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Autore: _Lady di inchiostro_    14/03/2015    2 recensioni
Chiara si ritrovò il peso di un'enorme responsabilità sulle spalle. Perché non doveva fare la cosa giusta solo per sé, ma anche per tutte le altre donne come lei.
Potrà sembrare assurdo, ma era davvero ciò a cui stava pensando.
[…]
Chiara si decise, con fermezza, che non gli avrebbe più permesso di comportarsi come faceva comodo a lui. Poteva essere anche un uomo, poteva dire di avere il controllo su tutto quello che voleva, ma lei era più forte di lui.
E glielo avrebbe dimostrato.

Nonostante le differenze, noi donne siamo tutte degli oggetti davanti ad alcuni uomini. E questo per loro è un motivo per poterci maltrattare e per calpestare i nostri diritti.
Per fortuna, però, non tutti gli uomini sono così.
Per cui, noi donne dobbiamo farci forza, tutte insieme, e fermare tutto questo. Un po' come fanno Chiara e l'agente di polizia che si occupa del suo caso.
Attenzione: storia partecipante ad un concorso scolastico
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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 Dedico questa storia a quella peste di mia sorella. Perché, nonostante sia io la maggiore, la faccio sempre impazzire.

Chiara




Chiara era seduta in quella stanzetta da quelle che parevano ore. Gli occhi erano ancora sbarrati e sembravano fissare intensamente lo strato di polvere che si era formato sul tavolo. Ogni tanto tremava, come se avesse dei brividi di freddo. Si sentiva sporca, ogni lembo di pelle le sembrava ricoperto da chissà quale sostanza impura. Si passò una mano sui capelli legati in una coda di cavallo.
Ancora non riusciva a capacitarsi di quello che era appena successo. A quanto pare, non ci aveva provato solo con lei, ma anche con le sue amiche. Solo che loro non avevano esitato a parlare, costringendo la polizia ad una puntatina a casa sua. Aveva ancora quelle mani addosso, quando gli agenti sfondarono la porta. Sua madre doveva essere sconvolta, o almeno questo era quello che pensava.
Un rumore la mise in allerta, facendola voltare improvvisamente. Un'agente, una donna sulla quarantina, stava davanti la soglia e la fissava con apprensione. Chiara tornò a fissare la superficie del tavolo, senza aggiungere altro.
<< Allora, te la senti di testimoniare? >> le domandò la donna con gentilezza, scostando la sedia e sedendosi davanti a lei.
Chiara serrò le labbra, quasi a voler dire che sarebbe rimasta muta, per poi buttare un occhio sul vetro alle spalle della donna. Quest'ultima sospirò, gettandosi all'indietro e sedendosi scomposta.
<< Senti, io so che cosa si prova a... >> iniziò a parlare l'agente, ma fu interrotta.
Chiara si alzò di scatto e parlò, urlando: << Piantatela di dire stupidaggini! Nessuno di voi sa che cosa si prova, dite così solo perché volete che io parli! >> puntò lo sguardo sul vetro. << Chi vi dice che lui non si vendicherà non appena sarà fuori? Che farà qualcosa di peggiore, eh? Ne avete la certezza? >>
L'agente osservò Chiara mentre si sfogava, senza proferir parola. La ragazzina si rimise seduta e riprese la sua osservazione del pulviscolo sul tavolo.
<< Hai ragione, non possiamo saperlo >> disse l'agente, con voce quasi impercettibile. << Ma faremo di tutto perché quel mostro non veda più la luce del sole per parecchio tempo. E soprattutto, faremo di tutto perché lui non ti venga più a cercare >>
Chiara guardò la donna di traverso, ma non riuscì a sostenere il suo sguardo. Sentì lo stridere della sedia e il rumore di un paio di scarpe, poi una voce ferita le parlò: << Io lo so cosa si prova. Sono stata violentata quando avevo quattordici anni. Lui mi piaceva, andavamo nella stessa scuola e faceva l'ultimo anno di liceo. Non potevo immaginare che, non appena ci saremmo messi insieme, avrebbe iniziato a minacciarmi e a picchiarmi senza alcun motivo. Mi ci vollero mesi prima di convincermi a denunciarlo... >>
Chiara alzò lo sguardo, rendendosi conto che era stata l'agente a parlare. La stava guardando, una mano posata sulla maniglia e le palpebre abbassate, quasi a sottolineare il suo dolore.
<< No, non è la stessa cosa >> affermò Chiara, con durezza. << Io lo avevo sempre intorno, pronto a farmi del male da un momento all'altro >>
Fece una risatina nervosa, poi continuò: << Non ho mai conosciuto mio padre, per me è sempre stato lui la figura maschile della casa. Eppure, i padri delle mie amiche non si comportano come lui: le stuzzicano, le danno bacetti affettuosi, le stringono in forti abbracci di conforto. E lo stesso vale per mia madre, quando vedo il modo in cui lui le cinge la vita per baciarla, o di come le sussurra parole dolci all'orecchio. E allora perché con me è diverso? Perché il suo sguardo con me è famelico? Perché mi costringe ad abbassarmi le mutande, o mi tira i capelli, o mi da calci, invece di volermi bene? Che cosa ho fatto di male per essere trattata così? >>
Solo allora, Chiara si rese conto che stava piangendo sommessamente, e si morse in fretta il labbro per arrestare i crescenti singhiozzi.
<< Chiara, tu non c'entri nulla >> disse l'agente, avvicinandosi e posandole una mano sulla spalla. << Il compagno di tua madre non è un uomo come tutti gli altri, né tanto meno un padre. Una persona che tratta così una tredicenne come te, non merita neanche di stare in questo mondo! >>
Mise il mento sulla spalla di Chiara e le slegò i capelli, poi continuò con voce materna: << Lo sai, non sei l'unica ad aver vissuto un'esperienza del genere. Purtroppo, sono tanti gli uomini malati come il tuo patrigno. E persino probabile che una qualunque donna come noi due stia subendo un atto di violenza forzata in questo preciso momento... >>
La ragazza si prese un attimo di tempo per riflettere, mentre la sua mandibola si rilassava per via delle delicate dita dell'agente, che si intrecciavano sui suoi capelli. Era egoistico da parte sua, ma pensava che avrebbe dovuto fare ciò che era giusto per lei. Forse avrebbe dovuto continuare così, e forse sarebbe stato meglio per tutti. Però, pensò che non era l'unica ad essere coinvolta in questa storia. 
C'erano le sue amiche, che non avevano mai provato la sensazione di una mano ruvida che stringe forte la presa, e magari avrebbero persino faticato a dimenticarlo.
C'era sua madre, che avrebbe sempre convissuto con il senso di colpa, avendo condiviso il letto con l'uomo che da sempre stuprava sua figlia; e, chissà, magari si stava chiedendo se lui passasse il suo tempo su siti porno o di stupro, chiuso com'era nel suo studio. 
E poi c'erano loro. Le altre donne che non conosceva, ma che erano come lei. Insicure su dal farsi, su cosa il futuro potesse riservargli. 
E c'erano anche le donne “fortunate”, quelle che non avevano mai subito nulla del genere. Bambine, adulte, anziane, ma pur sempre donne.
Così, per quel breve frangente di tempo, Chiara si ritrovò il peso di un'enorme responsabilità sulle spalle. Perché non doveva fare la cosa giusta solo per sé, ma anche per tutte le altre donne come lei.
Potrà sembrare assurdo, ma era davvero ciò a cui stava pensando.
Si rese conto che, sì, l'agente aveva ragione. Suo “padre”, come qualsiasi altro disgustoso uomo simile a lui, non doveva stare fuori, in mezzo alla società. Chiara si decise, con fermezza, che non gli avrebbe più permesso di comportarsi come faceva comodo a lui. Poteva essere anche un uomo, poteva dire di avere il controllo su tutto quello che voleva, ma lei era più forte di lui.
E glielo avrebbe dimostrato.
Posò lo sguardo sull'agente, che stava ancora sciogliendo i nodi sui suoi capelli castani, e comprese che era veramente riuscita a percepire il suo malessere. Provò a fare un sorriso, anche se risultò un po' sghembo. 
<< Agente, posso ancora testimoniare, vero? >> chiese infine, con titubanza.
La donna ricambiò al sorriso, annuendo lievemente e apprestandosi a lasciare la stanza per le testimonianze.
<< Scusi >> proruppe Chiara, prima che questa la lasciasse sola. << Posso farle una domanda stupida? >>
<< Chiedi pure >> rispose l'altra, le mani poggiate sui fianchi.
Chiara si concesse qualche minuto per fissarla. Era davvero una bella donna, con i capelli sapientemente tagliati, in modo da sagomarle il viso puntellato di lentiggini, gli occhi di un verde acceso e il corpo modellato da curve non troppo accentuate. Non sembrava per niente una donna che avesse subito violenza.
<< Se io volessi... insomma, se volessi fare l'agente come lei per evitare che altre donne subiscano quello che ho subito io, sarebbe sbagliato? >> domandò, intrecciando le dita per l'imbarazzo. 
L'agente rimase sorpresa da quelle parole, ma non poté evitare di sorridere. 
<< Devi solo smetterla di legarti i capelli. Le agenti con i capelli riccioluti fanno grande scalpore tra i colleghi! >> la donna fece l'occhiolino e uscì.
Chiara fece un risolino, il primo di quella giornata. L'agente non aveva fatto altro che rispondere a due suoi dubbi – anche se l'altro non glielo aveva esplicitamente chiesto.
Chiara, in un giorno molto lontano, avrebbe trovato un uomo che l'amava per davvero e sarebbe diventata uno tra i migliori agenti che si fossero mai visti. 

Angolo dell'autrice:
Salve a tutti, questa è la prima storia che pubblico nella sezione “Originali”, e potreste anche dire che cimentarmi in una cosa del genere è stato un pochino azzardato.
Ma, da come potete aver letto nella introduzione ( l'avete letta, immagino...), la storia partecipa ad un concorso indetto dalla mia scuola. Inoltre, mi sembrava una tematica di cui non si parla spesso in questo sito, per cui ho voluto provare.
Nel caso vi siano delle cose che non vi sono chiare, o trovate qualche errore, siete sempre liberi di lasciarmi una vostra opinione. Spero davvero che, con la pubblicazione di questa storia, decida di scrivere qualche altra originale :)
Alla prossima,

_Lady di inchiostro_
 
  
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