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Autore: Hoel    02/04/2015    2 recensioni
"Tutto accadde sei anni fa, quando ancora frequentavo il penultimo anno di università."
Così incomincia la testimonianza di Naruko Namikaze, trascritta da Tobirama Senju, celebre horror writer. Una storia taciuta da molto, molto, forse troppo tempo e che tuttavia continua tuttora a tormentare la sua protagonista. Una confessione per poter finalmente scrivere il tanto agognato "The End".
Tutto incominciò sei anni addietro. Con un appuntamento. Cui Naruko non andrà mai.
Perché cosa - o chi - può averla persuasa a disdirlo?
***
[SasukexFem!Naruto; altre coppie ...]
Genere: Horror, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Menma Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Tobirama Senju | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Gender Bender, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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 Heilà!

Mi scuso per il ritardo con cui giunge questo capitolo, di solito tento di mantenere un ritmo di almeno "ogni due settimane" nel weekend. Ma alas, la pigrizia primaverile m'ha ghermita, aggiunta al fatto che sono sempre stanca! A momenti m'addormento alla fermata dell'autobus alla mattina! XD

Comunque, eccoci qua, dai, ad un capitolo dalla fine!

Sinceramente, essendo io allergica ai finali, non so come sia venuto questo capitolo, speriamo bene! In realtà questo non è un finale, -ale, -ale, l'epilogo spiegherà ciò che qui manca.

Perché? Perché sono dispettosa! ;-P

Avvertimenti!

Capitolo fiume. Sul serio, il Nilo ha straripato! Mettetevi comodi, con una bella tazza di tea/cioccolata calda / latte / caffè, un cuscino dietro la schiena e ... enjoy!  Questo per lavarmi le mani, in caso d'errori di battitura! Ihihihi .... XD Un pochino poi di lemonade, perché siamo in vacanza.

Ulteriori note e commenti si troveranno a fine capitolo.

Il prossimo aggiornamento arriverà dopo Pasqua. Hoel va in letargo primaverile, eggià!

Infine, un sentito ringraziamento a tutti i miei lettori e recensori, in particolare a Imoto, Lucrezia_Uchiha e Jo95. Grazie anche a coloro che hanno messo questa storia tra le seguite, ricordate e preferite.

Vi auguro una buona lettura e ...

 

 

 

BUONA PASQUA 2015!!!

 

 

 

 

 

H.

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L'Appuntamento

dalla testimonianza di Naruko Namikaze

(segue)

 

 

 

 

Un breve intermezzo

 

 

Difficilmente ci si dimentica del giorno in cui si diventa una coppia a tutti gli effetti. La gioia sperimentata in quel momento appare tanto intensa, da cicatrizzarsi nella pelle, nella memoria, in ogni molecola del proprio essere. Anche nel caso di una rottura, non si può non ricordare con un certo malinconico affetto il sorriso del rispetto partner quando, alla domanda: "Allora, stiamo sul serio assieme?", si risponde dementi: "Certo che sì!"

Sasuke ed io non avevamo programmato fin dall'inizio di metterci insieme, non ufficialmente almeno. Avevamo preso a frequentarci in maniera discreta, quasi sospettosa, ognuno valutando le reali intenzioni dell'altro in un subdolo quanto intrigante gioco di strategia. Il primo passo consistette nell'accantonare definitivamente quel ridicolo disprezzo ostentato in maniera, a detta di terzi, invero "pacchiana". Una volta quindi smesso di comportarci alla stregua di macchiette decerebrate, instaurammo una sorta di amichevole patto di non aggressione, ben presto seguito da un innocuo cameratismo che divenne sempre meno neutrale fino a cambiare in un sentimento più profondo, ambiguo.

Intanto, trascorsero sei mesi. Per alcuni forse pazzesco, ma per noi necessario affinché i poli estremi dei nostri mondi s'incontrassero e si congiungessero dopo aver trovato una solida base comune. Avevamo infatti tacitamente compreso e accordato, che tra noi due non ci sarebbe mai stato il famoso refrain "è solo sesso". Da parte mia, giudicavo rapporti simili un chiaro segno d'aridità di spirito. Ridurre un atto così intimo a della mera ginnastica? Vai piuttosto in palestra e sfogati con le flessioni! Quanto a Sasuke, appariva sinceramente disgustato all'idea. Dalle informazioni estrapolate su di lui dalle infermiere del suo reparto, scoprii come avesse vissuto le sue previe relazioni con  grande dedizione. "Tuttavia", m'aveva fatto l'occhiolino Yuugao-san, la capo-infermiera del dipartimento di oftalmologia "non l'ho mai visto così sbarellato come con te! L'hai colpito ed affondato!"

Pertanto, recandomi nel suo ambulatorio quella sera del 6 febbraio 1997,  non mi stupii di vederla salutarmi maliziosamente raggiante, neanche si fosse trasformata in chissà quale mezzana. Ciononostante, dovevo a lei la mia presenza nella clinica, giacché se non fosse stata per quella sua soffiata, non mi sarei decisa a riportare a casa Sasuke se non tirandolo per le orecchie, perlomeno con l'allettante promessa di camminare assieme fino alla sua abitazione.

"Dottore Uchiwa-san, dico alla paziente d'accomodarsi?", s'informò la donna, bussando leggermente alla porta semichiusa, non appena raggiungemmo il suo studio.

Sasuke, impegnato a leggere degli aggiornamenti medici, alzò confuso la testa, controllando l'orologio. "Alle otto e mezza di sera? Non ho preso appuntamenti ..." e il suo sguardo assunse una tinta d'indignazione mista a timida felicità quando mi scorse dietro alle spalle della capo-infermiera.

"Allora? La faccio entrare o si decide a rincasare?", lo incalzò Yuugao-san, avanzando verso il suo superiore. "Questi può finirli tranquillamente domani. Insomma, che razza di fidanzato orribile è lei, da abbandonare la sua povera gonzesse in sala d'aspetto?"

Udendo quell'ultima dichiarazione, Sasuke ed io ci affrettammo a chiarire: "Non siamo una coppia!", esclamammo in coro un poco imbarazzati, l'Uchiwa in particolare, dal modo in cui riponeva disordinatamente i fogli nel cassetto della scrivania, ficcando a casaccio della roba nella sua ventiquattrore e spegnendo malamente il computer. Yuugao-san, ineffabile, s'accertò che si fosse ben deciso a seguirmi, controllandolo con amorevole severità mentre s'infilava il cappotto. Pareva quasi una sorta di sorella maggiore. Avevo saputo da fonti molto indiscrete (l'ospedale, in fin dei conti, è un alveare di pettegolezzi) come la donna avesse preso il giovane oculista sotto la sua "protezione", quando questi era entrato nel dipartimento in veste di kohai di dottori molto più avanti negli anni e nell'esperienza. L'aveva aiutato ad inserirsi in un ambiente molto rigido e severo e a non scoraggiarsi per l'iniziale mancanza di fiducia dei pazienti verso il nuovo arrivato. Similmente, Sasuke a sua volta le era stato di molto conforto, se non proprio l'unica spalla su cui Yuugao-san avesse potuto piangere, quando  le morì il marito Hayate-san di cancro polmonare. Il mio personale processo di rivalutazione dell'Uchiwa era incominciato esattamente il giorno in cui lo intravidi al funerale del fu Hayate-san, il solo partecipante al di fuori della vedova e del suocero di lei. Eppure, malgrado l'intesa tra i due, non riuscivo a provare alcuna gelosia nei confronti di Yuugao-san né la consideravo una minaccia. Del resto, lei stessa si burlava di me, affermando quanto Sasuke "puzzasse troppo di latte" per avanzargli proposte indecenti. Nondimeno, ero contenta che qualcuno al di fuori della famiglia vedesse in lui al di là della sua immeritata facciata di "bello, gelido e stronzo".

Consegnatomi dunque il mio uomo dalla sua inflessibile capo-infermiera, lo ricondussi a casa, brontolando giocosamente sulla sua brutta abitudine di rincasare tardi, in quelle occasioni in cui sia Itachi-san che i suoi genitori si trovavano altrove. "Che poi", gli chiesi, "dove esattamente sono andati tutti quanti?"

"A Nagasaki", rispose lui, aggrottando la fronte dinanzi alla nota lasciatagli dalla povera donna, che doveva badare al suo pestifero e ultracentenario nonno quando nessuno era disponibile. "Si sono presi tre giorni di vacanza. Ieri e oggi per noi corrispondono all'anniversario liturgico del martirio di Miki Pauro-sama e dei suoi ventisei compagni. Molti dei miei correligionari si riuniscono lì, sulla collina, a pregare dinanzi al monumento commemorativo."

Annuii attenta e, senza rendermene conto, lo seguii dentro casa invece di fare dietrofront e ritornare dalle mie bande, come da me programmato prima di dirigermi all'ospedale. "Come mai non ti sei unito a loro? Mi pare di capire che per voi sia un rito molto importante ..."

Sasuke fece spallucce. "Qualcuno doveva pure badare ad Hikaku-ojiisan ... Eppoi, ho preso la Messa delle sette del mattino. Infatti ..."

"Sacchan? Sacchan sei tu?", lo interruppe una stridula voce assai irritata. "Oh, finalmente sei arrivato! E' tutto il giorno che cerco di capire come funziona questo cacchio d'aggeggio, ma nessuno me lo spiega! Quella pazza d'una pescivendola isterica m'ha detto che telefonare col cellulare m'affatica! Ma dico, se voglio chiamare quel disgraziato di mio figlio, avrò no il diritto di scassargli le scatole quando e come mi aggrada, o mi sbaglio?"

L'Uchiwa più giovane mi sorrise a mo' di scusa e in quel momento realizzai, quanto poco lo facesse e soltanto in mia presenza. "Piuttosto, Ojiisan, hai cenato? Non credi che sia ora di coricarsi?"

"Eh? Ma va' a cagare, poppante! Io a letto non ci vado ...!"

Molti minuti e moine dopo, in totale disprezzo verso le sue volontà, il nonno fu rifocillato e  spedito senza tanti complimenti a dormire. Ad operazione terminata, Sasuke ed io ci ritirammo sfiniti e sbuffanti in cucina, là dove consumammo in silenzio una cena leggera, la quale terminò tuttavia con una vivace sequela di lamentele da parte mia, ciascuna indirizzata contro quella vecchiaccia odiosa della mia affittacamere. All'epoca, infatti, ancora non m'ero trasferita assieme ad Hinata-chan e vivevo da una signora anziana la quale, nonostante l'aspetto innocuo e affabile, era in realtà una vipera bell'e finita e tirchia fino all'ossesso. "Un giorno mi verrà un esaurimento nervoso!", mi sfogai ad un certo punto, nel frattanto che pulivamo assieme la cucina. "Non posso fare niente, ma proprio niente! Sto sempre fuori o all'università o con le mie amiche, ma ancora ha di che lagnarsi, la vacca! Per esempio, sai come ogni tanto mi vengono i crampi, specie se studio per ore nella stessa posizione. Ecco, per qualche salto che faccio per aiutare la mia circolazione a ripartire, mi bussa alla porta e mi abbaia dietro non so che stronzate, aggiungendo poi "E comunque, hai lasciato i fornelli sporchi", quando invece li pulisco sempre una volta terminato di cucinare e in ogni modo mai più lerci di come li lascia lei! Anzi, con la scusa che ceno sempre tardi per via delle lezioni, lascia la cucina apposta sporca, la bastarda, così da costringermi a pulire al posto suo! Ma non mi permette di usare i suoi detersivi, devo per forza provvedere da me! Insomma, m'ha preso per Paris Hilton, che ha anche fin troppi quattrini da spendere? No, perché se fosse stato il caso, mica andavo a vivere da lei, mi affittavo un monolocale tutto per me! Oh, ti ho raccontato come mi scotenna, se le sposto qualcosa? No? Beh, non sai che lavate di capo, se mi porto in stanza una tazza di tea, per bermela mentre studio! Tutto deve essere esattamente come lo trovato, nella medesima posizione! Argh!"

Sasuke m'aveva ascoltata in partecipe silenzio, senza mai interrompermi. "Non ci pensare, Naruko. Non prendertela. I vecchi sono fatti così: hanno le loro manie e non c'è nulla, che tu possa fare per persuaderli a cambiare atteggiamento.  Fidati, parlo per esperienza diretta. Se la tua padrona di casa fa la tirchia, stai attenta che non si allarghi troppo, togliendoti alcune cose che invece sono comprese nel contratto: non sia mai che ti metta, ad esempio, in conto il riscaldamento come extra, quando invece è già compreso nel prezzo d'affitto. Ah, e che non te lo alzi prima dello scadere del contratto. E se la tua locatrice fa la bulla con te, dicendo che non troveresti altrove un posto migliore e che dovresti essere grata di avere una stanza così, etc. etc., tu replicale calma che certo, può avere tutti i locatari che vuole, ma che non tutti sono gente tranquilla e degna di fiducia ..."

"Da come me la racconti, anche il tuo locatore doveva essere stato uno stronzo ..."

"Non era una persona molto piacevole con cui trattare", ammise Sasuke. "Piuttosto, non hai considerato di trasferirti da tuo fratello? O di dividere un appartamento magari con qualche amica? Se hai bisogno d'un anticipo, te lo posso dare io, non mi crea alcun fastidio ..."

"Nah, e sorbirmi lui e Gaara che fanno i piccioncini? Meglio sotto i ponti a questo punto!", risi imbarazzata dalla sua offerta, sistemando i piatti nella credenza così da celare il mio rossore. "E a te com'è andata invece la giornata?", cambiai velocemente discorso, prima d'addentrarci in un campo minato.

"Bene", fu la concisa replica di Sasuke, mentre si sistemava in una posizione più composta, sfogliando distrattamente una rivista abbandonata lì dal nonno.

Mi morsi frustrata il labbro inferiore, sbuffando intimamente irritata. Ogni cosa a Sasuke andava "bene", anche quando in realtà si trattava del contrario. La sua ferrea introversione talvolta m'inquietava. Contrariamente al giudizio superficiale di chi non lo conosceva bene, Sasuke non era uno stronzo orgoglioso: possedeva invece un carattere sostanzialmente buono e affettuoso, talvolta sorprendentemente generosissimo e disponibile verso amici e parenti stretti. Purtroppo, però, simili qualità venivano distorte dal suo apparire così selvatico, inavvicinabile. Sebbene ancora non me lo avesse confidato apertamente, sospettavo che gli fosse accaduto qualcosa di assai grave, da renderlo poco fiducioso nel suo prossimo. La mia personale teoria era che il suo aspetto attraente e  un notevole talento sia nello studio che nel suo lavoro, gli avessero creato non poche antipatie da parte di colleghi e conoscenti. La cosa mi mandava in bestia, reputandola ingiusta: sicuro, Sasuke eccelleva spesso in qualsiasi cosa si cimentasse, ma in quanto sgobbone. Durante i suoi anni di studente di medicina, al posto di gironzolare cogli amici, dedicava al pronto soccorso o in ambulatorio il suo tempo libero, facendo pratica di quanto appreso durante le lezioni. Ammetto che all'inizio anch'io lo avevo un pochino invidiato (corso di studi brillante, famiglia presente e amorevole, ...), per poi cessare quando realizzai a che punto Sasuke ci soffrisse silenziosamente. Gli dava fastidio essere invidiato, specie per risultati che anche gli altri, impegnandosi, avrebbero potuto ottenere. Risultati che poi non gli erano cascati dal cielo, bensì frutto di duri sacrifici. Sasuke però si teneva caparbiamente dentro questo suo malessere, celandolo dietro una gelida indifferenza e alterigia. E col tempo compresi le sue ragioni, giacché anch'io sotto sotto mi nascondevo dietro una maschera di bugie, sebbene essa apparisse più allegra ed estroversa rispetto alla sua.

"Bene per davvero o per finta?", lo provocai, porgendogli una tazza di tisana e sedendomi accanto a lui.

"Bene per davvero", rispose con nonchalance, sorseggiando placidamente la bevanda. "Perché sei venuta a prendermi all'ospedale. M'ha fatto piacere", mi confessò.

Come tutti i medici, Sasuke sapeva essere molto pignolo su queste piccolezze (o carinerie). 

"Non prenderci troppo gusto: lunedì ritorno a Tokyo, lo sai."

L'uomo annuì col capo, gli occhi offuscati da una lieve malinconia. "Potrei venire a trovarti qualche finesettimana ...", mi suggerì speranzoso, provocandomi un piccolo sobbalzo nello stomaco: pur di sottrarlo dalle avances di Sakura-chan, gli avevo suggerito di non visitarmi a Tokyo a meno che non fosse strettamente necessario. Mi vergognavo a confessargli questa mia intima insicurezza, in quanto sospettavo quanto lo avrebbe offeso, indirettamente accusandolo di essere un potenziale adultero. Nondimeno, non me la sentivo di rischiare, gettandolo in pasto a quella famelica leonessa.

"E dove pernotteresti esattamente?", ribattei scettica. "A casa mia con la vecchia?"

Un lampo birbante rischiarò le iridi carbone dell'Uchiwa. "Beh, visto che è tanto dolce e accogliente ... Diamole una vera ragione per lamentarsi, stavolta ..."

"Saltiamo in due sul futon?", sogghignai perfida, per poi schiaffeggiarmi imbarazzata la fronte. Mi ero infatti accorta soltanto cinque secondi più tardi del mio involontario doppio senso.

Arrossii di nuovo violentemente.

"Non solo: ci prendiamo pure a cuscinate! E sporchiamo i fornelli di salsa chili coll'ananas, che s'appiccica peggio della colla e non la levi manco con un esorcismo! Ovviamente, non puliremo alcunché, adducendo a mo' di scusa che non avevamo i soldi per comprare né la spugna né il detersivo per piatti e fornelli!", contenne Sasuke la mia "gaffe", intuendo il motivo dietro il mio impappinamento. Il quale peggiorò, quando egli m'afferrò la mano, cullandola tra le sue e baciandone furtivamente le dita, il tutto senza malizia, anzi, con un giocoso e disarmante candore.

"Allora, ti dovrò invitare più spesso!", sentenziai in apparenza stando il gioco, in realtà nervosa da una non ben definita ansia. Mi sciolsi incomoda dalla sua presa e balzando in piedi. Prontamente, a mo' di specchio, Sasuke m'imitò. Confusa, sbattei le palpebre: "Perché ti alzi?"

"Non ti stavi preparando per tornare a casa?", reclinò il capo un altrettanto disorientato Uchiwa, aggrottando perplesso la fronte. "I tuoi genitori non ti staranno aspettando? A meno che ..." e lasciò sospesa la frase, socchiudendo gli occhi e arcuando perentorio il sopracciglio. "Li hai rifilato la famosa balla dell'amica?"

"Beh, non è proprio una balla, avevo sul serio intenzione di andare a trovare Ayako-chan ...", presi a rigirare colpevole il bordo del mio maglione. Non desideravo che misinterpretasse la mia giustificazione: non era perché mi vergognassi di lui, casomai non volevo complicazioni con mia madre, la quale si sarebbe agitata peggio d'un tacchino, tampinandomi di domande sui miei spostamenti.

Sasuke sospirò, massaggiandosi la tempia. "Ti riaccompagno a casa. A quest'ora non mi garba, che te ne vai a zonzo da sola", dichiarò stancamente, apprestandosi ad uscire dalla cucina così da pigliare il  suo cappotto.

"Mi cacci via?", gli chiesi senza riflettere, suonando inspiegabilmente agitata. Sin da quando avevo varcato la soglia di casa Uchiwa, un bizzarro e al contempo famigliare languore mi aveva gradualmente liquefatto le vene, ammollendomi le gambe e rendendo leggera la testa, come quando si beve troppo. Sasuke ed io avevamo trascorso appena due orette assieme; ciononostante, mi sembravano una vita, quasi avessi sperimentato sprazzi di quotidianità di una me stessa proveniente da un futuro neanche troppo lontano né chimerico ...

Ero affascinata e al contempo intimorita dalla naturale complicità con cui mi relazionavo con Sasuke. E viceversa, sicuro. Quasi c'avessero stampati uno per compensare l'altro. "Vuoi che me ne vada?"

In un battibaleno avvertii le mani dell'Uchiwa afferrare le mie, stringendomi in modo tale da impedirmi la fuga, ma senza tuttavia imporsi su di me. Mani piccole ma forti. Mani da medico. "Se dipendesse da me ...", sussurrò leggermente roco, scivolando le agili dita dai miei polsi fino al mio viso, incorniciandolo. "Non ti permetterei mai di lasciare questa casa ... Però non sarebbe giusto nei tuoi confronti", aggiunse, scuotendo il capo. Affondai le mani nei suoi capelli corvini, stavolta io che trattenevo lui , appoggiando la mia fronte contro la sua. "Se c'è qualcosa che mi auguro (dire "voglio" è azzardato), sarebbe di poter un giorno riuscire a buttarci alle spalle quanto avvenuto in passato tra di noi e prima di noi e ricominciare daccapo, assieme", mi rivelò Sasuke con sincerità disarmante, solleticandomi l'orecchio col suo respiro. Abbassai languidamente le palpebre, poggiando la testa sull'incavo della sua spalla, intrecciando ora le nostre dita, mentre la pelle della mia schiena rabbrividiva ipersensibile alla lieve pressione della mano dell'Uchiwa. I nostri petti, premuti ora uno contro l'altro, sincronizzavano il battito sempre più accelerati dei loro cuori.

Timidamente, m'azzardai a levare lo sguardo, imbattendomi in un paio d'iridi nere, nerissime, liquide e dilatate, che m'avvolgevano amorevoli, trascinandomi però al contempo in un abisso da cui non sarei mai più riuscita emergere né loro me l'avrebbero d'altronde permesso.

Li concessi di catturarmi, firmando la mia volontaria prigionia in un bacio cauto, discreto, un lieve contatto più di prova che d'appassionato trasporto. Vedendo che non rifuggivo al suo tocco e che anzi il mio corpo si rilassava, abbandonandosi, al tenero abbraccio, Sasuke m'accarezzò dolcemente la guancia col pollice, congiungendo nuovamente le nostre labbra, stavolta con maggior decisione ma comunque senza bruciare le tappe. Ci viziammo con una lenta scoperta delle rispettive bocche, gote, palpebre, fino a scendere giù lungo il collo, scoprendo, annusando, accarezzando, mordicchiando. Ci riempiemmo l'un l'altro del rispetto sapore, odore e calore, rubandoceli e mischiandoceli.  

Entrambi perdemmo il giudizio, annegando in un'arcana euforia, permettendo che essa azzerasse ogni pensiero razionale, accantonandolo, per concederci l'ardente temerarietà di infrangere le ultime barriere rimaste. Mi lasciai condurre nella stanza di Sasuke e fu in quel momento che l'entusiasmo iniziale si raffreddò, sostituendosi ad una paura folle d'apparire ridicola o brutta o goffa, di sbagliare, di deludere. Arrossii di vereconda anticipazione mentre, baciandoci, ci spogliavamo a vicenda, imparando a conoscere i nostri corpi nella loro forma più semplice, intima.

E nonostante i miei timori, non credo d'aver mai provato tanto amore verso il mio partner come in quegli istanti. Il mio sentimento per lui mi squarciava il petto e gli avrei offerto il mondo intero, se solo me l'avesse chiesto. Risi di cuore, stringendolo al petto, quando lessi negli occhi di Sasuke la mia stessa appassionata emozione.

O forse piansi di gioia, chissà, poiché Sasuke - sopra di me, dentro di me - a sua volta sorridendomi dolcemente mi asciugava piano gli occhi, baciandomi le palpebre, la fronte, la punta del naso.

Sei il mio tutto.

Dopodiché ... fu solo il delirio di fare l'amore.

Sfrenato. Sconvolgente. Tirannico.

Prendemmo e ricevemmo.

Conquistammo e capitolammo.

Legandoci indissolubilmente, come tralci di vite.

"Allora, adesso siamo sul serio una coppia?"

"Certo che sì!"

 

 

 

***

 

 

 

Come convenuto via e-mail, Terumi Mei incontrò Tobirama nel cortile del tempio dedicato a Jizō, il bodhisattva [1] protettore dei bambini. L'horror writer se ne stava lì, in piena solitudine mattutina, a contemplare le statuette rappresentanti i feti commemorati durante il Mizuko kuyō, accarezzando con lo sguardo quelle sciarpine e cappellini rossi, assieme ai biberon e ad altri oggetti legati ad un neonato, i quali conferivano un che di malinconico a quella pingue fila di sorridenti e immobili soldatini.  

La giornalista, che fino a quel momento aveva nutrito qualche scetticismo circa la scelta del luogo per l'intervista, dovette ricredersi, giudicando ora più che mai sensata l'insistenza dell'horror writer. Non avrebbe potuto indicarle un posto migliore, specie considerando il tema trattato ne L'Appuntamento. Forse l'artista peccava un po' d'eccessiva teatralità, ma era anche possibile che si fosse trattata di una specifica richiesta della protagonista del romanzo, la quale aveva specificatamente optato per il tempio come rendezvous. In tutta onestà, Mei fremeva dall'aspettativa sia d'intervistare Tobirama (la cui riluttanza a certe pratiche pubblicitarie era oramai divenuta leggendaria) sia di vedere Namikaze Naruko in carne ed ossa. Sebbene convinta elmetto rosa [2] e attivista, alla donna quella ragazza non era risultata totalmente antipatica, anzi, in alcuni punti aveva provato una forte empatia nei suoi confronti, giacché costretta a subire pesanti conflitti interiori frutto di una società ancora fortemente maschilista. Sotto alcuni aspetti, benché non avesse del tutto approvato la sua scelta finale, la rispettava. Togliendo poi l'elemento "horror", andava sottolineato come ciò che Naruko aveva passato, altre giovani e meno giovani donne lo avevano in antecedenza sperimentato (e ancora lo stavano sperimentando) rendendo di conseguenza la giovane ancora più umana e vicina ai lettori, senza però idealizzarla nella sua trasposizione da persona reale a "personaggio".

"Buongiorno, Senju-sensei", fu il cortese saluto della giornalista, mentre s'inchinava dinanzi all'horror writer, che si rialzò in piedi, cessando la contemplazione di una particolare statuetta.

"Buongiorno a lei, Terumi-san", ricambiò, inchinandosi a sua volta. "Ci ha impiegato molto a venire qui? L'autobus era puntuale?"

"Non si preoccupi, si è trattato di una mezzoretta assai piacevole!", sorrise incoraggiante la donna, la quale, effettivamente, ad un certo punto aveva temuto d'essersi sul serio persa tra quelle stradine strette, sterrate e male indicate della provincia profonda. Non era stata una saggia decisione quella di affidarsi ai mezzi pubblici ... "Piuttosto, la volevo ringraziare per la sua disponibilità e per avermi accettata come sua intervistatrice!"

"Si figuri", si schermì Tobirama. "Leggendo i suoi articoli, m'è subito risultata simpatica."

Mei arrossì di circostanza. "Lei m'adula, Senju-sensei ..."

"No, affermavo semplicemente il vero", venne corretta dall'horror writer, nel frattempo che si dirigeva verso l'uscita del tempio. La giornalista partì immediatamente e d'istinto al suo inseguimento, guardandosi però indietro disorientata.

"Mi scusi, ma non dovevano aspettare Namikaze-san per ...?"

"Non ancora", tagliò corto Tobirama, sedendosi alla prima panchina e invitando Mei a fare lo stesso. "Quando entreremo in discorso, ritorneremo al tempio e lì saprà tutto ciò che vuole su Naruko."

La donna convenne lentamente, reclinando il capo e socchiudendo gli occhi in una linea sottile.

E' dubbiosa, notò l'artista con una nota di malevola malizia, e anche molto sospettosa circa una bidonata concepita a sue spese. Meglio, contraddire gli scettici risultava tra i suoi passatempi preferiti. Non a caso, come professione, aveva eletto un genere che molti consideravano per default "assurdo", "impossibile", "fantastico". E non sbagliavano, il più delle volte. Ma in quelle rare eccezioni, tuttavia, in cui s'affermava il vero ...

"Dunque", si schiarì la voce la giornalista, tirando fuori un mini-registratore e un block-notes. Vecchia scuola. Tobirama sospirò di sollievo. I giornalisti super-tecnologici avevano sempre suscitato nel suo cervello un'ansia da cataclisma. "Innanzitutto, vorrei scusarmi in anticipo se non rispetterò una struttura nelle domande. E' il mio metodo: non ..."

"... non vuole che io mi costruisca delle risposte in anticipo, una volta compreso il "pattern". D'accordo."

La signorina Terumi non si fece di certo intimidire da quella prontezza nel ribatterle a tono. "Perfetto! Incominciamo, allora, che ne dice?", proseguì con studiato entusiasmo. E, dinanzi al grave cenno affermativo dell'horror writer, si schiarì la voce, formulando la prima domanda: "Non ho potuto evitare di notare un'incongruenza temporale nel romanzo: Namikaze-san parla infatti di vicende avvenute "sei anni fa", pertanto lei starebbe in teoria narrando in un ipotetico 2004. Invece, il romanzo è stato pubblicato solo quest'anno, nel 2008, ergo dieci anni più tardi considerando il 1998 come data di riferimento. La mia domanda è: Namikaze-san le ha in pratica raccontato la sua testimonianza nel 2004 e non quest'anno, come dichiarato nel prologo? Se è così, per quale motivo,  l'ha trascritta adesso e non prima?"

Tobirama incrociò le braccia al petto, roteando gli occhi in alto quasi cercasse nelle fronde degli alberi le risposte più esaustive. "Ha ragione, Terumi-san, le date non coincidono. Il fatto è che già nel 2004 avevo gettato giù una prima bozza de L'Appuntamento. Ma poi l'ho accantonata, in quanto ignoravo se fosse o meno il caso di pubblicare qualcosa di sì privato e sofferto, offrendolo ad un pubblico magari non particolarmente ricettivo. Tuttavia, di recente sono successe alcune cose che mi hanno instillato una lunga e accurata riflessione, circa le potenzialità di questa storia. Naruko stessa ha insistito a riguardo. Per questo motivo, ho voluto mantenere la data originale."

"Namikaze-san e lei sembrate possedere un rapporto molto stretto, quasi esclusivo. Il modo in cui ha descritto i suoi pensieri ... Talvolta vanno al di là di un semplice resoconto: l'immedesimazione è straordinaria!", rimarcò Mei. "Il suo partner non ne sarà per caso geloso?", scherzò, indicando con la testa Izuna, il quale li stava osservando da lontano, appoggiato col dorso della schiena sulla macchina. L'horror writer gli aveva chiesto il favore di venire seco all'intervista, a mo' di sostegno morale. Izuna s'era dimostrato un poco riluttante, non gradendo infatti frequentare simili luoghi, in particolare dove si posavano le statuette per i Mizuko. Ma aveva ceduto con la promessa d'aspettare distante e in disparte. Da lì quel compromesso.

"No, non nutre alcuna gelosia, si fida ciecamente di me. E comunque, non è soltanto un compagno, lui ed io siamo sposati."

"Davvero? Ma il suo cognome ..."

"Lo esclusivamente per firmare i miei romanzi, anche se ammetto che, alas, pochi mi chiamano col cognome di mio marito. Abbiamo condotto ogni cosa discretamente, non ci piace fare pubblicità sulla nostra vita!"

"Lo trovo assai comprensibile. Essendo voi due coniugi, come dire,  fuori dal comune, avrete sicuramente rotto molti usi e costumi, no?"

"Dipende dal punto di vista", scrollò le spalle Tobirama. "Noi ci consideriamo una semplice coppia, né più né meno."

"Quindi lei ha conosciuto quando Namikaze-san? Prima o dopo il suo matrimonio?"

"A dire il vero, la conosco da una vita ...", e qui l'horror writer s'interruppe, ridacchiando. "Mi perdoni il tono melodrammatico. Non ho saputo resistere. No, seriamente, Naruko ed io ci conosciamo da quando avevo quattordici / quindici anni ..."

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

Venerdì, 6 febbraio 1998

- il giorno dell'Appuntamento -

 

 

 

 

 

Che strano rammentare le dinamiche che ci portarono a divenire una coppia, proprio ora che Sasuke ed io sembravamo destinati a lasciarci, guarda caso il giorno del nostro anniversario.

Ma ancora più bizzarro era stato il modo assolutamente particolareggiato, con cui avevo rivissuto quell'evento, neanche fossi stata lì presente in veste di protagonista attiva, invece di limitarmi all'umile ruolo di mera spettatrice. Evidentemente, il mio cervello stava tentando d'elargirmi gli ultimi istanti di felicità condivisa con il mio fidanzato, prima della rottura definitiva. Oppure, il disgraziato mi stava vilmente tormentando, presentandomi perfido ciò a cui avevo rinunciato a causa della mia stupidità.

Intontita dai farmaci e dallo spavento preso il giorno precedente (sì, a giudicare dalle pareti d'un bianco clinico e dalle lunghe e scure ombre del mobilio spartano dovevo aver trascorso almeno una notte in ospedale), abbandonai forzatamente ogni riflessione su quanto stesse per accadermi. Oramai, poco o niente m'importava sul serio, se non la salute del mio bambino. Il terrore provato durante il mio scontro col Mizuko e la tremenda consapevolezza, che quella creatura volesse la morte di mio figlio, furono il brusco risveglio di cui necessitavo. Basta coi consigli, cogli altrui pareri. Il piccino doveva vivere, il resto non mi toccava più.

Ma - e qui la dolorosa questione - in seguito a quella caduta giù per le scale, a quale sorte era andato incontro? Era sopravvissuto? Pregai che fosse così. D'altronde, avevo percepito come l'impatto fosse stato attutito da qualcosa (o qualcuno, chi però?), ciononostante rimanevo scettica dell'efficacia di quel gesto. Occorreva un nonnulla per provocare un indesiderato ed accidentale aborto,  bastava considerare quanto successo a Shisui-san.

Un doloroso groppo in gola mi si formò al pensiero di come quel davvero banale incidente - uno scivolone! - avesse invece sottratto alla donna il suo effettivo secondogenito.

Tirai su col naso.

Curioso come io ora desiderassi ardentemente la vita di un essere, del quale avevo in precedenza progettato la morte.

Era colpa mia. Soltanto mia.

Avevo voluto mio figlio morto e forse ero stata accontentata. Il Mizuko aveva provveduto prima del medico.

Mi strinsi le braccia al ventre, scorrendovi affranta le mani all'inutile ricerca della presenza della minuscola creatura che se n'era rimasta lì indisturbata per quasi due mesi. Guardando il soffitto, permisi a copiose lacrime d'offuscarmi la mia già poco affidabile vista.

Venni travolta violentemente dalla disperazione più nera, ancora più tremenda rispetto a quella sperimentata il giorno prima, e digrignai i denti, mordendomi la lingua pur di non gridare.

Mi sentii talmente persa e devastata, da invocare un soccorso a me totalmente estraneo, se non proprio incomprensibile. Un mese addietro mi sarei data della folle, nel vedermi così fiduciosa in un qualcosa in cui nemmeno credevo né ero mai stata educata a farlo. Ma in quel terribile momento, non riuscivo a trovare alcuna fonte di consolazione se non quella, l'ultima e più inaspettata spiaggia.

Maria-sama ...  mi rivolgo a Te perché mi ricordo d'averti sempre vista raffigurata con un Bambino, che se non erro dovrebbe essere Iesu-sama da piccolo ... In ogni modo, in quanto madre, di sicuro capirai la mia situazione. Non mi sto giustificando, anzi, ammetto le mie colpe  ... Quel che voglio dire è che certamente Tu potresti intercedere presso Tuo Figlio per far vivere il mio. Non oso chiederlo direttamene a Lui, manco m'ascolterebbe. Cosa gliene dovrebbe importare di una miscredente come la sottoscritta? Si metterebbe a ridere, dicendomi di andare a rompere le scatole colle mie richieste al Buddha o chi altro ...  Ma forse Tu potresti metterci una buona parolina, sei Sua madre in fin dei conti, i figli ascoltano sempre i genitori, no? Ecco ... se il piccino dovesse sopravvivere, prometto d'amarlo con tutta me stessa, più ancora di quanto già non lo ami adesso, e di crescerlo da bravo Kirisutokyouto! Sposerò suo padre! E ... e mi convertirò pure! Lo faccio! Però, per favore Maria-sama, Te lo chiedo da madre a madre (se lo sono ancora), fai che il mio bambino possa nascere! E se non per me, fallo per Sasuke! Non merita questa cattiveria, anche se io per prima gliela stavo per fare, alle sue spalle per giunta! Salva mio figlio! Te lo supplico! Salva mio figlio!

Farfugliai mentalmente questa preghiera, tappandomi la bocca singhiozzante e, piangendo forte la mia infinita afflizione, mi raggomitolai ironicamente proprio in posizione fetale, sperando in una qualsiasi forma di conforto e soprattutto di conferma, che la mia richiesta aveva trovato ascolto.

In corridoio, nel frattanto, s'alternavano sussurri e discussioni soffocate, le quali sortirono il benvenuto effetto di cullarmi poco a poco in un torpore profondo, senza sogni.

Fu verso la tarda mattinata che, entrando in una sorta di dormiveglia, riuscii a captarne dei frammenti.

"Ti vedo un po' rattoppato, Sas'ke, però mi consola che tu stia bene. Ma dimmi un po', Itachi, non è eticamente scorretto operare uno di famiglia? Non violate il giuramento d'Ippolito?"

"Casomai sarà d'Ippocrate e comunque no, si è soltanto trattato di un banale scivolone ...  Niente di che ... La colpa è tutta di questo bischero che come al solito ha voluto fare la primadonna, insistendo di medicarmi di persona! Tzé, se non fossi stato mezzo in deliquio l'avrei fermato ..."

"Primadonna un corno: intanto, hai battuto la testa, quindi in stato decisamente confusionario; dopodiché, ti sei beccato tre punti vicino all'occhio destro, roba da dialisi a momenti! Dulcis in fundo, ti sei slogato il polso con  annessi lividi ovunque! Mi devi dieci anni di vita, stronzetto!"


 

Era stato lui? Era stato dunque Sasuke ad avermi impedito di ruzzolare giù per le scale?

Perché avrebbe dovuto farlo dopo quanto udito da mia madre?

Perché?

Non mi odiava? Non mi disprezzava per la mia decisione d'abortire?

 

 


"Grazie, Itachi-nii, per questa tua lista esaustiva ed inutile."

"Dovere, stupido fratello. Insomma, anche se professionalmente non molto appropriato, t'ho pur sempre ricucito io! E, modestie a parte, con ottimi risultati: adesso sei più figo di prima, assomigli alla versione maschile di Sally di "The Nightmare Before Christmas"! O mi sbaglio, Sacchan bello-bello di Niisan? Chi t'ha ricucito, eh? Chi t'ha ricucito? Pucci- pucci!"

"Ma tu chi sei? Non ti conosco, razza di pagliaccio rincoglionito! Pussa via!"

"Eh? Mi vai in mode Pīta-sama ora? Mi rinneghi?"

"Chi ti credi di essere, balengo blasfemo? Iesu Kirisuto-sama?"

"Ehm, cambiando discorso ... Sas'ke, insomma, come mai ti trovavi a casa mia?"

Silenzio.

"Menma, sai tu perché Naruko non mi ha chiamato in questi  ultimi giorni?"

"Uhm ... no!"

 


Bugiardo.

 


"Perché oggi doveva abortire. Voleva disfarsi di un bambino avuto da un altro ... Hé, ti ho già detto che oggi è anche il nostro anniversario?"


 

No.

Non spargere sale sulle ferite.

Anche se ne avresti ogni diritto.

 


"Senti, Otōto, guarda che non è vero niente e chi sostiene il contrario è una gran carogna!"

"E se fosse invece così, Itachi-nii? Chi m'assicura?"

"Ma no, scemo! Quella è una balla di mia madre! E mi sorprende che tu ci creda! Quella paperotta della mia imōto che ti fa le corna? Ma quando? Ma dove?  Nei film di fantascienza, forse! Se non ha occhi che per te! Ieri m'ha telefonato piangendo, mezza matta, alla sola idea che tu la potessi scaricare!"

"E allora, perché tutto questo teatro?! Perché tacermi del bambino?!"

 


Perché avevo stupidamente paura, che tu mi volessi solo a causa sua.

Che tu mi legassi a te.

Non sapevo, che ci appartenevamo l'un l'altro prima ancora del suo concepimento.

 

 


"Hé ... la paura ... l'incertezza ... nostra madre ... La povera Nacchan si è trovata a gestire una situazione più grande di lei! ...  Senti, Sas'ke, levati un po' d'immondizia dalla testa e ragioniamo da persone adulte: lei ti ama, ti è sempre stata fedelissima, il piccino è tuo, punto!"

"Concordo con Menma-kun: Otōto, assumiti le tue responsabilità e basta con l'onanismo mentale!"

"Ma se davvero Naruko m'ama così tanto, se davvero il bambino è mio, perché farmi questo?! Perché non ha voluto confidarsi con me?!"

"Donne, mio caro, donne! Ragionano col mestruo e ... Ahia! Moglie! Quello faceva male! Ohiohi ..."

"Suvvia, Sasuke-kun! Posso immaginare quanto la mancanza di fiducia da parte di Naruko-chan ti abbia ferito, perciò sii tu più maturo e concedile la tua!"

"Ad una che mi evita come la peste? Eh, Shisui-nee? A lei dovrei concedere fiducia, quando ..."

"Uffa, che testone! Se non c'arrivi, te lo spiego io: allora, mia sorella ...!"

"No, Menma! No! Che sia Naruko a raccontarmi la verità! Lei sola! Sono stufo di questa sfilza di balle, mica-balle, mezze-balle rifilatemi da voialtri! Specialmente tu, Itachi-nii! Sei un infame sporcaccione!"

"Io? E cosa t'avrei fatto io, adesso?! Ciò, ti pigli tre sberle, sai?"

"Mi tieni nascoste le cose! Omertoso! E io che ti telefonavo sperando in un tuo aiuto!"

"E te ne accorgi soltanto ora che ti rifilo panzane?"

"Piuttosto, se Naruko-chan ti confessasse ogni cosa, le crederesti? E, se fosse il caso, la perdoneresti per aver progettato d'abortire?"

 


Come mai quell'attimo d'esitazione, Sasuke?

Bruciava troppo la ferita con cui ti avevo straziato il cuore?

Non ti avrei biasimato, in caso m'avresti serbato rancore ...

 

 


"Può anche darsi di sì, Shisui-nee, potrei  ... No, non potrei ... la perdonerò, come posso non perdonare quella delinquente? Basta che mi guardi mesta e contrita con quegli occhioni azzurri e le casco ai piedi peggio d'una pera cotta ..."

 


Eppure ...

Tu ...

 

 


"ARGH!!! Maledizione, lo sapevate tutti ch'era incinta! Proprio tutti! E mi avete fatto passare per il gonzo di turno! Dannati cospiratori! Vi odio!"

"Tecnicamente, caro il mio Baka-chan, non lo sapevano neppure Kaa-san, Ojiisan, i tuoi nipoti, Minato-shi, la coinquilina e le amiche di Naruko-chan, mezza Konoha, la facoltà di lettere, l'intera Tokyo ..."

"Itachi-anata?"

"Sì, tesoro?"

"Non stai aiutando il tuo otōto."

"Non è neanche mia intenzione farlo. Anzi, ci tengo pure ad aggiungere che Sas'ke-kun, oltre ad essere un grullo, è pure cieco. O guercio, viste le sue attuali condizioni. Insomma, pirla! Come hai fatto a non accorgerti della gravidanza della tua fidanzata? Mi fallisci nella ostetricia di base? Vergogna!"

"Naruko ha sempre avuto il ciclo irregolare! Eppoi, mica compare una scritta col neon, sai?"

"Secondo me, non te ne saresti ugualmente reso conto! Cosa mi posso aspettare, d'altronde, da uno che ha preso un'insufficienza nella verifica sull'apparato riproduttore e sulla gravidanza?"

Risolini.

"Ancora con quella storia?! Frequentavo le elementari, dannazione! E tu non mi aiutavi, ridacchiando come un babbuino mentre ripassavo a voce alta!"

Divertiti grugniti a malapena soffocati.

"Mi biasimi? Avevo tredici anni, gli ormoni a palla, a Shisui incominciava ad ingrandirsi il seno e tu giravi saltellando per casa ed elencavi tutti i componenti degli organi genitali con una tale espressione concentrata, ch'era impossibile non ridere! Chiudevi perfino gli occhi!"

Ruggito di risate.

"Ma tu non puoi andare a cagare, Itachi?!"

"Quando mi verrà lo stimolo, terrò a mente il tuo consiglio."

"Sempre parole dolci vi riservate voi due, eh?"

"Tutti i giorni della settimana e due volte alla domenica!"

"Se non avessi il polso destro fasciato, vedi con che dolcezza ti rifaccio il naso!"

"Suvvia, Sacchan, così si tratta il tuo fratellone che ti cambiava il pannolino?"

" Certo che la conversazione qui sta raggiungendo tali livelli di maturità ..."

"Tu hai dei seri problemi mentali ... Se non fosse per Shisui-nee, t'avrei fatto levare secoli addietro la patria potestà sui tuoi figli ..."

"Tsk, ne riparleremo quando nascerà il tuo di figlio, Otōto , anzi, Otōsan ! Ihihihi!!"

"Itachi, mi fai paura ..."

"Fai bene ad averne!"

"Invece, Sasuke-kun, dai retta a tua cognata e chiarisciti con Naruko-chan. E' imperativo per entrambi, sarebbe stupido da parte vostra  troncare senza neppure una spiegazione! Altrimenti, al prossimo incontro di Taizé ti costringo a cantare tutta la sera! E in swahili! Hai capito?"

"Avrei preferito di no ..."

"Pardon?"

Non mi pervenne la replica di Sasuke. Molto probabilmente, mi ero di nuovo riaddormentata, troppo spossata per dare una qualsivoglia considerazione a quanto mio malgrado origliato. Sperai soltanto che Sasuke seguisse il consiglio del fratello, della cognata e di Menma-nii, concedendomi almeno un'ultima confessione.

Le mie labbra tuttavia s'incurvarono in un tremulo sorriso e una tiepida sensazione di sicurezza sui prossimi eventi mi riscaldò nel profondo il cuore, confortandomi che forse non tutto era perduto, che forse invero la speranza era sempre l'ultima a morire.

 

 

 

~~~

 

 

 

Confesso che, al mio risveglio definitivo, rimasi leggermente delusa nell'imbattermi in Shisui-san, invece del mio fidanzato. Avevo in effetti romanticamente sperato di vederlo lì, magari mezzo-addormentato, in attesa che mi destassi, pronto al confronto. Sua cognata, che se ne stava placidamente seduta al posto suo accanto al mio letto, ricambiò imperturbabile il mio poco entusiasta saluto con uno dei suoi usuali sorrisi sibillini.

"Sasuke-kun ti ha vegliato fino adesso", mi rivelò serafica, neanche m'avesse letto nei pensieri. "S'è soltanto assentato per andare al gabinetto e ovviamente tuo fratello e mio marito l'hanno seguito con la scusa d'assisterlo, in realtà per sfotterlo ulteriormente."

Dietro al bicchiere gentilmente offertomi, ridacchiai impunita.

"Non immaginavo che Itachi-san potesse dimostrarsi così ... infantile e dispettoso nei confronti di Sasuke ..."

"Oh, non lo è di solito", mi rassicurò Shisui-san, arrotolandosi leziosamente un ricciolo al dito. "Mio marito si comporta da totale idiota soltanto quando deve scaricare un grave stress emotivo. Una valvola di sfogo, ecco, e sempre ai danni di suo fratello, ovviamente. In ogni modo, non so quanto tu ti rammenti di ieri, ma sia tu che Sasuke-kun siete venuti all'ospedale in ambulanza. Le tue condizioni non apparivano molto gravi, invece mio cognato aveva battuto malamente la testa e, siccome Itachi aveva appena rimesso piede in ospedale, ha insistito per assisterlo di persona dopo averlo scorto in barella. Non avrebbe dovuto e spero che il primario non gli scassi le scatole a riguardo, ma tu conosci gli Uchiwa ... hanno il legno al posto del cervello, non li schiodi da un loro proposito manco a morire!"

Annuii stancamente, appoggiando la schiena sui cuscini.

"Che motivo c'era di ferirsi così per una poco di buono come me?", commentai infelice. "Sciocco d'un Sasuke-teme ..."

Sua cognata appoggiò la sua mano sulla mia spalla, scuotendo il capo in diniego. "Ci tiene a te. Può imbastirti un broncio epico ed interpretare il ruolo dell'acido bastardo, ma sotto-sotto egli ti ha posto su di un piedistallo d'oro e non avrebbe mai permesso che ti ferissi o che perdessi il bambino."

"Anche se di un altro?"

"Suvvia, Naruko-chan, non prendiamoci in giro", mi chetò seccamente Shisui-san.

Mi passai sospirando una mano sulla fronte, massaggiando in seguito la radice del naso.

"D'altronde", riprese la donna, sistemandosi meglio sulla sedia, dolendole infatti un poco la schiena per via del pancione, "adesso che Sasuke-kun sa della tua gravidanza, lo farebbe doppiamente soffrire la consapevolezza che tu abbia deciso in via definitiva d'abortire."

"Doppiamente?", inquisii confusa.

Il volto di Shisui-san assunse un'espressione malinconica, che neanche quel suo mezzo sorriso poté mitigarla. "Quando persi il mio bambino scivolando, stavo correndo verso la fermata della corriera. Ricordi?"

Le feci cenno di sì.

"Stavo accompagnando Sasuke-kun a prendere il pullman. All'epoca era ancora uno studente di medicina. Lui si lanciò immediatamente in avanti per affermi, mancandomi però di qualche centimetro. Quando seppe dell'aborto, si biasimò per molto tempo, sostenendo che fosse colpa sua se avevo perduto il bambino, visto che aveva insistito affinché ci recassimo assieme a prendere la corriera. Ovviamente, nessuno era da incolpare se non il ghiaccio e la neve, ma in quel momento eravamo tutti molto scossi e  arrabbiati. Ci dicemmo cose poco piacevoli e occorse del tempo, prima di perdonarcele. Oramai è acqua passata, ma sospetto che Sasuke-kun ancora  se ne voglia grandemente ..."

Questo spiegava molte cose, in primis il pallore cadaverico sul suo viso quando aveva udito da mia madre la mia decisione d'abortire. Lì per lì avevo creduto trattarsi dello shock dovuto ad una altrui paternità, ma ora comprendevo che il suo turbamento era riconducibile alla spiacevole esperienza capitatagli.

E malgrado la sua intrinseca tristezza, non riuscii a trattenere un sogghigno amaro, ben presto imitato dalla mia interlocutrice. "Sei davvero una manipolatrice nata, Shisui-san. Stai usando ogni tua risorsa pur di non farmi abortire?"

"Esatto e aggiungerei pure in maniera spudorata. Voglio inculcarti quanti più possibili sensi di colpa", dichiarò ella giocosamente bellicosa. "Ciò che ti ho raccontato corrisponde tuttavia alla realtà. Non mentirei mai su questo genere di cose", ritornò subito seria, inchiodandomi coi suoi grandi occhi scuri.

"Non m'azzarderei mai, anzi, penso d'aver finalmente capito molte cose su di Sasuke", ribadii altrettanto onesta. "Comunque ti devo ringraziare."

Shisui-san sbatté le ciglia perplessa.

"All'inizio credevo che tu non mi sopportassi ... Poi però ho compreso la tua apprensione circa la mia scelta, specie se ho involontariamente rievocato in te dei tristi ricordi ... Mi ha aiutato molto a riflettere."

In particolare riguardo al Mizuko: giunsi infatti alla conclusione, che doveva essere appunto quel figlio mai nato d'Itachi-san e Shisui-san, il quale, per vendetta, aveva deciso di perseguitare lo zio, l'indiretto responsabile della sua prematura morte. Non potevo spiegarmelo altrimenti: perché sia io che sua madre riuscivamo a vederlo e non gli altri? Perché tormentarmi così, arrivando quasi ad uccidermi? A provocare il decesso del suo "cugino"? Sebbene Shisui-san fosse convinta della pace eterna ottenuta dall'anima del piccino, questi al contrario era ben lungi dall'aver perdonato Sasuke, arrivando a colpirlo là dove più gli faceva male, ovvero suo figlio e me, la cui morte l'avrebbe devastato e al contempo avrebbe pareggiato i conti tra lui e il nipote.

Questa consapevolezza non mi diede alcuna consolazione, sebbene non mi provocò lo stesso alcuna forma d'agitazione. Piuttosto, avendo scoperto infine l'identità del Mizuko, mi sentii doppiamente determinata nel mio proposito di far nascere il mio bambino.

"Vi disturbo?", bussò Sasuke alla porta, rimanendo rispettoso mezzo fuori e mezzo dentro alla stanza.

Sua cognata ed io ci voltammo; dopodiché la prima si pose goffamente in piedi, dirigendosi caracollante verso di lui. "No, figurati. Sai a proposito dove posso trovare tuo fratello?"

Il mio fidanzato divenne scarlatto. "Lo trovi assieme a Menma in sala d'aspetto. Minato-shi ci ha appena raggiunti e quei tre non la smettono di pigliarmi per i fondelli ..."

"Rassegnati, Sasuke-kun: questo è solo l'inizio. Vedrai a che livelli arriveranno i loro sfottò quando ...", ma qui la donna s'interruppe, scoccandomi una significativa occhiata. "Vi lascio da soli. Avvertitemi tramite l'infermiera se necessitate di qualsiasi cosa", si congedò da noi, uscendo dalla camera e chiudendo saggiamente la porta.

Un incomodo silenzio scese tra Sasuke e me, nel frattanto che guardavamo ovunque, tranne i nostri visi. Sennonché il mio fidanzato, sbuffando a mo' di incoraggiamento, si sedette alquanto sgraziatamente sulla sedia disertata dalla cognata, congiungendo nervoso le mani prima sul grembo, poi sul letto, a qualche spanna dal mio fianco.

Dal canto mio, lo spiavo avidamente di sottecchi, sanguinandomi infatti il cuore dinanzi allo stato pietoso in cui versava. Ciocche disordinate di capelli corvini gli fuoriuscivano dalle strette bende alla testa e Sasuke teneva l'occhio destro semichiuso, illividito dal colpo e raggrinzito a causa dei tre cerotti sterili atti a coprire i punti. Si massaggiava con evidente disagio il polso destro, anch'esso fasciato, umettandosi il labbro spaccato dal pugno di mia madre; lo sguardo solitamente fiero era abbassato, colpevole e infelice, come quello d'uno scolaretto pizzicato mentre marinava la scuola. Pareva assai evidente come avesse preso in pieno l'impatto della caduta, attenuando la mia fin quasi a non farmi sentire praticamente nulla. Le macchioline rossicce di sangue sul colletto della camicia ne fungevano da chiari testimoni.

Allungai di riflesso la mia mano per afferrare e stringere la sua (quella sana), sussultando di perversa gioia nel sentire ricambiato quel mio timido gesto.

"Il dottore", si decise a parlare Sasuke, "mi ha riferito che ... che il bambino ... insomma, che non hai perduto la creatura."

La sua mano prese a tremare leggermente, inumidendosi appena appena di un sottile strato di sudore.

Il mio cervello, invece, cantava a squarciagola ringraziamenti al cielo e sotto le coperte, di nascosto, mi accarezzai rincuorata il ventre, salutando così quel piccino che già dall'utero dimostrava di possedere la rinomata testardaggine degli Uchiwa. Mi era stata concessa una seconda chance per amarlo, per rimediare alla mia avventata e sciocca decisione.

Sorrisi segretamente tra me e me, confondendo di conseguenza Sasuke, il quale dimostrava al contrario un'aria afflitta da cane bastonato.  Povero caro, temeva che, col suo gesto, m'avesse fatto un grosso dispetto. e dovetti reprimere a viva forza il desiderio d'abbracciarlo forte e di baciarlo, rassicurandolo dell'opposto. Tuttavia, non ebbi il tempo di replicare, che subito egli m'imbastì uno dei discorsi più sconclusionati che avessi mai ascoltato (almeno provenienti da lui) sbrodolando agitato dall'inizio alla fine:

"Naruko ...  so che non ne avrei il diritto, sei tu la madre ma ... ecco, io ... quando ti ho afferrata per le scale, non avevo pensato solo alla salute del bambino, cioè ... sì, forse un poco, ma .... volevo che entrambi non vi feriste e non ... sia tu che lui (o lei) siete importanti   e ... A che ora hai l'appuntamento? ... E' oggi? Ascolta, io vorrei tanto che tu decidessi di tenere il bambino, per me avere un figlio da te sarebbe come realizzare un sogno tabù però ... se proprio vuoi andare fino in fondo, permettimi almeno di restarti accanto!"

Se non avessi avuto la certezza della sua identità, di certo non avrei mai collegato quel giovane balbettante coll'altero Uchiwa Sasuke, colui che tutti additavano come una gelida carogna, uno stronzo patentato. Dinanzi a me si trovava una persona confusa, ferita e ciononostante disposta ad un pur sofferto compromesso, tutto pur non di perdermi.

Che avevo combinato di tanto onorevole, per meritarmi siffatto riguardo?

"Sasuke ... io ..."

"Non m'importa, Naruko!", berciò Sasuke a voce forse eccessivamente alta, più che altro per convincere se stesso e non la sottoscritta della veridicità di parole decisamente aliene ai precetti della sua religione. E di fatti, rendendosene conto, tentò goffamente di  rimediare alla sua gaffe: "Cioè sì, m'importerebbe in realtà: se la cosa dipendesse da me, non ti permetterei d'abortire il piccino. Anche qualora non fosse stato figlio mio. Nondimeno, per amor tuo, mi sforzerò sia di capire sia d'accettare le tue ragioni. Ti amo, Naruko, sono disposto ad ingoiare questo rospo pur di non perderti. Al costo di farmi trattare alla stregua del tuo zerbino!", e vedendo come me ne rimanessi zitta e muta, s'accalorò ulteriormente, agitandosi sulla sedia. "Non ti basta?! Che altra prova vuoi da me per convincerti della sincerità dei miei sentimenti?! Che non t'imporrei niente, che ti rispetto in tutto per e tutto?!", sbottò esasperato, mulinando con foga la mano destra e ottenendo di conseguenza la giusta retribuzione da parte del suo polso ferito tramite un'infida fitta di dolore.

"Sasuke, potresti ...?"

"Ti avevo avvertito che non t'avrei mai abbandonata, né che avrei rinunciato a te, passasse quel che passasse. Chiamami masochista, se l'affare ti diverte, ma getterò la spugna soltanto quando tu mi dirai che non ne puoi più di me! A te la scelta, Naruko!"

Storcendo il viso sofferente per aver sforzato imprudentemente il polso, il mio fidanzato si vide costretto a calmarsi, attenendo bellicoso la mia replica e stizzito sì, per quella confessione. S'era totalmente umiliato per me, accantonando ogni forma d'orgoglio e concedendomi una libertà assoluta, fino al punto d'annullarsi come seconda metà in un rapporto a due.

Non l'avrei costretto a tanto. Per quanto allettante, non desideravo avere una passiva ameba per consorte, bensì il mio compagno di vita, il mio Sasuke-teme, così com'era sempre stato, con ciascuna delle sue paturnie e dolcezze.

"Tutto questo è molto carino da parte tua, koibito, però se mi lasciassi finire il discorso ...", gli ricordai soave, riuscendo una buona volta a terminare la frase.

Il mio fidanzato si grattò colpevole la testa fasciata. "Scusa", bofonchiò, giocherellando imbronciato col bordo delle lenzuola.

Puntellandomi sui gomiti, mi sporsi fino a raggiungerlo, sfiorandogli leggermente la tempia con le mie labbra. "Ho disdetto l'appuntamento", gli sussurrai all'orecchio, sogghignando amorevolmente perfida alla reazione dell'uomo, il quale balzò all'indietro, totalmente sconvolto.

"Cosa?", ansimò, spalancando la bocca  neanche avesse avuto intenzione di mostrarmi le sue tonsille. Perfino l'occhio sano era divenuto più grande del solito e in quel momento mi rammaricai di non aver portato con me una macchina fotografica, onde immortalare la più pura ed esauriente rappresentazione dello stupore, se non proprio la sua stessa incarnazione.

"Nostro figlio, Sasuke. Lo tengo. Quando ... ", e tacqui per un istante, sopraffatta da quei ricordi orribili.  Il gelo dell'acqua. Di quelle manine d'acciaio. L'impatto contro il muro. La frizione della carne e il bruciore ai polmoni, per l'aria che tardava a venire ..."quando stavo per cadere, ho desiderato ardentemente che sopravvivesse. Tanto da  ... Non mi rimangio tale desiderio, ecco!", dichiarai solenne, sciogliendomi immediatamente in un sorriso più conciliante. "Diventerai un chichi, Sasuke! Non sei contento?"

Per tutta risposta, il mio fidanzato si gettò su di me, abbracciandomi talmente forte da levarmi per qualche istante il respiro. "Mi rendi felice, Naruko! Non sai quanto ...!", gli tremò la voce, baciandomi ardentemente la bocca e le guance, ridendo assieme a me alla stregua di due beoti.

"Anche tu mi rendi felice, Sasuke", mormorai, afferrandogli le spalle. "Ti amo tanto ..."

Rimanemmo così abbracciati per un lasso indefinito di tempo, dondolandoci in sincronia perfetta, permettendo che i nostri cuori si sincronizzassero e che i nostri respiri si mischiassero, divenendo un tutt'uno. Ventiquatt'ore addietro non avrei mai potuto immaginare tale gioioso scenario, dove Sasuke ed io incominciavamo a camminare sul serio uniti come una coppia e non a venire di tanto in tanto in contatto,  similmente a quanto accaduto per un anno e mezzo. Finalmente avremmo vissuto assieme, lui ed io ... e il piccino.

"Mi dispiace di averti fatto perdere la Messa commemorativa", gli rivelai, scorrendo le mani sulla testa fasciata. "Ma soprattutto, per averti costretto a questo vaudeville. Sono stata una sciocca."

"Non finirò all'inferno per questo. Sono sicuro che Miki Pauro-sama comprenderà il motivo dietro la mia assenza. Insomma, una dobe come te mica è facile da gestire: l'ho capito fin dal giorno in cui t'ho conosciuta, che m'avresti fatto vedere i sorci verdi!", mi confessò Sasuke, indugiando con la sguardo sul mio grembo semi-coperto dalle lenzuola. "Ti rendi conto che d'ora in avanti la strada sarà tutta in salita?", domandò, studiando attentamente ogni mia espressione, trovandovi però solo determinatezza e fiducia.

Sicuro che fuori dall'ospedale, nella vita reale, non c'attendeva un finale roseo, con uccellini canterini, bolle luccicanti e l'approvazione universale di amici e parenti. Ci sarebbe al contrario toccato d'affrontare parecchie magagne famigliari, lavorative e religiose, incominciando innanzitutto con un giro di scuse, mea culpa, proschinesi e ojigi con la fronte per terra onde fare ammenda degli insulti lanciatici e vecchi rancori malamente seppelliti. Tuttavia, per quanto i problemi da sormontare si presentassero molteplici e insidiosi, essi non mi parevano così minacciosi e impossibili come prima. Non con Sasuke dalla mia parte, non con la certezza che ci saremmo sostenuti l'un l'altro.

"Finché potrò averti accanto, va bene così", gli confermai quanto da me previamente asserito. Non avrei mai più dubitato di lui, né avrei mai più permesso a chicchessia d'influenzarmi o ancora peggio, di separarmi dal mio compagno. "A proposito, koibito ..."

"Uhm?"

"Il bambino è tuo. E' sempre stato tuo. Non ti cornificherei manco a morire! Solo con la forza mi possono costringere ad andare a letto con un altro!", dichiarai con orgogliosa veemenza, afferrandogli il viso con ambedue le mani. Non potevo sopportare che Sasuke accettasse il piccino per partito presto, poiché figlio mio. Questi era anche sangue suo e doveva considerarlo come tale, fino all'ultima cellula. "Credo che quella notte, ehm, ti fossi ... ti fossi messo male il ... insomma, hai capito! O forse si è bucato!", balbettai, affatto a mio agio di parlare a voce alta delle nostre attività più intime. Specie se sussisteva la possibilità che quei beceri dei nostri parenti si fossero accampati dietro la porta ad origliare. In ogni modo, non riuscivo lo stesso a definire con precisione le dinamiche del mio concepimento. Sasuke ed io non avevamo fatto nulla di strano in quell'occasione, nel senso, nulla fuori dalla ben conosciuta routine amorosa ... Avevamo gusti semplici, in fin dei conti ...

"Lasciami indovinare, adesso dovrei dire: "Oh, mannaggia, tesoro, quanto mi dispiace!" ? No, perché neanche sotto tortura lo faccio!", reiterò Sasuke, ora più che mai interessato alla mia pancia, "Non mi pento d'averti messa incinta! Sicuro, è stato un caso, però ..."

"Teme! Ringrazia Iesu-sama che sei più rattoppato d'un paio di pantaloni vecchi, sennò ti prenderei a sberle fino ad indurti al coma profondo! Come sarebbe a dire che non ti penti d'avermi ingravidata? Maiale sfacciato!"

"... però grazie per avermi confermato la mia paternità. In ogni modo, ne ero già al corrente."

"Eh?"

"Mentre ti riposavi, Shisui-nee ed io abbiamo avuto una lunga conversazione a riguardo, in cui m'ha a grandi linee spiegato il motivo dietro la tua reticenza a confidarti con me; dopodiché Itachi-nii s'è sentito in dovere d'aggiungere che, in caso non t'avessi creduto, m'avrebbe incoronato re dei coglioni e sbattuto fuori casa a calci nel deretano. Concludendo poi con tuo fratello Menma, che m'ha afferrato per il bavero, minacciandomi di una morte lenta e dolorosa e di darmi in pasto ai maiali, in caso mi fossi rifiutato di riconoscere il piccino. Ah, e tuo padre ha aggiunto che gli dà manforte, sebbene ancora non mi sia chiaro se nella prima o seconda fase del mio omicidio. E mi sarei pure messo a ridere, se quei tre non me avessero avuto certe facce serie ..."

"Citandoti: Lasciami indovinare, adesso dovrei dire: "Oh, mannaggia, tesoro, quanto mi dispiace!"?"

"Dire proprio di sì! Ho davvero temuto per la mia vita!"

"Teme!", protestai petulante, allontanandomi da lui ed incrociando offesa le braccia al petto. "Non fare adesso la vittima! Non è colpa mia se alla tua età non sai metterti bene il ...!"

Avanzando a gattoni su per il letto e riacchiappandomi altrettanto felino, Sasuke ridacchiò perfido e  mi baciò a lungo, euforicamente impetuoso. Assaporammo ambedue le rispettive intimità boccali, con frenesia, fino a provocarci un leggero capogiro per la mancanza d'ossigeno. Le nostre fronti s'incontrarono, similmente alla punta dei nostri nasi. "Allora, mi sposi?", mi domandò Sasuke a bruciapelo, guardandomi col medesimo entusiasmo del pazzo furioso e di fatti le sue iridi carbone rilucevano di una fiamma antica, la medesima che scorgevo quando lui si gettava animo e corpo in una qualsivoglia impresa, sia fisica che intellettuale. "Ebbene? Il gatto t'ha mangiato la lingua?"

Sì, un grosso micione nero di nome Uchiwa Sasuke.

"Vuoi divenire la mia tsuma sì o no?"

Sbiancai peggio d'un canovaccio.

"Così? Su due piedi? Senza anello e lunga e romantica dichiarazione?", farfugliai, tentando una poco onorevole fuga, sennonché il mio compagno mi teneva saldamente ancorata al letto.

"Al diavolo queste scemenze, donna! Mi hai letteralmente umiliato oggi, per te ho rinunciato alla mia dignità virile, riducendomi ad una barzelletta vivente, all'uomo-zerbino! Inoltre,  m'hai fatto sadicamente patire due settimane d'inferno! Questa è la mia giusta vendetta! E comunque, col cazzo che chiameranno mio figlio bastardo e non per via d'un eventuale caratteraccio!"

"Ma ... ma ...", m'afflosciai sul materasso, affondando nel frattempo sotto le coperte. La paternità sul serio sortiva un brutto effetto sulla psiche degli Uchiwa. Il mio meco si stava dimostrando troppo ... contento a riguardo, insomma, m'aspettavo che sarebbe sì impazzito ma dal dolore di "perdere" la libertà, non di acquisire una moglie e un pupetto in un sol colpo!

Decisamente mi sarei affiliata ad una famiglia di matti. Ciononostante, chissà come mai, non mi lagnavo dinanzi a quella prospettiva.

"La risposta, Nacchan! Ora!"

Sorridendo timidamente, annuii infine tra il contento e l'apprensivo, augurandomi ferventemente che il bambino prendesse tutto da me e niente da suo padre, almeno per quel che concerneva il carattere.

Ma poi, avvolta nuovamente nelle sue braccia, baciata e coccolata dal mio tenero e innamorato delinquente, conclusi che forse non sarebbe esattamente nato un piccolo mostro, in caso nostro figlio avesse deciso di assomigliare un pochino al suo Tou-san.

Appostati dietro la porta, i nostri famigliari avevano già incominciato a far scommesse sul suo sesso.

                                      

 

 

~~~

 

 

 

Mentirei se ora affermassi, che vivemmo tutti "felici e contenti."

Innanzitutto, mio padre e Mikoto-san dovettero esibirsi in un'infinita serie d'inchini e richieste di scusare il loro previo comportamento da vandali, prostrandosi con tale fervore nel loro ojigi, da ripulire il tatami e provocarsi perfino un bernoccolo sulla fronte. Otōsan invocava il perdono di Mikoto-san per la violenta reazione di Okaasan ai danni di Sasuke, sottolineando la mia estraneità a vizi quali l'adulterio pre-matrimoniale (vizio che s'inventò al momento) e la mia inattaccabile reputazione di giovane donna virtuosa. La matriarca Uchiwa si dispiaceva per gli insulti rivolti a me e a mia madre, nonché per le ciocche strappate a quest'ultima. Entrambi decisero per il bene dei due futuri sposi di accantonare le divergenze del passato, focalizzandosi invece nel, per loro, imminente imeneo.

Contrariamente alle loro aspettative, Sasuke ed io dovemmo attendere marzo prima di sposarci perlomeno col rito civile, cioè quando finii l'anno universitario.

Durante il colloquio coi miei professori, mentre li mettevo al corrente del mio proposito di rimandare di un anno il proseguimento dei miei studi, potei leggerli negli occhi la loro intima disapprovazione, nonché commiserazione, dandomi in cuor loro della fallita. Similmente, anche altri miei conoscenti mi additarono come una scema e una perdente, in particolare Sakura-chan e Ino-chan, ciascuna per ragioni diverse. Come se non bastasse, la mia decisione finale di tenere il bambino e di sposarmi con Sasuke m'aveva gravemente allontanato da mia madre e se non in via definitiva almeno per un lungo periodo, in cui lei si rifiutò di vedermi e di rivolgermi la parola, usando Otōsan come intermediario. Da qui la mia scelta di trasferirmi da mio fratello fino al termine degli esami. Inutile aggiungere come Gaara mi viziò spudoratamente per l'intera durata del mio "squatting", avvolgendomi in seta e piume ed esaudendo instancabile ogni mio capriccio. Al weekend Sasuke ci veniva a trovare, o meglio, a controllare che i suoi cognati si comportassero bene con me, visto che il look anticonformista di Gaara non gli ispirava molta fiducia circa le sue capacità di can da guardia.  Una volta marito e moglie, Sasuke ed io vivemmo per un breve periodo da mia suocera.

Anche lì non fu facile abbattere l'iniziale muro d'imbarazzo, che ancora sussisteva tra Mikoto-san e me. Primo, perché levarle il suffisso di cortesia suonava alieno alla mia lingua; secondo, in quanto lei tuttora mi rimproverava velatamente di averle tenuta nascosta la mia gravidanza, optando inoltre per l'aborto.

Malgrado ciò, quel periodo d'affollata convivenza a casa Uchiwa si rivelò molto utile per me.

Grazie a mia suocera affinai le mie doti di padrona di casa, mentre imparavo il concetto di pazienza facendo da babysitter ai Tenmaku-kun, Saeko-chan e Kiyoaki-kun, essendo infatti la loro madre sempre più stanca e indisposta a causa dell'appropinquarsi della nascita del  bebè. Inoltre, la Prima Comunione di Saeko-chan equivalse per me ad un'eccellente occasione per mettersi a studiare seriamente il Cristianesimo, visto che avevo promesso a Maria-sama di convertirmi. Non avevo però considerato quanto potesse essere dura la strada fino al battesimo, con nozioni assai complicate d'assimilare, se non proprio astruse. Come le virtù teologiche e cardinali. O i doni del Seirei-sama. O semplicemente segnarsi correttamente, nel verso giusto, con la mano giusta e recitando nell'ordine giusto il " Chichi to Ko to Seirei no mina ni yotte" [3].  E mica la scampavo facilmente: zelante e implacabile, il prete m'interrogava ogni tot di giorni, valutando i miei progressi e la mia determinazione di catecumena. Mi vergognai parecchio quando gli confessai, che non avevo recitato la "Megumi afureru sei Maria-sama",[4] quando m'ero rivolta per la prima volta alla Kami no Haha. Gli chiesi preoccupata se si fosse offesa. "Non sapevo che ci fossero preghiere fisse!", mi ero infatti tirata i capelli allarmata. Ridacchiando benevolo, Padre Mori mi consolò asserendo che no, di sicuro Lei non se l'era presa per così poco. In ogni modo, riuscii ad ottenere il battesimo, comunione e cresima alla Vigilia di Pasqua dell'anno successivo, nel 1999. Ancora oggi faccio però confusione su alcuni concetti, specie quelli in cui sono previste parole latine, lingua a me assolutamente simpatica quanto un'orticaria.

Nel frattanto, prima d'allora e tra una lezione e l'altra di teologia, legai ulteriormente con Shisui ( fu più facile con lei rivolgermi senza onorifici), divenendo pressoché inseparabili e coese nel tenere a bada  i nostri uomini, ma soprattutto assistendola negli ultimi mesi della gravidanza e dopo il parto: mi sentii estremamente onorata di poter tenere per prima in braccio la piccola Sakuya-chan, una copia in miniatura di Itachi, il quale si beccò una caterva di manate sulle spalle a mo' di congratulazioni da ciascuno dei suoi colleghi, assieme alla raccomandazione di sperimentare altri svaghi con sua moglie, pena l'arrivo di un quinto pupetto. Tanta era la loro contentezza per il lieto evento, che sia lui che Shisui parvero aver dimenticato momentaneamente l'aggressione subita da quest'ultima, aggressione che aveva parzialmente oscurato con atroci dubbi quasi tutto il periodo di gestazione. Sakuya-chan era del resto un vero piccolo tenshi, una tranquilla dormigliona che dove l'appoggiavi, se ne stava serafica, suggendo indisturbata il pollice. Inutile elencare le premure con cui la coprivano Tenmaku-kun e Saeko-chan, contenendosela però ferocemente tra di loro e riempiendo di conseguenza la casa coi loro strilli imbufaliti. L'unico che ne se doleva un poco, rimanendosene in disparte, era Kiyoaki-kun, il quale si vedeva "rubata" l'attenzione dei suoi genitori e della sua obaasan. Più volte l'avevo scorto correre a piangere da suo zio, chiedendogli disperato se anche lui avrebbe smesso di giocare assieme, una volta natogli il figlio. Accarezzandogli la schiena, Sasuke lo rassicurava, consigliandogli di pazientare.

E così giunse infine il nostro turno di aggiungere numeri al clan: non programmato, dapprincipio non desiderato, perseguitato da uno spirito vendicativo e da esso quasi ucciso ma salvato per il rotto della cuffia grazie al coraggio di suo padre, il 16 agosto 1998 nasceva il nostro primogenito, Akito-kun, o Acchan come venne immediatamente ribattezzato dai suoi cugini, ai quali non pareva vero di trafficare con ben due neonati. Mentre noi adulti rischiavamo un cortocircuito per via delle esigenze dei due poppanti (al contrario di sua cugina Sakuya-chan, Acchan strillava petulante voglio-e-pretendo peggio d'un ossesso, tutto suo padre) quelle tre pesti sembravano trarre energia dal gioioso bordello, che divenne ben presto casa Uchiwa.

Per fortuna, dissipando i timori del medico che mi seguiva e dei miei familiari, non soffrii di maternity blues. Certo, mi venne vietata ogni attività apportatrice di stress, poiché, per coloro che non sapevano del Mizuko, doveva essere stato proprio un grave crollo nervoso ad avermi portata a gettarmi a momenti giù dalle scale. Non avvenne però niente di tutto questo, anzi, l'unico forse ad aver sofferto di depressione post-parto fu il mio povero marito, completamente schiavizzato alle mie voglie di donna gravida, e le cui gote ancora diventano scarlatte al ricordo di come mi si ruppero le acque durante la Messa dell'Assunzione, fatto che mi aveva portato ad urlare sconvolta fino a trapanargli le orecchie un isterico: "Oh, Maria-sama! Sta uscendo?!", interrompendo la funzione e concentrando l'attenzione dell'intera assemblea su di noi. E dire che quella era la prima Messa cui partecipavo in assoluto, passando dalla fase 1 di solitario studio teologico alla fase 2, della partecipazione alla vita collettiva. Beh, collettivamente parlando, dodici ore più tardi la piccola comunità s'era ritrovata un futuro Kirisutokyouto in più, il mio adorato piccino dagli occhi ostinatamente blu, altrimenti pure lui uguale in tutto e per tutto al suo Tou-san, perfino quando mi teneva un regale e stizzito broncio perché aveva fame. Lo fissavo ipnotizzata e in adorazione mentre, allattandolo, il mio figlioletto mi ricambiava altrettanto intensamente, aprendo e schiudendo le manine tra una poppata e l'altra. Manine che si divertivano a stringere qualsiasi cosa, dalle mie dita ai capelli di suo zio materno, per la somma goduria di Sasuke, al quale non era affatto garbato come Menma-nii e Gaara se la fossero quasi fatta addosso dalle risate non appena li avevo raccontato l'aneddoto riguardante la nascita d'Acchan. Rimasi inoltre sorpresa nello scoprire quanto quella simpatica carogna del mio niisan sapesse dimostrarsi tenero coi bambini, che aveva sempre dichiarato di non amare particolarmente. Molto probabilmente Acchan, sangue del suo sangue, corrispondeva alla famosa eccezione che confermava la regola.

Ricordo però che il momento più commuovente in assoluto, più ancora del tardivo battesimo, fu quando presentammo Acchan per la prima volta al suo bisnonno Hikaku. L'anziano patriarca, ormai ridotto ad un fragile foglia avvizzita, era relegato da tempo in sedia a rotelle, uscendo purtroppo raramente di casa. Tuttavia, i suoi occhi velati s'illuminarono di una gioia indescrivibile alla vista dei suoi bisnipoti appoggiatigli accanto sul tatami. Il suo dito ossuto e distorto dall'artrosi sfiorò appena in segno di benedizione la fronte prima di Sakuya-chan e in seguito di Acchan, ringraziando tra sé e sé Kami-sama per aver vissuto abbastanza a lungo da assistere alla rinascita della sua famiglia, dopo lo sfacelo della Seconda Guerra Mondiale. Sapeva che oramai gli rimaneva poco tempo, ciononostante aveva sempre avuto fiducia in quella "promessa", che tanto m'aveva turbata a febbraio. Hikaku-ojiisan ringraziò sia Shisui che me per l'impegno presoci come madri, ritirandosi poi a pregare dinanzi all'altare di famiglia, là dove oramai trascorreva la maggior parte delle sue giornate. Il nonno non visse a lungo, purtroppo: se ne andò sereno, addormentandosi, assistito dalla nuora. A onor del vero, un pronto ricovero avrebbe ipoteticamente posticipato la sua dipartita, ma l'anziano patriarca stesso s'era opposto, intimando ad Itachi e a Sasuke d'assisterlo in veste di nipoti e non di medici. Hikaku-ojiisan ci lasciò l'ultima raccomandazione di vivere senza rancori né invidie, di perdonare noi stessi e gli altri e al contempo d'imparare dai nostri errori, senza aver timore d'ammetterli. "Siamo umani, perciò destinati all'errore. Ma questo non significa che siamo indegni di perdono", ci disse, guardando in particolare Sasuke e la sottoscritta, neanche avesse indovinato quanto avvenuto tra noi due.

La morte del nonno segnò la fine della nostra permanenza nella casa natale di Sasuke. Infatti, benché a priori il benvenuto, mio marito considerava inappropriato condividere la medesima abitazione del fratello, la cui famiglia necessitava dei suoi spazi ma soprattutto, era giunto il momento di stabilirci in via definitiva e di vivere indipendentemente. Sicché, quando Acchan compì un anno, m'impegnai a riprendere con vigore gli studi interrotti, laureandomi con buoni risultati. Dopodiché, Sasuke poté contattare il direttore dell'ospedale di Kyōto, accettando la sua offerta di trasferirsi nel suo dipartimento.

A Kyōto nessuno ci conosceva, offrendoci una concreta occasione per ricominciare da zero. Niente gossip, niente ripicche, disinteresse totale per la nostra vita privata, l'ideale per lasciarci il passato alle spalle. Comprammo dunque la nostra casa, stringemmo nuove amicizie e scoprii di possedere un certo talento per il giornalismo, in particolare per le rubriche letterarie, nuovo interesse che mi spinse ad approfondire all'università di Kyōto le mie - lo ammetto - confuse e raffazzonate idee sul quinto potere. Credo che sconvolsi parecchia gente, i miei professori in primis, alla prima lezione, quando portai con me Acchan in aula.  Li mandai allegramente a quel paese, non appena m'intimarono di assumere una babysitter, se in casa non c'era nessuno a vegliarlo. O di aspettare che Acchan andasse all'asilo, prima di ritornare all'università. Meno male che il direttore della rivista per la quale tuttora lavoro era di vedute meno rigide, permettendomi spesso di scrivere in santa pace a casa.  Il mio obiettivo, oltre che a dare un senso di relativa realizzazione alla mia vita, consisteva nel sollevare dalle spalle di Sasuke l'intero peso finanziario della casa; conoscevo la sua ambizione di divenire il futuro primario del dipartimento di oftalmologia, ciononostante non desideravo che mi schiattasse sul lavoro, onde realizzare quanto prima questo suo progetto. In quel caso, altro che compiangerlo, avrei sputato sulla sua tomba!

Eh ...

Certo, riguardando indietro, talvolta rimpiango  di non aver conseguito il mio sogno di divenire professoressa universitaria. Ma non per questo mi do - né permetto ad altri di farlo - della fallita. Rimpiangere progetti mai implementati è normale, chi non se ne lamenta almeno tre volte al giorno? Affermare però che mi sia rovinata la vita? Esagerato e di poco gusto.

Ho dirottato altrove il mio destino, acquisendo e smarrendo durante questa inaspettata sterzata familiari, amici, conoscenti, cose e occasioni. Il bilancio finale rimane comunque identico, ovvero che alla fine sono genuinamente contenta e soddisfatta di ciò che possiedo: mio figlio, mio marito, la mia casa e il mio lavoro, tutti componenti di un unico grande mosaico, di cui difficilmente di stancherò d'apprezzare.

E forse potrei terminare qui il mio racconto.

Potrei terminare asserendo che solo rischiando di perdere le persone che m'amavano sul serio ho scoperto, quanto esse fossero importanti per me, aiutandomi ad uscire dal mio guscio d'ottusa cecità e imparando a confrontarmi con chiunque volesse offrirmi la sua opinione, serbando però l'ultima parola. Divenendo sul serio una persona adulta, padrona del mio destino e pronta ad accoglierne serenamente, con responsabilità, il brutto e il bello.

Potrei sì, potrei davvero concludere così.

Ma non lo farò.

Infatti, c'è ancora qualcosa che debbo spiegarvi, prima di congedarci definitivamente.

Il Mizuko.

Se quest'anno il mio Akito-kun festeggia il suo sesto compleanno, è anche merito suo. Mi pare quindi giusto lasciargli l'ultima parola e poi ...

E poi basta, finalmente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Next chapter, the epilogue ...

 

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E meno uno alla conclusione di questa storia!

L'intermezzo iniziale è stata un'aggiunta un po' last-minute, diciamo per creare una circolarità nella relazione tra Naruko e Sasuke, ma soprattutto per descrivere meglio il loro rapporto. Ma in sostanza, l'intero capitolo è stato impostato con un tono sereno, giacché Naruko ha ormai preso la sua decisione e tutti in coro ci aggiungiamo al "Era dannatamente ora!"

Ma il Mizuko ritornerà, promesso ... ehehheheheh ...

Il brutto dei finali, è che vorresti scrivere ancora di più, dire tutto dei personaggi. Ormai, ci stiamo staccando da loro e mi dispiace, questa allegra famiglia m'era tanto simpatica!

E parlando di famiglia!

Se avete notato l'assenza di Minato e Kushina, è cosa voluta: ho deciso di lasciare loro posto all'epilogo, così come più spazio verrà dato a Tobirama & Co.

Inoltre, mi sono rifiutata per amore della musicalità di chiamare il figlio di Sasuke e Naruko come uno dei loro canonici. Sorry, non accettiamo lamentele.

Piuttosto, il mio è un piccolo omaggio al personaggio d'Akito Hayama, il protagonista maschile de "Il giocattolo dei bambini", o "Rossana"; il mio primo manga. Diciamo che i due sono accomunati da una storia gestazionale piuttosto movimentata, ecco!

Bien, spero di non aver dimenticato niente!
Per eventuali dubbi e curiosità, contattatemi pure via pm! ^^

Ci si vede all'epilogo, ciao!

 

 

 

 

 

 

 

Un po' di noticine:

[1] Bodhisattva = "Creatura illuminata"

[2] Elmetto rosa = parola gergale per "femminista". In Giappone, infatti, le femministe, durante le loro manifestazioni, erano solite indossare un elmetto rosa.

[3] Chichi to Ko to Seirei no mina ni yotte = Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo

[4] Megumi afureru sei Maria-sama / Kami no Haha= Ave Maria / Madre di Dio.

  
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