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Autore: eireene    22/03/2015    0 recensioni
Parole vuote e la metro che parte a fare vento. Pensieri che riguardano noi che mi fan piangere e sorridere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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19:23
 
Un sorriso. Gli occhi lucidi e il rumore della metro che corre. È un vagone vecchio, la ruggine e i colori sporchi ne fanno da padroni. 
Ad ogni balzo sul sedile le mie gambe fremono. Ho le braccia tagliate, graffi sparsi a costellazione fino alle mani: i calli, la pelle rovinata. 
Apro la bocca e mi sembra di parlare, ma non oso aprire gli occhi. Schiudo le labbra con un soffio. 
I miei piedi sono nudi: arrivo da una battaglia. 
Sei entrato nei meandri della mia anima strisciando silenzioso: penetrato con lo sguardo e con il tuo essere in angoli di me chiusi da secoli, da rispolverare. Mi hai preso per mano, l'hai sfiorata un poco con il respiro. 
- Vieni con me - hai detto e io sono partita per la mia guerra. Combattere con percezioni astratte di quello che c'è tra il mio cervello e il tuo cuore. 
Lottare contro me stessa: andare contro i freni stabili di una vita incerta, basata su insicurezze e bassi pensieri. 
Baciami ancora che un bacio non basta. Il singolo secondo di incontro tra le morbide labbra tue e mie è passeggero, lontano, veloce. Non mi basta. È tutto così superfluo e malleabile e ne voglio di più. Di nuovo: fino allo sfinimento. 
E se l'amore è una spina nel fianco, io son piena di graffi. 
Le mie braccia sono graffiate; le mie mani ancor di più. Ho stretto forte i miei palmi ai tuoi per non permetterti un passo lontano da me. 
Arrugginita come il vagone del treno che lento mi porta a casa. Quale casa? Mi porta via da te. 
Piango e non son sola ma è come se lo fossi. Piango e tanti occhi puntati sul mio volto non parlano, muti si chiedono perché mai le mie guance lente si arrugginiscono dal salato pianto. 
Perché? Ho faticato. Gli occhi sono bagnati di veli trasparenti senza sapore, odore, senza un senso che mi stravolge la testa. 
Io davvero non so dire il perché, tantomeno solo pensarlo.
Punto lo sguardo sulle mie gambe: cicatrici. Porto i segni di uno scontro del destino, i segni che mi hai lasciato tu planando nelle mie abitudini senza darmi tempo di proteggermi e so che non andranno mai via. I tagli, i morsi, i lividi: li hai anche tu. È un continuo cadere stretti nella morsa del destino senza cuore né cervello. 
Questo, questo è il nostro vivere. 
  
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