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Autore: Lost In Donbass    22/03/2015    1 recensioni
Londra, 1888. Midford High School, istituto maschile per nobili rampolli.
Viole MacMillan è uno strano ragazzo; pittore senza pari e genio sconclusionato, malinconico ma deciso, curioso ma riservato, oscuro e dannato.
Edgar Cole è bello come il sole; intelligente e aggraziato come pochi, poeta e sognatore, idealista e innamorato del bello e del perfetto, popolare e avventuroso.
Queste due diverse personalità si fonderanno l'una con l'altra, si incendieranno a vicenda, si amalgameranno nonostante le diversità seguendo il tenebroso e sanguinario filo del destino. Filo che li conduce in un mondo maledetto, nascosto nel giardino interno della scuola. I due ragazzi si lasceranno trascinare in un mistero più grande di loro, dove demoni e dei della morte, streghe e corvi parlanti si dilettano in un banchetto senza fine, in cui gli umani non sono altro che pedine e biscotti da sgranocchiare nell'attesa.
Viole e Edgar intraprenderanno il viaggio nel baratro dell'orrore più nero, cercando di uscirne vivi e tagliare il filo sanguinolento del destino.
Ora loro sono gli scacchi, e la scuola la scacchiera.
Genere: Avventura, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I due ragazzi si scambiarono un’occhiata imbarazzata e si sedettero al tavolo, dove erano miracolosamente apparse altre due poltroncine rosse. Il servizio da the  era sicuramente di finissima porcellana di Sevrés, decorato da smalti blu e oro. Esso servì loro due tazzine, due piattini e due interessanti cucchiaini d’argento con sopra incastonati quelli che potevano essere enormi rubini. La ricca compagnia rideva sguaiatamente, e si lanciavano tazze di the e teiere madreperlate che venivano prontamente rifornite da corvi in ghette grazie a giganteschi samovar d’argento posizionate a gli angoli della tavola. Torte e pasticcini dall’aspetto succulento volavano per il tavolo, senza colpire nessuno e posandosi delicatamente sui piattini. Viole e Edgar si ritrovarono infatti con tre pasticcini al miele per uno posati ordinatamente sul piatto.
-Non mangiare nulla mi raccomando. Ho letto che chi mangia cose provenienti dal regno dei morti rimarrà per sempre incatenato lì- sussurrò Edgar, con aria saputa, quasi come fosse un pettegolezzo particolarmente succoso sussurrato nei salotti aristocratici.
Viole scosse la testa, ma si guardò bene dal toccare qualcosa. Lo sapeva anche lui che le leggende dicevano che bisognava guardarsi dal mangiare il cibo magico. E di rimanere per sempre lì, beh, ne avrebbe fatto volentieri a meno. Decise di chiedere qualche spiegazione al tizio dai capelli rossi, che a quanto pareva, era il capo di tutta quella masnada, e magari di rispondere ad almeno una delle domande che danzavano nel suo cervello.
-Se mi è permesso, milord, potremmo sapere chi siete voi, così gentile da invitarci e chi sono questi incantevoli commensali che insieme a noi rallegrano questo delizioso banchetto?
Edgar rimase un attimo stupefatto. Come faceva il ragazzo che a scuola e normalmente era già tanto se si ricordava di salutare a mostrarsi come se fosse abituato a partecipare ala vita mondana londinese? Semplice. Aveva la faccia più tosta d’Inghilterra e un coraggio da far invidia a Riccardo Cuor Di Leone. Edgar sospirò guardando con aria sognante il viso pallido di Viole che risplendeva alla luce della pallida luna.
Il tizio con i capelli rossi, seduto su di un immensa poltrona argentata a capo tavola si alzò, facendo sventolare le chiome e facendo così alzare il vento. Un brivido percorse le schiene dei due ragazzi quando alcune camelie bianche che adornavano un albero poco distante precipitarono a terra, posandosi come ballerine dell’Opera. Un pesante profumo di oleandri riempì l’aria, con il loro odore che dava facilmente alla testa, inebriante e mortale.
-Mi perdonino allora la dimenticanza- l’uomo fece un inchino cerimonioso, facendo rilucere alla luna i denti affilati come rasoi – Nocche Digtheground, demone di prima categoria e alchimista del primo ordine dei sapienti.
-Più semplicemente, quello che ha ideato la Pietra Filosofale e tutti i danni che ne sono conseguiti- una voce acida si levò dal tavolo e un ragazzo vestito blu notte, dai capelli viola accuratamente intrecciati con perline colorate e gli occhi sapientemente truccati con stelle e lacrime si avvicinò ai due ragazzi.
Nocche Digtheground sbuffò e scostò poco delicatamente il ragazzo, per riottenere la scena, che però si rifece avanti e tese la mano pallida dalle lunghe unghie blu
-Il mio nome è Trickster. Onorato, conte. Onorato, marchese.
-Divinità minore di decima categoria, Trickster è il mio fedele servitore- intervenne Nocche con un sorriso il più possibile accomodante.
Edgar e Viole si scambiarono un’occhiata divertita a vedere l’occhiataccia di Trickster al capo e si voltarono verso i due, curiosi di sapere ch altro sarebbe emerso da quella strana avventura. La paura di Edgar sembrava quasi essere scomparsa. Che fosse stato per la magia, per i fiori o per la gente ch aveva intorno, beh, sicuramente si sentiva il cuore molto più leggero di quanto non lo sentisse a scuola.
-E’ già da qualche tempo chi vi osserviamo, nella vostra simpatica scuola al piano di sopra …
-Piano di sopra?!- Edgar non riuscì a trattenersi e ciò gli costò una fulminata da parte di Viole
-Certamente. Questo è TerraCapovolta, che t’aspettavi?- disse Trickster, alzando un perfetto sopracciglio verde.
-TerraCapovolta è il mondo di sotto, milords- intervenne Nocche – Voi umani state nel mondo vero, noi stiamo nel contrario. Vi osserviamo – qui il demone indicò una grossa sfera nera e turbinosa posata in cima a una colonnina di marmo – E valutiamo chi possa essere degno di entrare a TerraCapovolta.
-E sono passati centoquattordici noiose lune prima che si decidessero a far scendere qualcuno … non vi dico la noia … però ora ci siete voi … - una giovane donna si era aggiunta al gruppetto. Aveva la pelle chiara, dai riflessi bluastri, i lunghi capelli neri e due grandi occhi neri come l’abisso. Portava un sontuoso abito rosso e bianco, lacerato in più punti.
-Mi presento, Donna Cibele, al vostro servizio.- la dama fece frusciare il mantello cremisi sul selciato, lasciando intravedere le spalle nude. Viole e Edgar, da buoni gentiluomini inglesi, distolsero pudicamente lo sguardo
-E si può sapere cosa abbiamo di così interessante da stimolare la vostra solenne attenzione?- chiese Edgar
-E’ un discorso complesso, marchese, se – iniziò Nocche
-Dai, capo, riassumi! Primo, siete belli. Secondo, siete divertenti. Terzo, siete molto più svegli che quella manica di imbecilli che impestano l’Inghilterra. Quarto, boh, mi ispiravate- Trickster rise sguaiatamente, prima di venir afferrato per un orecchio da Nocche e rispedito al suo posto
-Beh, il vecchio Trick non ha poi tutti i torti, no?- miagolò Donna Cibele, accarezzando la guancia di Edgar. Il ragazzo volle sprofondare e si irrigidì istintivamente al tocco gelido della donna.
-E poi sono anche più vecchio di te!- ululò Trickster dal fondo della tavolata
-Ora basta!- urlò Nocche, con voce sinistra, e il silenzio più assoluto calò sulla tavola.
-Il momento è giunto, Mr. Digtheground- intervenne un paggetto corvo, giungendo svolazzante da sopra le loro teste. Viole avrebbe giurato di averlo visto calare direttamente dal bianco latte della luna.
-Il momento di far cosa?- chiese Edgar, con gli occhi brillanti.
-Meraviglioso!- esclamò Nocche, ignorando la domanda di Edgar e avviandosi a passo spedito verso la fontana di marmo sistemata alle spalle del banchetto. Tutti i commensali si voltarono a guardare con risolini eccitati.
La fontana riluceva di luce spettrale, mentre l’acqua zampillava argentina da mostruose figure di marmo raffiguranti diavoli e ninfe deformi. Nocche si inginocchiò di fronte alla fontana e tutti trattennero il fiato emozionati quando il demone affondò le lunghe braccia nell’acqua, che a contatto con la pelle diafana di Nocche si tinse di un inquietante color amaranto. Con un certo ribollio, il demone tirò fuori dalla vasca marmorea un grosso orologio d’oro, abbastanza rovinato.
-Ha tirato fuori il Painikòs Doima!- una serie di commenti eccitati cominciò a serpeggiare tra la gente.
-Viole, che cos’è?- chiese Edgar, tendendo il collo verso l’oggetto che Nocche teneva trionfo tra le mani nodose.
-Non lo so … - disse pensoso Viole. Ed era strano, perché lui solitamente sapeva tutto. Anzi, il fatto di non riconoscere l’orologio gli diede abbastanza sui nervi. Lo coglieva impreparato e Viole odiava essere colto alla sprovvista; doveva avere sempre più o meno tutto sotto controllo, sapere cosa stava succedendo per comportarsi di conseguenza. Non poteva mostrarsi “scoperto”.
Quando Nocche tornò al suo posto a capotavola, nuovamente calò un silenzio che si sarebbe potuto tagliare col coltello e il grosso orologio venne innalzato in modo che tutti potessero vederlo. Aveva tre quadranti, montati su una cipolla vecchia e rovinata. Ognuno dei tre quadranti aveva tre lancette e al posto delle ore dei disegni stilizzati. Le tre lancette del primo quadrante giravano velocissime, una in senso orario, una in senso antiorario e la terza andava avanti e indietro come l’ago impazzito di una bussola. Quelle del secondo quadrante facevano solo mezz’ora a testa, meno la terza che passava dalle 9 alle 3. Quelle del terzo rimanevano ferme, una sul 3, una sul 12 e una sul 9.
Dopo che tutti ebbero visto l’orologio, Nocche Digtheground aprì con delicatezza il secondo quadrante e disse, con voce bassa e suadente, con una nota melodiosa che rimbombò nella cassa toracica dei due straniti ragazzi.
-Windust, vieni.
Neanche il tempo di rendersi conto di cosa avesse mormorato il demone, che in uno sbuffo di fumo violaceo emerse al loro cospetto un ragazzino basso e magrolino, vestito con una grande tonaca violacea, dai capelli nero corvino arruffati sul viso lentigginoso
-Che c’è?
-Ma guarda, Viole! Sembra il tuo fratello minore!- urlò Edgar, sorridendo
Viole volle scomparire sotto il tavolo e arrossì, borbottando
-Ma che diavolo dici, Cole taci per l’amor di Dio!
Come poteva essere così infantile?! Come avrebbe potuto diventare il maggiordomo della Regina? Viole lo avrebbe volentieri schiaffeggiato se non fosse che era un gentiluomo e che tutto il banchetto li fissava con curiosità elevata
-E questi chi sono?- la voce di Windust, il nuovo arrivato dell’orologio, fece nuovamente voltare tutta la tavolata
-Sono quelli che abbiamo scelto! Nuovi di trinca, i più succulenti bocconcini di tutta la cara, vecchia Inghilterra.
Trickster si alzò e saltellò incontro a Windust, sorridendo sardonicamente
-Questi?! E io che ci faccio qui, allora?
Viole ritrasse rapidamente l’affascinante nuovo venuto.
-Windust, è dalla morte del mondo che fai questo sporco lavoro e ancora chiedi che ci fai qui?
-La morte del mondo? Ma noi … - attaccò Edgar, che evidentemente non si era stufato di fare brutte figure, pensò Viole con uno sbuffo.
-Dopo avrà le dovute spiegazioni, dolcissimo marchese- lo liquidò Donna Cibele, con un sorriso lascivo, che a Viole diede molto fastidio. Ma no, perché avrebbe dovuto dargli fastidio? Cioè, era Edgar Cole. La persona più appiccicosa e odiosa di tutta la Midford. Eppure quel sorrisino piacque molto poco al conte, che sentì risvegliare dentro al cuore una sorta di possessività nei confronti del compagno di sventure. Non ebbe modo di continuare a indagare sui suoi sentimenti, siccome Nocche aveva preso la parola.
-Ebbene, Windust, ti abbiamo chiamato per discutere della faccenda di TerraCapovolta insieme ai nostri onorevoli ospiti, il marchese Edgar Cole e il conte Viole MacMillan.
-Oh, quella storia. Speravo in qualcosa di meglio- brontolò il ragazzino, per poi voltarsi verso i due stupefatti ragazzi e tendere loro la mano
-Windust. Servo vostro, signori.
La prima cosa che Viole registrò quando porse la mano al demone e quando egli si liberò il delicato viso dai capelli, fu, con orrore e raccapriccio da parte del giovane conte, che Windust, al posto degli occhi, aveva due terribili orbite vuote.
 
 
  
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