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Autore: Aleena    17/03/2015    1 recensioni
Londra, 1844.
Un oscuro rito, una creatura dimenticata nei secoli, un’alleanza.
Dal testo: “Lo zombie si alzò e iniziò a incamminarsi; il suo incedere era claudicante, come se non rammentasse più come utilizzare i piedi e la sua avanzata era accompagnata da una serie di grida soffocate, inframmezzate a sbuffi d’aria, il prodotto di un apparato vocale non più adatto per creare suoni coerenti. Dorian e Shanzhai si limitarono a seguirlo: sembrava la macabra rappresentazione di una scena di passeggio, con i due padroni a portare a spasso il cane. ”
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Storia scritta a sei mani da Aleena, Melian e Aurora_Boreale e partecipante al contest Round Robin “Your destiny in my hands, your chance in the choice that you need” indetto da My Pride sul forum di EFP e tristemente naufragato.
Genere: Horror, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO II

DI SANGUE E VAMPIRI
 

 
  L'essere che si era appena liberato, spezzando il cerchio magico, si innalzò con un orrido scricchiolio di ossa sul punto di incrinarsi: era una massa scura che stava rapidamente assumendo sembianze umanoidi, sbozzandosi dall'aspetto primigenio tanto grottesco.
«Avete fallito. Pagherete», sibilò la belva con una voce ultraterrena che fece vibrare le pareti dell'edificio. «Tu, invece, mi sarai utile.»
Will si accartocciò sul pavimento, tappandosi le orecchie con le mani: la voce era talmente penetrante che rischiava di bucargli i timpani. I suoi occhi si mossero velocemente, come nella fase del sogno più intenso, prima di ribaltarsi. L'eco di quelle parole gli rimbalzò nel cervello. Con un gemito, si premette una mano contro la fronte: l'orribile sofferenza di un'ustione si impadronì di lui.
Non riuscì a vedere nulla, se non le due figure – la donna oscena e l'uomo pallido – che furono sbalzate via da una sventagliata d'energia. Qualcosa brillò sulla loro pelle, marchiato a fuoco.
Poi tutto finì in un silenzio improvviso, fondo e sgradevole.
La creatura sollevò la mano da cui colava una sostanza vischiosa, nera come la pece. Il tessuto della realtà si dilatò e strappò, schiudendosi in un cancello attraverso cui il mostro sparì, fagocitato dalla tenebra.
Will rimase schiacciato sul pavimento sudicio per un'infinità, spalancando gli occhi e boccheggiando solo alla fine nel tentativo di regolarizzare il battito impazzito del suo cuore. Si guardò attorno con terrore strisciante e non vide nulla.
Sembrava tutto tranquillo, il posto deserto. Aveva sognato? Possibile che fosse tutto frutto della sua immaginazione? Magari era scivolato, aveva battuto la testa e...
«Piccolo ficcanaso bastardo.»
Una mano, colma di una potenza inusitata, gli serrò la gola e gli mozzò il respiro. Will si ritrovò sollevato di peso da terra e scalciò debolmente con i piedi; gli occhi sgranati, le narici dilatate, mentre cercava di incamerare disperatamente aria. Fissò l'uomo che lo aveva afferrato con brutalità e sentì il rombo del sangue nelle orecchie. Ora che lo aveva così vicino, tanto che poteva solleticargli la faccia con il proprio respiro rantolante, si accorse di come si fosse ingannato: non somigliava per niente a suo fratello. E quel marchio sulla sua fronte, seminascosto dai lunghi capelli castani... cosa diavolo era?
«L-lasciami», esalò in un singulto, mentre la sua presa al polso del suo aggressore si faceva sempre più lassa.
In quel preciso istante, il marchio sulla sua fronte brillò e una potenza invisibile costrinse l'uomo a mollare la presa.
Will cadde di schianto per terra, tossendo convulsamente, con gli occhi invasi dalle lacrime.
Non ci pensò su, reagì d'istinto: fuggì senza voltarsi indietro, incespicando a più riprese sui propri piedi.

«Non è possibile», sussurrò Dorian con la voce ridotta a un roco ringhio, fissandosi la mano con cui aveva stretto Will solo pochi minuti prima.
«Deve avergli imposto un marchio di protezione», suggerì la sua complice, emergendo dalle tenebre come se ne fosse stata parte e camminando con la grazia di una creatura ultraterrena.
«A che scopo usare quell'uomo?», domandò Dorian subito dopo, percorrendo il perimetro di quello che rimaneva del cerchio magico bruciato.
«Dovremo scoprirlo. Sospetto che ci servirà per terminare quanto abbiamo cominciato.»
Dorian non sembrò sentire quelle parole o, forse, semplicemente, evitò di rispondere. Il suo sguardo tradiva un risentimento palpabile. Si chinò a raccogliere la polvere scura, impastata con il suo sangue, con cui erano state tracciate le complesse linee del sigillo e la fece scorrere tra le dita.
«Tutto rovinato. La mia fatica è andata sprecata. Avevo scelto accuratamente ogni componente, l'ora e il luogo esatto. Per un misero mortale, è andato tutto in fumo!», esclamò, rimettendosi dritto di colpo e fissando la donna con furia: nel fondo dei suoi occhi grigi indugiava un accenno di cremisi del Sangue Oscuro, uno sguardo di belva.
«Non c'è nulla di buono, in tutto questo. Adesso che lui è libero, non sarà semplice poter portare a termine il piano. Ci ha marchiati: ci troverà e vorrà vendicarsi, lo hai sentito.»
«Non se troviamo prima il modo di terminare il Vinculus. Ci serve l'umano; ho il sospetto che in quel marchio ci sia parte del potere della Belva: ha bisogno di rigenerarsi, ha bisogno di vittime e sacrifici. Userà il ragazzo per averle. E noi seguiremo la scia di morti che si lasceranno dietro.»
«Ecco come mai andiamo così d'accordo: hai il gusto del macabro», ironizzò la sua compagna con una risata argentina, distorta da un'eco innaturale. «Dividiamoci, allora. Riusciremo a trovare il nostro caro ragazzo più in fretta o, almeno, ad escogitare un modo per attirarlo da noi.» La creatura indugiò, mentre inclinava delicatamente il capo di lato e imbronciava le labbra. «Ammetto che mi piacerebbe davvero poterlo... stringere tra le mie braccia.»
Dorian si limitò a sorridere, allusivo, e il profilo aguzzo dei canini si intravide quando socchiuse la bocca.

Dorian lasciò le pietre arse di Soho per le aperte strade di Londra. Camminare nel dedalo di vicoli umidi e sudici, nella onnipresente nebbia che gli serpeggiava tra le caviglie, fu un piacere che non pensava si sarebbe potuto concedere, date le circostanze.
Ma aveva sete, ogni fibra del suo corpo gridava il bisogno di nutrirsi: aveva sprecato troppo sangue durante la cerimonia del Vinculus e i suoi sensi erano tesi, pronti a catturare la più remota presenza umana.
Non era, invero, difficile riuscire a trovare qualcuno tra i bassifondi della metropoli, soprattutto spingendosi lungo le sponde del Tamigi, dove si affastellavano le bettole più squallide e chiassose, in cui, per pochi denari, ti servivano birra e prostitute insieme. Lì dentro non esisteva riposo al gozzoviglio, che fosse giorno o notte.
Eppure, Dorian si spingeva tra quelle viuzze vestito come un uomo ricco e raffinato senza paura, beffandosi dei tagliagola che si nascondevano dietro agli angoli, pronti a rapinare chiunque capitasse loro a tiro. Passava accanto alle fumerie d'oppio e osservava l'ingresso dei postriboli con occhi cinico e clinico.
Aveva smesso di preoccuparsi dell'umanità che si affannava nella lotta per la sopravvivenza da almeno un centinaio di anni e aveva scoperto che guardare il susseguirsi di quelle vite tutte uguali e insignificanti non gli dava alcun piacere. Era un osservatore fuori dal tempo, che entrava nel mondo mortale solo per prendere il necessario e poi tornare a camminare solitario nella notte, nato bastardo e morto assassino.
La prostituta che gli si parò dinanzi, abbigliata con un corsetto e una gonna ampia, gli sorrise come se fosse stata la più pura tra le donne. Dorian non badò nemmeno a come fosse pesantemente truccata o alla volgarità della sua scollatura, come nemmeno della sottile disperazione sul fondo del suo sguardo annacquato dall'oppio.
«Siete un bel giovane, non dovreste stare qua, a quest'ora», lo apostrofò la ragazza che, a ben guardare, doveva aver poco meno di venticinque anni. «Siete in cerca di qualche avventura fuori dall'ordinario, milord
«Come ti chiami?»
«Sofie», concesse lei, incoraggiata dall'aspetto seducente del cliente.
«Sofie, eccoti una corona, mia cara. Adesso lascia che ti prenda», replicò Dorian, posandole nella mano una moneta d'oro.
Sofie sorrise, incredula, rigirandosi il denaro tra le dita. Non ebbe il tempo di dire nulla.
Dorian le sfiorò la guancia con le dita, quindi le avvolse la nuca e la trasse a sé, con un gesto imperativo e urgente. Le scoccò un lungo sguardo: la sottile malia dei Vampiri scavò nella mente della preda e abbatté ogni sua riserva.
Il predatore indugiò con le labbra lungo il collo di Sofie, rubando il calore di quella pelle che aveva conosciuto ogni oltraggio e ogni vergogna, ma che, in quegli attimi, conosceva invece il brivido di un piacere insano, molto più oscuro dei peccati che altri uomini avevano sfogato in passato.
Quando la sentì abbandonarsi completamente, Dorian affondò le zanne nella fragile gola: il morso fu talmente brutale da staccare un pezzo di carne e far zampillare il sangue in un improvviso fiotto. Bevve e bevve. Bevve fino a che il rantolo che gli gorgogliava in gola divenne un gemito di godimento. Dovette reggere Sofie non appena lei non riuscì più a tenersi in piedi, la strinse come se volesse spremerne l'intero corpo e torcerne ogni singolo organo.
La visione abbacinante che catturò assieme al sangue della prostituta lo stordì: Dorian non era preparato ad accogliere quel torrente di sensazioni, voci, immagini... Non amava quella comunione con i mortali. Erano solo carne da macello, da usare e poi gettare.
Contrariato, dovette staccarsi da quella fonte di vita: Sofie aveva gli occhi sbarrati, le labbra socchiuse in un ultimo anelito di piacere, ma le sue membra erano fredde e il cuore aveva ceduto di schianto.
Dorian aprì le braccia e la lasciò scivolare per terra. La contemplò l'ultima volta: coi riccioli scuri che, dalla crocchia sfatta, si allargavano in una pozzanghera in cui era immerso il viso, Sofie aveva perso di colpo ogni attrattiva.

Con la mente più lucida grazie al pasto appena consumato – il sangue correva in ogni cellula del suo corpo, riverberando come una sferzata d'energia – Dorian riusciva a vedere tutto molto più chiaramente e a figurarsi quello che avrebbe dovuto fare.
Il ragazzo che aveva interrotto la sua delicata opera, in fondo, non poteva essere andato troppo lontano.
Dorian sapeva leggere i segni, rintracciare simboli, trovare il modo d'incastrare nel suo sapere ogni formula magica, ogni simulacro mistico. Un Magister Officiorum come lui era, tra i Vampiri, una personalità di spicco piuttosto controversa: esperto di occultismo, era però anche inviso, guardato con sospetto e additato, poiché non tutti apprezzavano la connivenza dei Vampiri con altre creature sovrannaturali. Dorian non faceva eccezione.
Tuttavia, aveva deciso di allearsi con la Succube per ottenere tutto ciò che aveva sempre desiderato: incatenare un potere superiore ai propri voleri e ottenere il dominio sulla vecchia Londra. Avrebbe così scacciato tutte le congreghe di Vampiri e sarebbe stato signore indiscusso della città; anzi, probabilmente, con un'arma di quella portata tra le proprie mani avrebbe potuto sconfiggere la maledizione della sua razza e affrontare la luce del sole. Aggirarsi di giorno avrebbe significato liberarsi dell'unico punto debole che non avrebbe mai potuto superare e ottenere un vantaggio su qualsiasi altro Vampiro. Il suo piano era troppo importante per essere abbandonato.
Dorian si fermò davanti alla vetrina di una bottega e osservò il proprio riflesso: i lunghi capelli castani, i vestiti eleganti e sopratutto il marchio impresso sulla fronte. Si toccò il viso, percorse in punta di dita quel simbolo; sapeva perfettamente che poteva essere facilmente rintracciabile da chi lo aveva apposto, purtroppo. Per un momento si sentì braccato, un predatore costretto allo spiacevole ruolo di preda.
Percorse con passo più celere la strada acciottolata, scansando una carrozza trainata da un cavallo baio e un vecchio ubriacone che aveva deciso di cantare a squarciagola sotto una finestra e attirarsi l'ira del padrone di casa.
Ben presto optò per una rapida scalata dei tetti: la sua agilità gli consentì di saltare come un gatto e di spiare agevolmente i vicoli, una ragnatela intricata e fitta.
Fu allora che lo vide: presenza intangibile ad occhio nudo, l'aura mefitica che si dipanava nell'aria era inconfondibile. Si innalzava come una grande ombra a oscurare il cielo di quella notte senza luna, come se una cappa di tenebrosi presagi avesse ammantato l'intera Londra e si stesse approntando un bagno di sangue. C'era odore di morte e Dorian lo intuiva: stava per scatenarsi la tempesta.
«Non c'è tempo da perdere. Se completerà la sua formazione, sarà incontrollabile», considerò a mezza voce, distogliendo lo sguardo dalla linea dell'orizzonte e dal filo di tensione elettrica che lo percorreva sotto forma di sottili scintille bluastre.
Snudò il polso sinistro e lo incise con l'unghia in un taglio netto e preciso, lasciando fluire il Sangue Oscuro in un rivolo in cui intinse il polpastrello. Con l'indice, disegnò sul braccio un intricato simbolo e, infine, vi premette il dito nel centro.
«Shanzhai, vieni!»
Per un istante, sembrò che non fosse accaduto nulla, poi le gocce scarlatte caddero come a rallentatore e schizzarono qua e là, turbinando. Attraverso quella cortina, il Magister Officiorum richiamò la sua complice.
Shanzhai mise piede sul tetto della casa di mattoni rossi e si guardò attorno con un piglio fintamente svampito. «Che posto, per incontrarci!»
«Non è il momento per formalizzarsi. Come puoi intuire, lui si sta già dando da fare. Dobbiamo trovare il ragazzo.»
Shanzhai si pose una mano lungo il fianco tornito, appena pronunciato, dedicandogli un sorriso sordido e furbo. «Allora sarai felice di sapere che l'ho individuato e ho scoperto qualcosa di interessante su di lui. Ora so come attirarlo e, anche se non possiamo toccarlo, avremo modo di lasciare che se ne occupi qualcun altro.»
«Mi rendi un uomo felice», chiosò Dorian con un accenno di cupa ironia.
 
 


 
 
 
Eccoci arrivati al secondo capitolo di questa strana e fantastica avventura!
Non avevo mai scritto una round robin, ma la possibilità offerta dal contest di My Pride era davvero troppo golosa per lasciarsela scappare.
Sono felice di aver contribuito, anche se nel mio piccolo, a portare avanti questa sfida che vede coinvolte non solo me, ma anche le mie talentuose colleghe: Aleena e Aurora_Boreale


In questo capitolo ho cercato di offrire uno scorcio di uno dei nostri baldi protagonisti, Dorian, un Vampiro... ma guarda un po'! Per chi mi conosce, infatti, si ritroverà a pensare che fosse una scelta praticamente ovvia. Comunque, ho tentato di presentare un Vampiro occultista, l'idea mi stuzzicava molto.

Vedremo come proseguirà questa folle corsa contro il tempo!


Melian

 
Le immagini per i bannr sono state prese in prestito dalla galleria Deviantart di Zephyrhant
  
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