai il capo per baciarlo sulla guancia pungente.
-Io ci sono nato tra questi boschi, li conosco come le mie tasche.-
-I tuoi come sono morti?-
-Ero molto piccolo, forse non è il momento che te lo dica adesso. Un giorno te lo farò raccontare da Alan, un amico di mio padre.-
-D’accordo.-
Rimanemmo per molto tempo in quella posizione a contemplare la natura che ci circondava. Il sole rendeva brillante ogni cosa, il verde del prato, i colori dei fiori e il cielo azzurro che ci sovrastava immenso come le cose che ancora non conoscevo. Lui non mi raccontava altro riguardo a quei tanti misteri, ma sapevo che lo faceva per me, mentre le altre persone tendevano a nasconderlo perché, in realtà, non sapevano neanche loro come stavano le cose. Mi riaccompagnò a casa più tardi, il sole era già tramontato lasciando soltanto le sue scie violacee. Ci salutammo con un bacio delicato e mi lasciò sul porticato di casa solo, scomparve come i dubbi che avevo su di lui. Avrei aspettato che si fosse fatto avanti. Sapevo che era sincero, ma non fino in fondo. Avrei aspettato, ma non avrei smesso di cercare. Salito in camera, aprii il cassetto della mia scrivania e presi il libro che avevo comprato. Lo sfogliai dapprima vedendo tra le pagine le varie illustrazioni. Antiche incisioni raffiguranti uomini al rogo, torturati e altre raffiguranti uomini con pellicce di lupo, lupi antropomorfi che sbranavano donne e bambini. Ritornai alla prima pagina e iniziai a leggere:
La leggenda della Luna è l’unica leggenda che da sempre caratterizza la città di MoonTown. Questa risentì del contrasto tra reale e sovrannaturale, cosa che la fece, insieme alla contemporanea Salem, una delle città con il maggior numero di esecuzioni. Ma mentre la famosa Salem vide la strage delle “streghe”, Moontown subì quella dei licantropi. Moontown fu fondata nel 1586 dai padri fondatori Nicholas Spellman, Walter Fell, Samuel Collins, Oscar Burke. Essi si stabilirono nei pressi dell’ attuale lago Madoc, la cui etimologia rimanda a "figlio della Luna". A differenza delle altre colonie, i quattro uomini decisero di collaborare con gli indigeni della zona, un'antica tribù Ceridwen devota alla dea Keridwen o Luna, stipulando un trattato di pace. Successivamente però nella città di Moontown (nome deciso dopo la conoscenza della tribù) si manifestarono nei giovani strani comportamenti, come sacrificare animali o praticare danze perverse, vietate dalla religione cattolica di cui facevano parte. La gente pensando che il tutto fosse frutto della cattiva influenza che gli indiani avevano avuto si di loro, decise di cacciarli dalla loro terra. Ci fu una breve battaglia che decretò la sconfitta degli indiani decimati a causa delle armi da fuoco. La leggenda narra che per vendetta l'anziana strega della tribù condannò, attraverso un rituale di magia nera, i padri fondatori ad essere per sempre schiavi della Luna. Così la prima notte di Luna piena persero il controllo di sé, sbranando e uccidendo numerose persone della loro stessa gente. La notizia arrivò alle orecchie della chiesa protestante che nel 1665 inviò subito da loro un pastore puritano. La caccia ai lupi mannari fu dura, ingiusta e crudele. Col passare degli anni i Lupi sopravvissuti alla minaccia della chiesa si moltiplicarono dando il via a numerose generazioni. I discendenti furono in grado di controllare il loro potere e mantenere la loro umanità. Nelle notti di luna piena però i lupi traggono maggiore forza dai raggi lunari.
 
Capii che il confine tra la realtà e l’assurdo era un velo sottile, i lupi giganteschi che mi avevano aggredito nel bosco, gli strani avvertimenti di Marcus, tutto mi faceva capire, in qualche modo, che quello che stavo leggendo non era del tutto inventato. Non mi curai dell’ora, afferrai il cellulare e composi subito il numero di Marcus. Avevo paura perché se quello che avevo letto era vero e l’attacco nel bosco non era stata una coincidenza, come poteva essere capitato a me, poteva capitare a mia madre ad un mio amico e a qualche abitante della città.
-Pronto tesoro, cos’è successo?-
-Marc ho appena letto un libro, parla delle leggende di questa città. Ho paura che siano vere queste storie, ripensando soprattutto a ciò che mi è successo nel bosco.- Parlai con tono ansioso.
-Ehi calmati. Che libro è? Non mi avevi detto di averlo acquistato.-
-Si intitola “The legend of the Moon”. Lo comprai la sera stessa dell’ aggressione.-
-Ma allora mi avevi mentito.-
-Sì, scusami. Mi dispiace.-
-No, figurati. Domani mattina alle otto passo a prenderti, voglio mostrarti una cosa.- Disse con voce nervosa.
-Cosa devi mostrarmi?-
-Fidati di me.- Riattaccò prima che potessi replicare.
Il tutto stava prendendo un piega piuttosto strana, non mi aveva dato certezze e nemmeno spiegazioni per farmi ricredere sulla questione. Marcus c’entrava qualcosa? Il libro parlava di leggende o di storie vere? Un brivido mi attraversò la schiena. Era come chiedere spiegazioni sull’ esistenza di Babbo Natale. Avrei dovuto raccontarlo a mia madre? Era in pericolo anche lei dopo tutto. Nessuno in città si era accorto di quelle bestie? Quella domenica l'avrei ricordata per tutta la vita.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: fmsugar