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Autore: Blueorchid31    27/03/2015    16 recensioni
Ritorno allo shippuden, dopo gli avvenimenti degli ultimi due capitoli. La mia personalissima versione circa il buco temporale che intercorre tra il 699 e il 700. Naturalmente ci saranno lacrime, risate e tanto, tanto Sasusaku. Penso che abbiate capito che faccio veramente schifo nelle introduzioni, quindi vi auguro solo una buona lettura.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
Capitoli:
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Note Autrice


Buonasera cari Lettori.

Non so voi, ma quando seguo una fan e si arriva al capitolo più significativo, quello che ho atteso sin dall'inizio, mi prende una sorta di smania incontrollabile. Purtroppo mi accade anche quando scrivo, quindi da domenica scorsa, non ho fatto altro che pensare, scrivere, cancellare e poi riscrivere quello che credo sia uno di "quei" capitoli. Le mie note solitamente sono alla fine, ma in questo caso era doveroso, a mio parere, fare un'eccezione per avvisarvi che questo "parto trigemellare" è molto lungo (venticinque pagine di World – penso di aver superato anche il record di Manga che adesso come minimo ne scriverà uno da cinquanta pagine. Ti lovvo, lo sai. E probabilmente Meryl Watase ci metterà una settimana a recensirmi per analizzarlo sin nei minimi particolari. Chapeau!), ma non me la sono sentita di dividerlo perché avrebbe perso tantissimo. Di cose da dire ce ne erano tante e spero di non aver dimenticato nulla (nel caso ditemelo). Ovviamente questo è il mio punto di vista, la mia versione dei fatti, e sono partita da una riflessione ben precisa: Sasuke quando vuole sa parlare. Lo abbiamo visto discutere tranquillamente con Naruto, ancor prima con Itachi, quindi penso che il luogo comune di Sasuke taciturno sia bello che sfatato. Certo, non è un Naruto, non sarà mai un Naruto(in senso buono), non sarà mai un grande oratore e come dice Giropizza è tendenzialmente "stitico"(hihihihi!), ma all'occorrenza lui PARLA, soprattutto quando ha di fronte qualcuno con cui vale la pena di farlo.

Desidero ringraziare le tre autrici sopracitate per aver sopportato le mie insicurezze e le mie crisi di panico... spero di aver fatto un buon lavoro.

Ringrazio anche i recensori che come sempre mi spronano ad andare avanti e mi danno consigli fondamentali per il prosieguo della storia. Grazie infinite davvero! E ringrazio anche chi la legge e la inserisce tra le preferite, le seguite e le ricordate. So che ci siete e questo conta molto per me.

Data la particolarità del capitolo spero di ricevere i vostri pareri, cari lettori, ne ho davvero bisogno per capire se la strada è quella giusta.

Domenica, ovviamente, la pubblicazione del nuovo capitolo salta. Credo che dopo questo una settimana di pausa sia strettamente necessaria. Probabilmente in settimana dovrei riuscire ad aggiornare anche Kitchen(incrocio le dita).

Vi lascio, dunque, al capitolo. Spero vi piaccia.






#11 … e l'eroe





"Secondo me dovresti parlarle" sbottò all'improvviso Naruto, rompendo il silenzio che regnava incontrastato in quella casa da quando Sakura era andata via.

"Mh?" Sasuke, completamente assorto nella lettura di un rotolo, trafugato dalla biblioteca, aveva ascoltato appena le sue parole.

"Sì, insomma, al posto di buttare nel lavandino chili di ghiaccio non pensi che sarebbe stato più facile parlare con lei?" si spiegò meglio il ragazzo.

Ecco spiegato il motivo per il quale Naruto era rimasto anche dopo che Sakura era andata via ed ecco il perché fino a quel momento non avesse fatto altro che fissarlo, seduto su una sedia della cucina, come una statua di sale, stranamente in silenzio. Era riuscito a capire quello che aveva fatto? Incredibile!

"Non vuole parlare con me" lo informò, non comprendendo il motivo per il quale gli avesse confessato una cosa del genere.

"Non le si può dare torto visto che sei stato uno stronzo"

Questo già lo sapeva.

"Cioè, un vero e proprio stronzo. Sei stato davvero crudele con lei. Cazzo, teme, l'hai rinchiusa in un genjutsu!"

E non solo quello.

Forse Naruto non era a conoscenza di quello che Sakura avesse visto durante l'illusione in cui l'aveva rinchiusa perché altrimenti non si sarebbe limitato solo ad insultarlo.

"E con questo? Era l'unica maniera per evitare che ci seguisse" tentò un'arringa difensiva che quantomeno mettesse a tacere Naruto, visto che non c'era verso che potesse sortire effetti sulla sua coscienza. Quello era l'unico modo per fermarla e, soprattutto, zittirla. Perché più che altro quella era stata una reazione – un po' esagerata, probabilmente – a quello che lei gli aveva detto. Era riuscita a toccare una corda che non suonava da tanto tempo, riportandogli alla mente quei momenti in cui anche lui era stato capace di amare. Forse erano state le sue parole o il tono disperato con cui le aveva pronunciate, francamente in quel momento non era riuscito a capirlo, sapeva solo che non voleva ascoltarla.



"Un piccolo posto nel tuo cuore"



E chi lo aveva più un cuore? Si era convinto di essere ormai immune a quei sentimentalismi, ma qualcosa si era rotto, qualcosa era riuscito a intaccare quell'involucro di ghiaccio con cui si era bardato per portare a compimento la sua missione.

"Forse hai ragione" convenne Naruto, anche se continuava a non approvare il modo.

Un posto nel suo cuore. Forse Sakura ne aveva davvero avuto uno ed ecco perché, per un attimo, aveva visto tutte le sue convinzioni sgretolarsi a causa di quel tepore famigliare, quell'affetto incondizionato, quell'am...

Scosse la testa, sentendo tornare su dallo stomaco ciò che aveva provato come un rigurgito acido.

Aveva davvero tutto quel potere su di lui?

Forse era giunto il momento di analizzare quello che rappresentava la Kunoichi nella sua vita. Si sentiva così mentalmente stanco da non aver per nulla preso in considerazione di ragionare su quella faccenda in modo serio – anche perché il più delle volte, quando decideva di scavare nei meandri della sua psiche, ne usciva distrutto.

"Penso che Sakura-chan meriti comunque delle spiegazioni. Non voglio che soffra ancora." Naruto ritornò all'attacco e scelse una parola tra le tante fin troppo significativa: Sasuke aveva fatto soffrire Sakura in passato e volente o nolente ci stava riuscendo anche adesso e probabilmente lo avrebbe fatto anche in futuro. Quella era una delle poche certezze che aveva, suo malgrado.

"Non ho alcuna intenzione di far soffrire la tua Sakura-chan" ribatté Sasuke con stizza, sottolineando acidamente il "tua". Non era uno stupido, era perfettamente a conoscenza di quello che Naruto provasse per Sakura e anche se l'interessamento dell'amico circa quella questione sicuramente era nato in maniera del tutto altruistica, il fatto che lui gli avesse sbattuto in faccia, ancora, la sua totale incapacità nell'avere un rapporto normale con la ragazza, lo aveva fatto uscire fuori dai gangheri.

"Se fosse stata mia come dici, a quest'ora, non starei qui a perdere tempo con te" gli rispose a tono l'amico, costringendolo ad abbassare lo sguardo, non riuscendo a reggere il suo in cui non vi era solo rabbia, ma anche gelosia, delusione e una tacita ammissione di resa incondizionata: Sakura non sarebbe mai stata sua fino a che ci fosse stato Sasuke.

"Non dirmelo!" lo canzonò l'Uchiha, nascondendo il disagio dietro un ghigno "Non ti è ancora passata?"

"So che per te può essere assurdo, ma non ho mai smesso di sperare." gli confessò l'amico amaramente.

Sasuke, a quel punto, provò due sentimenti decisamente contrastanti tra loro: se da un certo punto di vista aveva provato pena per lui e si era sentito in qualche modo colpevole anche di quello, dall'altro, un moto di orgoglio, insano, lo aveva fatto gioire segretamente. Almeno in quell'ambito poteva dire di aver vinto. Magra consolazione.

"Solo che lei non ha mai smesso di amare te"

Niente che già non sapesse, ma sentirselo dire sulla faccia ebbe come l'effetto di un schiaffo dato a mano aperta, di quelli che lasciano il segno.

Naruto lasciò che metabolizzasse la sua ultima affermazione: i sentimenti di Sasuke erano sempre stati una specie di enigma difficilmente risolvibile per gli altri, ma soprattutto per se stesso. Non era un libro aperto come lui, non aveva la sua attitudine ad aprire il cuore anche a perfetti sconosciuti spontaneamente. Ma Naruto era certo di una cosa: Sasuke era sempre stato in grado di amare, solo che aveva scordato come si facesse.

"Io, non lo so" sussurrò il moro con una onestà tale da rubare un sorriso fraterno all'amico. Non stava mettendo in dubbio che Sakura lo avesse sempre amato, ma se stesso. Non sapeva come comportarsi e in quelle quattro parole si celava quella domanda che lui continuava con ostinazione a non volersi porre.

"L'amore non ha bisogno di una spiegazione logica. Lo senti e basta." gli spiegò Naruto in un modo stranamente conciso e diretto, senza lunghi sermoni o paternali di rito. E a Sasuke la sua risposta sembrò così vera che pensò quasi, per un istante, che potesse non essere un'impresa così ardua. Il vero problema risiedeva nel "sentire" qualsiasi cosa che non fosse lo sgomento che fedelmente lo accompagnava dalla fine della guerra.

" - Non lo so - , comunque, non è una gran risposta." continuò Naruto, capendo di aver imboccato la strada giusta "Se pensi di non provare niente per lei devi dirglielo, non puoi continuare a lasciarla in sospeso. Così potrà rifarsi una vita e forse potrebbe accorgersi anche di me" e sorrise imbarazzato, grattandosi la testa.

Naruto inconsciamente avrebbe voluto che potesse davvero essere così, che Sakura, delusa dal rifiuto di Sasuke, riuscisse a notarlo, a considerarlo più di un amico, ma la realtà era ben diversa perché anche se quel testardo non lo aveva ancora capito o forse faceva solo finta di non capire, Sakura era importante per lui. In che modo rimaneva ancora un mistero. Probabilmente non l'amava con la stessa intensità con cui lo faceva lei, non riusciva ad esternarlo – sicuramente non aveva la più pallida idea di come fare senza rinunciare al suo dannatissimo orgoglio – ma Sakura ricopriva un ruolo nella sua vita e Naruto sperò in cuor suo che riuscisse a identificarlo. Andava a suo discapito, vero, tuttavia non riusciva a immaginare la ragazza con nessun altro che non fosse o lui, o Sasuke e quest'ultimo era in netto vantaggio – di una decina di anni di amore incondizionato.

"Forse non sono stato chiaro" ringhiò l'Uchiha, decisamente incazzato sia per la conversazione a suo dire fuori luogo, sia perché odiava sentirsi con le spalle al muro. Naruto, al momento, lo teneva figurativamente per i preziosissimi gingilli Uchiha, quelli destinati a restaurare il Clan, e lui detestava che lui riuscisse a capirlo così a fondo. "Lei non vuole parlare con me di..." non riuscì a pronunciare quella che considerava una sorta di bestemmia e optò per un generico "… questo", sottolineando il suo disappunto con un chiaro gesto di stizza della mano.

"Non hai mai assecondato il volere di nessuno, non dirmi che hai deciso di cominciare adesso? Ti fa comodo, è questa la verità. Te la fai addosso al pensiero di parlare con lei e questo non fa altro che aumentare i miei sospetti"

Sospetti? Quell'idiota cosa poteva saperne di quel marasma di sentimenti contrastanti in cui sguazzava da circa... da sempre, in pratica. Aveva voglia di ricominciare una vita diversa, ma non aveva ancora trovato il modo per farlo e compreso quale tipo di vita facesse al caso suo. Si sentiva in gabbia, in una campana di vetro, sereno e inquieto allo stesso tempo. Aveva come la sensazione di dover fare qualcosa per stare meglio, per trovare un equilibrio perché al momento oscillava come l'ago di una bilancia tra la tranquillità derivata dalla rivisitazione più o meno credibile dei suoi dodici anni e l'angoscia per quel futuro ancora incerto.

"Stai esagerando" lo avvertì Sasuke, ormai sul punto di mettergli l'unica mano a disposizione addosso.

"Ah sì? E cosa vorresti fare? Picchiarmi forse? Ogni volta che qualcuno ti dice la verità reagisci in questo modo. Forse preferisci vivere di cazzate" Naruto sapeva prenderlo, non c'erano dubbi. Gli teneva testa in ogni situazione, soprattutto verbalmente; riusciva a trovare le parole adatte per ferirlo, per scuoterlo sin nel profondo.

"Adesso basta con queste idiozie." tuonò Sasuke, sbarrando i suoi occhi in modo minaccioso "Io non provo niente per Sakura! Perché dovrei ricambiare il suo stupido amore? Se avessi voluto lo avrei fatto in passato, non credi? "

"Non potevi"

Ma Naruto aveva una risposta per tutto? Sasuke cominciava davvero a non tollerare più né lui, né quella conversazione e per la proprietà transitiva anche Sakura.

Perché non lo lasciavano in pace? Perché era così importante per loro la sua felicità? E poi, come facevano ad essere così sicuri di sapere come renderlo felice?

"Cosa ci troverà in me, poi?" affermò Sasuke, sospirando.

"Questo è un mistero per molti. Io sono molto più bello, più intelligente e prestante" affermò Naruto, gonfiando il torace per enfatizzare quanto detto "Ma, evidentemente, vede quello che vedo io" aggiunse, tornando improvvisamente serio.

"E cosa riuscirebbe a vedere un Baka come te?" gli chiese il moro, accennando un ghigno tra il divertito e l'affranto.

"Uno stupido Teme" gli rispose, sfoggiando il suo luminoso sorriso.

Più chiaro di così!

"Sparisci!" gli ordinò Sasuke. Era stufo delle sue chiacchiere, aveva bisogno di riflettere senza quel fastidioso grillo parlante nelle orecchie.

"Ci parlerai?"

"Ho detto sparisci!"

E Naruto non aspettò che lo dicesse una terza volta, sorridente e soddisfatto di dileguò, ma appena fuori dall'appartamento di Sasuke le sue labbra presero a incurvarsi all'ingiù: era certo di aver fatto la cosa giusta, ma cazzo quanto faceva male.



*



Sasuke quella notte non dormì. Non era poi così strano visto che erano anni che non dormiva più di quattro ore a notte, svegliandosi ripetutamente, ma quella notte, in particolare, sembrava che i suoi occhi non ne volessero sapere di chiudersi. Era persino rimasto sul divano, tanto andare a letto non avrebbe cambiato niente e aveva continuato a leggere il rotolo, deciso a terminarlo. Tuttavia più si ostinava a leggerlo, più sembrava non riuscire a capire un acca di quello che c'era scritto sopra: le parole di Kakashi, quelle di Sakura e, infine, di Naruto, continuavano a rimbombargli in testa.

Riavvolse nervosamente il rotolo e lo lanciò sul pavimento. Si portò il braccio a coprire gli occhi, pensando di trarne qualche sollievo, ma fu, se possibile anche peggio perché a occhi chiusi non solo sentiva le loro voci ma vedeva anche i loro volti, in particolare quello di Sakura. Rivide le sue lacrime la notte che aveva lasciato il Villaggio, quelle di quando aveva stupidamente tentato di ucciderlo, il suo stupore quando era arrivato sul campo di battaglia e infine, ancora lacrime, amare, sul suo viso addormentato.

Parlare. Lui odiava parlare. Trovava assolutamente sopravvalutata la comunicazione verbale. A fatti era molto più facile dimostrare le cose, ma con Sakura diventava difficile anche quello.

Cosa avrebbe dovuto dirle?

Mi dispiace?

Glielo aveva già detto, ma a quanto pareva non era bastato. C'erano davvero troppe questioni irrisolte tra loro e nonostante in un determinato momento avesse sentito il bisogno di chiarirle, ora provava un terrore cieco all'idea di affrontarla perché avrebbe portato a delle conseguenze. Naruto aveva ragione: Sakura meritava di sapere. Peccato che lui non riuscisse a capire cosa provasse per lei.

Si tirò su a sedere sul divano e guardò la foto sullo scaffale della libreria. All'epoca era stato tutto più semplice, lui aveva uno scopo ben preciso e rifiutarla era stato necessario: lei lo aveva minacciato di mettersi ad urlare e non poteva rischiare di venire scoperto. Inoltre si era offerta di aiutarlo e il pericolo che lei decidesse di seguirlo era fin troppo elevato. Lo aveva fatto per lei. Inspiegabilmente, però, si era sentito in dovere di ringraziarla, forse per aver tentato di fermarlo o semplicemente per l'affetto che lei gli aveva dimostrato. Sapeva di poter contare su Sakura e Naruto, ma quella era una faccenda che doveva risolvere da solo. Anche in quell'occasione aveva sentito una strana stretta allo stomaco, esattamente com'era accaduto la volta successiva, prima della battaglia finale; nel Paese del Ferro era stato diverso – giusto un po' – non aveva provato assolutamente nulla rivedendola. La prima volta, nel covo di Orochimaru aveva sentito una strana emozione dovuta sicuramente al fatto che non vedesse l'ora di dimostrare a Naruto quanto fosse diventato forte e per il principio secondo il quale dove c'era una noiosa presto o tardi compariva anche un Baka, una strana frenesia lo aveva colto alla sprovvista, facendogli pronunciare il suo nome con una certa enfasi volta ad attirare l'attenzione su di lui.

"Sakura"



Ma nel Paese del Ferro era stato diverso: era pieno di sé, convinto di aver raggiunto un livello tale di disumanità da riuscire ad uccidere chiunque si fosse interposto tra lui e la sua vendetta – la seconda – e lei si era presentata al suo cospetto come un agnellino impaurito con quei suoi occhi verdi ancora colmi d'amore. Aveva tentato di fare la dura, di dimostrargli che anche lei era diventata forte... voleva ucciderlo.

Ecco, appunto, come avrebbe fatto a spiegarle che in quell'occasione aveva desiderato ardentemente di farla fuori?

A mente fredda, un'altra domanda, forse anche più inquietante della precedente si fece spazio con prepotenza: perché aveva desiderato di ucciderla? Lei non era un pericolo.

Ok, era lì con l'intenzione di ucciderlo, ma si era presentata da sola e con un misero kunai avvelenato che dopo tutti gli intrugli di Orochimaru gli avrebbe solo fatto il solletico; ne aveva avuto di fegato a non portarsi dietro un intero esercito ninja. L'arrivo di Kakashi e poi quello di Naruto non gli erano sembrati programmati, ergo la noiosa, debole, Sakura si era mossa autonomamente, di sua sponte; voleva fermare il nemico, il nukenin, ucciderlo con le proprie mani, proprio come aveva raccontato la Mizukage. Un cuore spezzato poteva essere alquanto vendicativo tutto sommato, peccato che non lo fosse abbastanza. Aveva sentito la sua titubanza e si era nutrito della sua paura; gli era bastato pochissimo per capire che lei stava mentendo, che non fosse lì per seguirlo, ma per fermarlo e aveva aspettato che fosse di spalle per colpirla.

A pensarci bene era stato un coniglio e Kakashi non aveva sbagliato più di tanto ad affermare che fosse caduto in basso, ma il Sensei non poteva sapere che il motivo per il quale lui non l'aveva attaccata frontalmente risiedesse nella paura che aveva di lei, di quello che rappresentava, di quel passato ancora troppo presente che lui doveva dimenticare.

Sakura rappresentava un legame.

Sasuke poggiò in terra i piedi, cercando qualcosa di stabile che lo sostenesse perché quel dannato divano sembrava come essersi alzato, metri e metri, da terra. Gli scoppiava la testa e anche il moncherino aveva ricominciato a dolergli proprio nel momento in cui la parola "legame" era apparsa nella sua mente a lettere cubitali.

Forse non era riuscito a risolvere il rompicapo, ma ci era vicino.



*



Sakura stava sistemando le ultime cartelle cliniche prima della pausa pranzo. In quei giorni non c'era molto lavoro da fare in ospedale, il peggio era decisamente passato e si era ritornati a vecchietti con la sciatica e bambini con la gastroenterite. Niente più ninja feriti, né pazienti ingestibili. Calma piatta.

In compenso aveva avuto modo di riorganizzare alcuni settori che a causa della guerra erano stati un po' trascurati come il laboratorio di ricerca e l'orto botanico. Tsunade le aveva affidato un compito davvero importante e lei non aveva alcuna intenzione di deluderla, ogni tanto, però, si ritrovava a pensare a Sasuke e il resto andava a farsi benedire. Si era più volte chiesta se il fatto che lei si fosse opposta a una specie di chiarimento potesse essere stato motivo di risentimento da parte del ragazzo: lui aveva bisogno di essere certo che lei lo avesse perdonato, ma lei non poteva accontentarlo perché... no, non lo aveva perdonato, aveva semplicemente accantonato la questione per un po' di tempo per dargli la possibilità di riflettere.

Cazzate! In realtà moriva di paura, temeva che lui la respingesse ancora e non l'avrebbe sopportato. Certo, lui non si era comportato in maniera esemplare nei suoi confronti, ma inconsapevolmente lei gli aveva perdonato tutto perché averlo lì, a due passi da lei, e non chissà dove, riusciva a renderla un tantino più serena – non felice, quello sarebbe stato troppo.

Chiuse la cartella clinica del paziente ricoverato quella mattina e uscì dal suo ufficio, imboccando il corridoio che portava all'esterno; nel cortile antistante l'ospedale, a quell'ora non c'era quasi nessuno e quindi non ebbe difficoltà a riconoscere la figura che sostava appoggiata a un muro, a braccia conserte e con lo sguardo rivolto a terra.

Il cuore iniziò a batterle talmente forte che pensò di poter stramazzare al suolo da un momento all'altro.

Che cosa ci faceva Sasuke lì?

Cominciò a vagliare le più disparate ipotesi e presa dal panico, decise di proseguire facendo finta di non vederlo, prendendo la direzione opposta – tanto non poteva essere lì per lei, no?

"Sakura"

Oh Kami! L'aveva vista. Per tanti anni era stata invisibile per lui e proprio in quel momento aveva deciso di notare la sua presenza?

No, senza Naruto non poteva farcela. Dove diavolo si era cacciato? Perché non era con Sasuke? Lui era lì per lei? Considerò seriamente la possibilità di essere stata rinchiusa di nuovo in un genjutsu.

"S-Sasuke-kun!" balbettò la ragazza, con un tono di voce talmente acuto da poter far esplodere una cristalleria intera. Non era nervosa, no, affatto.

"Seguimi" le ordinò Sasuke, cominciando a camminare. Ovviamente non aggiunse altro perché già pronunciare quell'ordine con un tono che non sembrasse minaccioso era stata un'impresa non da poco e sperò ardentemente che Sakura almeno per il momento non gli chiedesse nulla.

"Dove?"

Sasuke si maledì mentalmente e maledì anche i Kami: non gliene andava una dritta. Possibile che Sakura non ce la facesse proprio ad eseguire un semplice ordine senza parlare?

"Voglio fare due passi" le comunicò senza molto entusiasmo perché dopotutto era lui che voleva fare due passi, non aveva considerato che probabilmente Sakura potesse avere qualcos'altro da fare e un "Facciamo due passi?" sarebbe stato più opportuno, meno coercitivo.

"Con me?" domandò la ragazza, indicandosi con un dito, mentre le sue palpebre non accennavano a smettere di battere tra loro, tanto lo stupore.

"Vedi qualcun altro?"

Complimenti, Sakura! Davvero una gran domanda!

La risposta acida di Sasuke era arrivata puntuale e inesorabile e Sakura si persuase a non fare altre domande idiote se non dopo aver contato almeno fino a centonovantanovemilanovecentonovantanove o giù di lì.

Camminarono a lungo, lui avanti, con la mano in tasca, e lei dietro di qualche passo, con i pugni serrati per sopportare quel silenzio tombale, interrotto solo dal rumore dei suoi passi – Sasuke come sempre sembrava levitare nell'aria.

Attraversarono quello che un tempo era il Quartiere Uchiha. Sakura vide Sasuke irrigidirsi in prossimità di quella che doveva essere stata la sua casa.

Dalla notte della strage nessuno vi aveva messo più piede e quindi riversava in uno stato di completo abbandono da circa diciassette anni. Pain, poi, aveva fatto il resto, rendendolo ancora più spettrale di quanto già non fosse. La ragazza non riuscì a comprendere il motivo per il quale Sasuke avesse deciso di passare proprio di lì: la sua situazione psichica poteva dirsi già abbastanza precaria e rivisitare quei luoghi non poteva sicuramente dargli alcun giovamento. Ebbe quasi l'impulso di raggiungerlo e stringergli la mano, ma il rischio che lui la scansasse in malo modo era troppo elevato per tentare.

Al di sotto di una di quelle strutture fatiscenti, c'era il Tempio Nakano, dove era custodita la stele degli Uchiha. Sasuke si era ripromesso di tornarci prima o poi per prelevarla e nasconderla in un posto più sicuro ove nessuno potesse trovarla: quello che vi era scritto era potenzialmente pericoloso, nonostante lui fosse ormai l'unico in grado di leggerlo. Proseguì, lanciando di tanto in tanto un'occhiata a quel posto pieno di ricordi e dolore. Da quando era tornato a Konoha non vi aveva messo piede, per scelta: temeva di provare la stessa sensazione di vuoto che sentiva ogni qual volta, da piccolo, vi entrava furtivamente e quel desiderio di rivederli, tutti, anche solo per un istante. Gli mancava tremendamente la sua famiglia: la dolcezza di sua madre, gli insegnamenti di suo padre e Itachi, il suo fratellone, colui che aveva rinunciato a tutto pur di proteggerlo. Realizzò, in quel momento, qualcosa di inaspettato: lui aveva ricevuto così tanto amore da tutti loro che al solo pensiero il suo cuore si riempiva fino a scoppiare e il suo stomaco di svuotava di tutta quella sofferenza che lo attanagliava. Se un simile ricordo riusciva a fargli così bene, accettare l'amore di Sakura, avrebbe potuto guarirlo?

Le lanciò una breve occhiata: si guardava intorno, preoccupata, forse per lui. Con ogni probabilità non riusciva a capire il perché lui avesse scelto di passare proprio per il suo vecchio Quartiere. Come avrebbe potuto? Non era ben chiaro neanche a lui, ma le sue gambe si erano mosse da sole, come se avessero deciso in precedenza il tragitto, come se inconsciamente lui avesse voluto condividere tutto il suo passato con lei.

Si inoltrarono nella foresta e Sasuke percepì un sommesso sospiro di sollievo da parte della ragazza alle sue spalle. Non doveva essere stato facile per lei, come non lo era stato per lui, ma se davvero il desiderio di quella ragazza era di stargli vicino, doveva sapere a cosa sarebbe andata incontro.

Arrivarono a una radura al cui centro spuntava dal terreno un tronco di albero tagliato. Anche quello era un posto speciale.

"Venivo qui ad allenarmi con Itachi" Sasuke ruppe, finalmente, il silenzio.

Sakura si guardò attorno, notando sui tronchi degli alberi dei bersagli ormai sbiaditi e in alcuni casi penzolanti e pronti a cadere da un momento all'altro.

"Mi insegnava a lanciare i kunai" le raccontò a bassa voce, di spalle "Cercavo di dimostrargli di essere bravo quanto lui e puntualmente finivo col farmi male"

Fece una lunga pausa, non riuscendo a comprendere appieno il motivo per il quale avesse scelto proprio di portarla lì e raccontarle cose di sé che nessuno conosceva.

"Mia madre mi medicava e mio padre mi ricordava quanto fossi inferiore a mio fratello, ma non lo faceva con cattiveria... voleva solo motivarmi a fare meglio"

Sakura si portò il pugno ancora chiuso davanti al petto, ascoltando quella che era la prima vera confidenza che Sasuke le avesse mai fatto. La forte emozione le aveva appannato la vista e le gambe le si erano irrigidite come i tronchi di quegli alberi che li circondavano. Lo ascoltò in silenzio, gioendo per il suono della sua voce che per una volta aveva assunto un tono diverso da quello freddo e distaccato a cui era abituata.

"Quando Itachi è morto ho creduto per un attimo che fosse tutto finito." ricordò Sasuke, mettendosi a sedere con aria stanca sul tronco dell'albero. "Nel Paese del Ferro io ero accecato dalla rabbia. La verità su mio fratello e su quanto accaduto aveva risvegliato il mio desiderio di vendetta e Danzo..."

"Volevo ucciderti" lo interruppe Sakura. Sasuke alzò d'istinto lo sguardo, che fino a quel momento aveva tenuto verso il basso, su di lei che, in piedi, poco distante da lui, lo guardava con quella classica apprensione, tipica di lei.

"Se ci fossi riuscita forse sarebbe stato meglio per tutti" constatò Sasuke, con un ghigno malinconico.

"Ti sbagli! Se ci fossi riuscita a quest'ora probabilmente nessuno di noi due sarebbe qui. Non potevo accettare che che ti giustiziassero" gli spiegò, cercando di mantenere la calma, malgrado i ricordi di quei giorni di disperazione spingessero le sue lacrime fino all'orlo delle palpebre "Pensavo che spettasse a me fermarti... almeno quello" aggiunse con amarezza.

"Avrebbero dovuto prima prendermi" Inaspettatamente Sasuke tentò di sdrammatizzare quanto detto dalla ragazza: trovava assurdo che lei potesse sentirsi in colpa per aver tentato in qualche modo di fermarlo; se le cose erano andate come aveva raccontato la Mizukage durante il processo, gli intenti di Sakura, a conti fatti, non potevano essere considerati sbagliati o disdicevoli. Ma il vero motivo per il quale Sasuke aveva scelto di interromperla, erano state le sue ultime parole, quelle che aveva sussurrato con un filo di voce e che sottolineavano ciò che era arcinoto, ma troppo difficile da affrontare: lei aveva sempre desiderato di più da lui.

Sakura, presa alla sprovvista da quell'inatteso tentativo di Sasuke di alleggerire la tensione, aveva incurvato le labbra in un sorriso incerto. In realtà tutta quella conversazione le sembrava assolutamente incredibile: aveva sempre immaginato quel momento in maniera del tutto diversa – ammesso che fosse mai giunto, dato che aveva sempre nutrito seri dubbi a riguardo – ; credeva che sarebbe annegata in un fiume di lacrime e, invece, stava riuscendo egregiamente a tenerle arroccate sulle sue palpebre; pensava che per riuscire a tirargli fuori una decina di parole avrebbe avuto bisogno delle tenaglie e non che lui spontaneamente iniziasse un discorso così scomodo per entrambi. In pratica, stava andando meglio di ogni sua più rosea aspettativa, ma quella calma apparente quanto sarebbe durata? Sul serio avrebbero continuato a parlare come fossero stati solo due semplici spettatori di quelle vicende?

"In realtà volevo difendere anche Naruto. Lui mi aveva fatto una promessa e temevo che per mantenerla, sarebbe arrivato a scontrarsi con te, di nuovo."

Già, Naruto. Lui e la sua fissazione di riportarlo a casa.

"A quanto pare, però, non sono riuscita a evitarlo... come sempre" constatò la ragazza, abbassando lo sguardo. Non erano tanto le sue parole a colpire l'Uchiha, quanto quei sussurri, quei pensieri ad alta voce che lasciava uscire dalle sue labbra strette come fossero insulti, ma non rivolti a lui, bensì a se stessa. In quelle parole si riusciva a vedere chiaramente quanto lei fosse cresciuta, maturata, arrivando ad essere una ragazza forte e determinata, molto diversa da quella che lui ricordava. Forse l'unica cosa che non era cambiata in quegli anni era proprio l'affetto nei suoi confronti che l'aveva spinta a prendere decisioni difficili, radicali.

"Doveva andare così." ammise l'Uchiha, volgendo lo sguardo per un attimo verso il moncherino.

"Tuttavia" Sakura fece qualche passo verso di lui, tenendo sempre il pugno stretto sul petto, come per proteggersi perché presto o tardi, ne era certa, quella conversazione le avrebbe fatto male, un male cane "Devo ringraziarti" gli confessò, costringendolo a guardarla per quell'affermazione senza senso "E' solo grazie a te che ho capito che se si vuole intensamente qualcosa, bisogna lottare per ottenerla"

"E l'hai ottenuta?" le chiese Sasuke, guardandola per un istante negli occhi, temendo la sua risposta.

"Non proprio, ma quantomeno sono soddisfatta di me stessa" gli rispose, ammettendo implicitamente di non aver ottenuto, ancora, quello che desiderava "Non mi sento più debole" aggiunse con orgoglio abbassando il pugno: sì, lei non era più debole ed era giunta l'ora di dimostraglielo.

"Tsk! Sei davvero noiosa"

Non era proprio quella la risposta che Sakura si aspettava anche se c'era qualcosa di diverso nel tono con cui Sasuke aveva pronunciato quelle odiose parole: non c'era astio e sul suo viso vi era l'accenno di un timido sorriso.

"Lo sei sempre stata." Sasuke rincarò la dose, seguendo la scia dei suoi ricordi in cui Sakura era costantemente presente.

Si alzò dal tronco e fece qualche passo, allontanandosi di qualche metro da lei: non era ancora pronto a consentirle di avvicinarsi troppo perché, in fondo, sapeva di non meritarlo.

"Vedi, Sakura, non sempre si può ottenere quello che si desidera. A volte sarebbe meglio rinunciare."

"Se pensi che io..." urlò la ragazza, decisa a fargli capire di non avere alcuna intenzione di smettere di amarlo, se quello era il senso del suo discorso.

"Sto solo dicendo" la interruppe bruscamente, alzando di poco il tono della voce, quanto bastava per superare quello della ragazza "Sto solo dicendo" ripeté, con calma "che è necessario capire bene cosa si desidera e soprattutto se sia giusto"

Sakura dischiuse leggermente le labbra, confusa. Non riusciva a seguirlo.

"Paradossalmente ho tentato di uccidere tutte le persone a cui tenevo... per cosa poi?" Questa volta fu lui ad esprimere un pensiero nascosto; un pensiero che racchiudeva sinteticamente – come nel suo stile – la spiegazione di quanto detto in precedenza. Il suo desiderio di dare un nuovo corso alla storia del Mondo Ninja lo aveva portato a credere che distruggendo ogni tipo di legame sarebbe stato immune dal dolore e che sarebbe riuscito a compiere la sua personalissima missione senza alcun tipo di condizionamento.

La fine di quei legami avrebbe segnato quella della sua umanità.

Tutte le persone a cui teneva.

Ergo anche lei faceva parte di quella cerchia, perché lui aveva tentato di ucciderla un paio di volte. Allora Sasuke teneva a lei? Questo non era mai stato messo in dubbio, anche se in alcuni momenti Sakura aveva pensato il contrario, ma sentirselo dire era tutta un'altra cosa.

"Eri confuso, pieno di rabbia" tentò di giustificarlo la ragazza.

"Sapevo benissimo quello che stavo facendo" ringhiò Sasuke, irrigidendo le spalle "Avevo un obbiettivo e credevo che fosse giusto. Ero consapevole di ogni mia azione"

"Quindi..." Sakura non riuscì neanche a formulare la domanda che voleva porgli: la voce le era morta in gola e il pugno era ritornato davanti al suo petto, pronto a parare il colpo.

"Ci avresti seguiti, ti saresti messa in mezzo" le rispose, intuendo cosa le stesse passando per la testa – erano lì per quello dopotutto."E poi... non volevo ascoltarti" ammise, contro ogni previsione.

"Cosa... cosa ne avresti fatto di me se le cose fossero andate diversamente?" Era un quesito che si era posta molte volte e pensò che fosse il momento giusto per ottenere una risposta.

"Non lo so. Non ci ho mai pensato"

Strano. Quando mai pensava a lei. Probabilmente l'avrebbe tenuta rinchiusa in un'illusione per tutta la vita.

"Beh, comunque non è andata così, quindi cosa importa." concluse Sakura, cercando di cambiare discorso per evitare che le lacrime cominciassero a sgorgare senza alcun freno.

Seguirono alcuni minuti di assoluto silenzio, rotto solo dallo stormire delle foglie e dal leggero fruscio dell'erba. L'estate ormai era giunta al termine e nell'aria si respirava di già l'odore amaro dell'autunno.

"Ho bisogno di sapere una cosa e gradirei che tu fossi sincera" Sasuke riprese a parlare, ma il suo tono sembrava essere cambiato di nuovo: non era più calmo, ma inquieto, duro.

"D-dimmi" balbettò Sakura, preparandosi psicologicamente al peggio.

"Mi hai perdonato?" le chiese, scandendo bene le parole, evidenziando quanto gli costasse proferirle.

"È importante?" ribatté la ragazza, pronta a giocarsi il tutto e per tutto. Era stufa di aspettare qualcosa che non accennava ad accadere. Quello scambio d'idea forse stava facendo sentire meglio lui, ma non lei.

"Credo di sì"

Sakura chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, fino a sentire i polmoni gonfi.

"Guardami!" gli ordinò con tono fermo "Sono stufa di parlare con le tue spalle, quindi, guardami"

Sasuke drizzò la schiena, impreparato a quell'evenienza. Fino a quel momento Sakura era rimasta abbastanza passiva, come in passato, e aveva creduto che la conversazione potesse continuare in quella maniera – sicuramente per lui sarebbe stato più semplice.

Mosse lentamente un piede, poi l'altro e si voltò verso di lei. Alzò lo sguardo, puntando gli occhi sulla sua figura: i capelli rosa ondeggiavano mossi dal vento e i suoi occhi brillavano di un coraggio e una decisione che non avrebbe mai creduto possibile.

Erano faccia a faccia.

Sasuke trovò la situazione alquanto divertente anche se surreale: da quando Sakura si prendeva la libertà di dargli degli ordini?

"Così va meglio" sospirò, cercando di mostrarsi più forte di quanto fosse "Ascoltami bene. Io ti ho perdonato nello stesso istante in cui sei arrivato sul campo di battaglia e ti ho perdonato di nuovo quando mi hai chiesto scusa. Ma non so se posso continuare a perdonarti in eterno. La vera domanda è se tu sei pronto a perdonarti." e lo disse tutto d'un fiato, temendo di bloccarsi all'improvviso e non riuscire a mettere insieme le parole, perdere di vista il nocciolo della questione, perché averlo lì davanti, con quello sguardo da cane bastonato, no, non aiutava affatto – quasi, quasi rimpianse che per una volta avesse rispettato il suo volere.

"Non è un tuo problema." affermò Sasuke, seccato.

"Penso proprio che lo sia, invece. Ti sembrerà assurdo, ma per me e Naruto è importante" ribatté prontamente la ragazza "Ti vogliamo bene... io..." e tentennò un attimo prima di terminare la frase perché si era ripromessa di non dirglielo, di non ripeterlo ancora, di non aprirgli di nuovo il suo cuore a meno che non fosse certa che lui non avesse intenzione di maltrattarlo, o peggio, gettarlo via come sempre "Ti amo".

A differenza di tutte le altre volte che aveva sentito pronunciare da lei quelle parole, questa volta Sasuke lasciò che il vento le portasse fino a lui; non le respinse, anzi, chiuse gli occhi e le respirò a fondo, fino a inebriarsene. Era poi così sbagliato accettare il suo amore? Provò un'inspiegabile sollievo nel constatare che almeno quello, nonostante tutto, non fosse mutato, ma non riusciva a capire...

"Perché?" le chiese, quindi, sperando che la sua risposta potesse in qualche modo dissipare i suoi dubbi.

"Ci sarebbero almeno un milione di motivi per non amarti, ma io non riesco a vederne neanche uno." sussurrò Sakura, lasciando vagare lo sguardo intorno a sé come se tutti quei motivi fossero davvero lì, invisibili ai suoi occhi "Ci ho provato, te lo giuro, tante volte." gli confessò con amarezza "Ma..." e sorrise, cogliendo di sorpresa prima se stessa e poi lui "proprio non ne sono capace".

Un sorriso sincero, puro... devastante.

Sakura era l'eroe.

Forse davvero lei era in grado di salvarlo, di rimettere apposto i pezzi della sua anima frantumata, perché dietro quel sorriso si celava quella promessa che lei gli aveva fatto anni prima e che lui non le aveva permesso di mantenere. L'aveva vista chiaramente ed era semplicemente bellissima.

Poteva essere felice?

Meritava di esserlo?



Sakura lo meritava.

Sasuke sentì il suo stomaco contrarsi e le tempie pulsare come se la sua testa fosse sul punto di esplodere. Non poteva, non doveva, approfittare di lei. Sarebbe stato troppo facile succhiare da lei quella vita, quell'amore, per stare meglio, per ricominciare a vivere. Lei gli avrebbe dato tutto, senza riserbo; non avrebbe risparmiato un briciolo della sua energia pur di renderlo felice.

"Non so se riuscirò mai a ricambiare quello che provi" le disse, aprendo per una volta anche il suo di cuore, sempre con cautela, sperando che lei riuscisse ad apprezzare quantomeno la sua onestà. Non voleva prenderla in giro, lo aveva fatto per troppo tempo.

"Questo l'ho sempre saputo." ammise la ragazza, continuando a sorridere forzatamente, stando ben attenta a tenere serrati gli occhi per non far trapelare le lacrime. "Non posso costringere te ad amarmi come tu non puoi costringere me a negare i miei sentimenti. Un bel problema." concluse, cercando di sembrare ironica mentre la voglia di piangere disperatamente le saliva dritta in gola e le toglieva il respiro.

Non voleva piangere davanti a lui; lo avrebbe fatto dopo, lungo il tragitto fino all'ospedale e poi nel suo studio e ancora nella sua camera da letto, ma non davanti a lui.

"Adesso devo proprio andare, devo tornare in Ospedale" gli comunicò, sfruttando quegli ultimi minuti di autonomia per una fuga strategica "Sono stata contenta di aver parlato con te, Sasuke-kun."

Si girò, con l'intenzione di fuggire il più velocemente possibile da quel bosco e da lui che anche quando cercava di non essere uno stronzo, finiva con l'esserlo lo stesso. Ormai doveva essersene fatta una ragione e, invece, ogni volta, ricadeva sempre negli stessi errori. Stupida!

Fece in tempo a fare appena un metro prima di ritrovarselo davanti e ormai le prime lacrime erano già belle che scese.

"Ho detto che non so se sarò mai capace di ricambiare i suoi sentimenti" le ripeté Sasuke, con tono fermo, e Sakura pensò che fosse impazzito di nuovo, che provasse un insano gusto a vederla soffrire. Poi, accadde l'impensabile...

"Non ho detto che non ci voglia almeno provare"

E Sakura sentì le gambe diventarle molli e la testa ronzarle come dopo un'esplosione. Sasuke aveva pronunciato quelle parole con una tale irruenza che a un primo – rincoglionito – ascolto, Sakura si chiese se avesse sentito bene o meno, se in realtà lui avesse detto qualcosa del tipo "Non ci sono speranze per te, insopportabile noiosa" e che quindi fosse solo il frutto della sua immaginazione. Ma quando, con la vista appannata, aveva incontrato i suoi occhi e aveva scorto in essi quella che poteva tranquillamente definirsi una "paura fottuta", comprese che quel fastidio che aveva allo stomaco non fosse di peso dal pranzo che aveva saltato, ma da uno sciame di farfalle che svolazzavano felici.

Il suo corpo si mosse da solo, incurante di qualsiasi conseguenza. Lo abbracciò – forse con troppa forza, ma era da tanto che voleva farlo – e Sasuke emise una specie gemito – di dolore, ovviamente, ma decise di non protestare perché in fondo quel contatto inaspettato non gli stava arrecando, poi, tanto fastidio.

"Bentornato, Sasuke-kun!" singhiozzò Sakura sul suo petto mentre lo circondava con tutto quell'amore che aveva conservato solo per lui.

Sasuke, non molto pratico in materia, rimase immobile per alcuni secondi, incerto sul da farsi. In realtà era stupito di se stesso e ancora non era in grado di spiegarsi il perché avesse deciso di darle una possibilità – darsi una possibilità. Forse era stata la determinazione di Sakura, forse il desiderio di sentirsi amato – forse era impazzito del tutto – ma si sentiva stranamente sereno: probabilmente per una volta aveva fatto la scelta giusta anche se non ne era ancora pienamente consapevole.

Fatto sta che, timidamente, la sua mano si mosse, andandosi a posare sulla schiena di Sakura, chiudendo così un immaginario cerchio – da sempre, simbolo di perfezione.



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