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Autore: _A m a l i a_    16/03/2015    2 recensioni
Milano, Seconda guerra mondiale.
Una storia d'amore più forte del tempo. Più forte della guerra e delle proibizioni.
Clarissa è la giovane figlia di un sostenitore del partito fascista. Cesare è l'uomo di cui s'innamora. Un uomo che combatte la dittatura e mette a repentaglio la propria vita per salvare quella degli altri. Un eroe silenzioso.
La loro storia cammina di pari passo con la disperazione, con la morte e cresce nascosta dagli occhi indiscreti di chi non potrebbe accettarla.
***
Dal 13esimo capitolo:
«Prometti di gridarmi che mi ami e che il suono delle tue parole mi arrivi anche sopra gli spari e lo scoppio delle bombe. Prometti di custodire una parte della mia vita nella tua, così che saprò che non ti lascerai mai morire, per non uccidere anche me.»
Genere: Drammatico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Guerre mondiali, Dopoguerra
Capitoli:
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Come d’autunno le foglie


~ prima parte ~
 
 
 
2.

1939


La villa in cui Clarissa viveva era, in alcuni giorni dell’anno, teatro di sfarzose feste. Donne e uomini sfoggiavano i loro abiti eleganti e reggevano tra le mani calici di spumanti delle migliori marche, rigorosamente italiane.

Quando era solo una bambina s’intrufolava nelle stanze dove si raccoglievano gli uomini; aveva sempre creduto che i loro discorsi fossero più interessanti di quelli soporiferi a cui era obbligata, stando in braccio alla madre.

Delle stanze piene di ufficiali e autorevoli uomini di Stato, ricordava le risate fragorose che riempivano l’ambiente, di cui aveva un’ immagine oscura impressa nella mente; come se la luce al suo interno rimanesse sempre flebile. Ricordava le carezze sui suoi capelli chiari di qualche mano forte e i rimproveri del padre quando si accorgeva della sua presenza e obbligava la domestica a farla coricare, ma dei discorsi e delle ideologie che lentamente prendevano forma, non comprendeva nulla.

Con il passare degli anni le feste aumentavano e con loro, il numero degli ufficiali. Sempre più spesso gli uomini sceglievano di vestire abiti che sottolineassero il rispetto dovuto al loro grado e sempre più spesso si chiudevano dietro le porte delle loro stanze, lasciando a un’ orami adolescente Clarissa, l’inarrestabile desiderio di poterli spiare.


 
«Sfilerai alla parata di domenica?»

«Come dici?» Clarissa si voltò distratta verso una ragazza dalle lunghe trecce more. Era la figlia di una delle amiche di sua madre e frequentava il suo stesso Liceo, eppure non era sicura di quale fosse il suo nome.

«La parata femminile organizzata dalla nostra scuola.. è questa domenica mattina, dopo la messa.. tu ci sarai?»

«Non ti sembra che ci siano un po’ troppe parate ultimamente? Ho sentito che il Liceo scientifico in zona Dante ne ha organizzata una proprio qualche giorno fa. Che bisogno c’è di far vedere a tutti che siamo studenti, che vestono l’ uniforme studentesca e che abbiamo incantevoli quaderni rilegati su cui scrivere?»

La ragazza mora cominciò a giocare, quasi maniacalmente, con le sue trecce. Non capiva quel che Clarissa le stava dicendo, ma era buon uso nella sua famiglia avere sempre l’ultima parola, così si sforzò di rispondere. «E’ per la nostra patria che sfiliamo. Per il Duce.»

Clarissa alzò un sopracciglio. «Per il Duce?»

«Si.»

«Deve essere un gran amatore di uniformi studentesche il nostro Duce, non trovi?» commentò ironica.

«Sai come chiama mio padre chi parla male del Duce o usa frasi scherzose nei suoi riguardi? Deliranti diffamatori. Proprio così.» il suo mento si alzò, con fierezza.

«Ah si?»

«Si, certo. Deliranti diffamatori.»

«Beh, eviterò di dirti come li chiamo io quelli come tuo padre.»


Clarissa raggiunse la cucina come fosse stata l’ ancora di salvezza che ancora le rimaneva. Si avvicinò a Denise, la cuoca che le aveva fatto da tata durante tutta l’ intera infanzia e le sussurrò qualcosa all’orecchio.

«Non ci provi neanche, signorina Marchesi. L’ultima volta vi avevo detto che sarebbe stata l’ultima volta

«Oh ti prego, Denise. Mi sto annoiando a morte, sai che solo tu puoi salvarmi. Sarò così rapida che non se ne accorgerà nessuno.»

Denise scosse la testa, mentre con le braccia robuste estraeva un enorme teglia fumante dal forno. «Vogliamo parlare di quando vostra madre vi ha scoperta in fragrante? Ho ancora gli incubi per colpa delle minacce che mi ha rivolto.»

«In quel caso sei stata poco intelligente tu, lasciatelo dire Denise. Non sai proprio tenerlo un segreto. Invece di andare a dire a mia madre che la colpa era tua, avresti dovuto lasciar parlare me. Mi sarei inventata una bugia qualunque.» Clarissa si avvicinò a lei e l’abbracciò con tutte le sue forze. «Denise! Sei così pura di cuore, non le fanno più quelle come te.»

«Se questo è un modo per convincermi…» allontanò Clarisse da lei e la guardò fissa nella meravigliosa luce che emanavano i suoi occhi. Così spensierati, così giovani. Sbuffò, sapendo di poter solo perdere contro di loro. Rovistò nella tasca del suo grembiule e le parlò a bassa voce. «Che questa sia l’ultimissima.» disse, passandole una Marlboro.

Clarissa saltellò dalla gioia. «Grazie, grazie.»

«Cercate almeno di non farvi scoprire questa volta. Andate nel sottoscala, forza! Vi avviso io se arriva qualcuno.»

La baciò su una guancia e scivolò via.

A quindici anni, Clarissa, pensava che la vita fosse tutto quello che la vita non mostrava. Le sigarette fumate nel sottoscala, mentre ai piani alti si teneva una festa; la sua mente che fantasticava, mentre il volto fingeva di ascoltare la lezione della professoressa; le fughe d’amore adolescenziali in qualche cinematografo del centro, mentre la madre la credeva a casa di un’amica.
Tutto quello che la mera superficie non mostrava, tutto quello che si nascondeva, quella era vita.  


 
 
  
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