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Autore: Inathia Len    15/03/2015    2 recensioni
Avevano troppo e gli dei hanno tolto loro tutto. Perché gli dei sono ingrati, perché gli dei sono invidiosi...
Sirius Black e Remus Lupin, due nomi, un'unica storia. D'amore e di salvezza, di dolore e di perdita.
Dagli anni della scuola, la conoscenza e gli scherzi, fino alla fine di tutto, fino a un lampo di luce verde, messaggero degli dei ed esecutore. E poi il ritrovarsi, perché chi si ama non ci lascia mai veramente, lo si può sempre ritrovare...
Genere: Angst, Comico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora, Remus/Sirius
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Classe 1960'
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1972




 

Schegge di una voce rotta

 

 

 

 

Peter lo scosse piano, stringendogli una spalla.

-Sirius?- sussurrò, lanciando un’occhiata allarmata a James.

-Uh? Cosa…?- biascicò il diretto interessato, sollevando la testa arruffata e staccandosi dalla guancia la piuma che vi si era incollata mentre dormicchiava. –Che c’è?-

-Hai il tema per Lumacorno ancora da finire per domani- gli ricordò James, -E Remus ha detto che non possiamo copiare da lui, questa volta…-

-Traditore infingardo- bofonchiò Sirius, salvo poi mettersi dritto e riprendere a leggere il noiosissimo tomo che aveva davanti.

Era quasi ora di cena, ma la biblioteca era ancora piena di studenti e bisbigli, prontamente zittiti dalle occhiatacce della temibile Madama Pince. Al loro tavolo erano anche seduti i gemelli Prewett, del terzo anno, che studiavano insieme a Frank Paciock, loro compagno di stanza.

L’ambiente era illuminato a giorno, ma fuori cominciava a calare la sera e Sirius si sentiva più stanco che mai. Solitamente compiti o esercitazioni in generale non era un problema per lui, ma quel giorno aveva la mente altrove: Remus era di nuovo dovuto tornare a casa a causa della pessima salute della madre e, ogni volta che poi rimetteva piede a scuola, sembrava più morto che vivo. Una volta, aveva notato delle cicatrici sulla schiena dell’amico e gli aveva domandato cosa fosse successo. Aveva incontrato il signor Lupin solo l’anno precedente, quando era venuto a prendere il figlio dalla stazione, e non gli era sembrato l’uomo più caloroso e affettuoso della terra. Così, quando aveva visto i segni, aveva subito pensato che magari suo padre lo avesse picchiato. A lui non era mai successo, ma sua madre aveva spesso minacciato di usare la Cruciatus su di lui, se lo avesse sentito “parlare di argomenti obbrobriosi e da feccia quali i marmocchi che osava chiamare suoi amici e la Casa che si ostinava a dire sua”. L’unica volta che aveva davvero alzato la bacchetta su di lui era stato quando Kreacher, riordinando camera sua, vi aveva trovato alcune riviste babbane che aveva comprato di nascosto.

La sola idea che una cosa simile potesse essere successa a Remus gli faceva accapponare la pelle. Si conoscevano appena da un anno e poco più, ma già tutti sapevano che, dove andava uno, andavano anche gli altri. Non c’era “io”, non esisteva “me”, ma solo “noi”. E la cosa gli piaceva, perché con James, Remus e Peter sentiva di aver finalmente trovato la famiglia che aveva sempre voluto. Una famiglia che ascoltava i tuoi sfoghi e ti faceva ridere, che ti offriva caramelle quando eri di cattivo umore e una spalla su cui piangere, quando proprio non ce la facevi più.

-Io giuro che il Lumacone lo ammazzo- sibilò James, macchiando di inchiostro la pergamena mentre apriva l’ennesimo libro. –Ma si può? Io dico… quaranta centimetri su questa baggianata? Sono trenta centimetri che ripeto le stesse cose, usando dei sinonimi!-

-Mi stupisco anche che tu sappia cosa significhi quella parola- replicò dal tavolo davanti a loro Severus Piton, che studiava accanto a Lily Evans. Lei si limitò ad alzare gli occhi al cielo, stufa di quelle scaramucce, e Sirius era certo che, se ci fosse stato Remus, avrebbe fatto la stessa cosa. Sarebbero potuti andare molto d’accordo, quei due…

-Che hai detto, Mocciosus?- scattò invece James, già rosso come un peperone. Avevano notato che le offese gli pesavano molto di più se a dirle era Piton, soprattutto se Lily Evans era con lui. –Io mi stupisco invece che il professore riesca a leggere i temi che gli consegni, con tutto l’unto che cola dai tuoi capelli-.

-Io mi chiedo invece come faccia lui a leggere qualcosa, visto l’enorme naso che si ritrova- aggiunse Peter, guadagnandosi una pacca sulla spalla da parte di James. Sirius si limitò a ridacchiare.

La rivalità tra James e Piton era già qualcosa di leggendario ed era anche peggiorata da quando il primo era stato selezionato con Cacciatore della squadra di Grifondoro, mentre il secondo era stato cacciato in malo modo perché ritenuto troppo mingherlino. Ogni volta che si incrociavano o si insultavano o si affatturavano, con grande divertimento dei compagni ed isteria degli insegnanti, che ormai avevano capito perfettamente quanto inutile fosse punirli in qualche modo, perché non sarebbero cambiati di una virgola.

Sirius vide Lily Evans sussurrare qualcosa all’amico, che mise via la bacchetta che aveva appena sfoderato. Meglio non fare nulla in biblioteca…

-Uh, codardo!- commentò James, guadagnandosi un’occhiataccia da parte della ragazzina.

-No, Potter. È che a differenza tua, né Sev né io ci teniamo a far perdere altri punti alle nostre Case.-

-Be’, non ti preoccupare. Qualsiasi punto perso lo riguadagnerò facendo vincere Grifondoro domenica. Prima partita di campionato, Mocciosus, sei in ansia?-

-No, James!- lo riprese Peter, assumendo un’espressione afflitta. –Non ti ricordi che il povero Sev non è stato preso in squadra?-

-Evidentemente l’olio dei capelli lo ha fatto scivolare dalla scopa prima ancora che i provini cominciassero- ridacchiò Sirius.

Lily Evans li squadrò uno a uno, poi alzò gli occhi al cielo e praticamente trascinò via di peso Piton, mormorando qualcosa che assomigliava molto a “bambini”.

Sirius si stiracchiò e poi chiuse il libro.

-Amen, signori miei, dichiaro così concluso il mio fruttuosissimo pomeriggio di studio.-

-Hai scritto due righe e mezza… no, aspetta… due. Due perché “Pitone nasone” non centra nulla con il tuo saggio- gli fece notare Peter.

-Può darsi, ma non ne ho più voglia. James, che si fa? Mi annoio…- scrollò le spalle.

-E io che ne so? Sono per caso il tuo clown? E poi anche Mocciosus se n’è andato… Cena?-

Sirius lanciò un’occhiata al proprio orologio. Era digitale, identico modello di quello di James. I genitori dell’amico glielo avevano regalato per il compleanno, quando aveva saputo quanto gli era piaciuto.

-Troppo presto per la cena… Uffa!-

Si voltò allora verso i Prewett e Frank.

-Ragazzi, voi che fate?-

-Saggio sui lupi mannari- rispose laconico Fabian, mentre il fratello sbadigliava.

-Intensamente noioso- commentò Frank. –Ma almeno possiamo fare tutti e tre lo stesso. Il professor Oftalmos è cieco che fa schifo… non si renderà conto di nulla.-

-Ma il vostro argomento è interessante!- si lamentò Sirius, abbassando il tono di voce quando Madama Pince lo fulminò.

-Se vuoi ti lasciamo i nostri libri, se vuoi una lettura leggera- intervenne Gideon, piazzandogli davanti al naso quattro tomi da quasi mille pagine l’uno. –Noi andiamo a portare la nostra roba in camera. Ci si vede a cena.-

James e Peter li salutarono con un cenno del capo, mentre Sirius prese a sfogliare con interesse il materiale che i tre ragazzi gli avevano lasciato. Era a metà del secondo volume, quando si bloccò, la pagina sollevata a metà e uno sguardo folle sul viso.

-Oddio… si è bloccato di nuovo- gemette Peter.

-Oppure è la volta buona che ha una qualche cavolo di visione e può smettere tutta questa noia e andare in giro a beccarsi tanti soldi- suggerì James, allungandosi verso l’amico che era seduto di fronte a lui. –Oi, ci sei?- chiese, sventolandogli davanti una mano.

-Eh?- fece Sirius, tornando presente.

-Buona notte- commentò Peter, prendendosi la testa tra le mani. –Mi sa che questa volta lo abbiamo perso del tutto.-

-Ragazzi, non ci crederete mai, ma ho appena ricevuto un’illuminazione- disse Sirius, mai stato così serio in vita sua.

-Che ti dicevo?- commentò James, dandosi di gomito con Peter. –E quale Verità vuoi condividere con noi, Profeta Sirius?-

-So che cos’ha Remus- mormorò.

-No, è sua madre che sta male- lo corresse Peter.

Sirius chiuse con forza il libro che stava leggendo e lo passò agli altri due. James e Peter sollevarono scettici un sopracciglio.

-Non puoi dire sul serio… Remus è un lupo mannaro?-

-Sh!- lo riprese Sirius, dandogli un leggero schiaffo sulla mano. –Che cavolo urli?!-

-Remus è un lupo mannaro?- ripeté Peter, questa volta con un filo di voce. –Scherzi, vero? Insomma… stiamo parlando di… di… di Remus, del nostro amico Remus!-

-Io dico che troppo studio ti ha dato alla testa- scrollò le spalle James. –Ma capisco, eh, non sei abituato!- lo prese in giro.

-Ho ragione, invece. Vogliamo scommettere? Quando Remus torna glielo chiedo!- si incaponì Sirius.

-Oh, ma che splendida idea, già mi immagino la conversazione- gemette Peter.

- “Ciao Remus, per caso, mentre eri a casa a occuparti di tua madre malata, ti sei trasformato in qualche coso peloso e sei corso fuori a ululare alla luna? No, giusto per sapere…”- scimmiottò James. –Tu ti sei bevuto il cervello…-

Sirius scrollò spalle e si morse la lingua. Sapeva di aver ragione, quel libro che aveva appena sfogliato aveva tutte le risposte alle domande che si era posto. Perché la signora Lupin aveva delle crisi sempre nello stesso periodo del mese, che, ora che ci faceva caso, coincideva sempre con la luna piena? E anche le cicatrici… non era stato suo padre, come aveva creduto, ma lui stesso…

-Io sono sicuro di quello che dico. Leggete anche voi, poi ne riparliamo- concluse, raccogliendo pergamena, penna e inchiostro e sparendo fuori dalla biblioteca, lasciando i due ragazzi increduli.

-Quel ragazzo è pericoloso quando si annoia…- commentò Peter.

-Signorsì- annuì James, passandosi una mano tra i capelli.

 

 

 

 

 

 

Per tutta la settimana seguente Sirius non accennò a quello che era successo in biblioteca. Remus era di nuovo con loro, tutto procedeva come al solito. Anche se lo aveva trovato più pallido del solito, i suoi dubbi erano stati spazzati via dall’euforia della vittoria di Grifondoro contro Serpeverde nella prima partita di campionato, alla quale, per festeggiare, fecero seguire l’allagamento dei sotterranei. Presero così due picconi con una fava: i Serpeverde si bagnarono fino al midollo e la stessa cosa successe all’aula di Pozioni, così che Sirius non ebbe problemi con il tema non fatto. Purtroppo per loro, però, la McGranitt li individuò subito come i responsabili e tutti i punti vinti con la partita vennero sottratti alla loro Casa. Lily Evans si vendicò su di loro annodando con la magia tutti i lacci delle loro scarpe e, come risultato, andarono a lezione in calzini fino a quando Remus, come portavoce del gruppo, le andò a chiedere scusa.

Sirius non sapeva se James e Peter avessero letto o meno il libro che aveva dato loro, ma li aveva notati più attenti nei confronti di Remus. Quindi forse sì… forse non lo avevano ignorato del tutto…

Aveva trovato il tomo sotto il letto di James e, prima che Remus lo vedesse, aveva deciso di riportarlo. Lupo mannaro o meno, la verità sarebbe prima o poi emersa, ma non voleva dargli l’impressione che stessero facendo qualcosa alle sue spalle.

Fu sulla strada per andare in biblioteca che lo incrociò e in quel momento avrebbe voluto seppellirsi, anche perché aveva riaperto il volume per sbirciare di nuovo qualcosa qua e là. Remus era seduto con un ragazzino del primo anno, che stava piangendo per essere caduto durante la prima lezione di volo ed aver fatto una figuraccia.

-… sono caduto anche io!- sentì Remus ridere, prima ancora di voltare l’angolo. –E tutti, anche i Serpeverde, hanno visto di che colore avevo le mutande quel giorno.-

Sirius sentì il ragazzino trattenere il respiro.

-Sarai morto dalla vergogna!-

-Nah… e sai perché? Perché se sei il primo a riderne, gli altri rideranno con te, e non di te. È una differenza sottile, ma basta a cambiare la prospettiva, no?-

Sirius sorrise tra sé e sé. Remus aveva sempre le parole giuste per tutti, sapeva come tirare su di morale chiunque. Una caratteristica che, spesso, gli invidiava.

-Quindi tu dici che…-

-Che secondo me dovresti tornare dai tuoi amici e raccontare quello che hanno visto oggi come se fosse la cosa più divertente del mondo. Se ti diverti, lo faranno anche loro. E poi, l’unica cosa davvero importante, è cosa pensi tu e cosa pensano i tuoi amici- concluse Remus e Sirius sentì il ragazzino correre via. Era ancora perso tra i suoi pensieri, che non si rese conto che il ragazzo era di fronte a lui fino a quando Remus non si schiarì la gola.

-‘giorno- mormorò Sirius, colpevole, nascondendo malissimo il libro dietro la schiena.

-Che hai lì? Guarda che io lo so che sai leggere… è con tutti gli altri che pretendi il contrario- lo prese in giro.

-Io?- ridacchiò stridulo. –Uh, niente di niente, una cosa noiosissima che…- ma Remus non gli diede il tempo di finire che, con un rapido movimento, gli aveva già strappato di mano il libro. Quando però ne lesse il titolo, il sorriso si tramutò in una smorfia di puro orrore e il volume gli cadde per terra. Sirius ne osservò la parabola discendente sentendosi male e, quando alzò gli occhi sull’amico, avrebbe voluto che la terra si aprisse per infilarcisi dentro e scomparire. Perché Remus non era arrabbiato, deluso… era letteralmente terrorizzato. Spostava lo sguardo tra il ragazzo e il tomo e sembrava un animale braccato.

-Perché leggi quel libro?- chiese Remus, la voce che gli tremava almeno quanto le mani.

-Ecco, io...-

-Sirius...!-

-Non è mio- si difese in extremis. -Fabian lo doveva riportare in biblioteca e io mi sono offerto... per fare un giro sai... Non è neanche argomento del nostro anno!- concluse, con una risatina stridula e nervosa.

-E perché lo hai nascosto quando hai visto me?- continuò a indagare Remus, ma Sirius non capiva perché insistesse tanto. Insomma, se lui fosse stato un lupo mannaro (a parte che l'avrebbe trovata una cosa fighissima, sarebbe andato in giro a mordere i parenti solo per divertimento) e l'avesse voluto tenere segreto, di certo avrebbe lasciato cadere l'argomento.

-Remus, io...- mormorò Sirius, ormai a corto di scuse. -Ti prego...-

Il ragazzo chiuse gli occhi e le spalle gli si afflosciarono, quasi qualcuno lo avesse colpito pesantemente e con violenza. Era ancora più pallido del normale e continuava a tremare.

-Siediti- praticamente gli ordinò l'amico, riaccompagnandolo alla panca dov'era stato prima con il ragazzino del primo anno. -Siediti e respira, ok? Sei già andato in infermeria questo mese, no? Non vuoi finirci di nuovo…-

Lo disse come se fosse stata una battuta, ma Remus alzò lo sguardo su di lui ancora più allarmato. E Sirius non sapeva cosa fare, perché lui faceva schifo in situazioni come quelle. Era Remus quello che sapeva sempre cosa dire, James quello che con una battuta ti faceva ritrovare il buonumore e Peter quello che ti circondava in un abbraccio che ti faceva dimenticare il mondo intero e il motivo per cui eri triste o spaventato. Lui no, lui non era abituato alle emozioni altrui, non era così che era stato educato.

-Tu... gli altri...-

-Quando hai finito con i pronomi e passi all'argomento capirò di cosa vuoi parlare- tentò Sirius, arrendendosi e sedendosi accanto a Remus. Indeciso se farlo o no, alla fine gli circondò le spalle con un braccio e l'altro, prima titubante, gli si appoggiò contro, ancora tremante.

-Lo sai?- gli chiese alla fine, voltando appena la testa per guardarlo negli occhi. Sirius non si era reso mai conto che quelli di Remus fossero verdi, o che fossero così grandi, o che avessero delle ciglia così lunghe...

-Io so cosa?-

-Ti prego, almeno non trattarmi come un cretino. Ti ho visto il libro... la battuta sull'infermeria... lo sai- disse, e questa volta non era più una domanda.

-Credo di sì- rispose Sirius. -Ma non è un problema, davvero io...-

-E James? E Peter?- insistette, quasi l'altro non avesse detto nulla.

-Non lo so. Forse. Non ne sono sicuro. Potrei aver detto loro di dare un'occhiata al libro- confessò alla fine, vergognandosi.

Sentì Remus come afflosciarsi, perdere completamente le forze.

-Lo sapevo che era troppo bello per durare... Non vi preoccupate- disse, facendo per alzarsi, -domani mattina quando vi sveglierete non ci sarò più. Vado a parlare con il professor Silente... credo che o mi verrà a prendere mio padre... o forse tornerò con il treno e... Puoi lasciarmi andare?- si girò di scatto alla fine, notando che Sirius non aveva allentato minimamente la presa su di lui. -Ehi! Lasciami!-

-Solo quando avrai finito di sparare stronzate- replicò il ragazzo, un sorriso angelico sul volto.

-Dei due, sei tu quello che non ragiona- obiettò Remus.

-No, sono piuttosto certo sia tu.-

-Sirius... te l'ho appena detto, io sono un...-

-E il mio chissene frega a chi lo devo dire, a te o al giornale? Remus, dico sul serio, ma ti stai ascoltando? Treni? Andartene? E senza nemmeno salutare... che cafone! Tu non vai da nessuna parte, il tuo posto è con noi tre, sono stato chiaro?-

Sirius sapeva cosa la società pensava dei lupi mannari, ma mai, mai avrebbe creduto che Remus Lupin, il ragazzo più in gamba e intelligente che conosceva, si sarebbe lasciato mettere sotto da dei pregiudizi idioti come quelli. Certo, magari diventare un “coso peloso e ululante”, come lo aveva definito James, non era la cosa più esaltante del mondo per un dodicenne, ma doveva ammettere che aveva il suo fascino...

-Da quando lo sei?- gli chiese, ora sinceramente curioso. Il suo braccio era ancora attorno le spalle di Remus e, il suo subconscio lo aveva capito, era quello il suo posto. E anche Remus sembrava averlo accettato, perché di nuovo lasciò che la propria testa si poggiasse sulla spalla di Sirius, sospirando.

-Non avevo nemmeno cinque anni quando venni morso- confessò con un filo di voce. -Ma non è colpa del mannaro che mi ha attaccato... lui non poteva controllarsi... Io lo so come ci si sente- aggiunse, alzando gli occhi verso Sirius, -e fa schifo. Dico sul serio. Magari a te, così tanto per parlarne, ti sembra figo, ma ti assicuro che non lo è. È orribile e la trasformazione... la trasformazione ti fa dimenticare tutto il bello del mondo, da quanto fa male. È come nascere di nuovo, solo che questa volta il dolore lo stenti tutto. E lo ricordi, tutto. Così che alla luna piena successiva sai esattamente cosa aspettarti e sei anche terrorizzato.-

Sirius non seppe cosa dire. Dovevano parlarne con James e Peter, doveva lasciare cadere la cosa? Ma Remus sembrava aver bisogno di qualcuno con cui sfogarsi e, almeno così gli pareva, non sembrava nemmeno disturbato dalla sua completa mancanza di tatto.

-E come fai?- chiese allora, scrutandolo prima negli occhi per capire se potesse rivolgergli quella domanda. -Insomma, la gente lo noterebbe se un lupo mannaro scorrazzasse per i corridoi... Aspetta... non è che ci hai drogati nell'ultimo anno? Oppure siamo mannari anche noi e non ce lo ricordiamo?-

Remus si lasciò sfuggire una risata per quelle assurdità.

-Quattro parole: Platano Picchiatore e Stamberga Strillante.-

-Tecnicamente sono cinque.-

-Tecnicamente tra due secondi ti tiro uno schiaffo.-

-Tecnicamente ora sarebbe più ad effetto se minacciassi di mordermi- ridacchiò Sirius, guadagnandosi uno scappellotto. -No, tanto per dire... E così la Stamberga, eh? Le mie cugine me lo avevano detto che era stata costruita l'anno scorso, così come anche il Platano, che prima non c'era... quindi era per te?-

Remus commentò con una smorfia.

-Non ti azzardare a dire “figo” che davvero questa volta ti mordo- lo minacciò, sempre però sorridendo.

-Eddai, un pochino lo è! Insomma... praticamente hanno modificato la scuola perché tu potessi frequentarla! Non ti senti neanche un po' importante? Ehi, che ne dici se diciamo a Silente che i lupi mannari e i loro compagni di stanza non possono fare troppi compiti e non possono svegliarsi troppo presto alla mattina? Dici che le sposta le lezioni?- chiese Sirius, infervorandosi.

-Dubito- storse il naso Remus e l'altro scoppiò a ridere.

-Proprio inutile sei- commentò Sirius, scrollando le spalle. -Potevamo almeno provare...-

Rimasero per un po' in silenzio, poi Remus si voltò verso Sirius, uno sguardo preoccupato.

-Promettimi solo che non lo dirai a James e Peter. Vorrei essere io a... insomma... non so quando, ma prima o poi...-

-Conoscendo il signor Potter, probabilmente farà dipingere uno striscione a Peter e scoppierà a piangere dicendo cose come: “Il mio Remino cresce! Il mio Remino va a mordere la gente e a ululare alla luna”... Sarà terribilmente imbarazzante, ma non te ne devi preoccupare.-

-Lo so, ma... è una cosa difficile per me e... vorrei provare a gestirla. Insomma, in un qualche modo. Però, intanto grazie per oggi.-

-E per cosa?-

-Per non essere scappato urlando!-

-Delle due, sei tu quello che non è scappato ululando quando ha visto il libro.-

-Merlino...!- si coprì il volto con una mano Remus, per lo squallore della battuta dell'amico.

-Oh, caro mio! Siamo solo all'inizio!-

-Sei anni tutti così?-

-Sei anni e mezzo- precisò Sirius, scoppiando a ridere e abbracciandolo stretto. -Ma è a questo che servono gli amici, no? A sfottere i problemi- gli fece l'occhiolino.

Poi, nessuno dei due seppe bene dire come, forse fu la vicinanza, forse l'euforia... ma come ancora non si sa bene, però le loro labbra si sfiorarono. Fu una cosa da nulla, un mero scontro probabilmente causato dall'essersi sciolti dall'abbraccio nello stesso momento, ma di fatto entrambi divennero rossi come due peperoni e, persino Sirius che aveva sempre qualcosa da dire, si ritrovò in silenzio.

-Teniamo segreto anche questo?- propose alla fine Remus, il primo a riprendersi.

-Assolutamente sì. Mai successo. Anzi, cosa dicevi che deve rimanere segreto?-

  
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