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Autore: Kittie Chaos    15/12/2008    0 recensioni
Questa è una raccolta di one-shot che descrivono i pensieri ed i sentimenti che le persone condannate a morire provano quando vengono a contatto con la morte. I soggetti sono diversi, dai giovani agli anziani, dagl'uomini di grande classe e cultura a dei vagabondi, dagl'uomini del nostro tempo a donne dell'antichità...Spero che la fic sia di vostro gradimento...Buona lettura ^^
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II – Conte Becket (83 anni)

 

Sto qui seduto sulla mia poltrona di velluto rosso, davanti al fuoco scoppiettante. Mi accendo un sigaro, adoro fumare. Sento il fumo entrarmi nei polmoni, mandando quelle fitte allucinanti che mi fanno perdere il controllo. Se tenessi alla mia vita scaglierei questo pezzo di sofferenza che stringo tra i denti nel fuoco, ma non m’interessa, so che mi manca poco tempo, lei è già qui.

-…vuole un sigaro?

Offro uno dei miei gioielli alla figura accanto a me. Siede sulla poltrona vicino alla mia, porta un lungo mantello nero e tiene appoggiata sulla spalla la falce.

- no…

Rabbrividisco notevolmente al suono di quella voce gutturale, fredda, spasmodica ed ansante, ma cerco di contenermi e di non farlo vedere. Sono un signore di gran classe io, non posso assolutamente mettere a disagio i miei ospiti!

Appoggio la scatola sul piccolo tavolo davanti a noi e do un’altra tirata al mio fumo sadico.

-…quanto tempo mi rimane?

Mi sistemo il cilindro, indosso i miei vestiti migliori, se devo morire muoio da uomo elegante.

- poco…

Non si muove, è seduta su quella poltrona da non so quanto tempo. Il cappuccio scuro che tiene calato sul viso mette in mostra soltanto un lembo di pelle nivea.

-…non pensavo che la morte fosse così…reale. Pensavo che fosse soltanto un fatto biologico…ma alla fine è meglio così, almeno non muoio solo come temevo, ma ho qualcuno con cui parlare.

Tossisco, rantolo e arranco cercando di spingere nuovo ossigeno nei miei polmoni.

-…sempre meno tempo…

Mi tengo una mano sul torace ansimante che sento come compresso.

-…lo so amico mio, lo so…non puoi immaginare che brutta cosa che è la mia malattia…

Stiamo per un poco in silenzio e io guardo le fiamme tramutarsi in bracieri.

-…vorrei tanto aver dato più amore a mia figlia, ora non mi lascia più vedere mia nipote per rivalsa…è bellissima si chiama Meredith…

Sento una stretta al cuore.

-…vedrai che qualcosa succederà, dopo…

Mi volto verso di lei.

-…dopo la mia morte?…

- Si

Mi rilasso sulla poltrona e faccio spaziare sul mio volto un sorriso stanco.

- Allora portami via subito, non c’è altro da aspettare…

Lancio il sigaro tra le braci ormai quasi spente.

-         No, devo rispettare i tempi…

Attendo in silenzio.

Ora vedo che si sta movendo, ecco si è alzata. È enorme, altissima imponente, terrificante…sta brandendo la falce…sento la paura primordiale crescere in me. Non voglio guardare.

Chiudo gli occhi e resto in attesa.

 

Una bambina stringeva nel piccolo pugno un mazzo di gigli e guardava con gli occhi sbarrati la foto del nonno incisa nella lapidE. Sua madre si teneva a leggera distanza dal ritratto di quel viso austero che tanto l’aveva fatta soffrire. Teneva la testa china per nascondere alla figlia le lacrime amare che le stavano bruciando il volto.

-…Mamma io mi ricordo che i gigli erano il suo fiore preferito…

La piccola depose il mazzolino a vicino all’ epitaffio ed accarezzò la foto con le piccole dita amorevoli.

-…mi sarebbe piaciuto passare più tempo con lui…

La signora prese la mano della piccola e la spinse delicatamente via da quella tomba che le urlava ricordi e rimpianti.

-…anche a me sarebbe piaciuto…ora andiamo…

La fanciulla volse un’ultima volta il viso verso quella lapide.

-…lui ci voleva bene…e ti chiede scusa…

La donna si bloccò e sgranando gli occhi si voltò a guardare la foto.

-…Meredith…ma perché lo dici?

-…me lo ha appena detto lui…

La bimba iniziò a saltellare verso il cancello d’uscita del cimitero, facendo svolazzare il pesante vestitino nero. La signora Becket rimase un attimo sola con il padre.

- anch’io ti chiedo scusa…

Un leggero vento le mosse il ciuffo che le ricadeva al lato del viso.

Si voltò e raggiunse la figlia.

  
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