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Autore: Kyasarin    14/03/2015    1 recensioni
Ogni vita viene ricamata con calma. Si tesse come la tela di un ragno e così ha tempo di cambiare, di scegliere rotte che non conosciamo e di essere imprevedibile. E l'unico modo per essere pronti a vivere è non avere mai paura.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Certo che è strano. Sognare ogni notte la stessa cosa...
Disse il professore Tibideaux, lisciandosi la barba bianca E corta. Osservò con aria interrogativa il giovane Aaron, che gli aveva appena raccontato il suo problema. Il professore era uno studioso molto in gamba e aiutava sempre il giovane in caso di bisogno. Era un ometto abbastanza alto e magro dai capelli ormai grigi, dal volto asciutto egli occhi ingigantiti dagli occhiali tondi dalle lenti spesse. Si sistemò gli occhiali sulla punta del naso, chiudendo gli occhi e pensando intensamente.
-Perchè continuo a sognare la stessa identica cosa? E poi è un sogno così vivido e... "Reale"...
-Sai figliolo. La nostra immaginazione è in grado di creare cose incredibili, trasportarci in posti di cui non ne conosciamo l'esistenza. Forse c'è una parte di te che vuole dirti qualcosa.
-Spero di no. Grazie per l'aiuto professore.
Disse Aaron alzandosi e prendendo la sua giacca nera.
-Sono sempre qui per te giovanotto. Ora è meglio se vai altrimenti tuo padre si arrabbierà.
Aaron indossò la giacca e si avviò a passo lento verso l'uscita, salutando il prof. Tibideaux con la mano. Scese la scalinata e raggiunse il vialetto. Era una bella serata fresca e il volto di Aaron era rivolto verso il lago, unica cosa che divideva la città dal bosco fitto che si arrampicava sulle montagne. Uscì dal portoncino e lo chiuse piano, avviandosi verso casa sua. Teneva lo sguardo basso, fissando il marciapiede. Sentì il cellulare tremare nella sua tasca e lo tirò fuori, vedendo il numero di sua madre sullo schermo.
-Pronto?
-Ciao tesoro! Come stai?
-Ciao mamma. Io sto bene e tu? Come va a New York?
-Benissimo tesoro. Quando posso verrò a prenderti così passerai del tempo con me.
-Be, non so mamma. Devo chiedere a papà.
-Lo sai che tuo padre non ti dirà mai di si!
-è per questo che vi siete lasciati?
Disse lui. La madre non rispose.
-Ormai hai sedici anni tesoro. Sono passati sei anni da quel giorno. Credi di riuscire a perdonarmi?
Disse dolcemente lei.
-Non lo so mamma. è solo che mi manchi.
-Mi manchi anche tu amore mio.
-Mamma ora devo lasciarti. Sono stato dal professore fino a poco fa e non vedo l'ora dì andare a casa e infilarmi sotto le coperte.
-OK. Notte tesoro.
-Notte mamma.
Chiuse la chiamata e infilò il cellulare nella tasca. Si passò la mano tra i capelli folti e neri. Raggiunse la sua casa poco dopo.
-Sei in ritardo.
Urlò il padre dal soggiorno, sentendo la porta di casa aprirsi. Aaron entrò in soggiorno. Suo padre era seduto sul divano, che guardava un programma alla TV con una lattina di birra tra le mani.
-Come mai così tardi? Mi ero preoccupato.
-Mi sono trattenuto dal professore Tibideaux.
-Passi quasi tutti i giorni dal professore. Ti fai dare lezioni private?
-No.
Disse secco, salendo le scale verso il primo piano.
-Perchè non vieni qui a guardare la TV con me?
-Mi dispiace papà ma sono molto stanco.
Aaron entrò in bagno e si avvicinò al lavabo, specchiandosi nello specchio, posto di fronte a lui. Si stropicciò gli occhi verdi, prima di posare lo sguardo sul suo rifresso. I capelli corvini e folti erano spettinatissimi e la sua pelle sembrava essersi abbronzata di più in quel giorno assolato. Dopo essersi fatto una doccia calda, indosso il suo pigiama e si infilò sotto le coperte del suo letto. Sapeva cosa gli aspettava oltre la soglia del sonno e non si sarebbe ne sorpreso ne spaventato. Chiuse gli occhi abbandonato tra le braccia di Morfeo.

***

Quando aprì gli occhi un brivido freddo lo pervase. Intorno a lui c'era il buio.
-Ma cosa...?
Si alzò e si guardò intorno spaventato. Non era il solito sogno e sentiva nel suo cuore una paura che si diffondeva lentamente. Sentì un respiro affannoso provenire dal profondo del buio davanti a se. Poco dopo quel respiro si trasformò in un ringhio feroce, mentre due occhi gialli brillarono nel buio. Aaron iniziò a tremare, terrorizzato dagli occhi gialli che si avvicinarono sempre di più. Sembrava una belva enorme, ma il giovane non era sicuro di quello che aveva di fronte. Iniziò a indietreggiare, sudato per il terrore.
-Non puoi sfuggire...
Disse una voce cavernosa, proveniente dal profondo del buio.
-Tu... Chi... Chi sei?
Balbettò indietreggiando ancora.
-Non ce nulla per te qui. Raggiungi la Soglia... Salva il nostro mondo principe dei lupi.
-Cosa?!? Ah è solo un sogno... Un orribile sogno...
-Non tutto è come sembra...
-Basta! Lasciami in pace!
La creatura iniziò a correre verso di lui, lanciandosi contro il giovane che urlò. Si svegliò di colpo, sentendo dei passi pesanti che dal corridoio scendevano le scale. Era terrorizzato, sembrava che la creatura fosse uscita dai suoi sogni e ora correva per la casa. Saltò fuori dalle coperte e corse verso l'armadio. Iniziò a cercare all'interno in gran fretta. Vecchie scarpe, un cappello, una vecchia fionda, un disegno che aveva fatto da bambino.
-Eppure è qui da qualche parte...
Infine afferrò la mazza da baseball e chiuse l'armadio. Strinse la mazza con entrambe le mani, avviandosi lentamente verso il corridoio. I suoi sensi erano al massimo, pronto a ogni cosa. Per lui una mazza da baseball era come un arma e l'allenatore lo doveva sempre: "La tua forza e la tua velocità rendono la mazza che hai tra le mani molto pericolosa".
Aaron uscì dalla sua stanza, stringendo ancora di più la mazza. Passò davanti dalla camera del padre, che dormiva russando rumorosamente. Come aveva fatto a non sentire una creatura che correva davanti alla sua camera? Non voleva pensarci. Iniziavano a tremargli le gambe ogni volta che pensava a quei passi pesanti che avevano percorso la strada fino al piano terra. Aaron decise si scendere al primo piano dove un vento gelido aveva avvolto tutta la stanza. Aaron rimase sorpreso non vedere la porta del retro spalancata. Si avviò verso il retro, prese la giacca e uscì. Dietro la casa si estendeva un bosco unito a quello dietro il grande lago. Fece una decina di passi fuori dall'uscio, dove solo la luce della lanterna accesa da suo padre la sera prima rischiarava un po la zona. Aaron non sapeva perchè suo padre la accendeva sempre, ma per lui era una specie di "rito importantissimo".
-Qui non c'è...
Disse, guardandosi intorno. Si era allontanato ancora di più dalla porta osservando gli alberi.
-Qualsiasi cosa fosse non ce più ora.
Disse. In quel momento sentì dei passi dietro di se, seguiti da un respiro affannato e da un ringhio forte e spaventoso. Si girò, trovando una creatura dal pelo nero e gli occhi rossi, che ringhiava contro di lui mostrando i denti affilati. Era enorme e a 4 zampe raggiungeva l'altezza del ragazzo. La testa grande e il muso allungato faceva pensare a un gigantesco lupo molto arrabbiato.
-Oh no...
Il ragazzo iniziò a indietreggiare, mentre il lupo avanzava a passi lenti, continuando a mostrare i denti affilati. Iniziò a correre verso di lui, come era successo nel suo sogno. Aaron iniziò a correre verso il bosco, infilandosi tra gli alberi. Sapeva che lo stava seguendo, sentiva i suoi passi pesanti che schiacciavano i rami e il sottobosco e il suo respiro agitato dalla corsa. Era così concentrato nel guardare dov'era l'inseguitore che in campo, rotolando fino alla fine di quella collinetta. Ruzzolò fino a un piccolo ruscello che si univa al lago più o meno cinquecento metri più avanti. Rimase fermo per qualche secondo, finchè sentì un ululato e si rialzò dolorante. Si guardò intorno e vide una specie di apertura stretta nella roccia , che portava in una grotta. Si infinò la dentro, con il fiatone. L'apertura era sicuramente troppo piccola per una creatura del genere. Si avvicinò alla fessura, osservando la creatura di cui si vedeva solo un ombra nera. Sentì le sue zampe entrare nell' acqua e affondare nella ghiaia. Sentiva il suo respiro forte che annidava l'aria. Infine lo sentì correre via. Tirò un sospiro e si buttò a terra. Sentiva dolori dappertutto e le gambe avevano ceduto. Neanche pochi minuti dopo si abbandonò al sonno più profondo.

   
 
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