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Autore: Mary P_Stark    21/03/2015    1 recensioni
Anno 2034. Cameron e Domenic Van Berger, rampolli della famiglia omonima e giovani di brillante talento, si ritrovano loro malgrado nel mezzo di un intrigo internazionale. Sarà Cameron a farne le spese in prima persona, e Domenic tenterà di tirarlo fuori dai guai, utilizzando tutte le sue conoscenze tecniche... e non. Un segreto che, ormai da anni, cammina con lui, si rivelerà determinante per la salvezza del fratello. E della donna che ama. Antiche amicizie si riveleranno solo meri inganni, e questo porterà Domenic e Cameron a confrontarsi con una realtà che non avrebbero mai voluto affrontare. Chi è veramente il nemico, di chi possono fidarsi, i due gemelli? - SEGUITO DI "HONEY" E "RENNY" (riferimenti nelle storie precitate)
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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IV. Rendez-vous
 
 
 
 
 
L'ambasciatore Grayson, al seguito di guardie del corpo e una delegazione del governo giapponese, si presentò all'aeroporto internazionale di Tokyo all'arrivo di Brandon e Sophie.

Vi furono strette di mano, rassicurazioni, auguri di una pronta risoluzione del caso e mille altre vuote parole.

Dopo quasi mezz'ora di salamelecchi, furono infine scortati all'auto blindata dell'ambasciata americana, non senza flash e giornalisti a corredare l’intero evento.

Lì, Sophie salì per prima, silenziosa come una statua e altrettanto impassibile.

Lo era stata per tutto il tempo, solida roccia accanto a Brandon, che aveva risposto ad alcune domande del governo nipponico, ponendone poi altrettante.

Solo quando furono saliti tutti, si permise di parlare, e lo fece con il suo solito modo di fare. Diretto e schietto.

«In quanti sanno realmente cos'è successo, in quella camera d'albergo? Perché sembravano più confusi di me.»
Kitoshi Grayson assentì, dandole ragione.

«Credo che l'imbarazzo sia così tanto, Miss Shaw che, se anche fossero stati presenti all’evento, non avrebbero comunque potuto essere di alcun aiuto. Tutto ciò mette estremamente a disagio il Parlamento e i suoi membri, come potrà ben immaginare.»

Sprezzante, la ragazza annuì e, dopo aver accavallato le gambe e intrecciato le braccia, sbottò.

«Oh, lo immagino benissimo, visti i contratti che il governo giapponese ha sottoscritto con la V.B. 3000, per lo sviluppo di nuove centrali ecocompatibili nella zona di Fukushima e Nagasaki.»

Brandon le diede una pacca comprensiva sul braccio, e lei si calmò.

Non aveva ragione di prendersela con l'ambasciatore, ma la rabbia provata di fronte all'evidente disagio dei delegati giapponesi, l'aveva lasciata con l'amaro in bocca.

Non sapeva neppure lei in cosa avesse sperato, giungendo all'aeroporto con il jet privato dei Van Berger.

Forse Cameron, con un mazzo di fiori in mano e un bacio ad accoglierla?

Neppure lei era così sciocca da credere che la faccenda si potesse risolvere alla svelta, ma...

Beh, aveva sperato in qualcosa di più.

Amava il Giappone fin da piccola, fin dai suoi primi viaggi con Cam e famiglia, quando si recavano a Villa Tashida per i loro affari.

Era lì che aveva imparato i primi rudimenti del bushido, l'antica disciplina orientale che racchiudeva in sé i fondamenti delle arti marziali.

Era lì che aveva imparato a conoscere la cultura millenaria ed esotica di quel paese.

Era lì che aveva imparato a parlare giapponese, anche grazie alla compagnia di Yuki e della sua tata.

Erano state così disponibili e cortesi con tutti loro, e Yuki si era dimostrata una compagna di giochi ineguagliabile.

Ricordava ancora tutti gli scherzi che, in combutta, avevano combinato nei confronti di Cam e Dom, e quante risate si erano fatte assieme.

Sperò davvero di incontrarla, vista la situazione, ma non pose all’attenzione dell'ambasciatore il suo desiderio.

Non era il momento.

«Si hanno delle novità?» chiese Brandon, scrutando ansioso Kitoshi.

L'uomo scosse il capo, spiacente.

«La polizia, per il momento, sta cercando di stabilire l'identità degli assassini, anche se sembra si stia rivelando più difficile del previsto.»

«In che senso?» esalarono all'unisono Brandon e Phie, sgomenti.

«Le indagini preliminari sono finite in un buco nell'acqua. Le impronte digitali sono state rese illeggibili con l'acido, che gli assassini hanno sicuramente usato alcuni giorni prima dei delitti per rendere eventuali indagini difficilmente attuabili. Inoltre, anche con le impronte dentali e con lo scanner retinico, non è andata meglio. Le prime, risultano inefficaci perché gli uomini sono stati sottoposti a un recente intervento illegale, e perciò non registrato, il secondo per il medesimo motivo. E chi può passare sopra a tutti e tre i controlli preliminari della polizia, non può essere che molto potente.»

Il tono di Grayson fu lapidario, e Phie rabbrividì.

«Pensano sia in mano alla yakuza?» mormorò Brandon, preoccupato non meno di Sophie.

«Di certo, non quella che bazzica nelle periferie, o nei bassifondi. Queste persone hanno agganci nelle alte sfere, poiché hanno scavalcato abilmente qualsiasi tipo di controllo.»

Sophie si coprì il viso con le mani, cercando di trattenersi dal piangere e Brandon, nel darle una pacca sulla spalla, confortante, mormorò: «Sono sicuro che se la caverà.»

«Non cercare di indorarmi la pillola, zio... so cosa sta rischiando» singhiozzò la ragazza, pur apprezzando il tentativo.

«Oh, credimi, Phie. Non voglio indorarti nulla. Credo realmente che Cam sia ancora vivo. E mi fido di Dom e Bryce.»

Grayson tossicchiò a quell'accenno e, fissando dubbioso Brandon, disse: «Per quanto riguarda Mr Kendall... ecco, sapete perfettamente che quello che vi ripromettete di fare è illegale e...»

Interrompendolo con uno sguardo omicida, Brandon replicò glaciale: «Ambasciatore, se vogliamo spaccare il capello in quattro, allora facciamolo. Mio nipote si trova in territorio ostile, presumiamo sia stato rapito da una banda mafiosa del posto, e non abbiamo sue notizie da più di quaranta ore. Capisce bene che, non solo faremo il tutto e per tutto per trovarlo, ma non guarderemo in faccia a nessuno. Chi è penetrato nell'albergo agiva supportato dalla polizia, visto che gli scanner erano inattivi, e questo ci costringe a lasciarli fuori dai nostri piani.»

«Tutto verissimo ma, come ambasciatore americano, non posso neppure permettere che gli Stati Uniti vengano personalmente coinvolti in atti illegali su suolo straniero» ci tenne a sottolineare Grayson, pur con un certo imbarazzo.

«Zio Brandon rimarrà all'ambasciata con lei, Mr Grayson, e saremo solo io e Bryce a muoverci all'esterno. Avrete le spalle coperte, così. Inoltre, Domenic mi ha garantito di sapere già chi potrà prendere il mio posto, durante gli eventi ufficiali che vedranno coinvolto Brandon e la sottoscritta.»

Ciò detto, Phie accennò un sorriso, e Bran annuì.

Brandono non aveva apprezzato scoprire quella parte del piano, e soltanto a volo già iniziato, ma alla fine aveva accettato.

Entrambi sapevano bene che, presto o tardi, qualcuno avrebbe fatto indire una conferenza stampa al riguardo, e almeno Brandon doveva essere presente.

Lei sarebbe stata rappresentata egregiamente dalla ragazza che Dom aveva contattato, e che si sarebbe recata all'ambasciata quel giorno stesso perché si conoscessero.

Non voleva sapere come, nè perché, Domenic fosse così sicuro dei suoi mezzi.

Non aveva mai sbagliato, e di sicuro non avrebbe cominciato adesso, con suo fratello a rischiare la vita.

 
§§§

Non amava particolarmente la classe economica, ma solo per una questione di spazi.

Le sedute erano diventate così strette che, ormai, una persona avrebbe dovuto essere anoressica, per poter stare comoda.

Maledetti tagli ai costi!

Bryce dovette massaggiarsi un fianco per l’ennesima volta, mentre attendeva paziente che il suo trolley arrivasse sul nastro trasportatore dell’aeroporto di Tokyo.

In quel momento, Phie e Brandon dovevano già trovarsi a Minato-ku, all’interno della moderna ambasciata americana, tutta vetro e cemento e traffico congestionato.

E Minami Nishima, il suo contatto in Giappone e, tra le altre cose, Megami-Sama, una delle più grandi hacker del mondo, stava attendendolo fuori dall’aeroporto.

Era difficile credere che, dietro quel concentrato di bravura e tecnica informatica, vi fosse una semplice ragazzina di sedici anni, e se non lo sapeva Dom …

A ogni buon conto, lo avrebbe scoperto ben presto.

Non appena vide il suo trolley, lo afferrò in fretta, si diresse verso l’uscita e, paziente, si mise in fila per i controlli di rito.

Con i nuovi metal detector  era tutto abbastanza veloce, ma sapere Cam in pericolo non lo aiutò a procedere con tranquillità.

Voleva iniziare a mettere mano quanto prima ai dati inviatigli da Dom nottetempo – aveva dormito, quel benedetto ragazzo? – e, per farlo, gli servivano Minami e il suo PC.

Impiegò circa mezz’ora per oltrepassare tutte le barriere, compresi gli onnipresenti scanner retinici ma, quando finalmente fu all’aria aperta, si dichiarò soddisfatto.

Ora cominciava il vero lavoro.

Si guardò perciò intorno, nella testa la fotografia che Dom gli aveva mostrato.

Ma nulla avrebbe potuto prepararlo al concentrato di rosa, e profumo di zucchero filato, che gli si presentò innanzi.

Sgranando gli occhi, fissi su una ragazzina di un metro e cinquanta, tutta capelli castano chiari, occhi bistrati e abiti vaporosi, Bryce gracchiò: «Minami Nishima?»

«Hai. Sì, sono io. Tu devi essere Kendall-san, vero?»

La sua voce rispecchiò quel concentrato di dolcezza, tutta squillante e limpida e Bryce, sempre meno convinto, mormorò: «Siamo sicuri…»

Lei allora scoppiò a ridere, perse per un attimo quella patina di miele e, con occhi dalle lenti a contatto color salmone, lo fissò per poi mormorare: «L’apparenza può ingannare i gaijin

Straniero.

E lui lo era davvero, specialmente davanti a quella ragazzina tutta fronzoli ma che, in un istante, era apparsa più matura e seria del previsto.

Altrettanto velocemente, tornò alla sua patina dolce e zuccherosa e, presolo sottobraccio, lo accompagnò verso la fermata degli autobus a levitazione magnetica.

Ciangottò per tutto il tempo delle cose più banali e frivole e, a un certo punto, Bryce si chiese se tutto quel cianciare non servisse a depistare qualcuno.

Quando infine salirono sul mezzo affollato, e lei lo accompagnò sul fondo del mezzo, glielo domandò.

Lei si limitò ad annuire, sorridere scioccamente, e continuare con le sue ciarle senza senso.

Bryce la lasciò fare, si rilassò contro la poltroncina imbottita e, pian piano, si guardò intorno con aria apparentemente casuale.

Fu dopo circa mezz’ora di viaggio, nei pressi di Kamagaya, che il giovane investigatore individuò finalmente le persone che tanto avevano preoccupato Minami.

All’apparenza, due semplici pendolari, … non fosse stato per il leggero rigonfiamento nelle loro giacche di piumino light.

Un rigonfiamento che faceva pensare a qualcosa che, in teoria, non doveva trovarsi su quel mezzo pubblico.

«Tengono d’occhio tutti gli americani giunti per la Fiera Internazionale della Sicurezza» mormorò Minami, sorridendo con fare un po’ sciocco mentre parlava sottovoce.

«Motivo?» replicò lui, ridacchiando a sua volta per reggerle il gioco.

«Il tuo amico ha mosso più acque di una bomba atomica esplosa in mare. L’affare è più grosso di quel che è sembrato agli inizi, almeno a detta degli internauti che stanno seguendo il caso» gli spiegò lei, giocherellando con le unghie finte.

Scrutando le french coloratissime, Bryce sogghignò nel notare dei piccoli coniglietti stampigliati sopra a una base color salmone.

Di sicuro, aveva perso molto tempo, per quel travestimento.
«Quindi, pensano che giungano rinforzi dall’America per capire cosa gli è successo?»

«Non solo tu hai pensato di utilizzare la scusa della Fiera, per presentarti qui. So di almeno altri quattro investigatori privati che seguono il caso per conto loro.»

«Che…»

Trattenendosi a stento dall’urlare un’imprecazione per quel problema imprevisto, e di certo maledettamente scomodo, Bryce fece buon viso a cattivo gioco e sorrise.

Gelido, però, mormorò: «Chi sono gli idioti che sono venuti qui pensando di improvvisarsi 007?»

«Come stai facendo tu?» ironizzò Minami, stavolta sorridendo con autentico divertimento.

Lo stava prendendo in giro, la viperetta!

Il giovane si accigliò non poco, ma rispose calmo.

«Io sono stato assoldato dalla famiglia

«Se vuoi saperlo, gli altri quattro sono stati pagati da compagnie rivali della V.B. 3000; il loro scopo è quello di trovare Cameron-san per primi e privarlo di quello che è venuto a portare qui in Giappone… indipendentemente da quel che è. Il solo fatto che ci sia di mezzo la yakuza, ha incuriosito – e ingolosito – parecchie persone.»

Bryce emise un verso disgustato, e Minami fece spallucce.

«Tra l’altro, come pensi di farla in barba alla yakuza? Sai, vero, cos’è?»

«Pensiamo che la yakuza non c’entri nulla, o comunque abbia un ruolo molto marginale» replicò Bryce, sorprendendola non poco.

Impiegarono circa due ore per raggiungere Sumida-ku, il quartiere nella zona di Sokokawa dove risiedeva Minami.

O, per lo meno, dove era raccolto il suo arsenale di computer.

Quando Minami lo prese sottobraccio e si addossò a lui, Bryce fece per chiederle cosa stesse combinando, ma si trattenne all’ultimo momento.

Il suo sguardo fu più che eloquente e, per diretta conseguenza, lui non fece neppure l’atto di voltarsi.

Era sicuro che lo stessero ancora seguendo.

Bryce allora le sussurrò un ‘gomennasai’ prima di svicolare con il braccio, avvolgerle le spalle e deporle un casto bacio sulle labbra.

Se stavano ancora controllandoli, avrebbero ipotizzato che la sua presenza a Tokyo non fosse legata solo alla Fiera, ma anche alla ragazza.

Minami rincarò la dose, bloccandosi a metà di un passo per abbracciarlo forte e schiacciarsi contro di lui.

“Fa che se ne vadano alla svelta…”, pensò tra sé Bryce, sperando di non dover chiedere scusa anche per qualcos’altro.

Quando avvertì la pressione del corpo di Minami scemare di colpo, seppe che si erano allontanati.

Con un sorriso di scuse, lui mormorò: «Tutto bene?»

«Quando ti ho messo la mano sul sedere, uno è avvampato come una mammoletta, e l’altro ha fatto alla svelta ad allontanarsi, tirandosi dietro il compare. A volte, i maschi giapponesi sanno essere così tonti

Ammiccando, Minami lo tirò verso una porta a vetri, che aprì con una tessera magnetica.

Dopo aver risalito una rampa di scale, entrò in un piccolo appartamentino spoglio e lì, di colpo, afferrò la sua chioma voluminosa e strattonò.

Bryce osservò sorpreso la folta parrucca venir via come per magia e la ragazza, ammiccando, chiosò: «E’ fatta con capelli veri, per questo non te ne sei accorto. Il travestimento deve essere perfetto, o non funziona. Con gli scanner retinici è un casino muoversi e, per quanto mi spiaccia, Minami Nishima deve sempre e solo apparire come una ragazzina sciocca e fatua, con la passione per i gaijin

A Bryce venne una mezza idea su come Dom si fosse mosso per Tokyo assieme a Minami, ma preferì non fare domande.

Quando infine la ragazza lo fece entrare in una stanzetta dalle dimensioni microscopiche, comprese di essere arrivato nel posto giusto.

I suoi occhi brillarono di impazienza e la nuova Minami, coi suoi corti e nerissimi capelli, annuì soddisfatta e disse: «Comincia pure senza di me. Mi ci vorrà mezz’ora buona per togliermi dalla faccia tutta questa roba.»

Bryce ridacchiò e, scrocchiando le dita, si mise a sedere e cominciò a lavorare.

 
§§§

La neve iniziò a cadere poco dopo aver abbandonato la casa di Otonashi-san.

Quando Yuki imboccò una stradina laterale per abbandonare la via principale, Cam pregò che non succedesse nulla alla dolce tata.

Certo, il fatto che suo figlio fosse un membro del Parlamento deponeva a suo favore, ma poteva succedere di tutto, quando c’erano in ballo degli assassini.

Raggiungere Misatomachi, dove si trovava una vecchia casa dei nonni di Yuki, non sarebbe stato affatto facile.

Avrebbero dovuto circumnavigare Tokyo tramite le strade non coperte dagli scanner e, al tempo stesso, avrebbero dovuto tenere d’occhio i movimenti della polizia.

Sicuramente, il suo identikit doveva già essere stato inserito nel database delle forze dell’ordine, per cui non avrebbe dovuto farsi vedere in giro.

Anche dopo il rapido cambio di colore dei capelli.

La tinta nera, per fortuna, non puzzava, ma prudeva discretamente, dandogli un fastidio dell’inferno.

La sua pelle chiara risaltava ancora, comunque, così come i suoi tratti occidentali.

Inoltre, se avessero visto un’orientale in compagnia di un gaijin, avrebbero sicuramente attirato l’attenzione.

Starsene sdraiato nel cassone del piccolo furgoncino dove si trovava, però, non era esattamente quello che lui poteva definire un viaggio comodo.

O un’alternativa piacevole.

Con Phie e Dom aveva viaggiato in lungo e in largo, e con la ragazza si era lanciato in più avventure di quante ricordasse in quel momento.

Ma nessuna gli era parsa così scomoda come quel pianale in lamina fredda come il peccato, e altrettanto scomoda.

Il piumino e le calze pesanti che indossava non riuscivano a compensare il freddo, e la neve che stava cadendo sul telo impermeabile - steso sopra di lui - peggiorava la sensazione di disagio.

Yuki si era scusata un’infinità di volte per la scomodità del viaggio, ma Cam sapeva bene che, più fossero parsi anonimi, più avrebbero avuto possibilità di allontanarsi.

Una volta giunti in un luogo più sicuro, avrebbero potuto stabilire quali strategie seguire e, eventualmente, come contattare la sua famiglia.

E rendere nota ogni cosa a suo padre.

Sapeva già che tutta la famiglia sarebbe rimasta scioccata, ma non poteva evitare che loro sapessero.

 
§§§

Andrea e Helena, fermi alle spalle di Domenic che, apparentemente addormentato, teneva il capo poggiato sulle braccia intrecciate sulla scrivania, sospirarono afflitti e preoccupati.

La notizia della scomparsa del nipote li aveva gettati nell’ansia più nera, e le rassicurazioni di Dom sulla buona salute del gemello, li aveva solo in parte rasserenati.

Sapevano entrambi bene quale legame vi fosse tra i due.

Inoltre, Helena era più che convinta che le sensazioni di Dom fossero basilari, in quella situazione. Era più certa che il legame tra gemelli esistesse davvero, e Andrea voleva crederle con tutto il cuore.

«Forse dovremmo insistere perché si riposi un po’…» mormorò Helena, avvicinandosi di un passo per destare il nipote.

«Mamma, lascia stare Dom.»

La voce di Kyle giunse seria alle loro spalle e Andrea, nel sorridere al figliastro, asserì: «Sei arrivato. Keath e Sarah dove sono?»

«Di sopra con Hannah e Nick. Sarah non ne ha voluto sapere di andare a casa a riposare un po’. Appena abbiamo saputo, abbiamo preso il primo aereo da Atlanta e siamo tornati. Keath sta praticamente dormendo in piedi, ma è stoico.»

Annuendo, Andrea pensò al suo nipotino di dodici anni, un asso del kart che, a soli sei anni, aveva vinto la sua prima gara a livello nazionale.

Impegnato in una competizione ad Atlanta, e accompagnato dagli orgogliosi genitori, il ragazzino aveva insistito per tornare subito a casa per via di Cameron.

«Ci sono notizie di Michael, Cecille e i ragazzi?» chiese allora Andrea.

Kyle sbuffò, indicando loro di salire al piano superiore per lasciare in pace Domenic, ma il giovane li sorprese, levando il capo insonnolito per sorridere loro.

«Ehi, ciao…»

Con un ‘guastafeste’ rivolto ai genitori, Kyle li oltrepassò per andare a dare una pacca sulla spalla al nipote e, sorridendo a Dom, disse: «Ehi, ragazzo! Hai una cartina geografica stampata in faccia, sai? Non sarebbe il caso di dormire su un materasso, invece che contro il tuo braccio?»

Il giovane ridacchiò, ma scosse il capo.

«Sto aspettando notizie dal cugino Christoffer. Sta analizzando i tracciati del satellite geostazionario Esa11. Per quanto assurdo, è l’unica cosa legale – più o meno – che stiamo facendo, perciò vi conviene uscire da qui. Così potrete dire, se interrogati, che non sapevate nulla.»

Lo disse con un risolino, ma non stava affatto scherzando.

Niente di quello che stavano combinando, tra agenti sul campo, o impegnati in rete, era strettamente legale.

Per trovare Cameron, però, avrebbe anche estratto una pistola e sparato a qualcuno.

«Vuoi qualcosa da mangiare, ragazzo? Sono sicuro che troverò qualcosa di buono, in cucina, da portarti» gli domandò Helena, sorridendogli. «Altrimenti, te lo preparerò io.»

Lui scosse il capo, sorridendo grato.

«No, ti ringrazio, nonna. Al momento, ho solo un po’ freddo.»

I tre adulti si guardarono vicendevolmente, chiedendosi il perché.

Nella stanza c’era un bel clima, di sicuro nessuno avrebbe sentito freddo, eppure Domenic rabbrividì un attimo dopo aver parlato.

Per sicurezza, Helena si avvicinò per controllare che non avesse la febbre, ma nulla trovò, tastando la fronte del nipote.

Andrea, allora, prese una felpa di Dom, prelevata da una sedia nelle vicinanze, e gliela drappeggiò sulle spalle.

Al sorriso grato del nipote, l’uomo trascinò via moglie e figliastro e, dopo un ultimo sguardo dietro di sé, si chiuse la porta alle spalle, lasciando solo Domenic con il suo lavoro.

Con la sua missione.

 
§§§

«Non vuole salire, vero?» domandò Hannah, vedendo tornare il trio senza Domenic al seguito.

Sospirò, ma resse il colpo e raddrizzò la schiena. Non doveva mostrarsi debole, neppure per un momento.

Eric, sempre accanto a lei, le tirò la manica del maglione e le domandò: «Io e Keath possiamo andare a giocare un po’ di là, o vuoi che rimanga qui con te?»

Hannah gli sorrise, chinandosi per dare un bacio al bambino e, nello scuotere il capo, mormorò: «Giocate e divertitevi. Quando sarà pronta la cena, vi chiameremo. Per ora, preferisco sentirvi ridere e scherzare, se potete.»

«Gamora! Rocket! Venite!» esclamò allora il bambino, tirandosi dietro i due esemplari di labrador nero.

Keath li seguì a ruota, sorridendo nel passare le mani sulle schiene possenti dei due cani.

Qualche attimo dopo, la musichetta di un gioco al computer partì a tutto volume, riempiendo l’aria.

Hannah sorrise per un momento, prima di far accomodare i suoi ospiti in salotto.

In quell’istante fece la sua comparsa Nick che, accompagnato da Phillip, sembrava essere appena passato sotto un tritacarne.

La moglie lo fissò preoccupata, ma Nickolas scosse il capo, smentendo le sue paure.

«Non si hanno ancora notizie, ma ho saputo da Brandon che sono arrivati, e che stanno già preparandosi per la prima conferenza stampa all’ambasciata. Phie è entusiasta della ragazza che Dom ha mandato da lei… e questo mi fa sorgere più domande di quante non vorrei pormi, visto che non ho alcuna idea di cosa vogliano farci, con questa fantomatica ragazza.»

Si guardò intorno, accigliandosi quando non vide il figlio tra i presenti. «E’ ancora di sotto? Adesso vado a stanarlo.»

«Nick, ti prego, lascialo fare» lo richiamò la moglie, levando una mano verso di lui. «Domenic sa quel che fa, e sa quando deve fermarsi. Non è mai stato lui, lo scapestrato, e lo sai.»

«Già…» mormorò controvoglia il marito. «… ma stavolta c’è di mezzo il gemello, e sai bene quanto sia protettivo nei suoi confronti.»

Hannah annuì, sapendo quanto Nick avesse ragione.

Se c’era un punto debole, nelle difese di Domenic, era proprio il fratello.

Per lui, Dom sarebbe passato anche in mezzo alle fiamme, incurante della sua sicurezza.

I due coniugi si guardarono vicendevolmente e, dopo un istante di tentennamento, Nickolas si avviò verso le scale che conducevano dabbasso, nel regno del figlio.

Una volta raggiunta la porta del suo laboratorio informatico, la aprì senza bussare e, nel vederlo chino sul computer, sospirò.

Il capo biondo-castano rifletteva la luce intermittente proveniente dallo schermo 3D mentre, tutt’attorno, l’ambiente era soffuso e tenue.

Si avvicinò senza far rumore, osservando pensoso le mani del figlio muoversi a velocità sorprendente sulla tastiera ultrapiatta.

Era sempre stato un fenomeno, il genietto di casa, l’asso dei computer e, mentre Cam aveva sempre primeggiato nell’oratoria, lui si era distinto nel campo informatico.

Aveva sempre temuto che, passare troppo tempo dinanzi ai computer, lo avrebbe reso un ragazzo schivo e taciturno, ma anche grazie al gemello, questo non era mai successo.

E ora dipendevano tutti dalle sue abilità e da quelle di ragazzi come lui, per trovare Cam.

Quando lo vide rattrappirsi e rabbrividire, fu subito da lui e, nell’avvolgerlo da dietro, gli fece poggiare il capo contro il suo petto.

«Prenditi un momento di pausa, figliolo. Non puoi pensare di andare avanti a oltranza.»

«Papà…» esalò Dom, guardando verso l’alto per scrutarne il viso preoccupato.

Nickolas strinse ancora più forte e, piegatosi in avanti, lo baciò sui capelli, aggiungendo: «Vieni di sopra per un po’. Stai un poco con me e la mamma.»

«Lo riporterò a casa, papà, te lo giuro.»

«Lo so… ma non voglio perdere un figlio per un altro. Vieni di sopra, mangia qualcosa e riposa. Solo dopo, potrai riprendere. D’accordo?»

Domenic annuì a malincuore e, nell’allontanarsi dalla scrivania, si ripromise di tornare quanto prima.

Non avrebbe abbandonato Cameron al freddo.

Perché sapeva con certezza che, dove si trovava lui, faceva davvero un freddo infernale.







Note: Per chi non lo sapesse, la yakuza è la mafia giapponese. I paesi, come i quartieri, le frazioni, o i fiumi che sto citando sono reali, perciò facilmente rintracciabili, casomai voleste controllare personalmente il tracciato percorso da Yuki e Cameron durante la loro fuga, o scoprire dove abita Minami-chan.

  
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