II Capitolo – Sana
Giocai all'interno delle coperte più volte, troppo stanca per alzarmi. Sentivo il sole filtrare dalle tapparelle della camera in modo decisamente troppo repentino e fui costretta a schiudere le palpebre una volta per tutte, a malincuore.
Feci uno sbadiglio piuttosto rumoroso, schiudendo pian piano le iridi e distinguendo i profili di una camera. Tutto quadrava perfettamente, se non per un dettaglio oltremodo trascurabile: quella camera, non era la mia!
Non ebbi il coraggio di voltarmi dall'altra parte, così mi limitai a tastare sul letto con la mano, come per cercare una figura al mio fianco.
Con espressione
piuttosto scettica e occhi visibilmente sgranati, distinsi un
corpo accanto al mio. Santo cielo... Non ricordavo assolutamente
nulla.
Roteai le pupille con calma, cercando di non farmi prendere
dal panico. Non credevo ai miei occhi.
Lo fissai un
solo istante... Sembrava un angelo, visto da quella prospettiva. I
capelli dorati si posavano leggiadri sul suo viso, dandogli un'aria
quasi divina, il suo corpo era avvolto in un unico, grande, telo
bianco, il suo petto era nudo. Avvampai ancora di più quando
mi
accorsi che anche io non ero da meno: che follia avevo commesso
quella notte?
Gli indumenti erano sparsi qua e là nella camera,
in modo disordinato, come se la passione avesse preso il sopravvento,
quasi a consumarci fino alle ossa. Lo sentii mugugnare qualcosa e
immediatamente mi voltai. Si stava spostando sempre più
verso di me.
E adesso cosa voleva?
In pochi secondi il suo capo sfiorò la mia schiena, che ebbe subito un fremito. La folta capigliatura cozzò contro la mia pelle, in modo del tutto naturale. La mia reazione, al contrario, era di innocente imbarazzo, iniziai a tremare di vergogna.
" 'Giorno", mormorò, seccato. Vidi il suo corpo alzarsi e andare a cercare le mie labbra. Scostò la frangetta di media lunghezza e fece sì che i nostri occhi s'incrociassero. "Ah!" urlai, irata. "E tu chi sei?!"
Esclamai, coprendomi per quanto possibile.
"Ah... Sei tu" mormorò, sbadigliando. Si portò una mano dietro la nuca e successivamente stiracchiò le braccia, come per risvegliarsi completamente. "... Lo sai che urli peggio di una gallina?!"
Disse con nochalance, in tono estremamente calmo. Il mio umore cambiò repentinamente e della traccia di dolcezza che mi sembrò di trovare nel suo animo, rimase solamente polvere.
"Cosa?"
Controbattei, alzando un cipiglio.
"Hai capito benissimo. Ora scusa... Vado a farmi una doccia"
Disse, mettendo i piedi a terra. Nel farlo, non potei non notare il suo corpo statuario e qualcosa che penzolava in una zona estremamente delicata. Avvampai ancora di più, trovandomi a sprofondare sotto le coperte di pudore. Il ragazzo - di cui non conoscevo assolutamente nulla - mi propose qualcosa che ebbi la sfortuna di udire: "Vuoi venire con me?"
Il suo
tono aveva un qualcosa di estremamente irritante ma malizioso.
Obbiettai immediatamente, cercando di apparire il più
naturale
possibile, non capivo come lui potesse sentirsi a suo agio. Il
nervosismo si stava impossessando di me e lui, contrariamente, girava
per la stanza, raccattando i suoi indumenti, in modo tranquillo, non
aveva un minimo di buon senso, era tutto terribilmente normale
per lui.
Cercai di fissarlo in viso, rispondendogli di rimando:
"Non so nemmeno come mi sono cacciata in questo guaio.
Dannazione... Io ieri ero con Aya in discoteca. Ballavo... E poi..."
"... Poi mi hai chiesto di venire con te e io ti ho seguita" aggiunse lui, gesticolando. In quel momento si palesò il mio scetticismo, non ero una ragazza del genere, non lo ero stata mai. Il mio senso del gusto e, soprattutto, quello della decenza erano austeri paletti che mi avevano piantato anni fa, in età giovanile. "Si sa... Da cosa nasce cosa. E poi, non ricordo più nulla. Evidentemente troppo annebbiati dall'alcool" disse, indicandomi le birre sul comò.
"Va bene", cercai di calmarmi. "Rimediamo subito: io non ti ho mai conosciuto, chiaro?"
Dissi, avvolgendomi il lenzuolo attorno al corpo e scattando in piedi. Eravamo l'uno di fronte all'altra... Solo quel letto ci separava, custode delle nostre reminiscenze più segrete. Mi sentii nervosa, poi, serrando i pugni, afferrai i miei abiti, sparsi qua e là per la camera.
"Chiarissimo"
Disse, sbadigliando. Incredibile, già lo odiavo.
Lo vidi voltarsi e raggiungere così il bagno, da quel che scorgevo, una vasca piuttosto lussuosa, di media lunghezza. Effettivamente, tutto lì attorno aveva un'aria così... regale. Dalle tende dorate alle lampade scintillanti. Mi sporsi un po' dalla finestra per rendermi conto del luogo.
Quello era lo stesso piazzale dove avevo aspettato il mio turno la notte prima. Poi, ricordai improvvisamente: sopra la discoteca si ergeva un grande edificio dove le coppiette potevano riunirsi per scambiarsi dolci effusioni.
Oppure, in
termini meno romantici, ci andavano le persone che avevano trovato
conforto nell'alcool e, di conseguenza, avevano sbagliato strada...
magari con un uomo ancora più sbagliato. Il pensiero che io
fossi
una di quelle donnine, mi faceva veramente rattristire.
Chiusi
immediatamente la tenda, quando vidi un uomo avanzare lento verso
l'edificio. Sfuggii al suo sguardo e, come improvvisamente
risvegliata da quello stato di trans, ricordai di vestirmi. Purtroppo
avevo con me solamente il vestitino succinto della sera prima che,
anche se estremamente sexy, non era proprio il caso di mettere di
primo mattino. Infilai le scarpe col tacco a spillo, di un nero
lucente, ai miei piedi e, alla fine, mi trovai di fronte allo
specchio, dando un'aggiustata veloce ai capelli ramati. I segni della
sbornia erano piuttosto evidenti.
Le occhiaie pazzesche a cui avrei dovuto porre presto rimedio con qualche crema miracolosa oppure l'espressione decisamente fuori luogo erano una chiara testimonianza della mia sublime follia. Presi la borsa, estraendone il cellulare grigio metallizzato. Sul display vi era scritto ' Un nuovo messaggio '. Già conoscevo il destinatario. Lessi velocemente le parole, che balzarono alla mia mente come una scossa, rendendomi conto che quella notte probabilmente era stata la più grande sciocchezza della mia vita.
“Sana. Dove sei? Sono davvero preoccupata per te!”
Recitava il messaggio. Non sapevo come l'avrei spiegato ad Aya, semmai ci fosse stata una spiegazione razionale, tuttavia i miei pensieri furono presto interrotti da un baldo giovanotto che, bagnato e frastornato, uscì fuori dal bagno, lasciandosi dietro solo il vapore acqueo depositatosi sulle piastrelle. Ancora una volta mi soffermai sui suoi tratti maturi, e sull'asciugamano di spugna che adesso copriva le parti più sensibili del suo corpo. Non gli avrei fatto compagnia, no. Non ero la sgualdrina di turno, non lo sarei stata mai. Cercai una veloce via d'uscita, il modo più silenzioso per appropriarmi dei suoi vestiti ed uscii. La sua camicia - un colore semplice, non troppo sfavillante - era impregnata di un odore buono, fresco, quasi afrodisiaco. Sentii che non avrei dimenticato tanto facilmente quella colonia. Indossai il suddetto indumento, poi sbattei irruentemente la porta, scappando via come una ladra... Oppure un'amante.
Lasciai la camera, scendendo la lunga rampa di scale. Il signore della reception mi guardò con aria disgustata, chissà cosa pensava. Volevo dimenticare ad ogni costo quella follia,però, prima che potessi lasciare l'albergo, una figura mi guizzò all'occhio.
Una bionda,
sorridente, gli sfiorava la guancia, come se avesse sempre conosciuto
quel tratto di pelle. Ma lei,
chi era?
Una
civettuola che ancheggiava con finta eleganza attorno a lui,
distraendo e annebbiando il suo raziocinio. Naozumi, spavaldo, le
scostò qualche ciuffo ribelle, sorridendole di rimando.
Sentii il
cuore un po' pesante, avvertii per la prima volta il lento
scricchiolare di una frattura contro l'altra, i tacchi che,
automaticamente, iniziarono a traballare, assieme alle mie ginocchia
mollicce. Ma non potevo farmi vedere in simile stato, sarebbe stato
davvero degradante.
Eppure...
Lui pagò il conto, sorridendole di rimando.
Lo
facevi anche con me.
"Facciamo colazione insieme?" chiese lui, sorridendo.
"Sì" le rispose la donna, tutta contenta.
"Cornetti al cioccolato e cappuccino" le disse, ottenendo un suo cenno, salutando educatamente il signore di fronte a lui e attraversando l'entrata, abbracciato a quella ragazza dalle forme prosperose e il sorriso stampato falsamente sulle labbra.
Lo facevi anche con me.
Ma di me, cosa ti è rimasto?
Non degnai nessuno di uno sguardo e corsi a passi felpati verso la strada. Le lacrime aumentarono, scendendo copiosamente sui miei zigomi; la matita colò, formando una fastidiosa pozzanghera nera. Macchiò il mio viso e lo infastidì.
Piansi. Delusa, amareggiata, usata, gettata via al vento.
“E così in un istante svanisce ogni cosa che brilla” *
Continua
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William Shakespeare -Sogno di una notte di mezza estate