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Autore: Ram92    14/03/2015    1 recensioni
Sono passati circa dodici anni dall'inizio della Grande Era della Pirateria. Tra pirati e Marina lo scontro è aperto. Nel frattempo, su una remota isola del Mare Occidentale, una bambina dai capelli rossi cresce con un piccolo, grande sogno.
(Storia ideata ai tempi di Punk Hazard)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Benn Beckman, Ciurma di Shanks, Nuovo personaggio, Shanks il rosso, Yasopp
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda del fantasma rosso'
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Capitolo trentaquattro.

Midori balzò dal suo nascondiglio non appena il carro sparì oltre l’arco in pietra.
Gli occhi della guardia fissavano il cielo pieni di stupore, vitrei e immobili, privi di vita. Le mani stringevano ancora i documenti, la divisa era macchiata di sangue. Non c’era niente da fare.
Midori distolse lo sguardo e passò oltre. Si accostò silenziosamente alle mura e cercò di concentrarsi. Il suono degli spari doveva aver richiamato l’attenzione di altri gruppi di sentinelle, era ovvio che fossero in contatto tra loro e a portata di voce in caso di emergenza.
- Aiutami…
Più che una voce era un sibilo.
Accidenti, non aveva tempo per questo.
Istintivamente osservò la situazione. L’uomo le dava le spalle. Doveva aver fatto a tempo ad accorgersi della situazione e aver protetto organi vitali offrendo il fianco all’avversario. Forse era stato addirittura colpito di striscio. Se la sarebbe cavata e non l’avrebbe vista, diagnosticò brevemente.
- I tuoi saranno qui a momenti. – disse senza distrarsi.
Doveva sbrigarsi. Non aveva percepito il benché minimo movimento offensivo, non c’era nessuno che potesse vederla, non ancora. Aveva la possibilità di mettere la maggior distanza possibile tra sé e i primi soccorritori. Da lontano non l’avrebbero riconosciuta. Però era strano che…
- Non verrà… nessuno… - gemette l’uomo a terra cercando faticosamente di alzarsi.
- Se ci tieni alla vita non voltarti. – intimò Midori freddamente.
Ancora non si vedeva nessuno. Forse era una trappola. Senza accorgersene aveva già portato una mano sull’impugnatura della katana.
- Abbiamo… l’ordine… di fare rapporto… ogni dieci minuti esatti… se siamo ancora vivi… loro…
In tanti anni, Midori non aveva mai sentito di un sistema simile.
- Quando avete fatto rapporto l’ultima volta?
- Circa… due minuti… fa…
Otto minuti. Più il tempo di raggiungere il posto.
Il Marine respirava faticosamente, la ferita poteva essere più grave del previsto.
- C’è… una parola d’ordine… basta quella… - continuò l’uomo. – Aiutami… e io la dirò… per te…
- Come faccio a sapere che è la parola giusta?
Tra il pesante ansimare, Midori avvertì chiaramente il suono faticoso di una risata.
- Sei una donna… sospettosa… - ansimò lui. – Faresti carriera… nell’armata rivoluzionaria…

Le armi, katane e fucili che fossero, caddero a terra in mille pezzi. E con esse molti dei loro portatori.
- Non pensi di aver esagerato, questa volta? – osservò Ryoku.
- Non sembra ci fosse altro modo. – replicò lapidario l’altro rinfoderando la katana. – Andiamo prima che ne arrivino altri.
Gale scavalcò con freddezza i corpi che erano caduti direttamente ai suoi piedi. Aveva dovuto colpirli con forza, ma aveva usato il lato smussato della lama. Disarmati e con qualche osso rotto, sarebbero stati finalmente costretti a lasciarli andare. Non aveva avuto altra scelta, del resto.
- In piedi!
I due pirati si voltarono sorpresi.
Un uomo tremante, il volto rigato di lacrime, stava disperatamente lottando per rialzarsi.
- In piedi!- gridò ancora ai compagni. – Noi non possiamo arrenderci! Dobbiamo continuare a lottare! E’ l’unico modo!
Con suo grande stupore, Ryoku vide altri Marine cominciare ad alzarsi attorno a loro. Altri, incapaci di muovere un muscolo, piangevano con la faccia immersa nella terra.
- Ehi, aspettate! – disse il giovane pirata. – Non c’è ragione che continuiate a combattere, noi non abbiamo intenzione di fare alcun male né a voi né alla città…
In quel momento, però, gli balenò in mente l’immagine dei pezzi della farmacia che volavano da ogni parte.
- Beh, quello di prima è stato solo un piccolo incidente. – aggiunse imbarazzato. - Noi…
- Voi non andrete da nessuna parte! – lo interruppe uno degli uomini brandendo goffamente i resti di una spada e lanciandosi all’attacco.
Gale lo disarmò prontamente e ne deviò la traiettoria facendolo capitolare nuovamente a terra.
- Andiamo. – ripeté laconico al suo compagno.
Ryoku esitò senza riuscire ad abbandonare con lo sguardo la scena che avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle. Non riusciva a capire. Non aveva mai visto nulla di simile.
Un ragazzo gli si gettò ai piedi tentando di immobilizzarli con tutte le proprie forze.
- Fermatevi, vi prego. - lo sentì gemere. - Io non voglio morire…

- Sono passati venti minuti, sergente.
L’ufficiale volse gravemente lo sguardo verso il ragazzo appena tornato a fare rapporto.
- Il combattimento del capitano non è ancora finito.
L’ultima speranza si spense negli occhi del sergente.

Benn Beckman aveva generalmente fama di essere un uomo d’onore.
In realtà, dell’onore gli era sempre fregato ben poco. L’unico motivo per cui non voltava la schiena agli avversari era che sapeva fin troppo bene che quello era il modo migliore per farsela crivellare di colpi. Tuttavia non era affatto contrario alla fuga strategica. C’erano situazioni in cui le abilità fisiche potevano non essere sufficienti. Questa era una di quelle situazioni. E l’unico modo di uscirne era usare la testa.
Sapeva perfettamente che nascondersi dietro una parete non significava non essere visti, per esempio. Ma anche che questo gli avrebbe dato tempo e scuse per guardarsi intorno.
Alle sue spalle, intanto, porte e pareti continuavano ad andare in pezzi.
- Beckmann. – lo chiamò annoiato Onigumo, avanzando tra le macerie del proprio quartier generale. – Questo gioco mi sta facendo perdere tempo.
Benn non gli diede peso e continuò la sua ricerca di stanza in stanza buttando giù un’altra porta blindata.
- Dimmi, Beckmann. – continuò il capitano soffiando via una boccata di fumo con un ghigno. – Non sei curioso di sapere cosa sia il piano di emergenza H109?
Il pirata tese l’orecchio. Sì, era curioso. Non gli era piaciuta affatto la reazione del sergente in carica. Né il tono provocatorio che stava usando adesso Onigumo. Ciononostante, di qualunque cosa si potesse trattare, quel grosso ragno violento era l’unica reale minaccia in tutta la città e toglierlo di mezzo aveva la precedenza su tutto.
- Sono certo che vorrai spiegarmelo in ogni caso. – ribatté con cauto scherno, facendo con il calcio del fucile sulla maniglia del portello che si trovava di fronte.
- Potrebbe esserti utile sapere che, se anche tu trovassi l’agalmatolite che stai così disperatamente cercando, non faresti a tempo a raggiungere i tuoi amici.
Benn accusò il colpo. Un ultimo sforzo e la porta si aprì.
Onigumo gettò la sigaretta a terra e la pestò ascoltando il lieve sfrigolio spegnersi.
- Il piano H109 è una bomba. – disse poi. – Ognuno dei miei uomini ne ha almeno una in dotazione. Quel che non sanno è che il dispositivo di controllo è nel Quartier generale.
Benn avvertì una sensazione che non provava da tempo, come di una freddezza mortale che gli intorpidiva il collo. Aveva visto uccidere così. Ma mai uomini liberi.
- Un’intera squadra per due dei tuoi. – continuò il Marine. – Del resto, sto offrendo a quei rammolliti l’occasione di diventare degli eroi.
Il pirata si fermò. In fondo non aveva veramente bisogno dell'agalmatolite per batterlo. Sei braccia più, sei braccia meno, non era poi una grossa differenza. Raccolse il fucile e tornò sui suoi passi.
- Se è così non ho molto tempo. – disse piantandosi di fronte al suo avversario. – Vediamo di concludere in fretta.


Ram's corner

Altra micro-modifica da riportare al capitolo precedente. Come alcuni avranno notato, ho cambiato il nome del piano da B a H109. Nessun motivo, faceva solo più figura. Scusate questi ripensamenti, ma è la voglia di aggiornare rapidamente. Non sono una scribacchina metodica, lo so. Perdonate.

Ram.
  
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