Heilà!
Arriva il weekend e arriva l'aggiornamento! Siccome
mancano solo due capitoli per terminare la storia, ho deciso che per il momento
mi focalizzerò più su questa che sulle altre. Se gli astri me lo concedono, gli
ultimi aggiornamenti arriveranno sicuramente prima di maggio! Quindi, prima di
allora la fic sarà conclusa, yeah!
Avvertimenti!
Capitolo molto movimentato, dove ci saranno gesti, parole
e pensieri davvero poco politically correct. Il solito, insomma, per chi mi
segue da tempo e sa cosa aspettarsi nelle mie fic ...
Ulteriori note e commenti si troveranno a fine capitolo.
Infine, un sentito ringraziamento a tutti i miei lettori
e recensori, in particolare a Imoto, Lucrezia_Uchiha
e Jo95. Grazie anche a coloro che hanno messo questa storia tra le seguite,
ricordate e preferite.
Vi auguro una buona lettura,
H.
**************************************************************************************
La situazione si stava dimostrando meno drammatica, di
quanto s'aspettava Tobirama.
Ovviamente, quella mattina le librerie erano state prese
d'assalto non appena aprirono le porte, dopo che i commessi avevano giusto
finito di sistemare in maniera inutilmente artistica lo scaffale d'onore,
creando gradite code alla cassa. Essendo L'Appuntamento
un romanzo relativamente breve - ma non abbastanza da essere definito una
novella - già alla sera incominciavano a fioccare i primi commenti, i quali,
malgrado le classiche divergenze bello /
brutto; piaciuto / non piaciuto, concordavano all'unisono quanto
l'argomento trattato fosse ... inaspettato, spiazzando i lettori.
ultronHR
scrive:
Tobirama-sensei
starà sicuramente passando un periodaccio! =_=' Ma che tema ha scelto?!
sungbook
scrive:
Forse è a
corto d'idee ...
xing-hotkat
scrive:
Aborto?! E
da quando in qua è un tema da storia horror?! O.o
bettybonkers
scrive:
Ricorda un
poco gli horror spagnoli, mi piace!! *_* E voi due - ultronHR & xing-hotkat
- siete proprio degli zotici che non
capite niente!
mugen1209
scrive:
Sebbene sia
un argomento che tocca molto la sfera femminile, mi ha molto emozionato!
bettybonkers
scrive:
Sì, è vero:
ha descritto molto bene ciò che si prova! ^^
intrareeds717
scrive:
Beh, adesso
è ufficiale: ogni volta che passerò sulle strisce, mi verrà in mente il Mizuko!
XD
foxbattTIA
scriva:
Mai viste
tutte 'ste donne in un suo romanzo! I personaggi maschili li ha tutti messi in
secondo piano!
sweet-hollybush97
scrive:
Baka!
Quando mai gli uomini rimangono incinti?
nagy-nana
scrive:
Sì, ma
Naruko-chan poteva parlarne con Sasuke invece di confidarsi con Shisui-san, no?
sweet-hollybush97
scrive:
Perché voi
maschi ascoltate una donna che contempla l'aborto?
nagy-nana
scrive:
Hey, guarda
che io non sono un maschio!
E via discutendo.
In fin dei conti, Tobirama trovava questi battibecchi
relativamente "dolci". Mostrava un attaccamento dei lettori alle sue
opere, le quali avevano raggiunto il loro scopo, ovvero far parlare di sé,
istigando il dibattito e conseguentemente animando delle coscienze intorpidite.
Molto intorpidite, a giudicare da certe scemenze postate.
In ogni modo, L'Appuntamento necessitava di una terza
voce, quella del pubblico, per confermare se l'horror writer avesse o meno
optato per la scelta più idonea. Izuna e Hashirama avevano più volte espresso
la loro contrarietà circa la sua pubblicazione, mentre Tobirama e Naruko erano
invece d'accordo, quest'ultima in particolare, la quale aveva spesso insistito
affinché le fosse concesso finalmente di sfogarsi per il torto subìto e trovare
pace. Tobirama non poteva esimersi da quest'obbligo morale nei suoi confronti.
Massaggiandosi gli occhi stanchi, l'horror writer si
ritrovò a girovagare in giro per il salotto, toccando distrattamente i mobili,
i vasi, le foto ... Una in particolare la colpì, manco si ricordava di averla
mai tirata fuori ... La studiò: che taglio orribile aveva quand'era più
giovane! Tenere i capelli lunghi, bleah! Pareva davvero idiota! Meno male che
se li era tagliati ... Guardò l'orologio: le sei e mezza. Uff, quando si
decideva quel delinquente d'Izuna a rincasare?
"Moshi moshi?", rispose immediatamente Tobirama
al telefono sia in quanto felice per
quell'interruzione alla sua noia cosmica, sia per impedire che le sue povere
orecchie dovessero soffrire ulteriormente per quell'immeritato martirio:
detesta invero quella stridula suoneria! Avrebbe riferito ad Izuna di cambiarla
quanto prima, altroché! "Ah, sei tu anija!"
(si divertiva troppo a chiamare suo fratello con quel termine arcaico,
possedeva davvero un animo dispettoso)
"Heilà!
Allora, i fans ancora non t'hanno preparato il rogo?"
"No, e non contarci tanto presto!"
"Beh, dai,
sono contento che sia finita bene! Forse, abbiamo un po' esagerato, Izuna ed
io, preoccupandoci per niente ... HEY, E' USCITO UN SEI DAL DADO, QUINDI AVANZI
DI SEI CASELLE, CHIARO?!"
Tobirama spalancò gli occhi. "Che succede?"
A rispondere fu Madara: "Stiamo giocando a Malefix e, come puoi ben immaginare, ci stiamo
accapigliando. Di nuovo. Per la quinta volta in un'ora e mezza. A quanto pare, Naori-chan
sta imbrogliando sfacciatamente pur di bloccare Hashirama. Uff ... che
stressanti che sono ... Adesso al complotto s'è aggiunto Akira-kun e Kagami-kun
non aiuta, anzi, s'è perfino coalizzato con suo cugino pur di bloccare me, capito?,
me! Screanzato ... Basta, io li accoppo tutti. Posso?"
"Certo che no!", rise l'horror writer. Ovvio
che l'uomo scherzasse: sotto sotto adorava in realtà quelle piccole pesti.
Inoltre, più cagnara c'era e più
Hashirama regrediva allo stadio infantile e quindi l'infame compito di
babysitter spettava a Madara, suo valido supporto morale e spalla su cui
piangere da quando la buonanima di Mito era deceduta quattro anni addietro di
tumore al seno. "Piuttosto, posso parlare con mio fratello, quando avrà
smesso di litigare con dei bambini?"
"Okay, gli do
un pungo in testa per calmarlo e poi te lo mando..."
"Aspetta un attimo, Madara! Ho un'altra chiamata in
linea! Non riattaccare, eh?, torno subito!", l'avvertì Tobirama,
infastidendo l'avviso di una seconda telefonata il suo orecchio ipersensibile.
"Moshi moshi?"
Beep-beep-beep.
Aggrottando la fronte, l'horror writer ripeté:
"Moshi moshi?"
Beep-beep-beep.
"Vabbè ... si sarà trattato di uno sba- ..."
"Sarebbe stato
meglio saperti orizzontale in una bara, che assistere a questa tua pubblica
umiliazione!"
Tobirama sbiancò.
"Cosa?"
"Sei una
disgrazia, un fallimento, uno scherzo della natura. Perché ci hai denigrati
così? Dovresti vergognarti! Dopo tutto quello che abbiamo passato per causa
tua, che abbiamo fatto per aiutarti, così ci ripaghi?!"
L'horror writer deglutì male la saliva. "Ch-chichi
...?"
"Vai
all'inferno!"
Beep-beep-beep.
"Moshi moshi?
Scusa se ti ho fatto attendere! Ma Naori-chan stavolta l'ha sul serio combinata
grossa ... Tobirama? Stai bene?"
Tobirama sbatté violentemente la cornetta del telefono,
interrompendo in maniera troppo brusca la conversazione. Si portò una mano alla
bocca, pensando furiosamente sul da farsi.
Corse a chiudere le finestre in cucina, tirando le tende
sia lì che in salotto. Dopodiché serrò a doppia mandata la porta di casa,
appollaiandosi sul divano ad operazione terminata, le mani congiunte come in
preghiera e appoggiando la punta delle dita sotto il mento.
Come ... come accidenti avevano fatto ad ottenere il suo
numero telefonico? Anni a proteggere la sua privacy e adesso invece ... Che avessero contattato l'editoria? Possibile
... Quel deficiente di Gengetsu-san, non sospettando nulla, li avrà di sicuro
aiutati a rintracciare un suo recapito
... Che nervi! Che rabbia!
Avrebbe mai
trovato requie da loro?!
Abbracciandosi le ginocchia e tamburellando nervosamente
le dita, Tobirama sperò solo che Izuna si sbrigasse a tornare quanto prima a
casa, prima che si mettesse a gridare la sua
frustrazione, strappandosi i capelli e mordendosi i polsi.
***
L'Appuntamento
dalla
testimonianza di Naruko Namikaze
(segue)
Giovedì, 5 febbraio 1998
- manca 1 giorno all'Appuntamento -
"Tutto questo è ridicolo, Tou-san", borbottai, massaggiandomi
imbarazzata le tempie e affondando il viso nella sciarpa. "Non siamo più
nel medioevo!"
"E con ciò? Cosa vorresti dimostrare?", replicò
bellicoso mio padre, controllando il telefonino. "E' una questione di
principio, mosume! Siccome hai voluto coinvolgermi, adesso ho il diritto di conoscere
tutta la verità e di prendere i giusti e sacrosanti provvedimenti!"
"Ma perché coinvolgere il povero Itachi-san?! Che
t'ha fatto, scusa?"
"Tzé, adesso è lui il capofamiglia, ora che
Fugaku-san è morto. Ergo, risponderà lui delle stronzate di suo
fratello!"
"Eh?"
"Inoltre, data la sua professione, se ci sono ulteriori informazioni circa il tuo stato da rivelare al tuo povero, ignaro e ingannato
babbo, ben venga vista l'omertà da Yakuza che vige in casa mia ..." e
l'occhiataccia che mi rifilò non mi diede alcuna forma di conforto. Non era che
Otōsan se la fosse presa solo per la questione della mia gravidanza, bensì per
il fatto che gliel'avessi tenuta nascosto per quasi due mesi, similmente a
Menma e a mia madre.
"Informazioni? Itachi-san non è un ginecologo, ti rendi
conto delle cavolate che stai sparando?"
"Comunque è un dottore: avrà sicuramente riconosciuto
i segni!", s'intestardì il
genitore.
"Ma, Tou-san! Io per prima me ne sono accorta neanche
tre settimane fa! Lo sai che ho sempre
avuto il ciclo molto irregolare!"
"Sì tesoro, ne sono al corrente! O hai già dimenticato
il povero fesso, che si recava al convenience store alle due del mattino per
comprarti gli assorbenti?! E l'ibuprofene, dato
che ti contorcervi dal dolore peggio di una posseduta?"
"Sh! Zitto! Non urlarlo in giro!", lo zittii
prontamente, guardandomi attorno circospetta: non fosse mai che qualcuno stesse
origliando i fatti nostri.
"Beh, non mi pento!" e mi mise su un signor broncio
da premio Oscar.
Dopo lo shock iniziale, mio padre aveva trascorso l'intero
pomeriggio di ieri a tarmare me e Shisui-san con una sfilza interminabile di
domande sulla mia gravidanza, tormentandoci per apprendere nel dettaglio i come,
dove e perché, chetandosi soltanto al provvidenziale arrivo di Itachi-san,
certamente indirizzato da sua madre alla ricerca della moglie
"scomparsa". Da lì l'idea assolutamente ... sciovinista di Otōsan di
organizzare questo incontro tra le due "famiglie", onde fare il punto
della situazione. Come se ce ne fosse stato il bisogno! E ad aggiungere al
danno la beffa, Itachi-san aveva
accettato senza porre alcuna resistenza, addirittura aveva stabilito l'ora e il
posto per discutere tranquillamente, senza compromettere nessuno.
Ecco spiegato come mai mio padre ed io ci trovassimo alle
due del pomeriggio nel gazebo del parco pubblico di Konoha, discutendo
animatamente alla stregua di due babbuini drogati di caffè.
"Ah, finalmente! Sono giunti!", balzò in piedi il
genitore, neanche avesse fiutato a distanza gli Uchiwa, i quali si unirono a
noi sfoderando un granitico aplomb, o meglio, Itachi-san si dimostrava il più flemmatico
di tutti, mentre sua moglie mi sembrava leggermente preoccupata. Mikoto-san,
invece, ci guardava con la medesima cristallina freschezza di chi non sa niente
di niente. Mi fece una pena immensa.
"Spero che non sia nulla di grave", esordì la
donna, sedendosi dalla parte opposta rispetto a noi due. "Ho dovuto
chiedere alla mia vicina di casa di vegliare sui piccini e su Ojisan!"
Non mi sfuggii come mio padre venisse vigliaccamente
pugnalato alle spalle da un minuscolo e traditore senso di colpa: la povera
donna sfoderava invero un'espressione genuinamente apprensiva e, in seguito al
recente lutto, non corrispondeva proprio ad una grande carineria vituperarle il
figlio con ... beh, inutili accuse. Ma quell'istante di mea culpa venne ben
presto relegato nel dimenticatoio del suo cervello. "Mikoto-san, non era
necessario che si fosse disturbata a venire ... Se vuole, può rincasare ... Ho
soltanto bisogno di conferire con suo figlio Itachi-kun."
"Mia madre ha tanto insistito ad accompagnarci,
Minato-shi, e visto che è ormai qui, lasciamola restare ... Insomma, nulla che
ci stiamo per raccontarci rimarrà a lungo segreto, o mi sbaglio?", gli
confessò sornione Itachi-san. Tradotto: se s'ha da fare uno psicodramma, che
sia portato avanti con tutti i crismi! Ciak, azione!
"Piuttosto, non dovevamo parlare di Sasuke e di
Naruko-chan?", c'incalzò Mikoto-san, gli occhi scuri che le brillavano
d'aspettativa. Oh, intuivamo dove la matriarca volesse andare a parare! In fin
dei conti, quello era ciò cui mirava anche mio padre. E, sotto sotto, anche
Itachi-san.
"Non potremmo al contrario discuterne, dopo che uno
dei diretti interessati è rientrato da Nagasaki?", tentò di negoziare
Shisui-san, il cui sesto senso percepiva più aria di tempesta, che di lieti
imenei.
"Per me va bene", le diedi manforte, annuendo
convinta.
"Tu stai zitta!", replicò perentorio Otōsan.
"Effettivamente, la questione riguarda anche noi. In
parte, però ci riguarda."
"Ma ... ma ..."
"Itachi-anata", insistette testarda sua moglie,
richiamando con un breve cenno della mano l'attenzione del marito. "Non
credi che stiamo esagerando? E' una questione che devono regolare da soli! Tu
stesso fino a ieri concordavi con me!"
"Ti pare? Se siamo arrivati a questo punto,
significa che hanno proprio bisogno di un sano calcio nel ..." e
Itachi-san s'interruppe, non appena si accorse di come lo stessimo fissando
interdetti, non aspettandoci un tale raffinato sermo da parte sua. "...
volevo dire, un sano stimolo per svegliarsi e prendere in mano la situazione!
Nevvero, Minato-shi?"
Quel masnadiere che avevo per genitore assentì solenne.
"Assolutamente sì, Itachi-kun! E ora di mettere le carte in tavola!"
"Giustissimo!", esclamò Mikoto-san,
elettrizzata.
"In aggiunta, non dobbiamo preoccuparci per
Sas'ke-kun", ci annunciò Itachi-san, sorridendo d'un tratto perfidamente.
"Visto che ci sta raggiungendo dalla stazione!"
Shisui-san ed io spalancammo poco elegantemente la bocca,
fulminate dalla notizia. Credo che in quel momento mi fosse cascato il cuore
nello stomaco, paralizzandomi nel peggior vivente rigor mortis della storia
medica. La moglie di Itachi-san, al contrario, sembrava sul punto
d'esplodere.
"Lo hai fatto venire apposta da Nagasaki?!",
sbraitò puntualmente la donna, illividendo fino al nero inchiostro e solo il
cielo sapeva come Itachi-san facesse a perseverare nel suo stoicismo, poiché
Shisui-san, da arrabbiata, rasentava l'orrore più assoluto. Aggiungeteci gli
ormoni e diveniva una belva assetata di sangue. "Ti sei rincitrullito, per
caso?! E il congresso?! Insomma, arrivare a ...!"
"Calmati, moglie, non fa bene né a te né alla
bambina!", la fece ragionare il marito, provocando invece un ulteriore
arrossamento nelle gote di Shisui-san, per essere apostrofata in maniera così
paternalista. Dal nervoso tic alle dita, si stava trattenendo dal prenderlo a
ceffoni qui davanti a noi. "E' stato mio fratello ad avermi riferito del
suo ritorno anticipato. Infatti, l'ultimo speaker ha avuto un malore e quindi
il congresso è terminato giusto stamattina. L'Otōto mi ha soltanto chiesto un consiglio:
se rimanere lo stesso a Nagasaki (visto che la camera è già pagata) oppure se
rincasare."
"E tu gli hai subdolamente suggerito di rientrare!",
terminò sarcastica Shisui-san, promettendo al consorte le pene dell'inferno,
una volta a casa. "Perché non ti conosco, sai! Consigliere
fraudolento!"
"Beh, domani è il vostro anniversario, vero
Naruko-chan? Speravo di fare una buon'azione, consigliando a Sas'ke-kun di
ritornare prima, così da festeggiarlo appropriatamente!", si difese
impunito quella faccia tosta d'un Uchiwa, osando perfino sorridermi
angelicamente, mentre boccheggiavo nella vana ricerca di una replica.
Avevo completamente scordato di quella data. Sasuke ed io
ci eravamo messi assieme esattamente il 6 febbraio: adesso comprendevo perché
mi volesse portare a cena dopo il suo ritorno da Nagasaki. E io avevo preso
appuntamento dal medico proprio quel giorno!
Mi venne da ridere istericamente e di fatti mi coprii la
bocca col dorso della mano, soffocando quegli inappropriati risolini. Soltanto
Shisui-san se ne accorse, appoggiando brevemente la sua mano sul mio ginocchio,
un duplice invito a calmarmi e consolarmi.
"E se prendessimo qualcosa di caldo nel
frattempo?", ci suggerì la donna, seguitando a fissarmi complice.
"Così nel frattempo voi cicalate di quel che volete e Naruko-chan ed io ci
sgranchiamo un po' le gambe ..."
Mikoto-san fece per alzarsi, ma la nuora bloccò questa
sua iniziativa sul nascere. "Sicure che non avete bisogno che v'accompagni?"
"No, Mikoto-haha", la rassicurò Shisui-san con
un deciso gesto della mano. "Naruko-chan mi basta, vero?"
"Sì, come cameriera sono un vero fenomeno!", mi
vantai, balzando dalla panca e raggiungendo in fretta la mia
"cognata".
Percorremmo in silenzio in bel tratto del sentiero
innevato, senza voltarci né indagare su cosa gli altri stessero facendo nel
gazebo. Solo quando raggiungemmo il chiosco di ristorazione, osammo finalmente
rivolgerci la parola.
"Dopo che ci siamo congedate, ieri pomeriggio, hai
ancora avvistato il Mizuko?", s'informò dolcemente Shisui-san, studiando
distrattamente l'elenco delle bevande.
"No, per fortuna", sospirai di sollievo.
"Credo ... credo che avendo accettato la mia condizione e soprattutto
capito la natura di quel bambino, forse questi non mi perseguita più ..."
"Dunque, hai deciso di proseguire con la tua
gravidanza?"
"Non ho detto questo. Ancora non lo so."
Shisui-san annuì, sebbene indovinai dal modo in cui
serrava le labbra, quanto non fosse soddisfatta della mia risposta.
"Senti ... Posso farti una domanda?"
"Avanti."
"Tu puoi vedere il Mizuko soltanto perché sei
incinta?"
La donna abbassò la testa, socchiudendo afflitta gli
occhi. Nel momento in cui rialzò lo sguardo, vidi come essi fossero umidi.
"Anni addietro, tra Tenmaku-kun e Saeko-chan, ho perduto un figlio."
Mi si serrò il cuore in petto all'udire quella sofferta
confessione, in particolare al vedere quanto dolore la donna stesse ancora
provando al ricordo. "Shisui-san, mi dispiace ..."
L'interpellata scosse il capo ricciuto. "All'epoca
ancora ignoravo d'essere incinta. Si trattò di una disgrazia: correndo per
prendere la corriera, scivolai sul ghiaccio e, ruzzolando, mi ferii. Di conseguenza
...", il suo tono di voce era ritornato flemmatico, quasi stesse leggendo
un copione. Tuttavia, i suoi occhi seguitavano a mantenere quel luccichio liquido,
che tradiva l'emozione ivi contenuta. "Da allora, posso vedere il Mizuko.
Non il mio personale, no, perché gli dedico ogni sera le mie preghiere,
affinché ritorni nelle mani di Kami-sama. I Mizuko, o i bambini-acqua, che vedo
sono i feti abortiti dalle mie alunne o da altre donne di Konoha, figli non
desiderati non in quanto frutto di "distrazioni", ma ..." e lì
lasciò cadere il discorso, non preferendo addentrarci in un dominio molto più
oscuro e tremendo dell'aver concepito per mancanza di protezione.
"Ritornano comunque, se tu non li rendi giustizia. Per questo temo
d'essere stata eccessivamente aggressiva con te e me ne rincresce. D'altronde,
non potevo credere che anche tu, tra tutte, arrivassi a tanto. Stando alle
descrizioni di Sasuke-kun, parresti la più giudiziosa e sensibile ragazza di
tutto il Giappone. Quindi, rifiutavo di saperti caduta nel medesimo errore,
specie avendo un compagno che sarebbe più che contento d'assumersi le sue
responsabilità."
Sì, ogni parola di Shisui-san corrispondeva al vero.
Sasuke sarebbe letteralmente schiattato di gioia alla notizia. "Se però
non ho abortito, perché il Mizuko mi perseguita? Cosa vuole da me?"
"Forse vuole un Mizuko kuyō e un'offerta a
Jizō-sama, visto che sei shinto-buddista ... Oppure convincerti a tenere tuo figlio
o ..." e qui il colore sparì per un istante dalle guance della donna.
"Oppure avvertirti che perderai comunque il piccino ..."
Di riflesso mi portai una mano al mio ventre, deglutendo
di traverso la saliva. "Non ... vuoi dire che ...?"
"Fanno 1.250 yen per favore ."
Fissai sbigottita l'inserviente al bancone del chiosco,
che mi stava porgendo un vassoietto di carta contente le bevande calde. Sbattei
confusa le palpebre: quando Shisui-san aveva avuto il tempo di fare le
ordinazioni?
Non volendo fare ulteriori brutte figure (anche per
scusarmi in parte per il teatrino imbastito da Otōsan), frugai concitatamente
nella mia borsetta, assicurando la mia accompagnatrice della mia solvibilità.
Sennonché un braccio si estese oltre la mia spalla,
cedendo all'uomo una banconota da duemila yen e ricevendo il resto.
"Grazie mille, buona giornata." Lentamente, seguii la mano fino alla
sua meta finale, la tasca del cappotto dove lasciò cadere le monete.
Né Shisui-san né io fiatammo, limitandoci a sgranare
incredule gli occhi, la sottoscritta in particolare, la quale perse qualche
battito cardiaco e anno di vita.
"Beh, cosa sono quelle facce? Dico, sembra che
abbiate visto un fantasma!", scherzò Sasuke, spiandoci tuttavia
attentamente di sottecchi. Dovetti
mordermi il labbro inferiore per non gridare la mia sorpresa o in generale
blaterare assurdità. Cosa non avrei dato, in quel momento, per sprofondare
comodamente sottoterra.
Shisui-san fu la prima a riprendersi dal nostro torpore
cerebrale. "Toh, parlando del diavolo ...
Com'è andato il viaggio?"
"Bene, bene, sono appena sceso dal treno ...",
le riferì in fretta Sasuke, sebbene continuasse a tenere lo sguardo inchiodato
su di me, analizzandomi dalla testa ai piedi, neanche stesse vagliando ogni
possibile "danno" alla mia persona, da giustificare il mio lungo e
ostinato silenzio. Aveva domande, oh se le aveva!, e il modo in cui
picchiettava l'indice al pollice mi rivelò la sua impazienza. "Come mai vi
siete incontrate al parco? Ignoravo che foste divenute amiche!"
"Ignoravo che tu fossi così ficcanaso!"
"Ciò che riguarda Naruko, concerne anche me!",
ribadì bellicoso Sasuke, arrossendo un poco e provocandomi una dolorosa
capriola allo stomaco. In un altro contesto ne
sarei rimasta lusingata, ma ora ...
"Perfetto!", esclamò imperturbabile sua
cognata, battendo le mani. "Allora, porta tu il vassoio, visto ch'era il
compito di Naruko-chan!", gli intimò, offrendogli decisa il portavivande,
che il mio fidanzato accettò con un divertito broncio.
"Schiavista!", protestò petulante, sorridendo
però e tutta la sua figura parve rilassarsi, mentre ci incamminavamo verso il
gazebo. La sua espressione assunse ciononostante una fuggevole tinta d'intima
delusione, quando Shisui-san si pose strategicamente tra lui ed io, gesto di
cui gliene fui grata, visto che non riuscivo a guardare Sasuke negli occhi
senza voler scoppiare a piangere.
"Non ci racconti niente di Nagasaki? Novità sul
fronte della medicina?"
"Euh?", cascò l'uomo dalle nuvole, avendo
infatti cercando un contatto visivo con la sottoscritta, invece di ascoltare le
parole della cognata. "Ah sì, ecco ... durante le pause tra un congresso e
l'altro, il direttore dell'ospedale di Kyōto ha detto che stanno cercando degli
oculisti per il suo reparto e date le mie capacità, accennava perfino ad una
mia futura promozione a primario del reparto. Mi lisciava, ovviamente."
Shisui-san fischiò impressionata. "Non è vero! Sei
il migliore del tuo campo, in dieci anni potresti sul serio divenire primario! Hai
accettato?"
"Si trattava di una proposta, Shisui-nee, nulla di
che", fece spallucce Sasuke, sennonché il modo in cui arricciava la bocca
tradiva quanto invece fosse tentato dall'offerta.
La donna rise. "Suvvia, devi accettare! Contrariamente a tuo fratello, non hai mai sopportato
la provincia, ammettilo!"
"E' che mi mancherà la mia famiglia: Kyōto non è
molto vicina ..."
"Pah, vorrà dire che te ne farai una tua!", gli
suggerì candidamente Shisui-san e sia Sasuke che io assumemmo una bella tinta
scarlatta. "Eppoi, coi superveloci di oggigiorno, potrai venirci a trovare
quando vorrai!"
"D'accordo, però lo stesso non spifferare niente ad
Itachi-nii, fintanto che non avrò preso
una decisione, non desidero che ci ricami su quali progetti! Kaa-san in
particolare: lei è famosa per i suoi voli con la fantasia!"
"Non fiaterò!", gli promise la cognata.
"Questo lo prendo io: ormai siamo arrivati", aggiunse, togliendogli
il vassoio di mano.
"Ma sei sicura? Non rischi di ...?"
"Se te lo lascio per altri cinque minuti, ci
ritroveremo un bel niente da bere: stai versando tutto!", gli fece notare
maligna Shisui-san, staccandosi da noi tramite quattro belle falcate: malgrado
la gravidanza, non aveva perduto la sua camminata veloce né tantomeno peccava
di mancanza d'agilità.
Ignoro se Shisui-san avesse agito così di proposito o
perché stufa di contemplare la faccia da cane bastonato di Sasuke: fatto stava
che adesso eravamo rimasti soli, lui ed io.
"Non m'aspettavo che ritornassi tanto in
fretta!", asserii senza rifletterci sopra, giusto per colmare
quell'incomodo silenzio insinuatosi tra noi.
"Ti dà fastidio?", domandò invece lui,
mordicchiandosi ansioso il labbro inferiore.
"Non blaterare cacche di piccione!", esclamai
indignata. "Tu non mi dai mai fastidio!"
"Dunque perché hai ignorato le mie chiamate?"
Eccolo là il nocciolo della questione, schiaffatomi in
faccia senza tanti giri di parole: invero diplomazia e Uchiwa Sasuke non
facevano rima.
"Avevo dei problemi, va bene? Non ... non stavo
attraversando un bel periodo!"
"Questo mi pare evidente. Però potevi
parlamene!"
"E disturbarti? Neanche per sogno!"
"C'era sempre mio fratello! Potevi lasciarmi un
messaggio tramite lui!"
Sbuffai esasperata. "Itachi-san non è la nostra
balia, ha la sua famiglia cui pensare! Diamine, talvolta sei più asfissiante di
un boa constrictor!", berciai, pentendomi subito di quanto pronunciato non
appena vidi l'espressione dell'Uchiwa, non dissimile da quella di uno che ha
appena ricevuto un crudele manrovescio. "Mi dispiace ... non volevo
..."
Il viso di Sasuke s'indurì. "Mi biasimi perché mi
preoccupo per te? Non dovevi mica telefonarmi tutti i giorni, sai? Bastava che
tu m'avessi risposto per una sola volta
e mi sarebbe bastato! Invece, mi hai tenuto col fiato sospeso per una fottuta settimana! Avrò il diritto di informarmi
di tanto in tanto come sta la mia fidanzata,
no? Oppure la nostra relazione si basa soltanto sul sesso? Una scopata ogni
tanto e grazie mille per la partecipazione, alla prossima puntata?"
Rimasi sopraffatta
dal veleno e disgusto contenuti nelle ultime frasi: ovvio che per lui il nostro
rapporto significasse tanto, sempre lo aveva coltivato colla massima
delicatezza e dedizione, neanche si trattasse di un fragile fiore da
proteggere. Ma a mia discolpa neanche io l'avevo mai preso alla leggera e mi
feriva sentirmi rivolgere parole sì crudeli. Che mi meritavo, s'era per quello.
Però comunque mi piagavano l'animo.
Avvertii un improvviso abbraccio riscaldarmi e le mani
guantate di Sasuke accarezzarmi i capelli. "Sei preziosa per me, koibito, più
di qualsiasi cosa al mondo. Ho il terrore di perderti, che ti succeda qualcosa
di brutto. Tu, la prima con cui sia riuscito a legare, l'unica che mi abbia
amato senza mai pretendere nulla in cambio", mi confessò, staccandosi
lentamente da me. Il suo sguardo s'era immalinconito. Sospirò a fondo,
tremante, prima di proseguire col cuore in mano: "Se tu però non vuoi più
continuare a ... a vederci, sai che sei libera di troncare e non te ne farei
mai una colpa ..."
Gli posi delicatamente una mano sulla bocca,
interrompendolo. "Baka", mormorai piano, "non mettermi in bocca
concetti, che non penso assolutamente!", gli ordinai perentoria,
sorridendogli tuttavia.
Sasuke m'afferrò la mano, baciandone velocemente le dita.
"Cos'è successo in questi giorni?" Figurarsi se desisteva dal suo
proposito! Testardo d'un Uchiwa!
"Magari te lo racconto, quando mio padre non sta
cercando di staccare la testa a tuo fratello, d'accordo?", sviai il discorso,
contemplando divertita il modo in cui il mio fidanzato si voltò di scatto,
quasi a controllare (seppur a distanza) il livello d'incolumità d'Itachi-san,
il quale ero sicura se la sarebbe cavata comunque egregiamente, anche contro un
Otōsan bramoso di soddisfazione.
"Promesso?", mi scrutò sospettoso Sasuke,
riconcentrando la sua attenzione su di me.
Annuii. Mi rincresceva enormemente dovermi atteggiare
così con lui (da omertosa gatta morta, puah!), però sul serio non sapevo come
dirottare altrove la sua giustificata curiosità. Nella speranza che se ne
scordasse, accantonando tutto nel dimenticatoio.
"Ah! Ho qualcosa per te!", si ricordò
all'improvviso Sasuke, frugando nella tasca del cappotto e porgendomi un
pacchettino piuttosto sgualcito se non proprio semi-mangiucchiato da ...
"Mi si è aperta la boccetta dell'acqua benedetta in valigia ...", mi
spiegò imbarazzato.
"Tu viaggi con la boccetta dell'acqua santa?"
"Embé? Una volta in valigia t'ho vista piazzare dei
talismani tra le mutande e non mi pare d'avertelo mai fatto notare!",
replicò giocosamente perfido il mio fidanzato.
Ridacchiai a mo' di scusa (avevo completamente rimosso
quell'episodio), estraendo dal pacchettino uno di quei braccialetti-magneti che
ultimamente andavano tanto di moda. Arrossii di piacere misto a sorpresa:
ignoravo che Sasuke mi avesse sul serio ascoltata
quando m'ero lagnata con lui, accusandolo
d'essere l'unico fidanzato in Giappone a non avermelo regalato.
"Spero che non si sia rovinato ... L'acqua l'ha
investito in pieno, visto ch'erano vicini ...", borbottò Sasuke,
sistemandomi il braccialetto al polso, dopo essersi levato i guanti, e
approfittandone così vigliaccamente per accarezzarmi la pelle esposta.
"In quel caso, te ne ritorni di filato a Nagasaki
per ricomprarmene un altro!", sentenziai falsamente solenne, sciogliendoci
subito entrambi in una risata complice.
In quel momento, realizzai quanto bene stessi con lui,
quanto ogni mia parola, azione ed espressione mi venisse naturale, senza che
dovessi sforzarmi ad adattarla alle altrui aspettative. Mi stupii della mia
previa reticenza ad incontrarmi con Sasuke: perché? Che avevo temuto fino ad
adesso?
Ci abbracciammo forte, unendo altrettanto gioiosamente le
nostre labbra, il cuore che ci balzava felice nel petto. Un'ondata d'euforia e
fiducia mi pervase l'animo, tanto da
persuadermi a rivelare a Sasuke ciò che lui aveva il diritto di
conoscere.
M'anticipò lui, invece. "Naruko ... forse sarebbe
più consono chiedertelo domani, visto che è il nostro anniversario, ma ... ma
vorresti ...?"
Un improvviso e
violento spintone gli impedì di continuare, facendolo indietreggiare malamente,
non abbastanza da cadere però gli fu comunque difficile mantenere l'equilibrio.
Scattò in avanti per fronteggiare il suo assalitore, bloccandosi tuttavia sul
posto quando riuscì ad inquadrare il suo volto. Lo stesso equivalse per la
sottoscritta: istintivamente m'ero lanciata per soccorrere il mio fidanzato,
sennonché venni tirata in disparte e lontana da lui. Solo allora vidi chi ci
aveva separati così bruscamente.
"Tu ...", sibilò mia madre, puntando feroce il
dito contro un impassibile Sasuke e frenandolo dal ricongiungersi a me.
"Ti avevo ben avvertito, quanto poco gradissi la tua presenza vicino a mia
figlia!"
Non immaginavo che Okaasan sarebbe rientrata così presto
dai nonni. Se soltanto Otōsan si fosse deciso una buona volta a raggiungerci
... magari l'avrebbe calmata ... Era
furiosa. Impazzita, quasi. Sperai che Sasuke non la provocasse o non sapevo
come sarebbe finita. Il cielo ce ne scampasse che s'arrivasse agli insulti e
alle mani. E a giudicare dall'espressione terribile di mia madre, era
esattamente quello cui aspirava.
Il mio fidanzato strinse i pugni, trattenendosi però da
gesti convulsi solo perché davanti ad una donna e soprattutto davanti a mia
madre. "Sua figlia", ribatté glaciale "è abbastanza grande da
frequentare chi vuole! Non ha il benché minimo diritto di ordinarle alcunché!"
"Okaasan", m'intromisi, tirandola per un
braccio. "Okaasan, sei stanca, torniamo a casa! Ne riparliamo più tardi
..."
"Taci tu, screanzata! Mi avevi giurato che non
l'avresti mai più frequentato!"
"Non è vero! Non l'ho mai fatto!", protestai
energicamente, prima che Sasuke elaborasse quanto farneticato da mia madre.
"Okaasan, per favore, andiamo a casa ... Onegai ... te lo supplico, non
complichiamo ...!"
Venni spintonata via. Per fortuna che una panchina si
trovava dietro di me, altrimenti sarei finita per terra a gambe all'aria.
"Bugiarda e pure sgualdrina! Bella figlia che mi ritrovo!"
"Da che pulpito viene la predica!", le gridò
dietro Sasuke, imporporandosi per lo sdegno suscitatogli da quella malagrazia e
apprestandosi a raggiungermi. "Tutta Konoha sa che l'unica baldracca qui
presente è lei!"
Fu un attimo. Un
battito di ciglia. Quando focalizzai bene la mia vista incredula, notai con
orrore del sangue cadere dal naso e dal labbro di Sasuke. Sarà anche stato un
uomo, ma beccarsi un cazzotto da impreparati doveva lo stesso aver sortito il suo effetto. Mi
augurai che non gli si fosse rotto niente.
"Okaasan ...!"
Sasuke si nettò la mano insanguinata sui pantaloni, gli
occhi scuri che rifulgevano di una a stento repressa smania assassina.
Ma mai equiparabile a quella di mia madre. "Non
permetterò che mia figlia si rovini la vita per della feccia come te! Hai
capito?!"
"Senta lei ..."
"Hai capito?!", strillò isterica Okaasan,
levando la mano pronta al bis. "O te la faccio passare io la voglia, di
molestare la mia Nacchan!"
"GIU' LE ZAMPE DA MIO FIGLIO, STRONZA!!!", ci
assordò il ruggito di Mikoto-san, corsa come un'indemoniata fino a noi. Non
concesse a mia madre neanche il tempo d'accorgersi del suo arrivo, che la
matriarca Uchiwa la prese a borsettate, spingendola lontano dal suo
secondogenito.
La reazione di Okaasan non tardò a giungere. "Ma va'
via, sporca!", le intimò, gettandole in faccia una pingue palla di neve.
"Udite, udite: la casta fanciulla!"
"Meglio d'una ipocrita baciatonache!"
"Sapessi cosa baci tu!"
"Parla lei, parla!"
"Vedrai come parlerai tu, dopo che t'avrò strappato
la lingua!", ululò Mikoto-san un agghiacciante grido di battaglia,
avventandosi su mia madre e buttandola in un tonfo per terra e prendendola a
sberle. "Nessuno tocca i miei figli! Men che meno una cagna come te!"
In un battibaleno le due contendenti s'afferrarono per i
capelli, rotolandosi nella neve, graffiando, mordendo e soffiando alla stregua
di gatte inferocite, urlandosi ogni genere d'ingiuria a loro, alla famiglia,
agli antenati. Okaasan era sempre stata molto forte nella lotta, però dovetti
concedere che Mikoto-san le stesse dando non poco filo da torcere, anzi! Le
piazzò una gomitata sui reni che le diede il vantaggio di sedersi a cavalcioni
su di lei, menandola con gusto.
Sennonché, Sasuke le impedì di prenderci troppo la mano,
afferrando la madre per la vita e la issò via con la forza, trascinandola
indietro, distante dalla sua rivale. La quale invece approfittò della
situazione per correre dall'altra, rifilando sia a lei che al figlio dei
confusi manrovesci. Mikoto-san, livida per quell'affronto, prese a calciarla,
sgusciando via da Sasuke in quel turbinio di braccia, mani e gambe e
riprendendo la pugna con maggior vigore.
"Che diavolo state facendo voialtre?"
Grazie al cielo, sopraggiunse Itachi-san a dare a
manforte al fratello, ognuno gettatosi sulle due lottatrici e afferrandole e
strattonandole dalla parte opposta, nel difficile tentativo di separarle:
Okaasan teneva infatti i denti ben piantati nell'avambraccio di Mikoto-san e
questa aveva ghermito la sua capigliatura col fermo intento di renderla calva
anzitempo.
"Basta, voi due! Basta! Ci stanno guardando tutti,
non vi vergognate?!", le rimproverò un furibondo Otōsan, i quale s'era
messo a suo rischio e pericolo in mezzo a quel nodo di carne, districandolo tra
un graffio e una sberla, affinché gli altri due uomini riuscissero nel loro intento
di porre fine a quell'ignominioso spettacolino.
Mi coprii la faccia, incapace d'assistere oltre.
"Tu parli di rovinare la vita altrui, eh?",
ansimò feroce Mikoto-san oltre la schiena di Itachi-san, trattenuta a viva
forza nel frattempo da Sasuke.
"Kaa-san, basta!"
"Tu rovinasti la vita di mio fratello!
Scrofa! Impestata! Vacca bastarda! Puttana d'una puttana!", si lanciò in
avanti, mulinando le braccia onde colpire Okaasan, ma Itachi-san glielo impedì,
ergendosi a scudo umano. "Non osare fare a noi la morale, troia!"
"Haha, silenzio!", ringhiò Itachi-san con un
tono talmente minaccioso e severo, che sua madre non solo tacque, ma abbassò
perfino lo sguardo, seguitando però a tenere la sua smorfia aggressiva.
"Non è né il luogo né il momento per rinvangare certi episodi del passato!
E adesso, se hai mantenuto ancora un po' di giudizio, permetterai a mia moglie
di riaccompagnarti a casa, dove ti pulirai il viso e reciterai qualche Confiteor per il tuo atteggiamento poco
consono alla nostra fede!"
E voltandosi a noi: "Quanto a lei, Kushina-san, se
vengo a sapere che ha messo ancora le mani addosso a mio fratello, mi vedrò
costretto a denunciarla, anche se questo mi addolora enormemente, considerata
la grande stima e amicizia che mi lega a suo marito, a Menma-kun e
Naruko-chan!"
"Che m'importa! Purché lui stia lontano da mia figlia!"
"Naruko ed io siamo entrambi maggiorenni e liberissimi
di frequentare chi ci pare e piace! Non vedo nulla di criminale in questo!",
protestò Sasuke veementemente. "La smetta di trattare la mia famiglia e il
sottoscritto alla stregua d'una masnada di malviventi!"
" Non voglio un emarginato nella mia di famiglia! Né tantomeno un
miscredente che adora un vagabondo giustiziato come i fuorilegge!"
Gli Uchiwa illividirono, affatto contenti di quella
vituperazione del loro credo.
Mio padre, intuendo la piega disastrosa che stava
prendendo la situazione, decise di impedire il peggio e afferrò Okaasan per le
spalle, traendola in disparte. "Ne riparliamo un'altra volta,
Kushina", dichiarò, forzandola a guardarlo dritto negli occhi. "Itachi-kun
ha ragione: stavolta hai davvero oltrepassato ogni limite!"
"Anche tu mi tradisci? Sei dunque dalla loro
parte?"
"Kushina, per favore ...", l'avvertì perentorio
mio padre.
"Tanto a te che t'importa? Non ti sei mai curato
dell'avvenire dei tuoi figli! Ma io sì !", esclamò, sciogliendosi rabbiosamente
dalla presa del marito. "E tu, tu non l'avrai mai! Nacchan non ti sposerà mai! Capito? Mai! Lei non è tua, non è e
non sarà mai tua! Domani abortirà quel parassita che tiene in corpo, che per la
cronaca non è manco figlio tuo!"
Lo strappo. Il punto di non ritorno era stato
oltrepassato.
Mi sentii mancare e magari smisi anche di respirare, costringendomi
un violento capogiro a barcollare all'indietro, cercando a testoni la panchina
onde sedermi prima di cascare per terra, morta. Fu Otōsan ad afferrarmi in
tempo, intercettandomi. D'istinto nascosi il viso sul suo petto.
Sasuke non aveva accolto la novità meglio di me: pareva
l'avessero pugnalato in pieno petto.
Impallidì fino al cadaverico, sgranando gli occhi e le sue mani si
staccarono di riflesso da sua madre. Gli tremava il labbro inferiore, mentre
con lo sguardo mi supplicava di giustificarmi in qualsiasi modo, di dirgli
qualsiasi cosa tranne l'orrore che aveva appena udito.
Shisui-san mi lanciò un'occhiata compassionevole,
scuotendo il capo. Giurai d'aver sentito imprecare Itachi-san tra i denti. La
matriarca, invece, ridacchiò ostile.
"Tale madre, tale figlia!", sentenziò piena di
sarcasmo. "E il bello che la stavamo per accogliere in casa! Che nuora di
merda, mi sarei trovata!"
Shisui-san le cinse le spalle, interrompendo la sua
sequela d'insulti. "Mikoto-haha, non giungere a conclusioni affrettate. Si
tratta di un malinteso, te l'assicuro", le sussurrò calma, conducendo
discretamente la suocera verso la loro casa.
Un pesante silenzio s'impose tra di noi. Non sapevamo più
che dirci, né tantomeno osavamo guardarci in faccia. Trovammo la neve ai nostri
piedi più degna d'attenzione. L'unica che si stava godendo il momento era
Okaasan. Mai come in quell'istante avrei desiderato ammazzarla, in barba alle
sue giustificazioni che stava agendo per il mio bene. Mi aveva annientata. E
inveii contro me stessa per averle rifilato quella bugia, invece di raccontarle
sin dal principio la verità.
Tutto mi si stava ritorcendo contro.
E ora avevo perduto Sasuke.
Sciogliendo le braccia tenute fino a poco fa conserte al
petto, Itachi-san si schiarì la voce. "Temo che non abbiamo null'altro da
dirci, Namikaze-shi", annunciò, inchinandosi profondamente e obbligando
suo fratello ad imitarlo tramite un colpetto al braccio. "Auguro a lei e
alla sua famiglia un buon proseguimento di giornata."
"Sono desolato per quanto avvenuto,
Uchiwa-san", rispose a tono mio padre, ricambiando l'inchino. "Lo
stesso vale per voi: buona giornata."
Ci incamminammo ognuno nella direzione opposta, senza
lanciarci un'ultima occhiata alle nostre spalle.
~ ~ ~
Una volta giunti a casa, si scatenò l'inferno.
Benché mi fossi
ritirata in camera mia, rifiutandomi di pranzare, potevo benissimo sentire i
miei genitori discutere animatamente in
salotto, Otōsan in particolare che, nonostante il tono di voce calmo, vibrava
di collera.
"Si può sapere che cosa credevi di fare in quel
momento? Che ti è passato per quella testa? Umiliare così tua figlia dinanzi ad
una delle poche famiglie rispettabili in questo puttanaio di città! Gli Uchiwa
sono stati gli unici a non avermi sbattuto la porta in faccia, quando ancora
non contavo niente! Mi pareva ovvio, se non proprio garbato, ricambiare la loro
amicizia e disponibilità favorendo l'unione tra Nacchan e Sasuke-kun! Ti rendi
conto, che adesso non la vorranno manco più vedere dipinta, figurarsi
frequentarla?! Anche se il loro Iesu-sama predica il perdono, mica lo applicano
sempre, sai, i suoi seguaci! E di certo non lo faranno con noi!"
Un improvviso tonfo mi suggerì come avesse sbattuto il
pugno sul tavolo, la sua usuale valvola di sfogo. "Io davvero non ti
riconosco più, Kushina. Una volta, non ti saresti abbassata a queste
obbrobriose scenate, certo, avresti messo su un epico broncio, m'avresti
tarmato per un mese o due, ma tant'era! Non mi pare che tu abbia preso a pugni
Gaara-kun, il giorno in cui Menma-kun ce l'ha presentato come suo partner! E
poi, cos'hai contro gli Uchiwa? Se non erro, a scuola tu e Mikoto-san eravate
migliori amiche, che accidenti insomma ti sta prendendo?"
Lentamente scivolai dal mio letto, posizionandomi in
punta di piedi in cima alle scale.
"E' inutile che tenti di spiegartelo, Minato: sei
prevenuto. Non ragioni obiettivamente. Innanzitutto, io ho soltanto riferito
ciò che Nacchan stessa m'ha detto, né una parola di più né una parola di meno.
In secondo luogo, gli Uchiwa sono una
famiglia d'attira-disgrazie, tutti a Konoha li guardano storto per le loro
eccentricità. Inoltre, Sasuke è troppo vecchio per lei, mi fa ribrezzo il suo
interesse per Nacchan, la quale deve ancora finire l'università e farsi una
carriera e ..."
"Sii sincera: chi vuoi veramente evitare? Sasuke-kun
o sua madre?"
"Come prego?"
"Quale torto facesti al fratello di
Mikoto-san?"
Silenzio.
Allungai il collo per origliare meglio la conversazione.
"Non sono affari che ti riguardano", dichiarò
infine Okaasan in un borbottio aggressivo. "Tu stesso affermasti, come non
t'importasse nulla di quanto avvenuto prima del nostro matrimonio!"
"Dici il vero. Non me ne frega niente. Ma
incomincerò ad interessarmene, in caso dovesse questa essere la ragione per
la quale tu t'ostini ad immischiarti nella vita sentimentale di nostra figlia!"
"Cosa?", esclamò sconvolta mia madre.
"Kushina, te lo dirò un'ultima volta: basta così.
Nacchan e Sasuke-kun si amano. E' un dato di fatto. Non puoi renderli infelici
per un tuo egoistico capriccio né per un tuo errore del passato: è inumano e
insensato da parte tua! Che ti piaccia o meno, nostra figlia si sposerà con
quell'Uchiwa e avrà quel bambino! Scommetto poi che è stata una tua idea,
quella dell'aborto!"
"Che altro avrei dovuto fare? Lasciare che
partorisse il bastardo di chissà quale sconosciuto?"
"Pah! Tu hai voluto credere a questa bugia, perché
ti conveniva! Ma entrambi sappiamo che solo Sasuke-kun può essere il padre
della creatura! Ma tu hai spaventato a tal punto Nacchan, da costringerla a
mentirti!"
"Non è vero!"
"Invece è così. E la questione finisce qui. Anzi, ti
conviene abbassare il capo e chiedere scusa ad un bel po' di gente, tua figlia
in primis, se non vuoi perderla per sempre!" e dal rumore delle sedie
intuii come la discussione fosse giunta al suo termine.
Rientrai di filato in camera mia, non appena avvertii i
passi di mio padre farsi più vicini, segno che stava salendo anch'egli al piano
superiore.
Mi distesi sul letto a pancia ingiù, raggomitolandomi,
colta da un'improvvisa sensazione di freddo interiore, il quale mi gelava
perfino le ossa.
Incominciai a battere i denti.
Strinsi le lenzuola.
E, mordendo il cuscino, cacciai uno sconquassante urlo
ingolato.
In nessuna delle mie più arzigogolate congetture ero mai
riuscita a figurarmi, quanto dolore m'avrebbe provocato la separazione da
Sasuke. Anche se non era nulla di ufficiale, sarebbe stato da idioti sperare
che ancora volesse avere a che fare con me, in seguito ad una rivelazione del
genere. Nella mia indecisione e stoltezza, avevo rovinato tutto, allontanando
una persona che m'amava sinceramente. Avevo rifiutato la soluzione più logica e
naturale e per cosa in cambio? Per cosa? Per la carriera universitaria? Per un
futuro lavoro? Sarebbero comunque arrivati in seguito!
Cretina, cretina, cretina che non ero altro!
Avevo avuto tra le mani un'occasione d'oro per essere
felice e l'avevo gettata sui rovi!
Mi meritavo quanto accadutomi, buon pro mi facesse! Così
imparavo!
Chissà cosa stava pensando Sasuke di me. Se m'andava bene, mi
commiserava come suo fratello. Altrimenti, mi avrebbe insultata tra sé e sé,
complimentandosi poi della sua fortuna per non essere stato inguaiato da una
donnaccia come la sottoscritta. Magari si sarebbe pure dato dello stolto per
avermi amato, lasciandosi abbindolare da una stupida illusione. L'avrei poi mai
più rivisto? Oppure si sarebbe trasferito a Kyōto per dimenticarmi? E una volta
lì? Avrebbe trovato un'altra compagna, certo che doveva essere così, non sarebbe
rimasto celibe per sempre, si sarebbe sicuramente maritato con un'altra,
probabilmente una Kirisutokyouto come lui, una brava donna, insomma, non una
che l'aveva fatto soffrire come un cane, abortendo suo figlio. Sempre che lui
lo considerasse come tale: se aveva creduto alla bugia di mia madre, alla mia bugia ... Già me lo immaginavo nella
sua nuova casa, assieme a sua moglie e forse pure con un pargolo appresso ...
lui rideva, completamente dimentico di me ...
E se avessi tenuto il bambino? Sarebbe stato l'ultimo
legame con Sasuke ... Sarebbe stato costretto
anche solo a vedermi per amore della creatura ... A meno che ... non me lo portasse via. Ma no,
non poteva, non avrei permesso che venisse allevato da quella stronza di sua
moglie! Ancora (perché si trattava di una questione di tempo) ancora non
conoscevo il volto di quella smorfiosa, ma già sentivo di detestarla fino
all'ultima fibra della mia persona. Lei non poteva avere Sasuke! Nessuno
l'avrebbe avuto! Neanche per sogno!
Mi passò per la mente un malsano pensiero ... Se non per
il bambino, se non per me ... Piuttosto che perderlo, l'avrei ammazzato, sì,
l'avrei ammazzato e poi avrei ucciso me stessa. Così saremmo rimasti assieme!
Per sempre!
Scattai seduta, tremando dalla testa ai piedi. Fissai
sbigottita il mio sconvolto riflesso allo specchio.
Ma che accidenti stavo pensando? A quale follia mi stavo
abbandonando?
Come avevo potuto anche per un secondo contemplare
qualcosa di sì orribile, egoista? Un omicidio! Battei un pugno sulla fronte,
intimandola a tacere, a non suggerirmi simili vigliacche atrocità.
Invece, afferrai il cellulare, componendo rapidamente il
numero di Menma. Avevo bisogno di sfogarmi, anche di sentirmi dare della
deficiente, ma sulla spalla di qualcuno dovevo pur piangere.
"Moshi moshi?"
"Menma-nii!", singhiozzai senza ritegno, non
concedendogli neppure il tempo di pronunciare il tipico Come stai? di cortesia.
"Nacchan?
Maledizione, Imōto! Ma ... ma stai piangendo? Cos'è successo?"
"Lo sa! Lo sa! Sasuke lo sa!"
"Aspetta ... Sasuke
sa della tua gravidanza? Gliel'hai detto? Finalmente, era ora!"
"Non proprio ...", pigolai, tirando su il naso
e, benché ambigua, mio fratello fu subito in grado di cogliere il significato
recondito della mia frase.
"Un momento!
Non è che il bastardo si rifiuta di riconoscere il bambino, eh? Perché lo
ammazzo come un cane!"
Beh, non proprio.
"No, Niisan! Non è così! Okaasan gli ha spifferato
della gravidanza ... Ha ... ha detto che domani avrei abortito e ... e che ...
e che non è figlio suo ... E questo ... davanti a ... a S-Sasuke e ... e a
tutta la sua famiglia ..."
Sentii mio fratello sospirare profondamente, snervato.
"Merda",
fu di fatti il suo esauriente commento, sebbene ebbi il sospetto che avesse
bofonchiato altre intellegibili carinerie tra sé e sé.
"Non mi vorrà più vedere!"
"Ascolta Imōto,
adesso fai un bel respiro e calmati! Non ti fa bene agitarti così! Rilassati e
cerchiamo di ragionare assieme. Per prima cosa, devi contattare subito
Sasuke, devi raccontargli subito tutta la verità, la tua verità! Non potete
troncare per una bugia!"
Scossi il capo energicamente."Non servirà a niente!",
mormorai sconfitta.
"Ma
almeno tenta, maledizione! Io intanto chiamo suo fratello per sentire la sua
opinione: se lui non ha creduto alla balla di Okaasan, vedi che riuscirà a
mettere un po' di sale in zucca a Sasuke!"
"E se Itachi-san la pensasse invece come il suo otōto?"
"Allora mi
rivolgo a sua moglie. O a chiunque possa ascoltarmi. Non gettiamo la spugna,
capito? Non quando questo malinteso si basa su di una crudele menzogna! Il
piccino è suo, punto! Altrimenti è un coglione per cui non vale la pena
perderci la salute!"
Convenni tra incerti singulti, ansimando qualche sì con
voce tremula.
"Si
risolverà tutto, Imōto. Non ti preoccupare: su di me puoi sempre contare, sì?
Me ne sbatto se m'insultano, per te questo e altro!"
Mi asciugai gli occhi col dorso della mano.
"G-grazie, Menma-nii ..."
"Vai a
sciacquarti il viso e mangia qualcosa. Poi, quando ti senti più calma, telefona
pure a Sasuke. Per allora, avrò parlato con qualcuno. Mi raccomando, eh? Stai
tranquilla! Al resto ci penso io!"
"D'accordo ..."
"Ti richiamo
più tardi, ma tienimi comunque aggiornato!"
"Sì ...", lo rassicurai, chiudendo la chiamata.
Intrecciai le mani sul grembo, prendendo tre o quattro respiri profondi nel
tentativo di rilassare i miei nervi sovraeccitati e domandandomi come me la
sarei cavata senza il supporto di mio fratello. Mio padre, per quanto
amorevole, era una presenza che andava e veniva nella mia vita; con mia madre s'altalenava
un rapporto d'amore/odio ... No, l'unica costante s'era sempre rivelato Menma
... Mi ripromisi in futuro di comportarmi meno scorbuticamente con lui.
Con questa risoluzione m'alzai, dirigendomi verso il
bagno.
Aprii il rubinetto dell'acqua fredda, accingendomi a
pulire via dal viso i rimasugli delle lacrime e di quel poco di mascara che
avevo applicato sulle ciglia, avendomi trasformato il previo pianto in una
brutta copia di Pierrot. Sennonché la mia attenzione si concentrò su di una
macchia rossa stagliatasi sul bianco del lavandino. Ne seguì presto un'altra. E
un'altra ancora. Interdetta, le sfiorai coll'indice, percependo subitaneamente
una vischiosa umidità bagnarmi il labbro superiore. Vi passai titubante la
lingua, le cui papille gustative vennero punte da un famigliare sapore ferroso.
Sangue.
Levai bruscamente il capo, studiandomi affannosamente
allo specchio: un pingue rivoletto di sangue mi stava colando dal naso,
sorpassando e aggirando il gibboso ostacolo della bocca, per scivolare in lente
gocce dal mio mento.
Come galvanizzata, unii le mani a coppa e mi nettai la
parte inferiore del volto, sfregando alacremente onde rimuovere la benché
minima traccia di quella copiosa epistassi. Ben presto il lavabo da bianco
divenne scarlatto, aumentando la mia frustrazione e vanificando i miei
tentativi di contenere quello sfogo nervoso, che fin da piccola mi aveva
tormentato ogniqualvolta mi trovassi particolarmente sottopressione. Viso,
polsi, lavandino, il sangue macchiava dappertutto e non voleva scomparire.
"Vai via ... Che diamine, vai via ...",
ringhiai, passando piccata la mano sulla ceramica imbrattata. "Vai via
..."
"Ti
piacerebbe, vero?"
I capelli sulla mia nuca si rizzarono.
Dietro alle mie spalle, il Mizuko mi sorrideva malevolo
allo specchio. "Avanti, rispondi:
ti piacerebbe, vero?"
Mi voltai di scatto, pronta ad affrontare quel maledetto
bambino una volta per tutte. Tanta era la mia afflizione e rabbia per quanto
accadutomi quella mattina, che non m'importava oramai di niente.
Rimasi basita: quel dannato era sparito!
Ma dove ...?
Quand'ecco, che mi ritrovai improvvisamente scaraventata
verso il muro e, nella fretta di porre avanti le mani onde mitigare l'impatto,
persi l'equilibrio, cadendo bocconi per terra.
"Che triste,
quando vieni rifiutato da chi ti ama. Dico il vero, Naru-tan?", mi provocò
il Mizuko, i cui piedi si confondevano con l'acqua raccolta dal lavabo, mentre
quella dal rubinetto s'aggiungeva, aumentandone pericolosamente il livello fino
a farlo lentamente strabordare.
"Non ti ho abortito! Quindi lasciami in pace!",
gli intimai, stufa marcia di sorbirmi quelle sue sentenze sibilline. Mi posi traballando
in piedi; purtroppo, il bambino dal mantello blu m'anticipò, dandomi un calcio
proprio all'addome.
Ansimai di dolore, stramazzando per terra di schiena.
Subito, quelle piccole mani gelide s'avvinghiarono al mio
collo, premendo con forza assassina. Le gocce colanti dal suo cappuccio blu mi
bagnavano il viso in un lento stillicidio.
"Tu mi ordini
di lasciarti in pace? Io non lascerò mai questa casa, Naru-tan, mai,
finché non mi accetterete!", sibilò, applicando maggiore pressione
sulla mia povera gola.
Mi uccide! , cogitò la
mia mente presa dal panico, mentre la vista mi si offuscava per la mancanza di
ossigeno. Vuole ammazzare me e il
piccino!
"Che ci fai tu qui?"
No!
"Mi lasci passare!"
Non voglio!
"Come ti permetti?! Questa è una violazione di
domicilio!"
Mio figlio
deve vivere!
"Kushina, che accidenti sta succedendo?"
Mio figlio
deve vivere!
"Minato-shi, per cortesia, mi faccia parlare con
Naruko!"
DEVE
VIVERE!!
Appellandomi alle mie ultime energie rimaste, coordinai
un pugno trasverso in faccia al Mizuko, colpendolo proprio col polso ornato dal
braccialetto di Sasuke, sperando che gli spigoli dell'accessorio provocassero
maggior dolore a quel disgraziato d'un bambino.
Inaspettatamente, funzionò: neanche l'avessero ustionato
col ferro incandescente, il Mizuko strillò alla stregua d'un porco sgozzato,
indietreggiando e tenendosi la fronte ferita. Senza concedergli il tempo di
riprendersi scattai in piedi e corsi fuori dal bagno, ma sfortunatamente quel
maledetto m'afferrò per il maglione, strattonando violentemente onde
trattenermi. M'aggrappai allo stipite della porta, tirando con la forza della
disperazione, fino a strapparmi un pezzo dell'indumento, il cui sinistro rumore
segnò la definitiva separazione tra me e il Mizuko, il quale scomparve con un grido
rabbioso nel pavimento, mimetizzandosi con la pozza d'acqua sorta per colpa del
rubinetto aperto.
Quanto a me, finii sbilanciata in avanti e con tale
velocità da non avere neanche il tempo di puntare i piedi e fermarmi. Riuscii
soltanto a girarmi, giusto per vedere mio padre correre angosciato verso di me,
stendendo il braccio per afferrarmi. Mancò di qualche centimetro la mia mano.
Capii all'ultimo momento che mi trovavo sul bordo delle
scale, pronta a scendervi ruzzolando fino al pianterreno.
Era finita.
Per il mio bambino era finita. Non sarebbe sopravvissuto
a questa caduta.
Il Mizuko aveva vinto.
Chiusi gli occhi, preparandomi alla dolorosa collisione.
Nel buio della paura più nera, udii grida, un tonfo, un
sofferente gemito, passi concitati e
soprattutto due forti braccia che, serrandomi fino a soffocarmi, avevano
attenuato l'urto per me.
Dopodiché, tra quel marasma di suoni, distinsi con
chiarezza la prepotente sirena dell'ambulanza.
Infine, non seppi più nulla.
Next chapter, the end ...
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In un momento d'estrema pigrizia mentale e creativa, Hoel
era quasi tentata di porre la parola fine
durante l'incontro con Naruko e Sasuke al parco. "Massì, facciamo che si chiariscono e poi baci, baci, un po' di fluff e
caliamo il sipario." Dopodiché, la vostra fedelissima si mise a ridere
sadicamente: "Seeee, col cavolo!
Devono soffrire! Muhahhahah!!" E così vi toccherà sorbirvi un altro
capitolo per sapere come finirà tra Isso, Essa e il Pupo più un secondo per la
conclusione di tutta la storia! La quale, devo ammettere, dopo lo confusione
iniziale è davvero scivolata via! Manco ci credo che stia per finire! XD
Se in questo capitolo avete avuto l'impressione che
Naruko abbia avuto atteggiamenti da schizzoide drama queen, beh, sappiate che
così un po' lo sono i giapponesi. Guardando certi film, sono rimasta davvero
spiazzata da alcuni loro gesti che manco nelle tragedie shakespeariane s'era
arrivati a simili livelli di melodrammaticità. Come ad esempio di donne che
ricattano gli ex col suicidio. Eppoi, ammettiamolo: la povera Naruko è capitata
in una situazione più grande di lei e non sa come uscirne, senza commettere un
errore dietro l'altro. Direte che è un'immatura e lo è, che colpa ne ha?
Avessimo tutte le risposte della vita a ventun anni! XD La sua situazione
famigliare, poi, non l'aiuta di certo, anzi, la rende doppiamente insicura e
bisognosa di sostegno, che tuttavia teme di chiedere per non essere rifiutata e
soprattutto giudicata. La mia non è una giustificazione del personaggio, anzi!,
a me piace descrivere apposta di personaggi sbagliati, grigi, umani e se riesco
a scatenare reazioni e dibattiti su di loro, meglio! ^^
Comunque, ho finalmente realizzato il mio sogno segreto
di descrivere una scazzottata tra donne ... Solo perché Fugaku è un nato
incazzato, non significa che Mikoto sia sempre la cara moglie angelica e
comprensiva, dolce, cara, buona e farina farosti ...
Detto questo, non
ci resta che attendere gli ultimi due aggiornamenti, no?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Alla prossima,
ciao!