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Autore: Valpur    15/12/2008    5 recensioni
Sono tra noi.
I loro agenti camminano tra le mura antiche di Hogwarts. Dormono e mangiano con noi!
Come dite? I Mangiamorte? No, no, non ci siamo spiegati, credo. Ho detto di no! Niente mantelli neri e maschere tetre, niente cose pacchiane e -oh!- così poco chic come teschi verdi, serpenti, sangue e terrore. Siete rimasti indietro.
Il nuovo male indossa scarpe di marca, è bella e brillante, è in trasferta da un'altra scuola, ha un nome impronunciabile e attenterà alla virtù di tutti gli individui di sesso maschile in età accettabile nel raggio di venti miglia.
Avete capito di chi parlo?
Lei è giunta, e Hogwarts non è più un luogo sicuro.
Ultimo capitolo online!
Genere: Commedia, Parodia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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L’aula di Difesa contro le Arti Oscure era già abbastanza tetra di per sé. Ok, non era un sotterraneo umido e dal sentore di muffa come quella di Pozioni, ma da quando il professor Piton aveva –finalmente!- ottenuto la cattedra le alte finestre ogivali sembravano in qualche modo più opache, quasi la luce temesse di attraversare i vetri; in quella semioscurità polverosa i libri ammonticchiati sugli scaffali assumevano un aspetto tetro.
Ron, ovviamente, non mancava mai di far notare la cosa.
“Porta sfiga.”
“Chi?” chiese, con un pizzico di ingenuità Harry. Hermione, al suo fianco, alzò gli occhi al cielo, stringendo le labbra.
“Piton. Secondo me mena gramo.”
“Lascia perdere, ti prego. Oggi giochiamo contro Tassorosso, non portare male! Comunque magari fosse solo quello”, rispose Harry posando sul banco un paio di libri e un rotolo di pergamena. “Mi chiedo come Silente possa fidarsi di lui.”
“Ancora con questa storia?” La voce di Hermione scattò inattesa in un sibilo furente. “Si fida e basta, e avrà le sue buone ragioni, fine della discussione. Voi due state diventando monotoni!”
“Ciò non toglie”, la ignorò Ron, “che sia un unticcio, viscido bastardo col naso da tucano che…”
Bum. La porta si chiuse.
“Grazie, Weasley. Non ho sentito il tuo intero discorso, ma suppongo che togliere dieci punti a Grifondoro sia una misura precauzionale più che comprensibile”, sussurrò la voce strascicata di Piton. L’uomo sfilò tra i banchi, l’orlo del mantello nero che oscillava attorno alle sue caviglie.
“Cosa… ma professore io…” biascicò Ron, tendendo al purpureo.
“Preferisci ripeterlo per intero?” disse Piton voltandosi di scatto. “Magari potremmo trasformare quei dieci punti in cinquanta, dico bene?”
Il più giovane dei fratelli Weasley chinò il capo, stritolando tra le dita la propria bacchetta. Qualche scintilla rossa scaturì dalla punta, andando a posarsi sulla coscia di Ernie, che brontolò sottovoce.
Piton raggiunse la cattedra ed aprì il registro.
Harry, soffocando a stento l’impulso di insultare Piton, si guardò alle spalle, in attesa dell’appello. I Tassorosso erano già tutti presenti… o forse no?
Uno dopo l’altro i nomi vennero snocciolati. Al sentirsi chiamare, Hermione fece scattare in alto la mano e trillò: “Presente!”
“Non avevo dubbi,” sussurrò a denti stretti Piton con una smorfia.
Prima che potesse aprir bocca nuovamente, tra gli studenti si diffuse un’esclamazione di inquieto stupore.
“E quello cos’è?” esclamò Seamus indicando il soffitto.
Piton, irritato, batté la mano sulla cattedra.
“Silenzio! Si può sapere cosa… oh per le mutande di Paracelso!” esalò.
Una cinquantina di nasi rivolti verso il soffitto erano un buon indice dell’attenzione della classe. Eh sì, perché lì, proprio attorno al gigantesco candelabro di metallo ormai brunito, c’era qualcosa che svolazzava.
Un drago.
Piccolo, per carità –dalla punta del brutto musetto squamoso al minuto spuntone in cima alla coda non poteva esser più grande di un gatto- ma diamine, era davvero un drago.
“Cosa… ma che… perché…”
“Oh, mi perdoni, professore,” cinguettò una voce soave in corrispondenza dell’ingresso. “Nidhogg è un birbante, temo mi sia scappato.”
Harmonya sollevò con grazia il braccio elegante; a quel gesto il piccolo drago scese in ampi cerchi, andando a posarsi sulla sua mano –french manicure curatissima, roba di prima scelta.
Piton boccheggiò. Per una volta, Harry provò un moto di compassione nei confronti di quell’uomo arcigno, ora pallido e sconvolto.
“Si può sapere, signorina Montefeltro…”
“Harmonya Lucrezia Christancia da Montefeltro… sa, detesto che mi si storpi il nome,” lo interruppe quella, noncurante.
“È lo stesso,” ringhiò Piton; aveva serrato i pugni, e i tendini sul dorso delle mani spiccavano quasi dolorosamente. “Stavo dicendo… si può sapere, nel nome di Merlino, che cosa credevi di fare? E siediti, diamine!”
Ron e Harry si guardarono. Sul viso di entrambi era palesemente dipinta l’espressione di chi si sta lacerando il diaframma per evitare di scoppiare a ridere. Hermione, dal canto suo, continuava distrattamente a Trasfigurare la sua penna in una mannaia.
Harmonya avanzò quasi danzando; il movimento delle lunghe gambe sollevava appena l’orlo della corta gonnellina a pieghe, ma lei sembrava non badarvi.
“Mi perdoni il ritardo, professore, ma sa, per prepararmi mi ci vogliono almeno due ore -non tollero di uscire come una sciattona- e… insomma, è proprio necessario fare lezione alle otto e mezza di mattina? Intendevo proporre al caro Albus –sa, il professor Silente, siamo lontani parenti- di spostare l’orario, ma stranamente ogni volta che sono davanti al suo studio salta fuori che il suo uccello ha preso fuoco e quindi…”
Harry fu certo, nel guardare il viso di Piton, che stesse per avere un’ischemia cerebrale. O forse voleva semplicemente picchiare la fronte sulla cattedra. O affatturare Harmonya… erano tutte opzioni estremamente realistiche.
“Io… tu… cinquanta punti in meno a Tassorosso!” sibilò, letale. “E fai sparire quel drago! Quale parte di ‘gli studenti possono possedere un gatto o un gufo o un rospo’ non ti è chiara? Dimmelo, ti prego!”
Appena i Tassorosso sentirono l’inaudita sanzione che era appena piombata sulle loro già insicure teste si voltarono all’unisono verso Harmonya. C’era poco di diverso dall’odio nei loro sguardi… forse del disprezzo, quello sì, e un accenno neanche troppo velato di furia omicida.
La giovane, splendida Tassorosso si lasciò cadere sulla sedia. La tristezza che le offuscava gli occhi bicolori non poteva renderla meno affascinante, e il broncio che le storceva le labbra le faceva apparire ancor più sensuali.
“Ma… ma come? Cinquanta punti in meno? Si è sbagliato, vero? Intendeva…”
“Intendevo esattamente ciò che ho detto. Ora tappati la bocca o vedrai!”
Immusonita ma non sconfitta Harmonya tacque. Dopo un paio di carezze e di parole dolci (“Ciccipucci frùfrù” e cose simili, che causarono in Ron violenti conati di vomito) congedò il piccolo drago e si apprestò a seguire la lezione.
L’ora seguente passò senza troppi intoppi, eppure nell’aria c’era un che di diverso… di sbagliato. Harmonya non prendeva appunti: laddove Hermione scriveva con frenesia, la nuova studentessa si limitava a giocherellare con una ciocca dorata, fissando intensamente Piton. Molto intensamente. Così intensamente che un paio di volte il professore dovette interrompersi per riprendere il filo del discorso.
Quello sguardo parlava chiaro, e diceva solo cose pericolosamente sexy: sentendosi inerme davanti a tante attenzioni, Piton rifiutava categoricamente di incrociare lo sguardo magnetico di Harmonya. Era sudaticcio –e mai prima di quel momento aveva sentito la necessità di una boccata d’aria fresca- e tremebondo, come se avesse la febbre, ma, stoico e coraggioso come solo lui sapeva essere, andò avanti con la spiegazione.
E tutto sarebbe andato bene se non si fosse lasciato scappare una parola sbagliata.
“… e in questa categoria rientra l’Incanto Patronus, che…”
Non l’avesse mai fatto.
Harmonya balzò in piedi e, con voce chiara e cristallina, declamò: “Expecto Patronum!”
Ci fu un lampo d’argento, e dal nulla apparve un unicorno alato delle dimensioni di un gigantesco cavallo da guerra… solo bello, bello in modo assurdo.
Nessuno commentò ad alta voce.
“E quindi?” sussurrò Hermione alzando lo sguardo dalle sudate carte, per nulla impressionata. “Lo so fare anche io…”
“Lo sanno fare un po’tutti qui dentro ormai, Harry ce l’ha insegnato l’anno scorso. Vuoi vedere…” accennò Ron.
“No, ti ringrazio,” lo bloccò Hermione. “So che sei bravo, non c’è bisogno, davvero.”
Ron avvampò, compiaciuto. Fece per ribattere qualcosa, ma non ci riuscì.
L’urlo belluino di Piton rimbombò tra le pareti antiche.
“ORA BASTA!”
Ci fu un movimento, il lampo di una bacchetta, e il Patronus sparì.
Piton era davanti alla cattedra, in piedi, con le gambe ben piantate a terra e la bacchetta tesa davanti.
Harmonya, a sua volta abbandonata la posizione seduta, abbozzò un sorriso. Poi si passò una mano tra i capelli. Poi si leccò le labbra. Poi ammiccò.
“Certo che ne ha di tic nervosi,” mormorò una voce in fondo alla classe.
“Sì, professore?” disse la giovane con voce suadente e calda come il velluto.
“Tu… tu sei una… un… senti, ti ho per caso chiesto di evocare un Patronus? L’ho fatto? No, perché a me non sembra proprio!” scandì Piton, gli occhi neri come l’onice sgranati e iniettati di sangue. Faceva paura, in effetti, ma Harmonya, forte del suo fascino, non pareva temerlo. Purtroppo, su di lei aveva l’effetto opposto.
“Oh, credevo che una piccola dimostrazione potesse essere utile alla classe. Sa, professore, è solo una delle tante cose che so fare…”
La frase cadde nel vuoto e disegnò ampi cerchi nel silenzio attonito. Le lunghe ciglia della fanciulla si abbassarono, coprendo per un istante quegli occhi magici, cangianti.
Piton ebbe uno spasmo. Gli ci vollero alcuni secondi per recuperare il controllo.
“Ah. Sì, eh? E cos’altro sapresti fare?”
Non c’era sfida nella sua domanda. Solo l’ansia di chi desideri che il peggio passi in fretta.
“Tante cose, e solo alcune posso riferirle in pubblico,” –Hermione sbuffò forte dal naso e morse il banco- “però potrei mostrare questo.”
Nel dir ciò chiuse gli occhi, e i suoi capelli cambiarono colore, virando verso un intenso castano ramato, che le donava moltissimo.
“Una Metamorfomagus?” chiese Harry incredulo. “Ma non erano straordinariamente rari?”
“Appunto. Secondo me questo spiega i capelli biondi, gli occhi, quelle due enormi…”
“Ron!” Hermione gli rifilò la canonica gomitata nel fegato, e tutto tacque.
Harmonya sbatté di nuovo le palpebre e riacquistò il suo consueto –per quanto si possa così definire una simile bellezza- aspetto.
“Ci tengo a precisare che tutto questo” e si passò con malizia le mani sul corpo “ è assolutamente naturale. Anche i capelli e gli occhi, proprio tutto!”
Piton era impietrito. Harmonya continuò.
“Inoltre…”
Puff! Con uno schiocco il corpo sinuoso fu sostituito da qualcosa che lasciò senza parole tutti gli studenti (Piton era già muto da un pezzo e prossimo alla crisi epilettica).
Harmonya non c’era più. O meglio, ora era diventata una grande fenice scarlatta, elegantemente posata sullo schienale della sedia.
Un altro schiocco, e la ragazza torno se stessa.
“Animagus. Ovviamente non ho tutti i poteri della fenice, ma credo di aver sempre saputo che anche questo è parte della mia natura… sa, professore, le mie lacrime hanno poteri curativi!”
“Ora la metto alla prova. La riempio di botte, le tiro i capelli, la faccio piangere e vediamo se riesce a rimettersi in sesto quel nasino da sciacquetta che si ritrova!”
La voce di Hermione fendette l’aria come una lama. Harry quasi ingoiò l’astuccio per non ridere.
“Bene. Bene. E quindi…”
“… ovviamente tutto questo è una faccenda di sangue, professore,” proseguì Harmonya come se davanti a lei non ci fossero state decine di persone perplesse e un pover’uomo già con gravi problemi per conto suo, ora anche vittima delle avances di una silfide bionda. “Sono l’ultima discendente in vita di Salazard Serpeverde; sono la nipote di Tom Riddle –Voldemort, ovviamente-, figlia del figlio illegittimo avuto da Bellatrix Lestrange quando lei non era altro che una ragazzina. Sono inoltre pro pronipote per parte di cugina di Albus Silente e per parte di zia di Rufus Scrimgeour, il che mi garantirà un impiego di prestigio al Ministero della Magia, sempre che non scelga di unirmi ai Mangiamorte e di seguire la via del male, o di combatterlo con ogni mia forza. In realtà è uguale, sarei ugualmente trendy.”
Harry e Ron si guardarono.
“Straparla. È ovvio che straparla.”
Piton prese fiato. Lungi respiri profondi che uscivano sibilanti dalle sue labbra sottili.
“Ecco. Ti ringrazio, signorina Montefeltro, ora siamo tutti molti più colti.”
“Il nome è Harm…”
“Ho detto che è uguale!” La voce di Piton suonò stranamente acuta. “Direi che per oggi può bastare, finiamo qui.”
Hermione sgranò gli occhi (normalissimi, marroni).
“Ma professore! Mancano ancora venti minuti alla campanella, inoltre non ha concluso il discorso sul ruolo della volontà del singolo nel contrastare le maledizioni che…”
“Signorina Granger, ti prego, non mettertici anche tu. Ho detto che la lezione è terminata, sparite!” Le sedie iniziarono a grattare il pavimento; Harmonya gettò indietro la chioma fluente e mosse un passo verso la cattedra. Piton la prevenne, tendendo le mani come a difendersi. “Soprattutto tu!”
Harry, Ron ed Hermione si attardarono per qualche istante in classe, apparentemente per aspettare che Hermione ritirasse gli otto chili e seicento grammi di libri che si portava appresso; in realtà i tre studiarono attentamente gli atteggiamenti di Piton.
Pallido, con i capelli unticci più flosci del solito, raccattò senza cura –il che era strano- registro e scartoffie e sparì lesto oltre la porta dall’altro capo della stanza. Appena questa si fu chiusa, un suono soffocato e ritmico giunse alle orecchie dei tre amici, e somigliava in maniera inquietante a qualcuno che picchia delle gran testate contro una superficie lignea.
“Quella secondo me è pazza,” esordì Ron senza mezzi termini.
“Esibizionista, questo è poco ma sicuro,” gli diede corda Harry mentre si avviavano all’uscita. “Passi la storia del Patronus, passino anche l’Animagus e il Metamorfomagus… ma cribbio, quella si è professata nipotina di Voldemort!”
Ron, prevedibilmente, rabbrividì.
“Potresti… sai, evitare? Mi scoccia fare questa scena ogni volta che dici quel nome. Comunque non è normale: sarà anche la portatrice dei due meloni più grandi del reame,” il calcio di Hermione raggiunse preciso lo stinco di Ron, “Ouch! Ma insomma, basta picchiarmi! Dicevo, secondo me sta dando i numeri. Non si limita a guardare in quel modo me, te, Draco, Seamus, Zabini e tanta altra gente… hai visto come guarda Piton?”
Harry rabbrividì.
“Che schifo!”
Ormai erano in corridoio, e non poterono non notare il tappo di corpi che bloccava l’accesso alle scale.
“Cosa succede?” chiese Ron un po’in ansia.
“Cos’è, miss ‘ce l’ho placcata d’oro massiccio’ fa vedere le chiappe a chi ancora non le ha notate?” scattò Hermione acida.
Gli altri due fecero spallucce e sghignazzarono. Dalla folla salì una voce che nessuno dei tre riuscì a identificare precisamente (c’era parecchio chiasso).
“Cosa? Tutti e due? Ma come… no, non è possibile! E ora come facciamo?”
Qualcuno rispose a questa domanda. Seguì un istante di silenzio attonito, quindi…
“NO! Tutti, ma LEI no!”
“Oh, che diamine…”
Pratica, Hermione si intrufolò tra la folla e ne emerse con Ernie, saldamente afferrato per il gomito.
“Ehi, ma cosa sta succedendo?” chiese Harry prendendolo in disparte. Il compagno Tassorosso era sull’orlo del pianto.
“Il nostro Cercatore si è infortunato. Gli è caduta una tartaruga in testa e il trauma cranico che ha riportato gli impedirà di giocare oggi!”
Ron non nascose un tetro sorriso.
“Ma non è tutto! Anche la riserva è in infermeria, gli sono venute le piaghe purulente e nessuno sa perché!”
“Questa è davvero sfiga!” si lasciò sfuggire Harry. “Immagino rimanderanno il match, no?”
Nel modo in cui Ernie scosse il capo c’era già la promessa di una tragedia.
“No. Hanno… trovato una sostituta.”
Harry, Ron e Hermione si guardarono. Era fin troppo chiaro, ma Ron espresse quella domanda.
“Chi…?”
“Lei.”

Quel pomeriggio Harmonya –splendente nella sua divisa da Quidditch, aderente sulle sue curve sontuose- scese in campo.
Quel pomeriggio Harry Potter si rese conto di aver sempre sofferto tantissimo di vertigini.
Quel pomeriggio Il Bambino Che È Sopravvissuto si lasciò sfuggire, per la seconda volta nella sua vita, il Boccino d’Oro.




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Non potevo resistere!
Domani per me è il gran giorno, mi tocca discutere la tesi e sono nervosissima... quindi, cosa c'è di meglio di una Mary-semprepiù-Sue per rilassarsi?^^
Grazie a Chocolatexxx per il graditissimo commento, e grazie anche a chi ha già recensito e continua a seguire questo mio piccolo delirio :)

BRI
   
 
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