Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |      
Autore: NowKissMe YouFool    21/03/2015    6 recensioni
Partecipa allo Ziall Fest di @weshipziall
Attack on Titan!Au
I giganti hanno fatto la loro comparsa sulla terra, decimando la popolazione umana. I superstiti si sono rifugiati dietro tre fila di maestose e misteriose mura: Maria, Rose, Sina.
Per più di cento anni, le mura hanno resistito ad ogni attacco, preservando la razza umana. Ma Niall non crede nella loro infallibilità; perciò dopo il disastro di Shiganshina, decide di arruolarsi...
*incompleta, non so se verrà mai aggiornata*
Genere: Angst, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Niall Horan, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Snk Ziall


Buonasera a tutti voi, che ancora avete il coraggio di venire a visitare il mio account efp. Il quale, come avrete notato, sta trasformandosi in una sorta di covo Ziall, ma che ci posso fare, le otp hanno questo effetto sulla mia ispirazione.

Mentre ero impegnata nel complicarmi la vita partorendo una Tokyo Ghoul!au è stato indetto un nuovo Ziall fest dall'account @weshipziall, in cui per fortuna - o sfortuna- ho trovato un altro au che non sono riuscita assolutamente ad ignorare: Attack on titan (O "Shingeki no kyojin" se preferite).
Se seguite, Liam su twitter, (come faccio anche io purtroppo), saprete che in Giappone ha visitato il parco a tema dedicato a quast'opera (stronzo).
Anche chi non conosce l'anime/manga non avrà difficoltà a leggere questa robaccia, ma vi fornisco comunque qualche informazione di base:
- La storia è ambientata in un periodo pseudo medievale.
- Dei giganti mangia-uomini hanno decimato la popolazione umana, costringendo i sopravvissuti a rifugiarsi dietro tre fila di mura.
- Se avete qualche dubbio, vi consiglio di dare un'occhiata alla Mappa delle Mura e dei distretti principali.
- Guardate
l'opening  perché è una figata.

Bene, è tutto qui. Spero che questa mini long sia di vostro gradimento e che magari vi porti a vedere SnK, se non l'avete ancora fatto (Voglio che soffriate con me, sì).
Grazie ad ML che ha betato il capitolo.
Un bacio a tutti,
Arianna.




Beyond the wall





Tipologia storia: mini long
AU: Attack on Titan!Au
Side pairing: Larry.






1. Incubi.



"In un tempo lontano, di dame e cavalieri
il mondo fu travolto dal più orrido dei misteri.
Esseri abnormi partorì la terra infida,
giganti che ogni corte fecer risuonar di strida.
Denti grandi quanto uomini, metri e metri lunghi gli arti,
ti sorridono benevoli, poco prima di mangiarti.
Ma il buon dio che tutto vede, commosso da tal fato,
agli uomini rimasti, fece dono molto grato;
le amate figlie sacrificò, le lucenti principesse,
affinché la loro forza l'umanità proteggesse.
Maria è la maggiore, coraggiosa ed imponente,
si staglia contro i giganti da oriente ad occidente.
Rose la seconda, più minuta, ma gloriosa
difende i fertili campi e il profumo di ogni rosa.
Sina l'ultima, l'eletta, la più forte e speciale
conserva il cuore dell'uomo, la famiglia reale.
Cento anni son trascorsi dalla loro costruzione,
i giganti non ne hanno mai distrutto neanche una porzione.
Le tre mura sacre si ergono infallibili e sicure,
nel loro caldo abbraccio cresceranno le generazioni future..."


"Vuoi dire anche i miei figli, mamma?"
La donna si fermò, mettendo da parte il libro delle preghiere. "Quante volte ti ho detto che non devi interrompermi mentre recito i Canti, Niall?"
Il bambino si strinse la coperte addosso, facendosi piccolo piccolo nel proprio lettino. "Ma era quasi finito. Lo so perché l'ho imparato a memoria, come mi avevi detto tu..."
Il volto della madre si addolcì quel poco necessario perché Niall sospirasse di sollievo. Il bimbo aspettò in silenzio la sua risposta, mentre gli venivano rimboccate le coperte e accarezzati i capelli.
Ma quando la donna si alzò, portandosi dietro il lume ad olio, dato che la risposta non era ancora arrivata, Niall fece di nuovo capolino da sotto le lenzuola.
"Generazioni future vuol dire anche i miei figli?"
Gli occhi azzurri della donna si strinsero in un'espressione ostile. "Certo."
"E anche i figli dei loro figli?"
"Sì."
"E i figli dei figli dei..."
"Basta!" la mamma si era voltata con uno scatto irato, la gonna lunga strisciava a terra come una serpe pronta ad attaccare. "Non hai sentito quello che ho appena letto? Non si può vivere fuori dalle mura."
"Quindi nessuno esce mai fuori?"
"No" la mamma poggiò il lume sul comodino per portarsi le mani ai fianchi. "Nessuno di intelligente esce mai fuori dalle mura. Tu sei intelligente, Niall, non è vero? Voglio sperare che tu lo sia."
"Certo, ma..."
"Ma niente" la donna ripercorse la stanza, trovandosi di nuovo al capezzale del figlio. "Se sei intelligente, non dovrebbe essere difficile capirlo: io, tu e tutti coloro che verranno dopo, dobbiamo restare all'interno di queste mura. E ci resteremo per sempre."


*



"Giù dal letto, pivellini! L'ora dei sogni è finita. Portate i vostri sporchi culi allo spiazzo principale entro venti minuti!"
"Il mio culo non è sporco."
Il sussurro di Harry fu talmente indignato che Niall non poté fare a meno di sorridere. Lui e Harry erano stati assegnati alla stessa baracca e alla stessa squadra d'addestramento, il giorno prima, quindi avevano deciso di rimanere vicini anche durante la notte. Erano gli unici due ragazzi provenienti dal distretto di Hermina, anche senza conoscersi, la solidarietà dell'appartenenza alla stessa città li aveva condotti fin da subito l'uno verso l'altro.
Avevano condiviso la parte superiore del letto a castello sul fondo della baracca, l'ultimo di una serie da dieci, il che vuol dire che nella casupola di legno erano circa in quaranta, tutti maschi, compresi tra i tredici e i vent'anni.
Niall fu l'unico, quella mattina, a scendere a terra col sorriso stampato in faccia: gli altri si strofinavano gli occhi, imprecavano contro gli orari disumani, facevano a gara per chi dovesse pisciare per primo.
"Devi essere proprio pazzo se stare in un posto del genere ti rende felice."
Niall non si era mai considerato pazzo, ovviamente. Ed era un ragazzo abbastanza realista da pensare che la sua eccitazione e la voglia di fare dipendessero essenzialmente dal fatto che quello era solo il suo secondo giorno al campo d'addestramento. La consapevolezza che da lì a meno di un mese sarebbe potuto anche essere morto giaceva costante, insieme ad un alto mucchio di pensieri negativi, sul fondo della sua coscienza. L'ottimismo e il desiderio d'avventura, però, gli impedivano di prestargli la giusta attenzione.
"Secondo te ci daranno qualcosa da mangiare, prima di iniziare a farci sgobbare?"
Harry si stava stiracchiando al suo fianco, i capelli lunghi e arruffati, la vecchia maglietta troppo piccola che si ritirava lungo le braccia e la pancia. Lui non era benestante come Niall.
Il biondo si strinse nelle spalle, attraversando la camera schiamazzante con il suo nuovo amico al seguito.
"Se ci muoviamo, magari riusciamo a scoprirlo."


Non furono abbastanza veloci.
La colazione venne servita direttamente nello spiazzo, solo ai primi cinquanta arrivati.
Il campo d'addestramento dell'esercito si trovava in una vallata profonda, incastonato nella parete rocciosa di una montagna spoglia. Si trattava di un'antica cava di marmo, esauritasi più di cento anni prima. Il fianco della montagna correva per tutto il lato sud, lungo le differenti sezioni, ognuna adibita ad un diverso tipo di esercitazione. Gli edifici si ergevano attorno alla spiazzo centrale, come un piccolo villaggio con un'unica piazza, più lontano dalle rocce, relativamente protetti dai possibili crolli della montagna mutilata.
Il lato nord era quello delle aree comuni: le mense, i bagni, la biblioteca, gli uffici amministrativi, l'armeria, le stalle. Le baracche dei dormitori erano state costruite a fianco come ali, quello maschile a destra, quello femminile a sinistra.
Niall aveva imparato, il giorno prima, che nessuno di quei luoghi era stato realizzato con l'intento di apparire accogliente o confortante. Le mense erano suddivise in base alle squadre d'addestramento: ognuna aveva la propria, anche se ogni edifico era collegato alle grandi cucine. Si trattava di casette tozze e dal tetto basso.
La maggior parte dei bagni altro non erano che un buco scavato nel terreno, circondato da separé di legno.
Il labirinto di stradine createsi tra ogni baracca era spoglio e polveroso, nessuna superfice era mai stata piastrellata.
Le uniche costruzioni che non dessero l'impressione di essere delle tende ammuffite, travestite da case, erano gli uffici amministrativi e gli alloggi dei superiori. Di due o tre piani, con fondamenta in pietra, avvolte da una sottile parvenza di civiltà.
Tutto il resto, invece, era solo uno squallido ammasso di case, ricoperto da una patina di lerciume.
"Beh sapevamo che non saremmo stati in un albergo a quattro stelle."
Così aveva detto Harry, quando avevano scorto la cava per la prima volta, accompagnati dal sobbalzare grossolano dei carri che li avevano portati lì.
Adesso che si trovavano nello spiazzo principale, pronti a rispondere all'appello, Harry se ne uscì con un'altra frase.
"Voglio tornare a casa."
Niall seguì il suo sguardo desolato. Stava abbracciando tutti i settecento metri quadrati di polvere e pietre, frustrati dal sole e dalle voci dei capi sezione. Le reclute presenti erano più di un centinaio. Ma tutti sapevano che meno della metà sarebbe stata ancora lì, tre anni dopo.
La prima settimana era dedicata ai test per le abilità di base e alla successiva eliminazione dei candidati meno promettenti. Chi fosse stato giudicato inadeguato o avesse deciso di ritirarsi, sarebbe potuto tornare a casa; sempre ammesso che ne avesse ancora una.
Niall ce l'aveva, ma piuttosto che tornarci, al momento, avrebbe preferito morire lì.
Perciò sospirò, osservando le altre reclute già impegnate nella corsa, nel sollevamento, o altri esercizi di resistenza. E poi strinse i pugni.
"Non torneremo a casa. Noi due ce la faremo."






"Non ce la faremo mai!"
Harry si gettò sulla panca, lanciando un lamento depresso, come un cagnolino che è stato costretto dai propri padroni a passare la notte fuori. I suoi capelli lunghi e ricci avevano perso lucentezza. Il viso era scuro, soprattutto sotto la mascella, dove residui di terra e fango si erano accumulati. Si era cambiato i vestiti, ma quelli appena messi si erano già impregnati dell'odore di sudore e lacrime.
Niall ringraziò il cielo di non aver a disposizione uno specchio: sapeva di essere ridotto peggio del suo compagno. Ma non riusciva a sentirsi depresso, adesso che si avvicinava il momento migliore della giornata: la cena.
Le prime sere era stata un'impresa anche solo riuscire a tenere le poltiglie che gli venivano servite nello stomaco. Ma adesso, con le ossa a pezzi e i muscoli che bruciavano, il suo corpo accettava di buon grado qualsiasi cosa che potesse ridargli un minimo di vigore.
Perciò, quando rispose ad Harry, aveva già la bocca piena.
"Abbiamo superato il rastrellamento dei primi tre giorni" lo rincuorò, rimpinzandosi di pasticcio di patate. "Cosa può esserci di peggio?"
"Beh tutto sarà peggio, d'ora in poi." Harry cavò fuori dalla brache un foglietto consunto, strappato lungo i bordi come una vecchia pergamena. "Forse non hai letto l'orario. Ti rinfrescherò la memoria. Lunedì mattina: sveglia alle sei, riscaldamento, basi di lotta libera, teorie della manovra tridimensionale, pranzo. Lunedì pomeriggio: lezioni sul territorio del Wall Maria. Storia del Wall Maria. Struttura del Wall Maria e... cazzo, quel fottuto muro è caduto due anni fa, perché dovremmo continuare a studiarlo?"
"Hai detto teoria tridimensionale?" Niall si grattò il capo con il manico della forchetta. "Quindi dovremmo aspettare ancora per usarla sul serio? Che palle."
"Hai davvero così tanta fretta di andar via?" Harry si accasciò lungo la parete alle sue spalle, riponendo il foglietto chissà dove. "Se non fossimo tagliati per la manovra 3D, anche uscendo incolumi dalla prima settimana, dovremmo fare le valigie."
"E quindi? Non è quello che volevi?"
Niall sia alzò, lasciando il compagno a balbettare spezzoni di frasi come "Sai che non dicevo sul serio", o roba simile.
Sì, in effetti, per quanto lui ed Harry non potessero ancora considerarsi niente più che semplici conoscenti, Niall lo sapeva. Sapeva che il suo caro concittadino amava lamentarsi, ma non esitava a dare il massimo. I suoi crucci e le sue crisi altro non erano che un modo perverso per farsi forza: pensare al peggio lo aiutava a dare il meglio, come un animale che in punto di morte lotta con le unghie e con i denti per rimanere in vita.
Niall, invece, non si lamentava mai.
L'aveva fatto per troppo tempo, negli ultimi anni, proprio perché  gli era stato costantemente negato il suo unico desiderio: arruolarsi. Diventare un soldato.
Adesso che finalmente si trovava lì, sarebbe stato da ipocriti piangere per la pesantezza di una vita che lui stesso aveva scelto.
L'aveva promesso a se stesso, prima di partire: non avrebbe mai pianto.
Ed aveva anche promesso a sua madre che ce l'avrebbe fatta. Che le avrebbe dimostrato che si sbagliava. Che si sbagliava su tutto.




"Ma devi ammetterlo, Niall, adesso che l'eccitazione dei primi gironi è sfumata, neanche tu ne se più tanto sicuro."
La signora Horan gli dava le spalle.
Attraversava la cucina a passo leggero, canticchiando.
"Non puoi nasconderti da te stesso. Non puoi negare la tua debolezza."
Canticchiò ancora, un motivetto a bocca chiusa, una ballata.
Sulla bellezza delle mura.
La gloria delle mura.
E l'inferno che vi era oltre.
"Vuoi entrare a far parte di quell'inferno?"
La donna si voltò. Teneva qualcosa in mano. La tese al figlio
"Oppure... ne sei già parte?"
Era uno specchio.
Un ragazzo sporco, dai lerci capelli biondi e la pelle slavata, si materializzò sulla superfice liscia.
Le labbra screpolate si arcuarono in un sorriso.
Gli occhi azzurri rimasero immobili. Vitrei.
Gli occhi di un morto.

Niall balzò a sedere. Si tastò il viso mugolando, spalancò le palpebre per essere sicuro di poter ancora vedere. Il buio del dormitorio, in un primo momento, non gliene diede la certezza. Gemette di nuovo, irrazionalmente, prima che Harry, lì accanto, gli sferrasse un calcio. Niall si accorse che riusciva a distinguere i contorni del suo corpo, alla luce della luna.
"Ci vedo."
Si ridistese sul materasso di paglia.
Gli incubi erano la cosa peggiore che l'inizio dell'addestramento aveva portato con sé.
Sua madre riusciva a tormentarlo anche a chilometri di distanza...
"No."
Niall riaprì gli occhi. Harry dormiva. Brusii lontani si intrecciavano in ogni angolo della baracca, speranze ed ideali di ragazzini che tessevano la loro vita nella notte, come ragni, per poi ricordarsi di giorno quanto la loro ragnatela fosse fragile, quanto facilmente potesse essere distrutta.
Ma la risposta ai pensieri di Niall non era stata uno di quei fili sottili e distanti.
Lui l'aveva sentita più vicina e distinta.
O forse l'aveva solo immaginata...
"No!"
Fu più forte stavolta, ed anche Harry si agitò nel sonno, mentre scricchiolii e fruscii di coperte si univano alla ragnatela di sussurri.
Provenivano dal letto sottostante.
Il biondo trattenne il respiro e si affacciò oltre il confine del letto, falciando la notte con lo sguardo.
Distinse a malapena una figura snella e scura allontanarsi, sgusciando verso la porta sul retro.
A quanto pareva, gli incubi non erano solo un problema suo.


*



"Niall Horan e Liam Payne, centesima squadra d'addestramento. Bene, se non vi conoscete, datevi la mano; anche se non credo che qualcuno che vi vuole pestare a sangue si presenterebbe prima, comunque..."

Il ragazzo di fronte a Niall gli offrì la mano ed un sorriso. Il biondo ricordava di averlo già intravisto in dormitorio; era più alto e massiccio di lui, spalle larghe, testa rasata, bicipiti già ben formati.
Il supervisore Grace annuì senza troppo entusiasmo. Era una donna bassina, dai capelli rossi e gli occhi di un verde spettrale. Perché fosse stata assegnata ad occuparsi degli scontri corpo a corpo Niall non lo sapeva. E non aveva alcuna intenzione di scoprirlo.
"Ok, se siete dei bravi ragazzi probabilmente non avrete nemmeno mai sferrato un pugno, ma non importa. Questa prova serve a valutare le vostre potenzialità di base, quindi datevi addosso quanto vi pare, cercando possibilmente di non ammazzarvi. Niente dita negli occhi o pietre in testa, per favore. Io e i miei colleghi vi terremo d'occhio."
Grace gli rivolse uno sguardo divertito, prima di dirigersi sventolando penna e registro verso un'altra coppia.
Niall la osservò come potrebbe fare un cucciolo inesperto, che è stato appena abbandonato dalla madre.
"E' un po' stupido, no?" La voce di Liam Payne era calda, colorata da una vena ironica. "Che ci siano delle regole per un combattimento. Nella vita reale nessuno esiterebbe a tirarti una pietra in faccia."
Niall deglutì, sicuro di aver appena assunto il colore della carta sbiancata, mentre Liam si metteva in posizione, sollevando le braccia a mo' di scudo e piegandosi sulle gambe.
"Mi sa che questo tipo ha sferrato anche più di un pugno, in vita sua."
Niall tentò di eliminare le preoccupazioni per la mole del suo avversario e ne imitò i movimenti. Non avendo idea di cosa fare, tanto valeva prenderne spunto.
Liam sorrise di nuovo, in modo quasi adorabile, osservandolo saltellare insicuro da una parte all'altra.
"Non preoccuparti" dichiarò benevolo. "Non ti farò troppo male."
Ma il pungo che Niall ricevette qualche secondo dopo, dritto sulle costole, fece un male d'inferno.
E il calcio successivo, all'altezza del ginocchio, forse anche di più.
A meno di un minuto dall'inizio, si ritrovò a mangiare la polvere del terreno.
Sentì l'immane presenza di Liam Payn sovrastarlo, e sputò un'imprecazione.
Perché un bestione del genere era dovuto finire in coppia proprio con lui?
Lo pensò mentre per miracolo riusciva ad evitare il secondo calcio, rotolando a terra come un tronco d'albero. Il piede di Liam si abbatté su di lui altre due volte, i dolori al gomito e alla spalla si aggiunsero agli altri come palline di un abaco spostate tutte verso la stessa parte, alla velocità della luce.
Niall ansimava, sudava, urlava, e l'unica tattica che era riuscito ad adottare, fino a quel momento, era stata quella di strisciare il più lontano possibile da Liam.
Dagli occhi dei supervisori però non poteva fuggire.
"Ammettilo, Niall."
La voce canzonatoria di sua madre gli rimbombò in testa, mentre Liam tornava alla carica, senza neanche dar l'impressione d'impegnarsi. Niall scartò di lato, riuscendo ad evitarlo per un soffio.
"Sei debole. Addirittura più debole di quanto io stessa pensassi."
"Devo alzarmi."
Niall si leccò le labbra e strinse i pugni.
"Devo soltanto riuscire ad alzarmi."
Liam Payne era a due passi da lui. Gli sorrideva come per chiedergli scusa, per dirgli che non era colpa sua.
"Infatti, la colpa è mia."
Niall digrignò i denti e si issò sulle ginocchia. Non aveva il tempo di mettersi in piedi. Si scagliò contro Liam ringhiando, agganciandolo alla vita in un grottesco abbraccio.
Il ragazzone perse l' equilibrio. Si lasciò trascinare a terra dall'altro, come farebbe un bisonte indebolito dal veleno di un minuscolo serpente.
Niall però non aveva ancora avuto l'occasione di morderlo.
E così, nonostante il suo primo attacco fosse andato a buon fine, si ritrovò incastrato tra le braccia muscolose dell'altro. Erano entrambi inginocchiati nella polvere, ma Liam l'aveva afferrato da dietro, e ora lo stringeva in una morsa che pareva destinata a stritolarlo.
Niall scalciava, si divincolava, sbuffava come un toro impazzito.
"Devi usare i reni."
Il sussurro soffocato di Liam gli si insinuò nell'orecchio. 
"Se vuoi liberarti, indurisci gli addominali e spingi con i reni."
Niall inspirò, tremante. Il suo avversario gli stava davvero dando dei consigli su come batterlo?
"Avanti!" Liam lo ruggì, stavolta, aumentando la forza della sua stretta. "Provaci."
Niall urlò di dolore, ma ci provò. Le braccia di Liam si serrarono ancora. Niall urlò di nuovo. Il nodo che gli intrappolava l'intero busto parve stringersi ancora di più.
CRACK!
Il rumore fu molto simile a quello di un ramo spezzato. Ma istantaneo, definitivo. Risuonò nella sezione est come un colpo di pistola, lasciandosi dietro un silenzio ridondante.
Liam lasciò andare Niall immediatamente..
"Scusami...io non volevo, non pensavo che..."
Il biondo si accasciò a terra, tossendo, ma scuotendo la testa. "Sto bene, sto bene, non mi hai rotto..."
Un urlo straziante percorse il campo. Il vero ferito si era finalmente manifestato; a scoppio ritardato, certo, forse perché il dolore immediato gli aveva fatto perdere i sensi. Ma adesso che gli aveva riacquistati, tutti gli occhi erano puntanti su di lui.
"Me l'hai spezzato, porca puttana! Mi hai spezzato il braccio!"
Il ragazzo era a qualche metro da loro. Niall riusciva a vederlo, ma capì che sarebbe stato meglio evitare di curiosare, quando notò il braccio destro: parte dell'omero fuoriusciva dalla carne dell'avambraccio come lo spuntone di una bandiera tranciata.
I suoi lamenti e la confusione creatasi attirarono Grace e i suoi, mentre tutte le reclute si radunavano lì intorno, incuriosite.
"Portatelo in infermeria" ordinò la caposquadra, orripilata, prima di assumere un cipiglio serissimo. "Vi era stato ordinato di non esagerare."
"Ci era stato ordinato di non ammazzarci a vicenda." L'avversario di braccio-rotto si ripulì le mani, sbattendole l'una con l'altra. Poi sogghignò. "Ed io ho obbedito. Non l'ho ammazzato."





"E' lui."
Liam indicò col mento un punto indefinito alle loro spalle. Harry si girò all'istante, mentre Niall tenne gli occhi incollati al proprio piatto. Era l'unico nella sala della mensa a credere nell'importanza della discrezione.
Tutti gli altri cadetti della centesima, quella sera, sussurravano e bisbigliavano, invece di schiamazzare. E, soprattutto, tenevano gli occhi fissi sul ragazzo seduto da solo al tavolo più vicino alla porta.
Le tavolate erano lunghe, di rozzo legno scuro come la baracca che li ospitava, disposte una accanto all'altra orizzontalmente, in quattro file distinte, divise nella parte centrale da un corridoio più largo. Alcuni osservavano il ragazzo di soppiatto, ammucchiati in gruppetti lontani. Altri gli passavano accanto con naturale disinvoltura, per poi lanciargli uno sguardo fugace. Qualcuno aveva cercato una scusa per parlargli, ma ogni tentativo di attaccare bottone era decaduto dopo pochi minuti.
Era come se un nuovo membro dal pelo diverso si fosse unito al branco, perciò tutti i componenti si sentivano in dovere di squadrarlo ed annusarlo, per capire con chi avevano a che fare.
Peccato però che Zayn Malik fosse stato sempre lì, tra loro, anche se nessuno fino a quel momento se n'era accorto.
A confermare questa teoria, arrivò il commento sospettoso di Harry.
"Ma fa davvero parte della centesima? Non ricordo di averlo mai visto."
"Certo che ne fa parte" Liam annuì enfaticamente. "Ti ho già detto che divido il letto con lui, no?"
"Cazzo, ti verranno i brividi a dormigli di fianco stanotte."
"Quanto rumore per nulla." Il nuovo commento fu una voce insipida e strascicata a pronunciarlo. "Anche io sarei capace di spezzare un braccio a qualcuno, se volessi. Ma ci era stato vietato di andarci giù pesante."
Louis Tomlinson si accomodò al loro tavolo senza chiedere il permesso, portandosi dietro una scodella già mezza vuota di stufato. Perrie arrivò insieme a lui, silenziosa come un'ombra e bella come una regina di ghiaccio. Quei due erano i punti di riferimento del gruppetto proveniente dalle mura interne, facoltosi privilegiati alla ricerca di avventura o ansiosi di diventare nuovo motivo di lustro per le loro già prestigiose famiglie. Di solito si rintanavano, circondati dai loro leccapiedi, attorno al tavolo centrale.
Che Niall ricordasse, in quei giorni, non si erano rivolti la parola nemmeno una volta. Non sapeva se Liam li conoscesse meglio, ma era piuttosto sicuro che Harry non gradisse la loro presenza. Al contrario di Niall, lui con Louis ci aveva parlato, e il loro scambio di battute non era stato per niente amichevole. Non lo fu neanche quella sera, perché Harry si imbronciò e "Come mai vi siete spinti nei sobborghi plebei?" li apostrofò, occhieggiandoli male. "Se state troppo a contatto con noi rischiate di sporcarvi."
"Ne ho abbastanza delle leggende metropolitane che stanno nascendo su quel tizio, al nostro tavolo" rispose Lou, noncurante e irritante come sempre. "E poi, da qui si ha una vista migliore."
Ammiccò verso Harry, per poi sollevare il bicchiere e bere alla sua salute.
"Dicono che venga da Shiganshina."
La voce di Perrie percorse il tavolo, profonda e gelata; le sue parole si diramarono come crepe sottili originate da un unico fulcro. Tutti smisero di mangiare, tutti sollevarono la testa, tutti si guardarono tra loro. Stavolta, anche Niall partecipò al gioco di sguardi. E fu anche il primo ad interromperlo, parlando.
"Quindi vuol dire che lui... li ha visti?"
"Può darsi. Chi lo sa."
Perrie abbassò lo sguardo, mettendo fine a quella strana attrazione magnetica che aveva originato nel gruppo. Niall sentì la tensione allentarsi, non appena l'azzurro tossico dei suoi occhi smise di esercitare il suo strano incantesimo.
L'azzurro di quelli di Lou però, più scuro e arrogante, rimase ancora un po' a spadroneggiare sulla tavolata.
"Non importa da dove venga. Non può andare a rompere braccia a destra e a manca come se fossimo i suoi manichini d'addestramento. Sarà meglio tenerlo d'occhio."
Harry si azzardò a sfidare lo sguardo sottile e tagliente dell'altro. "Tienilo d'occhio tu, se ti spaventa tanto. Non siamo noi quelli abituati ad eseguire i tuoi ordini."
"Oddio, non era mica un ordine" Louis si alzò, sorridendo smagliante. "Ho solo paura che finisca col farti male, Styles."
Detto questo, il re delle mura interne lasciò il loro tavolo.
Perrie lo seguì senza proferir parola, come farebbe un mantello ancorato alle spalle di un cavaliere.
"Che razza di gente" bofonchiò Harry, tornando a rimestare nella sua scodella. "E poi, chissà perché stanno sempre appiccicati come calamite..."
"Sono fratelli" li informò Liam immediatamente. "O forse stanno insieme. In realtà nessuno lo sa. Ma io appoggio la teoria di fratelli, in qualcosa si somigliano..."
Niall pensò ai capelli biondo platino di Perrie e a quelli castani di Lou, all'altezza ridotta, agli occhi che sembravano ricavati da due speculari pezzi di ghiaccio. Sì, in qualche modo si somigliavano.
Non era quel mistero, però, che adesso interessava Niall.
Per la prima volta da quando era entrato in sala, diede il via libera alla curiosità.
Si voltò anche lui, lentamente, verso la tavolata mezza vuota vicino all'entrata.
Zayn Malik sedeva all'estremità destra, come un viandante solitario farebbe in una locanda. Mangiava con la testa poggiata su una mano, disteso per metà sul tavolo. Sembrava annoiato. Ed anche per niente pericoloso.
Niall non l'avrebbe mai confidato a nessuno, ma la parola che venne a galla nella sua mente, connessa a quella sporadica prima occhiata, fu "intrigante".
Zayn aveva sicuramente qualcosa di intrigante.
Che fossero gli occhi scuri, grandi, ma dal taglio orientale, o la barba altrettanto scura, o i capelli neri, legati in un minuscolo chignon, Niall non avrebbe saputo dirlo.
E comunque, non poté scoprirlo quella sera a mensa, perché mentre lo studiava, Zayn decise che la cena l'aveva annoiato abbastanza.
Si alzò.
Ogni voce nella baracca tacque.
I passi dello Spezza-braccia riecheggiarono, sonnolenti, in un mare silenzioso di sguardi.
La sua figura, sottile e apparentemente innocua, sparì quando attraversò la porta.
E allora il chiacchiericcio esplose di nuovo.
Anche Harry e Liam ricominciarono a parlare, tirando fuori le teorie più assurde e fantasiose sul misterioso ragazzo.
Niall riprese a mangiare. Pensava che fosse alquanto ingiusto che solo adesso che aveva compiuto un atto così crudele, tutti si fossero accorti di Zayn Malik. Mentre, fino a pochi giorni prima, per nessuno era mai esistito.


*



"Il fiume Roat?"
La donna sospirò e ripose in grembo il lavoro a maglia, per rivolgere l'attenzione al figlio.
"Non lo conosci?" chiese quest'ultimo, tentennando. "Papà me ne aveva parlato spesso..."
"Certo che lo conosco. Ma non capisco perché dovresti andare a vederlo."
"Beh è il più grande nel territorio del regno e..."
"...e si trova più di un miglio oltre il Muro Rose."
"Questo lo so."
La donna sospirò, chiudendo gli occhi. "Marta, potresti lasciarci soli?"
La domestica abbandonò le stoviglie come se non aspettasse altro dalla vita. Fece un inchino frettoloso e si congedò.
Prima di uscire, però, lanciò uno sguardo carico di pietà al bimbetto che sostava in piedi di fronte alla madre: calzoni corti, berretto alla mano, colorito esangue; come un postulante disperato che ha chiesto udienza ad una regina insensibile.
"Finché non sarai abbastanza grande, non puoi avventurarti fuori da Hermina" questo disse la regina, lisciando pacata il vestito di seta blu che aveva addosso. "Così avevamo concordato."
Il bambino strinse forte il cappello dello stesso colore.
"Ma sono abbastanza grande! Ho quasi undici anni ormai... e il fiume è all'interno del Maria, non capisco quale pericolo possa esserci..."
"La mia risposta è no, Niall." La regina si alzò, lasciandosi dietro ago, filo e la parvenza di materna comprensione che le aleggiava attorno fino a poco prima. "Ci sono tanti altri fiumi nel territorio del Rose, che potremo visitare insieme un giorno..."
"Torrenti" la voce del piccolo si fece velenosa. "Papà li chiamava torrenti."
"Sì, tuo padre adorava esibire la propria conoscenza" ribatté sua madre, stizzita. Furono parole prive di ogni affetto, le sue, quasi macchiate da disprezzo. "Ma possederne troppa, non porta a nulla di buono" si inginocchiò di fronte al figlio, gli prese il capello dalle mani e glielo sistemò, delicata e fredda, sulla testa. "Se solo l'avesse capito, sarebbe ancora qui. Ma tu sei più intelligente, Niall, vero? Voglio sperare che tu lo sia. Che tu comprenda che, se mai varcherai queste mura, non potrai più tornare indietro."


"Ma per adesso, sei ancora in tempo.
Potresti arrenderti.
Potresti tornare..."

Niall si svegliò.
Rimase immobile nel suo giaciglio, disteso a pancia su, anche se il cuore batteva fortissimo. Non si era ancora abituato, come il resto del suo corpo, a quei sogni misti a ricordi, ripescati alla rinfusa da un passato tanto odiato, che adesso assumeva strane sfumature nostalgiche.
Aveva la stessa consistenza stopposa ma nutriente, disgustosa ma invitante, che potrebbe avere un piatto rifiutato in tenera età da un bambino troppo schizzinoso, ma divorato dallo stesso bambino, una volta che si ritrova a morire fame.
"Il mio corpo è sempre stato debole.
Ma non pensavo che lo fosse anche la mia volontà..."
"No!"
Mugolii indistinti dal letto sottostante trassero la sua coscienza in salvo dall'universo onirico in cui stava per rituffarsi.
Succedeva quasi ogni notte.
La voce disincarnata rispondeva ai suoi pensieri con spaventosa puntualità.
Niall le era grato. Il tormento del compagno sconosciuto andava a lenire il proprio, gli impediva di rimpiombare il quel mondo incostante ed incerto di memorie che erano ripensamenti, di ricordi talmente egoisti da impedire la nascita di quelli nuovi. Un mondo di dubbi troppo diverso da quello rigoroso e definitivo in cui aveva deciso di vivere.
Niall usava le parole smorzate e il respiro affannato del ragazzo del letto sottostante per potersi rilassare.
Perciò, ogni notte, quando il suo calmante personale si svegliava e sgusciava fuori, un senso di vuoto andava ad unirsi a quello tossico e petulante dell'insicurezza.
Quella volta il suo benefattore fuggì troppo presto.
Niall lo sentì liberarsi freneticamente delle coperte, per poi scorgerlo correre tra i letti, come una goccia d'acqua che scivola veloce tra le crepe di una roccia.
Il biondo sospirò, preda di un'indecisione pungente, una sensazione di urgente inevitabilità, come quella che potrebbe provare uno scrittore che sa perfettamente cosa vuole scrivere, ma non ha idea di come farlo.
L'unica soluzione plausibile, a quel punto, è gettarsi nel vuoto. Camminare ad occhi chiusi lungo una strada che non porta da nessuna parte, ma si forma passo passo, man mano che si avanza.
Fu questo che fece Niall.
Si sollevò, discese la scaletta di legno e seguì la strada inesistente che lui stesso, senza saperlo, quella notte avrebbe iniziato a costruire.



La porta sul retro si affacciava sulla stradina secondaria in cui erano allineati i bagni.
Dalla terra battuta e dalle altre casupole, la separava un portico di legno, lungo quanto tutto il lato della baracca e largo poco più di due metri, sostenuto da tronchi d'albero usati come colonne. Tra ogni colonna, un basso corrimano di legno li chiudeva come in un recinto, lasciando come uscita solo lo spazio di fronte alla porta.
Un'unica lampada ad olio penzolava dalla veranda lignea, proprio sopra gli scalini, come l'ultimo baluardo del territorio conosciuto, confine estremo tra un mondo illuminato e un altro oscuro, ignoto.
Quella sera la lampada ondeggiava, scossa da un vento leggero, riflettendo sul pavimento il suo cono di luce, come una dama dalla veste lunga che si diverte, ruotando, a descrivere circonferenze con la propria gonna.
Niall ispirò l'aria frizzante della notte.
Neanche fuori il silenzio dominava. La ragnatela di brusii e sospiri qui si trasformava in un labirinto sotterraneo di fruscii, stridori, scricchiolii.
Il vento tra le foglie di alberi lontani.
Lo squittio di un topo.
Il richiamo lugubre di un gufo.
E un rantolo.
Niall scattò in avanti, chiudendosi la porta alle spalle.
Il suono si ripeté, secco e incontrollato, come un latrato.
Niall fece un altro passo.
Nel mondo d'ombra, oltre la coltre leggiadra di luce, qualcuno stava inginocchiato a terra, reggendosi la pancia.
"Ehi!"
Niall saltò i due gradini che lo separavano dalla strada e si chinò accanto alla figura raggomitolata.
Un altro conato la scosse, quando il biondo gli posò la mano sulla spalla. Questo però non le impedì di rizzare la schiena e tirargli una gomitata.
"Che cazzo!"
Un altra gomitata e Niall si ritrovò, insieme al suo tentativo di soccorso, col culo a terra.
Il ragazzo a cui aveva offerto aiuto tossì e sputò ancora, per poi "Che cazzo" ripetere. "Adesso non posso più nemmeno vomitare in santa pace?"
Si alzò, ripulendosi i pantaloni dalla polvere e voltando le spalle all'altro.
Quando venne investito dal cono di luce, però, Niall lo riconobbe comunque.
Nonostante il buio, i capelli sciolti o il viso scavato dallo sforzo, quegli occhi non potevano appartenere a nessuno se non...
...allo Spezza-braccia.
Il cuore di Niall perse un battito.
Si rimise in piedi tanto in fretta da incespicare nelle proprie gambe, attirato dall'enigmatica indifferenza che l'altro gli aveva dedicato.
"Stai bene?" farfugliò, raggiungendolo sul portico. "Forse è colpa di qualcosa che hai mangiato. Il cibo che ci servono è davvero penoso, credo si tratti degli scarti agricoli che..."
"Non è lo stomaco il problema" lo Spezza-braccia sedette a gambe incrociate sul camminamento del portico, lontano dalla porta e dalla luce. "E' la mia testa che non va."
Lo disse come se fosse un congedo, semplice e lapidario, prima di chiudere gli occhi e poggiare le spalle contro la parete.
Niall però non diede segno di voler rispettare quel sottinteso "Levati dalle scatole".
Adesso che quegli occhi erano chiusi e il loro potere sedato, qualcos'altro lo teneva inchiodato lì: curiosità. Viscida e malsana come un vermiciattolo che scava la sua tana in una mela matura.
Niall tentò di celarla con spigliata gentilezza.
"Soffri d'insonnia?" chiese, sedendo accanto al ragazzo.
Lo Spezza-braccia, -Zayn-, lo fissò come farebbe un cacciatore armato fino ai denti che osserva un cervo buttarglisi tra le braccia.
"Sarebbe una malattia?"
Niall ridacchiò, per nervosismo, o semplice accondiscendenza, prima di capire che non era uno scherzo. Zayn non lo sapeva davvero.
"Beh sì, lo è" borbottò quindi, "Ho notato che parli spesso nel sonno, il che non è anormale, ma poi ti svegli sempre alla stessa ora della notte, ti agiti finché non scendi dal letto e stai qui fuori per chissà quanto..."
La voce di Niall si affievolì mentre cresceva la consapevolezza di aver parlato troppo.
Zayn, poco prima sorpreso, adesso lo guardava con sospetto.
"Mi stai spiando per caso?"
"Cosa? No! Io sto solo..."
"Bene. Se non sei qui per spiarmi e non vuoi che ti rompa il naso, gira a largo."
Zayn scivolò più lontano, seguendo la parete ruvida che gli faceva da spalliera. Non sembrava intenzionato a rompere proprio niente. E la sua voce, più che minacciosa, era stata fiacca, apatica. Come l'annuncio dello scoppio di un incendio dato con noncuranza, invitando gli altri a far con calma, a trastullarsi e rilassarsi, piuttosto che a fuggire.
Perciò Niall non fuggì.
Abbassò la voce invece, quasi stesse pronunciando la più volgare delle bestemmie, quando "E' vero che sei di Shiganshina?" mormorò.
Zayn serrò la mascella e  lo guardò di nuovo, con l'aria da supremo dio del mondo che potrebbe assumere un bambino, dopo aver risparmiato una formica dall'essere schiacciata. 
"No. Non sono di Shignanshina. Ma ero lì quand'è successo, se è questo che ti interessa."
Niall si sentì avvampare.
Non senza vergogna doveva ammettere che sì, gli interessava. Gli interessava a tal punto da stuzzicare, nel pieno della notte, il ragazzo che tutti quel giorno avevano imparato a temere.
Shiganshina era un piccolo distretto a sud del Wall Maria, sede di contadini arricchiti e qualche mercante di spezie, come quasi tutte le città delle mura esterne. Gente povera, o quasi, retta da governatori lontani e senza alcuna difesa se non quella del Maria.
Difesa che, due anni prima, aveva ceduto.
"Le mura non possono cadere.
Le mura sono entità sacre.
Da più di cento anni, non sono mai state nemmeno scalfite."
Questo Niall si era sentito ripetere, per tutta la vita, da sua madre e dai membri della Culto delle mura.
Probabilmente anche le madri di Shiganshina, pur non prestando fede alle leggende che altri consideravano religione, avevano rassicurato i figli a questo modo, fin dai tempi più antichi: le mura sono indistruttibili. Nessun gigante può attraversarle.
Tutte idiozie. Favole, superstizioni, o forse addirittura speranze. Ma vane.
La popolazione di Shiganshina l'aveva imparato a sue spese, quando il Titano Colossale aveva fatto la sua comparsa. L'unico titano esistente ad essere più alto delle mura.
Una nube di fumo e un rombo assordante l'avevano portato alla porta sud del Wall Maria, l'unica finestra di Shiganshina sull'esterno, il suo punto più debole. Il mostro l'aveva capito. Il mostro aveva pianificato il suo attacco. Come se dietro lo sguardo perso e i denti scoperti ci fosse qualcosa di simile all'intelligenza. Un'intelligenza diabolica, che l'aveva convinto a sfondare la porta con un unico calcio.
Il Titano Corazzato, dalla pelle dura come pietra, poi, aveva aperto la strada a tutti gli altri: classi sette, dieci e quindici metri.
In meno di un'ora a Shiganshina c'erano più giganti che uomini e tutto il territorio del Wall Maria era stato compromesso. Un terzo dell'umanità aveva perso la propria casa. Milioni di profughi erano dovuti scampare all'avanzata dei giganti, cercando rifugio oltre il Rose.
Dopo cento venerabili anni, il primo muro era caduto.
E Niall aveva esultato.
Anche di questo si vergognava.
La notizia della caduta aveva causato panico e sgomento nei distretti intermedi, come Hermina, che adesso si ritrovavano in prima linea. Ma soprattutto, aveva intaccato nel profondo la setta del Culto. Aveva colpito dritto al cuore sua madre.
Dando a Niall l'occasione di ribellarsi.
"Hai torto! Hai sempre avuto torto su tutto!"
Permettendogli, nell'inebriante e insensibile certezza di aver sempre avuto ragione, di arruolarsi.
"Ti dimostrerò che hai torto!"

Niall sospirò.
Il frinire di un grillo lontano lo riportò al presente. Il calore umano di un sopravvissuto gli ricordò che la sua morbosa curiosità, magari, avrebbe potuto redimerlo dalla fredda impassibilità con cui il mito di Shiganshina si era impossessato della sua mente, un disastro annunciato di cui non poteva ignorare la grandezza. L'epicità.
"Tu quindi hai visto i giganti?" chiese, reprimendo quell'immagine indefinita di maestosità.
Zayn sbuffò. "Il Titano Colossale è alto cinquanta metri. Sarebbe stato abbastanza difficile non vederlo."
"Wow!"
"Wow?" il moro strabuzzò gli occhi. "Non sarai mica uno di quei matti che si eccitano pensando a quei mostri del cazzo?"
Niall arrossì ancora e abbassò il capo.
"Lo sono?" si chiese, ma poi "Certo che no!" rispose all'altro. "E' solo che non ne ho mai visto uno, ovviamente. E qui ci insegnano così poco! Non sappiamo quasi niente di quelle creature, a parte il fatto che non capiscono la nostra lingua e si cibano di uomini. Quindi ascoltare una testimonianza diretta..."
"E' appagante per i tuoi dubbi da scienziato?" Zayn poggiò il capo contro il muro. I capelli, lunghi sul lato destro, scivolarono, rivelando un sorriso pungente. "Allora dev'essere un vero peccato che la maggior parte dei tuoi preziosi testimoni diretti sia stata fatta a pezzi, eh?"
"Potrà sembrarti macabro, ma voglio sapere tutto quello che c'è da sapere, prima di entrare nella Legione Esplorativa..."
Una risata oscenamente falsa squarciò la notte.
Zayn Malik si piegò di nuovo su se stesso, tenendosi la pancia, ma stavolta non a causa dei conati.
Rideva come un uomo che è costretto a farlo da una pistola puntata alla testa, ma in modo terribilmente realistico. Si spanciava, si asciugava gli occhi, scuoteva la testa. Niall scoprì che anche così, distorto da quella farsa indecente, il suo volto mostrava una bellezza orgogliosa, temibile.
"La Legione Esplorativa! Cazzo, avevo ragione: sei proprio matto!"
La Legione  era uno dei corpi principali dell'esercito, insieme alla Polizia Militare e alle Guardie stazionarie. A differenza degli altri due, però, il suo lavoro si svolgeva oltre le mura. Perlustrazioni di antichi insediamenti, dati sugli spostamenti dei titani, informazioni riguardanti territori, animali e giganti, tutto veniva raccolto dalla Legione. Di un corpo sepolto vivo, la Legione era l'unico braccio ancora in superfice, capace di tastare il terreno intorno, sperando di trovare un modo per liberare il resto.
Anche se molti non avevano alcuna voglia di essere liberati.
"Nessuno di intelligente esce mai fuori."
La signora Horan, come tanti altri, disprezzava la Legione e tutti coloro che la supportavano. Ironico che avesse scoperto che il suo amato marito era loro simpatizzante, solo dopo il matrimonio. E ironico anche che l'odio, gli impedimenti e le punizioni, avessero portato il suo unico figlio a voler far parte di quel corpo.
Niall non ci aveva mai pensato sul serio, prima del disastro di Shiganshina. Il suo era solo un sogno nutrito dall'avversione per la madre, come un fiore che cresce annaffiato da veleno ma i cui petali, un giorno, potranno essere usati per ricavare un antidoto.
Dopo la caduta del Wall Maria, però, aveva capito di dover entrare a tutti i costi nella Legione. Non per capriccio o per vendetta nei confronti della madre, ma perché solo diventando un soldato sarebbe potuto uscire fuori assicurandosi qualche chance di sopravvivere.
I suoi desideri non combaciavano in tutto e per tutto con gli ideali della Legione, ma quello era il futuro che aveva scelto per sé, quindi adesso si sentiva in dovere di difenderlo.
Da se stesso, dalle sue debolezze.
Ed anche da Zayn Malik.
Perciò "E' grazie al lavoro e al sacrificio di quelli che tu chiami matti" sputò, aspro, "che l'umanità è riuscita a sopravvivere fino ad oggi!"
"Davvero? E quale sarebbe esattamente il loro lavoro?" Zayn non rideva più, ma sogghignava. "Attraversare le mura per poi finire schiacciati come uova da mostri nudi? Wow, davvero eroico!"
"Sicuramente più del rimanere rinchiusi qui a vita come pecore!"
Lo Spezza-braccia sospirò, come farebbe un genitore stanco alle prese con un bambino testardo. "I sacrifici vani non possono essere eroici. Sono soltanto stupidi."
"Non sono vani, se fatti per proteggere qualcuno."
Zayn sospirò di nuovo. Gli occhi scuri si arrischiarono a sfiorare Niall per un attimo, prima di andare a contemplare il cielo, oltre la veranda.
"Buon per te se hai ancora qualcuno da proteggere."
Niall non rispose. Quella frase era come il sipario tirato di un palcoscenico: lasciava presagire la presenza immane e sconvolgente di qualcosa, oltre le pieghe di stoffa, che nessuno del pubblico avrebbe mai dovuto vedere.
Eppure, Niall provò comunque a scostarlo.
"Ma anche tu avevi qualcuno, prima di Shiganshina, vero?" 
Zayn fece schioccare la lingua contro il palato. "Ma per chi mi hai preso? Non ti racconterò la mia fottuta vita solo perché è notte, siamo soli e tu sei in vena di confessioni. Cazzo! Sarebbe stato meglio un altro interrogatorio sul braccio spezzato."
Niall si permise di sorridere. Se fosse stato davvero feroce come voleva apparire o come gli altri lo vedevano, Zayn Maik non avrebbe risposto ironicamente a quella domanda.
"In realtà, io non sapevo nemmeno che tu fossi..." Niall indugiò.
"Lo Spezza-braccia. Puoi dirlo. So come mi chiamano adesso."
"Beh comunque non lo sapevo."
"Allora perché mi hai seguito?"
Zayn lo fissava, in attesa.
Niall si leccò le labbra.
"Perché...
...senza il tuo respiro non riesco a dormire.
...perché ero preoccupato. Volevo sapere se stessi bene."
Zayn scosse la testa, accarezzandosi la barba. "Preoccuparsi per uno sconosciuto, quando si è in un campo pensato per addestrarci a morire. Sei sul serio così idiota?"
"Può darsi."
"Beh allora ti svelerò un segreto" il moro fece scattare la mano, afferrando il mento dell'altro tra le dita.
"E' veloce" Niall deglutì, immobilizzato dagli occhi ad un palmo dai suoi. E dalle labbra che articolarono queste parole: "Se vuoi sopravvivere, qui dentro, devi preoccuparti solo di te stesso. Anche se forse alla pelle non ci tieni così tanto, dato che vuoi davvero entrare nella Legione Esplorativa..."
Zayn mollò la presa.
Niall riprese a respirare. E si imbronciò.
"La Legione è un onorevole corpo militare..."
"Risparmiami" lo Spezza-braccia lo interruppe con uno svolazzo della mano e uno sbadiglio. "Voglio dormire adesso."
"Qui?"
"Sì, qui" Zayn si strinse le braccia al petto e affilò lo sguardo, come sfidando l'altro a contraddirlo. "Proprio qui, dove dormo ogni notte. Da solo
." Indicò perentoriamente la porta.
Una altro implicito - ma non troppo- invito a levare il disturbo.
Niall lo assecondò per cortesia. Non voleva costringere il moro a cacciarlo via meno elegantemente.
Si alzò, si spazzolò i pantaloni, si diresse verso la porta.
Il sospiro dello Spezza-braccia lo accompagnò. Esausto, liberatorio, come quello di un minatore che si disfa di un carico di pietra pesantissimo.
"Io sono il carico di pietra."
Niall guardò il suo minatore.
Minuto, raggomitolato a terra, scuro e stanco.
Non era minaccioso, e nemmeno più tanto enigmatico.
Ma era bello. Lo era davvero.
Niall avvampò di nuovo.
"Se mai avessi voglia di un po' di compagnia, comunque" bisbigliò poi, posando la mano sul pomello. "Sappi che non sei l'unico qui a soffrire d'insonnia."


*



La luce del giorno arrivò come un imbucato ad una festa d'alta società: fastidiosa ed indesiderata.
Harry scavalcò Niall ancor prima che il comandate arrivasse ad annunciare la sveglia, biasciando qualcosa sulla colazione e la necessità di arrivare allo spiazzo prima di quel bastardo di Tomlinson.
Niall rispose con un grugnito, nascondendo la testa sotto il cuscino. Aveva dormito così poco e fatto dei sogni così strani. Sogni su Shiganshina e il Titano colossale. Sogni su sua madre. Sogni sullo spezza braccia.
Niall si costrinse ad alzarsi per sbirciare il letto sotto il suo. C'era solo Liam, intento ad allacciarsi le scarpe con gli occhi gonfi di sonno.
Rimase deluso, come se la presenza di Zayn servisse in qualche modo a confermargli che non tutto quello che ricordava della notte precedente fosse esistito solo nella sua testa: il botta e risposta sull'insonnia, la discussione sulla legione, la risata sformata e fredda, il sogghigno emblematico, gli occhi grandi. Gli riusciva difficile dire cosa fosse accaduto nel mondo e cosa nella sua mente, come potrebbe essere distinguere uno ad uno i milioni di colori che si sono mischiati su una tela già sporca.
Quella sensazione di straniamento si acuì durante la giornata, a causa dell'assenza di Zayn Malik. O comunque del fatto che Niall non riuscì a scorgerlo, nemmeno per un secondo, né a mensa, né in aula, o durante gli allenamenti.
Per alcuni, terribili istanti, temette di essersi immaginato anche lui. Di averlo creato dal nulla per convivere con i propri incubi.
Qualcun altro invece dello Spezza-braccia, però, occupava il posto d'onore nella centesima, quel giorno: Klaid, il ragazzo dal braccio spezzato.
Dimesso sul tardo pomeriggio, con fasciatura ed espressione da martire annessi, Klaid non si faceva problemi a raccontare la propria disavventura a chiunque fosse interessato. Ed anche a chi non lo era, in realtà.
Così la figura dello spezza braccia, abbozzata da dicerie, dubbi e ipotesi assurde soltanto ventiquattrore prima, continuò man mano a delinearsi, a definirsi tratto dopo tratto, con aggiunta attenta di particolari, reali o fittizi, rassicuranti o allucinanti, ognuno latore di una nuova sfumatura.
Zayn era un animale. Si era gettato addosso a Klaid come una furia, annunciandogli fin dall'inizio che l'avrebbe fatto a pezzi.
Oppure, era un infido bugiardo, si era lasciato sottovalutare per poi sferrare il colpo decisivo.
O era soltanto un'esibizionista, fomentato dalla foga del momento.
O ancora, un fortunato ragazzetto che non era stato in grado di controllare la propria forza.
Incredibile come le stesse parole, se pronunciate da tante voci, finiscano per diventare diverse, come se il mondo intero fosse impegnato a giocare ad un telefono senza fili: l'intenzione iniziale muta ad ogni passaggio, diffusa da ogni bocca e percepita da ogni orecchio in modo differente.
Ogni cadetto della centesima creava il suo Spezza-braccia personale, e lo modificava poi confrontandolo con gli altri, come si farebbe per un compito in classe troppo difficile. Niall, però, possedeva i veri risultati del test. Era l'unico a non aver bisogno di uno Spezza-braccia, perché aveva avuto a che fare con Zayn Malik.
Sempre che la conversazione sul portico non fosse anch'essa uno stupido sogno...

"Alla faccia della discrezione." Liam gli si sedette di fronte, alla mensa serale, masticando già il suo purè. "E menomale che ieri non osavi nemmeno guardarlo."
Niall strinse le spalle, abbandonando per un attimo il viso che per tutto il giorno aveva cercato: Zayn era allo stesso tavolo della sera prima, solo, annoiato e stanco.
"Non ha dormito."
Niall rigirò adagio il cucchiaio nella scodella.
"Quello non lo mangi?"
Harry lo chiese implorante, fissando il cibo di Niall come Niall aveva fissato fino a quel momento il ragazzo del suo sogno.
Niall fece scivolare la scodella di fronte all'amico, che si profuse in salamelecchi tanto estremi da far ridere persino Liam. Il biondo non li sentì.
Stava riflettendo sul fatto che, incubi o no, realtà o meno, Zayn Malik gli aveva impedito, per tutto il giorno, di pensare a sua madre. Alla sua casa. Alla possibilità di tornare strisciando a quello da cui stava scappando.
E decise che forse, anche quella notte, avrebbe potuto usarlo come acchiappasogni.



La notte era più silenziosa di quella precedente. La lampada ad olio non traballava e nessun pipistrello aveva ancora fatto la sua comparsa. O forse Niall non se n'era accorto, troppo assorbito dalla lettura.
Quando la porticina sul resto si spalancò, però, non poté far a meno di sobbalzare.
Zayn Malik si tuffò nel buio, tossendo e stringendosi lo stomaco, senza buttar fuori niente se non qualche sputo di saliva.
"Credo che la tua nausea si potrebbe attribuire ad un condizionamento psicologico."
Stavolta, fu il turno dello Spezza-braccia di sobbalzare. Si voltò verso Niall come farebbe un ladro che è appena stato colto con le mani nel sacco.
"Che cazzo ci fai tu qui?"
Il biondo sollevò il proprio libro. "Leggevo. Dentro non c'è luce, sai."
Zayn si pulì le labbra col dorso della mano, prima di ritornare sul portico e "Questo è il mio posto" decretare, ostinato.
"Teoricamente, il portico è uno spazio comune."
"Sai cosa intendo."
"Sì, lo so. M se vuoi crogiolarti nella tua solitudine, fallo da qualche altra parte. Sono arrivato io per primo."
Niall non aveva idea da dove derivasse tutta quella sfacciataggine. Di norma, era un ragazzo tranquillo, anche piuttosto irrilevante, cordiale con gli amici e timido con tutti gli altri. Fino a quel momento, aveva dedicato quei suoi eccessi di sfrontatezza solo alla madre.
Zayn comunque non li trovò esageratamente fastidiosi. Sbuffò, si tirò indietro i capelli, legandoli stretti con un lembo di stoffa, e poi si buttò a sedere accanto al biondo.
"Che stai leggendo?"
"Un trattato medico" Niall sorrise. "A quanto pare l'insonnia deriva da turbamenti psichici, dovuti ad avvenimenti correlati in qualche modo all'atto del dormire, o a traumi che ricorrono continuamente nel subconscio..."
"Che grande scoperta."
Zayn poggiò il capo contro il muro, come la sera prima, allungando il collo e mostrando la gola, ricoperta dalla stessa barba sottile che gli scuriva le guance. La pelle ambrata e i vestiti tendenti dall'ocra al marrone lo facevano mimetizzare perfettamente con il legno alle sue spalle.
Niall evitò di guardarlo negli occhi, prima di arrischiarsi a mormorare: "Il primo passo per risolvere il problema è parlare dei propri traumi, sai?"
Il moro annuì.
"Beh sì, sembra logico. Ti svelerò il mio trauma allora: mi da sui nervi dormire circondato da fottuti sconosciuti."
"Probabilmente perché hai paura che qualcuno ti senta urlare."
Lo Spezza-braccia rabbrividì. Il volto, poco prima disteso in un'espressione di ironica sufficienza, divenne guardingo, inquieto.
"Tu mi hai..."
"No. Non ti ho mai sentito" mentì Niall; non per vigliaccheria, ma mosso da un'irrazionale pietà. "Ma capita anche a me di addormentarmi chiedendomi cosa potrei dire nel sonno e cosa gli altri potrebbero sentire. Sarebbe imbarazzante farli entrare nella nostra testa, eh?"
"Perché, tu cosa sogni?" Zayn ritrovò il suo sorriso storto, per dissimulare la debolezza di cui era stato preda poco prima. "Bei boccali di birra e donne nude?"
"Magari. Di donna ne sogno solo una e purtroppo è mia madre."
Anche di quella sincerità Niall si stupì. Fino ad allora non aveva accennato nulla della sua famiglia nemmeno ad Harry.
Forse Zayn aveva regione: aveva così tanta voglia di buttar fuori i suoi demoni, da aver finito col trasformare quegli incontri notturni in chiacchierate a cuore aperto.
E finché non gli si chiedeva di aprire il proprio, di cuore, Zayn lo assecondava.
Perciò "L'hai messa a parte del tuo imminente tentativo di suicidio nella Legione Esplorativa?" lo provocò.
"Ho dovuto farlo."
"Non ne sarà stata molto contenta."
"Per niente."
"Allora è una donna intelligente."
 
"E tu? Sei intelligente, Niall?
Voglio sperare che tu lo sia..."

"E' soltanto molto superstiziosa" il biondo prese a giocherellare con le pagine umide del suo libro. "Come tutti i fedeli del Culto delle mura, d'altronde."
Zayn rizzò la schiena e si voltò a guardarlo tanto velocemente che Niall sentì l'aria attorno a loro spostarsi.
"La tua famiglia fa parte del Culto?"
"Beh sì. Da qualche generazione, ormai..."
"E tu... tu vuoi comunque entrare nella Legione?"
La domanda retorica di Zayn trovò la sua conclusione in una risata a pieni polmoni. Come la sera prima, lo Spezza-braccia rise per un minuto buono, esagerando di proposito, picchiando il pugno sulla gamba distesa dell'altro, intercalando i colpi con sporadici "Sei un fottuto pazzo" e roba simile.
Però, solo quando Zayn ululò uno spontaneo "Credo davvero di odiarti", Niall trovò il coraggio di afferrargli il polso e chiedere "Perché?"
Il moro si liberò con uno strattone, si sistemò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio e tornò serio come non lo era mai stato.
Niall ne rimase impressionato.
Era come se la sua allegria fosse stata ingoiata dal buio della notte.
Lo stesso buio che andò a colorare la voce di Zayn Malik quando "Credo di odiarti" ripeté, "perché hai tutto quello che io vorrei e lo stai mandando a fanculo. Cos'è la tua? Una fase di ribellione adolescenziale? O il fottuto capriccio di un bambino nobile troppo viziato? Potresti ottenere la cittadinanza interna senza neanche muovere un dito, ma l'unica cosa che vuoi è uscire fuori. Mentre io dovrò farmi il culo per riuscire ad etrare dentro..."
"Aspetta, aspetta!" Niall interruppe quella cascata di parole parandogli le mani davanti. "Hai davvero intenzione di rientrare tra i primi dieci?"
Zayn serrò la mascella in una smorfia imperiosa. "Non credi che potrei?"
La ripugnante immagine di un Klaid dolorante, inginocchiato nella polvere, con un braccio storto appeso alle spalle, rispose nella mente di Niall che sì, invece, probabilmente poteva.
I cadetti di ogni squadra d'addestramento venivano valutati, nel corso dei tre anni al campo, dai diversi esperti, per tutte le attività svolte. Alla fine del periodo di preparazione veniva stilata una classifica, all'interno della quale erano annessi i migliori dieci di ogni squadra.
I dieci privilegiati avevano l'opportunità di entrare nella Guardia Reale, gruppo speciale della Polizia Militare, ottenendo immediatamente la cittadinanza per la capitale: l'insediamento più interno, ricco e sicuro dell'intero territorio, blindato dietro l'ultima delle sacre mura: Sina.
Era la città da cui provenivano Perrie e Louis, un luogo che la famiglia Horan, di nobile origine e fondatrice della setta del Culto, avrebbe potuto raggiungere senza alcun problema. Ma che, a quanto pare, Zayn non aveva mai avuto l'opportunità nemmeno di immaginare.
La contraddizione su cui quel malsano meccanismo si basava sarebbe apparsa evidente persino ad un ragazzino: i soldati migliori non venivano posti in prima fila, a difesa dei civili, ma stivati dietro tre montagne di mattoni, come armi letali inutilizzate, abbandonate in un magazzino sotterraneo nel pieno di una guerra che il mondo era destinato a perdere.
E se Niall provava vergogna nell'aver scelto la sua strada spinto da una curiosità ossessiva e da un malevolo bisogno di aver ragione a tutti costi, non poteva immaginare quanta ne provasse chi, pur possedendo la forza necessaria, decideva di conservarla piuttosto che sfruttarla, come un'opera d'arte che invece di essere esposta, viene tenuta lontana dagli occhi di tutti.
"Ma forse chi fa questa scelta è incapace di provare vergogna."
Fissò Zayn di sottecchi, confuso come forse era stato il moro la sera prima, quando lui gli aveva rivelato il suo proposito di entrare nella Legione. Si accorse che, nonostante la scoperta appena fatta, non riusciva a biasimarlo. Almeno, non completamente. I tratti decisi del viso e la convinzione nei suoi occhi non potevano che ispirargli ancora, inevitabilmente, una sorta di ammaliato rispetto.
Si odiò per questo.
Zayn non si era fatto problemi a giudicare i suoi progetti, mentre lui faticava a tacciare come sbagliati quelli dell'altro.
E fu soltanto per capire, non per polemizzare che "Perché impegnarsi tanto per migliorare" borbottò, "se sei destinato a passare il resto della tua vita con le mani in mano, nella capitale?"
"Forse perché Shiganshina mi ha fatto capire di non aver alcuna voglia di rivedere quei fottuti mostri mai più?" la risposta di Zayn grondava tagliente ironia. "Non tutti inseguono destini eroici come te. Non cerco vendetta, non ho alcuna famiglia da cui scappare e nessun problema mentale che potrebbe portarmi oltre quelle mura. Perciò..."
"Perciò preferisci nasconderti."
"Preferisco vivere. Non c'è niente per cui valga la pena lottare, fuori da qui."
Niall sospirò, ritrovando nelle parole dell'altro quelle di sua madre. "Non puoi negare l'esistenza di qualcosa soltanto perché non l'hai mai vista."
Anche Zayn sospirò, lasciandosi di nuovo andare contro la parete. "E questa da dove l'hai presa? Un altro dei tuoi libri?"
"Da mio padre, in realtà..."
"Era un filosofo?"
"Io direi più un cantastorie."
Niall sorrise tristemente, perché la moglie aveva dato quell'appellativo al signor Horan con accezione completamente negativa; le storie cantate dall'uomo non rispettavano lei e le sue mura. Quelle storie mettevano strane idee in testa al piccolo Niall.
Storie di pianure sterminate e distese d'acqua salata. Di montagne tanto alte da perdersi nelle nuvole e animali tanto numerosi quanto le stelle del firmamento. Di castelli, città e templi di proporzioni inimmaginabili, e di uomini con pelli dai colori diversi, dispersi in una marea di lingue.
Con l'arrivo di giganti l'umanità non aveva solo perso la libertà. Aveva perduto anche il mondo che era stato la sua casa.
Qualcosa di estremamente prezioso, che tutti avevano preferito dimenticare, invece di ammettere di sentirne la mancanza. Di averne dannatamente bisogno.
Zayn era uno di quelli che avevano dimenticato.
Perciò "Ti racconterò io una storia" ribatté, assumendo un tono austero. "Entrerai nella Legione, intraprenderai la tua prima missione fuori dalle mura, convinto di poter scoprire che la realtà corrisponde ai racconti di tuo padre, o sicuro che ogni tua azione serva a proteggere l'umanità. Ma non potrai proteggere nemmeno te stesso, o i tuoi compagni. Se sarai tu a ritornare illeso, probabilmente la metà degli altri non ce la farà. Perderai i tuoi amici. Resterai deluso. Forse cambierai idea, ma a quel punto non avrai altra scelta. Non potrai più tornare indietro."

"Ma adesso sei ancora in tempo.
potresti arrenderti.
Potresti tornare..."

Niall strinse i pungi e inspirò. "Stai cercando di dissuadermi?"
"Certo che no" Zayn ridacchiò, per poi sdraiarsi completamente sulle assi del portico, mani dietro al nuca e pancia all'aria. "Perché dovrei preoccuparmi per te? A malapena ti conosco."
Il biondo lo guardò stiracchiarsi, le labbra arricciate e le ciglia ad allungarsi sulle guance.
Sentì il proprio stomaco ribaltarsi. Ma ciò non gli impedì di sussurrare con sfumatura speranzosa: "Ma magari durante questi tre anni potresti imparare a farlo."
"Che cosa?"
"Conoscermi."
Lo Spezza- braccia mugolò come un cucciolo interrotto durante un sonnellino.
"Ecco un'altra conferma del fatto che sei un idiota. Perché conoscere qualcuno sapendo che è destinato a morire da un momento all'altro?"
Fu Niall a ridere, stavolta, più sinceramente di quanto l'altro avesse mai fatto. "Ma tutti siamo destinati a morire, prima o poi! Questo dovrebbe impedirci di parlarci, diventare amici o che so..."
La frase rimase sospesa in un silenzio imbarazzato.
Zayn lo ruppe sbuffando. "Mi sembrava di averti già detto che qui dentro l'unica preoccupazione che dovresti provare è quella per te stesso. Avere degli amici te lo impedirebbe. Provare affetto ti indebolirebbe."
"Quindi tu... credi davvero di poter trascorrere questi tre anni da solo? Senza lasciar avvicinare nessuno?"
"Beh sì. E spezzare braccia mi sembrava un buon modo per iniziare" Zayn sbadigliò e poi sorrise in modo strano, quasi tenero. "Ma a quanto pare, quella roba con te non ha funzionato."
Anche Niall sorrise e sbadigliò, come una tessera del domino che è appena stata colpita da quella precedente.
"Se hai sonno dovresti andare" Zayn lo disse chiudendo gli occhi, ma percepì comunque l'altro che gli si sdraiava accanto mormorando: "E se invece non ne avessi?"
"Potresti raccontarmi una storia" rispose il moro, placidamente. "Una di quelle di tuo padre."
Ed anche se in realtà aveva un gran sonno, Niall si leccò le labbra e raccontò.



"E' difficile da credere, ma esistono terre di solo ghiaccio.
Il freddo in quei luoghi è perenne, l'inverno dura tutto l'anno, ogni goccia d'acqua si trasforma in neve o in grandine. Ricordi cosa sono, vero? Te l'ho spiegato proprio ieri. Questi ammassi di neve e ghiaccio ricoprono il suolo e trasformano i fiumi in lastre compatte, dure come strade di pietra.
Da una terra come questa provenivano i Vichinghi. Solitaria e inospitale, ma loro la trasformarono in una casa.
Scoprirono calde sorgenti sotterranee, su cui costruire i villaggi. Allevarono e cacciarono animali dalle lunghe corna, come i cervi, ma più massicci e caldi. Le loro pelli li coprivano e le loro carni li nutrivano. Enormi alberi di foreste lontane divennero le loro case e le loro barche.
Le barche erano il punto forte dei Vichinghi. Sottili e lunghe, con prue dalle fattezze mostruose.
Guidati da quei sogghigni colorati, con lance e asce alla mano, solcavano l'oceano..."
"E l'oceano è..."
"Come un mare, ma più grande. Te l'ho già detto."
"Può esistere qualcosa più grande di un mare?"
"Non lo so, Niall. Tu hai mai visto il mare?"
"No."
"Allora dobbiamo supporre che possa esistere qualcosa di infinitamente più grande di un mare. Ed anche più impetuoso e pericoloso."
"Sempre salato?"
"Probabilmente."
"Secondo te i giganti riuscirebbero a nuotarci dentro?"
"Forse sì. Dopotutto, potrebbe essere gigantesco quanto loro. Ma noi possiamo immaginare di no. Magari i giganti affogherebbero. O avrebbero paura delle onde. Così noi potremmo ammirare l'oceano indisturbati."
"E' sicuramente così! Deve esserlo!"
"Nessuno può dirlo con certezza."
"Beh lo dirò io. Quando sarò grande, troverò l'oceano e ti dirò che avevamo ragione, papà!"
"Sono sicuro che ci riusciresti, Niall. Ma adesso devi dormire."
"Devo per forza?"
"Non vuoi?"

Certo.
Certo che voglio.
Non lo faccio da così tanto...

"Ehi."

Voglio dormire.
Ancora un po'.
Solo un altro po'.

"Ehi! Tu, futuro legionario!"

"Mi chiamo Niall."
E voglio dormire.
"Puoi...chiamarmi Niall."

"NIALL!"

Spalancò gli occhi.
Su di lui, un volto scuro, teso in un'espressione urgente.
Zayn.
Con barba ispida, capelli corvini e tutto il resto.
"Niall, dobbiamo alzarci."
Anche la voce era la sua, e si sovrappose all'immagine sfocata del viso come quella di un ventriloquo.
Niall si sollevò.
"Che ore sono?" gracchiò con la bocca impastata.
"L'ora di tornare dentro prima che inizi l'ispezione."
Zayn si alzò, fece schioccare la schiena e poi allungò la mano verso di lui, ancora accucciato sul pavimento.
Niall l'afferrò.
Era calda e piacevolmente callosa, ruvida.
La tenne stretta nella propria finché Zayn glielo permise, prima di voltargli le spalle per aprire la porta sul retro.
Niall fissò, ancora stralunato, le gocce di luce sulla sua schiena, come fori di proiettili lanciati dal sole.
Il sole.
Era già sorto.
Niall riuscì a scorgerlo attraverso la copertura della veranda, a filtrare tra una trave e l'altra.
Aveva davvero dormito per tutta la notte. E, per la prima volta da quando era arrivato, nessun incubo aveva osato disturbarlo.







   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: NowKissMe YouFool