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Autore: AnyaTheThief    15/03/2015    2 recensioni
"... Magari lei è tornata" espone la sua teoria ai compagni che lo guardano seri ed in silenzio per tutta la durata del suo discorso, mentre il giovane neo-Moschettiere tenta di esprimere tutta la sua preoccupazione.
Entrambi all'unisono scoppiano in una risata fragorosa.
"E tu hai capito tutto questo da...? Un ghigno sotto ai baffi?" lo deride Aramis.
Il povero D'Artagnan sospira rassegnato, ma anche un poco divertito. E va bene, forse ha esagerato e viaggiato un po' con la fantasia, sicuramente un po' di alcool ha fatto la sua parte.
"Fidati, amico, Athos sta benone." lo rassicura Porthos appoggiandogli una sonora pacca sulla spalla. "Per quanto bene possa stare uno che ha rischiato di morire più volte per mano della moglie che credeva di aver ucciso." aggiunge poi, prima di scoppiare a ridere di nuovo assieme ad Aramis.
Anche D'Artagnan ritorna ad immergersi nell'atmosfera leggera e spensierata, e a sorseggiare dal suo boccale, costringendosi a fingere solo per un attimo che i suoi amici abbiano ragione. Ma lui sa che non è così, ed andrà a fondo in questa cosa.
E poi è davvero tanto, tanto curioso.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Athos, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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D'Artagnan è impaziente. Da come si agita sulla sella, pare che sia lui quello che sta cercando qualcuno, e non Athos. Aramis lo fissa per qualche secondo prima di azzardare una battuta.
“Hai degli spilli sotto il sedere?”
Ma il giovane non sembra cogliere l'ironia, al contrario di Porthos che accenna un sorriso spensierato. Guarda il suo compagno senza capire: perché loro non sono preoccupati?
“Avremmo dovuto andare con lui.” decreta infine esprimendo la sua angoscia, senza distogliere mai lo sguardo dalle fronde aggrovigliate dalle quali si aspetta di vedere spuntare il suo amico da un momento all'altro.
“E reggere il moccolo durante il suo incontro romantico?” replica Aramis. “Devo ancora insegnarti un paio di cose sulle donne.” decreta infine, sistemandosi il cappello con aria di sufficienza.
Si dà sempre troppe arie su quell'argomento e lo tratta come un bambino. Bene, forse non ha la sua stessa esperienza in fatto di donne, ma almeno ne ha amata una ed una soltanto, finora. Non come lui che ne ha una diversa ogni settimana. Di certo non sta a lui giudicarlo, ma trova leggermente fastidioso che lo vada a prendere in giro su quell'argomento.
Schiocca la lingua, con aria corrucciata.
“Non hai visto che non è in sé?”
Per fortuna il fato vuole che l'amico non abbia tempo di rispondergli, perché ecco che Athos sta tornando indietro, con aria imbronciata. Beh, la solita.
Devono aspettare che rimonti sul cavallo, prima di avere una risposta su ciò che ha trovato, e a D'Artagnan quel momento sembra lungo un'eternità. E' curioso, va bene, cosa c'è di male? Vuole semplicemente che quella storia abbia un lieto fine al più presto, perché non gli piace vedere l'amico in quelle condizioni.
“E' stata qui. Non molto tempo fa.”
Il guascone sospira, andando a guardare quasi casualmente verso il villaggio, per poi rendersi conto che lo sguardo cupo di Athos è puntato proprio in quella direzione. Cosa stanno aspettando? Perché nessuno si muove? Dovrebbero cercarla lì, è il posto più ovvio in cui potrebbe essere. Probabilmente è tornata alla sua vecchia casa. Non vuole parlare, perché l'espressione di Athos gli incute un po' di timore: ha quasi paura di dire cose troppo scontate e banali, del tipo “beh, andiamo al villaggio!” e di farlo infuriare.
Dopo alcuni secondi di silenzio che lo fanno spazientire ancora di più, finalmente il suo amico si decide a parlare.
“Entriamo a piedi. Voi non mi conoscete. Controllate la locanda e chiedete in giro.”
Tutto qui? Quindi questi sono gli ordini? Perché tutta questa segretezza?
“E tu cosa farai?” domanda Porthos, esprimendo anche la perplessità di D'Artagnan.
“Devo verificare una cosa.”
Con gli occhi di ghiaccio sempre puntati verso Pinon, Athos parte facendosi strada tra i loro cavalli con il proprio. D'Artagnan ha giusto il tempo di scuotere la testa alzando le spalle verso Porthos, che si limita a rispondergli con un sorrisino. Tutti sono così accondiscendenti con Athos, ma il giovane non ha ancora imparato la lezione, nonostante il dolore alla mascella persista. Vorrebbe soltanto scuoterlo per le spalle ed urlargli “Cosa diavolo stai facendo?”
Se fosse stata Constance al posto di Liv, avrebbe già rovesciato il mondo intero per ritrovarla. Sarebbe passato attraverso fiumi, montagne e vulcani se fosse stato necessario, quindi non riesce a capire perché lui invece sembri prenderla con così tanta calma.
Ma ancora una volta deve abbassare il capo e portargli rispetto: sembra sapere ciò che fa, dopotutto, e forse le sue precauzioni hanno un fine che lui non può ancora comprendere. In silenzio cavalcano fino a che una curva del sentiero e gli alberi che lo circondano li fanno trovare in una posizione di vantaggio; lì possono legare i cavalli e proseguire a piedi. Athos non distoglie lo sguardo dal villaggio nemmeno per un secondo, come se si aspettasse che qualcuno venga nella loro direzione. C'è forse qualcosa che gli sfugge riguardo gli abitanti di Pinon e i loro segreti? Cerca complicità negli sguardi degli altri due Moschettieri, invano. Non sembrano così preoccupati del piano di Athos, né del fatto che non abbia dato spiegazioni.
“Voi andate di qua.” comanda, indicando loro il sentiero principale.
“A dopo, immagino?” fa, ironico, Aramis, con un sorriso rilassato sul volto.
Athos non risponde, e sparisce tra gli alberi, sicuro del suo passo e della direzione che ha imboccato. Porthos e Aramis si incamminano sul sentiero.
“Quindi è così?” domanda D'Artagnan. “Nessuna obiezione?”
“Perché mai? Hai una repulsione per i sentieri?” lo provoca nuovamente Aramis.
“Intendo... Nel mandarlo da solo! E' evidente che c'è qualcosa che teme all'interno del villaggio, non avete visto che faccia aveva?” inizia a spazientirsi: perché non capiscono?
“E' Athos.” esordisce Porthos. “E' il suo villaggio natale. Sicuramente sa come muoversi e cosa fare.”
Ma il guascone scuote il capo. E' vero, la prima volta che non ha ascoltato i loro consigli forse si è messo un po' nei guai. Sì, si era sbagliato alla grande pensando che Milady fosse tornata, e sì, aveva sbagliato a confrontarsi in quel modo con Athos. Ma guardando il lato positivo, alla fine è riuscito a cavargli quattro parole di bocca e a rendersi in qualche modo utile.
Questa volta ha una brutta sensazione, non vuole che vada da solo, vuole aiutarlo e sente che andare in giro a chiedere informazioni come se avessero perso un cagnolino non è il massimo che può fare per aiutare il suo amico.
“Io lo seguo.” dichiara determinato. Aramis e Porthos lo squadrano con aria severa, poi si scambiano uno sguardo tra di loro e Aramis sospira.
“Farai meglio a non farti scoprire da lui.”

 

 



 

Perché dovrebbe essere tornata in quella casa? In quel posto in cui è stata segregata per anni, probabilmente più di quanto lui pensi, perché ora inizia a sospettare che non se ne sia mai andata da Pinon, al contrario di ciò che il fratello sosteneva.
Però quello è l'unico altro posto in cui potrebbe essere, e non è una coincidenza che le bambole siano state sottratte dal loro nascondiglio di recente. Deve essere lì vicino, le impronte erano fresche.
Un fiume di pensieri corre per la mente di Athos, mentre si fa largo tra la sterpaglia. Che fine aveva fatto Roland? Se era stata lì per tutto quel tempo, come aveva fatto a liberarsene, infine? E, per l'amor del cielo, cos'è questo maledetto suono che continua a sentire, persino ora? Di certo non può essere reale: si trova nel bel mezzo del bosco, non possono esserci campanelli, né tanto meno bicchieri di cristallo. Sta davvero impazzendo, deve trovare Liv al più presto e portarla via da quel posto infestato di ricordi e vecchi fantasmi; per non parlare di quella collina... Non vuole nemmeno avvicinarsi a quella collina, né alla sua vecchia casa, anche se ora è stata ridotta in fiamme. Non vuole stare in quel posto un secondo più del necessario, e si trova quasi a maledire Liv per averlo costretto a tornare.
Sciocca ragazza, l'ha fatto morire di preoccupazione, cavalcare tutta notte per arrivare in un luogo in cui non avrebbe mai più voluto rimettere piede. Ingenua e testarda, com'era sempre stata. Capricciosa ed egoista. Come è riuscita a fargli perdere la testa in quel modo? Come ha fatto a tornare dal passato? E, ciò che più lo concerne, come potrà inserirsi nel suo futuro, quando lui nemmeno sa dove sarà domani?
Per la rabbia spezza un ramo che gli intralcia il cammino, mentre avanza con passi pesanti. Finalmente intravede alcuni edifici, e si ferma. Con sguardo imperturbabile scorre tutta la fila di case, fino a soffermarsi su una: è quella. L'avrebbe trovata ad occhi chiusi, d'altronde, ha passato anni a girarci attorno per cercare un modo di entrare o farsi vedere da Liv, invano.
Ora procede con più cautela, ogni tanto si guarda attorno circospetto, ma la vita del villaggio si svolge completamente dall'altro lato dell'abitazione, quindi non ha di che preoccuparsi. C'è una porta lì, sul retro, chiusa. L'ultima volta che ha cercato di entrarvi era un ragazzino spaventato, terrorizzato all'idea di venire minacciato nuovamente da uno più grande di lui: ora non ha niente da temere da nessuno. Ha il suo moschetto, ha la sua spada.
Forza la porta senza esitazione, cercando di fare il meno rumore possibile, ed entra.
E' tutto come lo ricordava. Ma allo stesso tempo, non è come dovrebbe essere. Non sembra una casa abbandonata. Subito la mano gli scivola istintivamente sull'impugnatura della spada, mentre varca l'uscio con passi cauti. Nonostante le sue accortezze, il legno produce dei tonfi sordi sotto il suo peso e, a quanto pare, non solo sotto il suo. Qualcuno cammina al piano di sopra.
Estrae la spada lentamente e la punta verso la cima delle scale, continuando ad avanzare. Dei sussurri gli fanno correre un brivido lungo la schiena.
“Vieni fuori!” urla. Inutile tendere agguati, se c'è qualcuno in casa sicuramente l'ha sentito entrare.
Un singhiozzo, poi il silenzio.
“Olivia...” mormora inconsciamente. “Olivia!” esclama poi a voce alta.
La porta in cima alla scala si apre scricchiolando, e una figura pallida e scarmigliata avanza passi tremuli e indecisi.
Athos strabuzza gli occhi incredulo: cosa le è successo? Le sue braccia sono livide e sanguinanti, i vestiti strappati e luridi, i capelli... Beh, non riesce quasi a vederla in faccia per quanto siano scompigliati. E' così sconvolto, che soltanto dopo alcuni istanti si accorge che la ragazza non è sola. Qualcuno dietro di lei, nascosto dalla sua chioma leonina, le sta puntando una lama alla gola.
Una figura alta e secca. Un ragazzo dai capelli neri e dal tono di voce viscido ed inconfondibile.
“Chi l'avrebbe mai detto...” ghigna, facendo avanzare Liv in modo da mostrarsi meglio ad Athos. “Diventare Moschettiere dev'essere proprio facile al giorno d'oggi.”
Liv singhiozza. Alcune lacrime rotolano giù lungo le sue guance, ma lei non ha mai ancora aperto gli occhi; sul suo viso si legge una rassegnazione che fa infuriare Athos forse ancor di più della presenza di Roland.
“Non hai bisogno di fare tutto questo.” proferisce in tono tranquillo. “Non ha alcun senso, lasciala andare.” non gli toglie gli occhi di dosso mentre cerca di avanzare verso le scale.
“Ah! Parli senza sapere, caro Ollie.”
Sentire quel nome pronunciato da qualcuno che non sia Liv lo manda su tutte le furie, ma di nuovo esala un lungo respiro e cerca di mantenere il controllo.
“Questa troia... mi ha quasi ucciso.”
Athos dilata le narici ed aggrotta la fronte. Stanno parlando della stessa persona? Quell'esile, dolce creatura che non saprebbe far del male ad una mosca?
“Menti.” proclama il Moschettiere, come se fosse una verità assoluta. Lo vede armeggiare con la camicia, finché non riesce a mostrargli una vistosa cicatrice scura che spicca sul fianco.
“Avrebbe dovuto assicurarsi di aver portato a termine il suo bel lavoro.” la strattona come se fosse una bambola, facendola sussultare. Ma ancora Liv non ha aperto gli occhi, quasi come se non volesse guardarlo in faccia.
Lui resta lì, immobile, sconvolto. Non avrebbe mai pensato una cosa del genere, ma questo non cambia la situazione: Roland l'ha tenuta prigioniera per anni, e lui non può nemmeno immaginare quante gliene abbia fatte passare. No. E' del tutto diverso. Non è la stessa situazione di... Non è assolutamente la stessa cosa. Se solo avesse potuto parlare, Liv non gli avrebbe mai mentito come ha fatto Milady.
“Liv...” la sua voce calma e profonda sembra scuotere la ragazza, che per istinto sussulta di nuovo e strizza gli occhi ancor più forte.
“Getta le armi, Conte.”
Resta ancora un po' con la spada puntata verso di lui. Liv non l'ha ancora guardato negli occhi, e lui ne ha maledettamente bisogno in questo momento. E' piuttosto certo che tutto si concluderà per il meglio, dopotutto. Gli altri si preoccuperanno se non lo vedranno, ed è quasi certo di poter trattenere Roland fino al momento del loro arrivo senza che faccia del male a Liv, ma non sa fino a quanto potrà resistere a non perdere la testa se lei non gli dà almeno un po' di sostegno.
Posa anche il moschetto, senza distogliere mai lo sguardo dai due.
“Non mi sei mai piaciuto.” Roland sputa quelle parole con il disprezzo più totale.
Poi, in un gesto totalmente inaspettato solleva il coltello verso il viso della sorella e rapidamente glielo infila sotto il labbro superiore e fa scattare la mano verso l'alto, tagliandoglielo in due. Lei fa per gridare, ma lui le preme una mano sulla bocca.
“LIV!” esclama Athos, scattando in avanti, ma viene subito bloccato.
“Resta dove sei, o giuro che la uccido.” Il sangue gli scorre tra le dita, mentre la ragazza continua ad emettere guaiti di sofferenza.
“Dovresti ringraziarmi, ora avete qualcosa in comune.” ridacchia, sinceramente divertito. “Eh? Non siete contenti?”
Athos trema di rabbia. Ma non può fare altro che stare lì, impotente, e cercare di assecondare quel folle che ha preso in ostaggio la vita della donna che ama.
“Che cosa vuoi?” domanda, “Giuro davanti a Dio che ti darò tutto quello che posso, ma lasciala andare.”
“Carino.” commenta Roland. “Ma non posso più avere ciò che voglio. A meno che tu non possa tornare indietro nel tempo. Puoi tornare indietro nel tempo, Conte? Ai ricchi è concesso anche questo?” vaneggia, strattonando Liv e puntandole ora il coltello su un fianco.
“Questa storia sarebbe potuta finire anni fa, se non avessi assunto degli incapaci, se solo fossi riuscito a farlo con le mie stesse mani... Tu non saresti qui.”
Inizialmente non capisce di cosa stia parlando, ma all'improvviso tutto diventa più chiaro. E così si rende conto che chi ha di fronte è una persona completamente instabile. Si rende conto del vero pericolo che Liv sta correndo. E d'un tratto tutto si fa scuro attorno a lui. La testa gli pulsa più forte che mai, e un istinto gli sta urlando a squarciagola di fiondarsi su quel tizio ed ammazzarlo di botte.
“Mh.” mugola Roland, squadrando la sorella che ancora piange ad occhi chiusi nel suo abbraccio potenzialmente letale. “Non è carino che tu abbia una cicatrice abbinata solo con lui, però.”
Lo dice quasi come se stesse conversando amabilmente davanti a un tè, e questo non fa che far rabbrividire Athos ad ogni frase che esce dalla sua bocca.
“Fermati. Ti prego, fermati.” lo scongiura, con un gesto della mano, tremante ed insicura. Umiliarsi di fronte a lui non è di certo la prima cosa che vorrebbe fare in questo momento, ma deve farlo. “Se è la mia vita che vuoi, lei non c'entra nulla.” quasi non si riconosce in ciò che sta dicendo, ma farebbe di tutto ora per poterla togliere dal pericolo. Se solo si fosse sbrigato prima ad andare a cercarla. Se non si fosse arrabbiato in quel modo, in primo luogo. Se fosse entrato in casa senza farsi sentire... Sempre quell'infinito e fastidiosissimo gioco dei “se”.
“Certo che c'entra.” Risponde Roland, come se fosse completamente ovvio. “Lei è mia.”
E in quel momento il tempo per Athos si ferma. Quando vede uno lampo di follia passare negli occhi di Roland la vista gli si appanna completamente, ancor prima che la lama affondi nel fianco di Liv.
Poi un botto improvviso gli scoppia nelle orecchie.
Roland cade a terra. Liv rotola giù per le scale.
Tutto ciò che Athos riesce a vedere è l'abito della ragazza tinto di rosso scuro. Giace ai suoi piedi, riversa su un fianco. D'Artagnan gli fa un cenno e corre su per le scale, ricaricando il moschetto ancora fumante, e lui si sente mancare. Le ginocchia lo abbandonano e cade sul pavimento. Il respiro si fa affannoso, e non sa dove mettere le mani, ma l'adrenalina gli dà una scossa improvvisa e la forza per girare la ragazza sulla schiena.
Lei apre gli occhi e lo guarda come non ha mai fatto prima.
Lo guarda senza vederlo.
“Liv... Olivia...” mugola lui, mentre sente le mani bagnarsi di sangue e gli occhi bagnarsi di lacrime. “Sono qui, Liv. Non ti preoccupare. Non ti lascerò più andare.” Abbassa gli occhi sulla ferita, cercando di valutarne la gravità, poi vi preme sopra una mano.
“O... Oll--” cerca di dire lei. Subito lui si china, avvicinandosi ancora di più per essere sicuro di riuscire a sentire la sua voce, se mai dovesse parlare di nuovo.
“Sì. Sì, sono qui. Guardami, Liv, sono qui. Ci sono sempre stato.” un nodo alla gola gli blocca il fiume di parole che vorrebbe proferire. Trema, trattenendo alcuni singhiozzi. Serra le labbra forti tra di loro per impedirsi di piangere senza contegno come vorrebbe fare.
“Lo so.” rantola lei. Non avrebbe mai voluto sentire la sua voce così, perché si decide a parlare solo ora...? La osserva sollevare una mano in un gesto di una pena estrema, e la aiuta a portarla dove vorrebbe, sul suo volto. Sa cosa sta facendo.
Con l'indice gli disegna il profilo, dalla fronte al naso, al labbro superiore, su cui poi si sofferma. Gli solletica la cicatrice in quello sciocco rituale che faceva ogni volta che voleva baciarlo. Ma non ne ha la forza, e il suo labbro superiore è tagliato a metà.
“Mi ricordo...” boccheggia. “I bicchieri di cristallo...” e poi accenna un sorriso che gli scalda il cuore. Le prende la mano tra le sue e la bacia.
“Mi ricordo la tua risata. E mai la scorderò.”
Liv piange in silenzio, bagnata dalle lacrime di entrambi e ad Athos sembra di sentire di nuovo il tintinnare dei campanelli al vento. 




Fine.








Vi ringrazio tutti per avermi seguita fin qui (chi ce l'ha fatta) e soprattutto chi ha recensito. Mi spiace essermi fermata per un po' ad un certo punto, ma ho avuto un periodo molto incasinato e il tempo per scrivere era poco, anche se tutto era già nella mia testa!! Presto ne posterò un'altra :)

  
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