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Autore: didi_95    27/03/2015    6 recensioni
Dal testo: "La sua voce...non credevo che l'avrei sentita di nuovo; non qui, non adesso.
Eppure è lei: unica, testarda e dolcissima..è lei il mio personale richiamo alla vita."
Questa storia parla di amore, coraggio e grandi azioni; ma anche dei piccoli passi avanti fatti giorno per giorno nella grande palestra della vita, dove ogni errore serve a migliorarsi.
Jari, il padre di Fili, ripercorrerà i momenti salienti della sua vita, fino al momento per lui più importante: l'incontro con Dìs, la madre dei suoi figli.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Dìs, Dwalin, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'innata arroganza dei nani



Erebor.
Il regno più ricco e prospero tra tutti quelli dei nani.
Imponente, maestoso, regale.
Il luogo della mia nascita...la mia casa.
Posso ancora vedere le gigantesche statue che presidiavano l'entrata, le espressioni dure ed orgogliose dei nani corazzati a guardia della porta, le armi alla mano.
Quello era l'ideale di nano che io volevo diventare, volevo essere coraggioso e forte come loro; a quel tempo credevo ancora nell'indistruttibilità delle mie certezze.
Ero un giovane nano, ancora attirato dagli ideali e dalla gloria ed ero orgoglioso di vivere ad Erebor, se c'era luogo che poteva essere culla di grandi e valorose imprese, erano proprio quelle immense sale di pietra.
Come tutti i nani della mia età, volevo diventare un guerriero.
Altrimenti come avrei potuto distinguermi e farmi valere?
Solo il mestiere delle armi mi avrebbe aiutato a diventare qualcuno.
Ogni giorno, appena avevo un momento libero, uscivo dalle fucine ancora sporco di olio e fuliggine, ed andavo a vederli: i guerrieri.
Quelli che preferivo erano gli allenamenti dei nipoti di Thror: i principi Thorin e Frerin..poco più grandi di me.
Il loro addestramento era duro e privo di compromessi, molte volte li vidi tornare ad Erebor con qualcosa di rotto, per non parlare dei lividi violacei provocati dai colpi dei bastoni e delle spade di legno.
Tuttavia i nani sono indistruttibili e quello che non li uccide, li rafforza.
Così, con il passare del tempo, diventavano sempre più abili e forti; delle vere e proprie macchine da guerra.
Il più terribile era un nano di nome Dwalin, ma era quello che più di tutti ammiravo; sembrava che nulla potesse scalfirlo o spaventarlo, era nato per la battaglia, glielo si leggeva negli occhi.
Lui e Thorin combattevano sempre insieme, sempre uniti, come veri compagni d'armi.
Frerin era molto più solitario, ma tra lui ed il fratello c'era un legame indissolubile, al di sopra di ogni cosa; potevo notarlo dal continuo scambio di sguardi tra i due, come se ognuno volesse accertarsi della presenza dell'altro.
Li guardavo esercitarsi a combattere sulla piana, copiavo ogni loro mossa.
Avevo perfino sottratto una spada dalla fucina, di quelle scartate per qualche difetto, ero riuscito ad imparare le mosse base: attacco e difesa.
Fare il guerriero era il mio sogno..peccato che mio padre non la pensasse allo stesso modo.
Lui era un fabbro ed io ero il suo erede, il mio destino sarebbe stato quello di forgiare spade, non di maneggiarle.
Posso ancora sentire un'eco lontana delle nostre discussioni..solo più tardi mi resi conto che tutto ciò che mio padre mi diceva, ciò che mi imponeva, era tutto per il mio bene...ma all'epoca mi sentivo solo soffocato dalle sue imposizioni.
Solo ora, che sono padre anche io, mi rendo conto di quanto sia difficile riuscire a controllare i propri figli, lasciandoli comunque liberi di scegliere il loro destino.
Fili..figlio mio, se tornerò a casa, cercherò di essere un padre migliore di quanto lo fu il mio, cercherò di capirti e di sostenerti..

< Jari...stai bene? >
La voce di Frerin mi raggiunge da molto lontano, eppure è proprio davanti a me.
Mentre cerco di rispondergli, un vivido ricordo si impone nella mia memoria, il ricordo di un giorno particolare ad Erebor in cui Frerin mi aveva posto la stessa identica domanda.

Sbuffando, appoggio a terra una pila di larghi e pesanti scudi; mi guardo intorno e noto mio padre, intento a battere su di un'incudine: il suo volto sporco e sudato è illuminato dalla luce rossastra delle fiamme, la sua schiena è curva ed il suo braccio destro, più muscoloso del sinistro, vibra ad ogni colpo del martello, saldamente stretto nella mano callosa ed esperta.
Come ogni giorno di lavoro, qui nelle fucine, mi ripeto la stessa frase: non voglio diventare come lui.
Non voglio che il peso degli anni e la mancanza della luce del sole piano piano mi pieghino come è successo con lui, non voglio che anche la mia volontà si pieghi a questa operosa monotonia. So bene ciò che voglio ed è là fuori.

Devo sbrigarmi se voglio riuscire ad osservare i principi allenarsi, è già tardi.
I miei compiti di oggi dovrebbero essere finiti, ma non voglio che mio padre approfitti del fatto che ho finito prima per affidarmene altri, come è solito fare.
Dopo essermi asciugato la fronte e sfilato il grembiule da lavoro, mi metto a correre.
< Figliolo! Dove corri? Ci sarebbero da consegnare queste spade a... >
La voce di mio padre si affievolisce mentre strati e strati di roccia si frappongono tra me e lui; non sono in vena di consegnare spade a nessuno ora come ora.
Sono talmente abituato a questi corridoi lunghi e stretti che non ho nemmeno il tempo di pensare alla direzione da prendere, che mi ritrovo in uno dei giganteschi saloni di Erebor. La differenza d'aria si sente subito, qui non è più così viziata e riesco quasi a sentire la fresca brezza primaverile che proviene da fuori.
Oggi è giorno di mercato e la confusione regna sovrana.
L'enorme sala che sto attraversando è gremita di folla e mi ritrovo a vagare tra le bancarelle, assalito da un tripudio di mille odori e colori diversi.
Ho sempre amato il giorno di mercato; è un modo come un altro di aprirsi al mondo, di imparare cose nuove.
E' l'unico giorno del mese in cui gli Uomini e le Donne della città di Dale entrano ad Erebor con le loro merci: spezie, stoffe, giocattoli e chi più ne ha più ne metta.
Con la coda dell'occhio riesco anche a vedere famiglie di nani provenienti dalle Montagne Grige; una piccola fitta di disappunto mi attraversa, loro sono i migliori creatori di giocattoli che conosco, ma non posso fermarmi ora.
Oggi culture diverse tra loro si incontreranno per fare affari, ma io non posso stare qui a godermi il mercato, mi devo sbrigare.
Nonostante questi pensieri, il mio stomaco si mette a brontolare...in effetti è quasi ora di pranzo ed è da ieri sera che non metto qualcosa sotto i denti.
Mi frugo nelle tasche...per fortuna ho qualche moneta, non è molto ma mi permetterà di comprare qualcosa.
Dopo essermi guardato un po' intorno, noto una piccola bancarella vicino ad una delle uscite sulla quale è esposto un enorme maiale arrosto; con l'acquolina in bocca, mi avvicino ad essa.
Al bancone, torreggia un uomo alto con in mano un grosso coltello per la carne; per quanto mi piaccia il mercato, non amo trattare con gli Uomini, non sono ancora riuscito ad acquisire quella che mio padre chiama:
"L'innata arroganza dei nani".
Secondo lui è quella a coprire i centimetri di altezza che ci differenziano dalle altre razze; ma, a differenza di me, papà l'ha sempre vista come una cosa negativa.
La possiedono i guerrieri, non i fabbri.
Ed io non ne ho abbastanza, non ancora almeno.
Infatti, nonostante mi sia schiarito la voce più volte, l'uomo non mi degna nemmeno di uno sguardo, forse non si è nemmeno accorto della mia presenza.
< Mi scusi! >
Questa volta, al suono della mia voce, alza gli occhi dalla carne e li punta su di me, molto più in basso; subito, una scossa di disagio mi attraversa.

Sto per chiedergli un po' di carne, quando mi accorgo che il costo è superiore ai miei averi, poi lo sguardo mi cade su un piatto di maiale salato.
< Vorrei un po' di quello per favore. > gli chiedo, indicandolo.
L'uomo annuisce sorridendo ed allentando il disagio nelle mie viscere, mi sposto un po' a destra per controllare la quantità della mia porzione, quando improvvisamente un ragazzo con un vassoio in mano mi viene addosso correndo.
Accade tutto così velocemente che non ho nemmeno il tempo di rendermene conto: vengo violentemente spinto all'indietro e perdo l'equilibrio, andando a scontrarmi con un altro nano e finendo poi sul pavimento.
Le persone intorno a me interrompono per un attimo le loro attività per osservarmi, o meglio, per osservare inorriditi un punto alle mie spalle; ed è proprio dal mutamento dei loro sguardi che capisco di essermi cacciato nei guai.
< CHI DIAMINE SI E' PERMESSO DI VENIRMI ADDOSSO? >
La voce alle mie spalle è talmente arrabbiata che mi viene voglia di sprofondare, naturalmente il ragazzo che mi ha spinto si è subito defilato..sono da solo.
Mi rialzo lentamente e mi volto, ma ogni pensiero vagamente razionale svanisce dalla mia mente non appena vedo il nano che ho urtato ed in che condizioni è ridotto.
Egli tiene ancora in mano un boccale di legno ormai del tutto vuoto, gocce di birra chiara gli scivolano sulla lunga barba e sulla ispida cresta di capelli neri che tanto gli avevo invidiato..
Ho appena urtato Dwalin facendogli rovesciare addosso un boccale di birra grande quanto il mio braccio.
Dovrei fuggire prima che mi veda, dovrei nascondermi tra la folla, eppure resto qui in piedi, immobile.
< TU?! Sei stato TU? >  Dwalin mi ha visto.
< Dai Dwalin...dobbiamo andare ad allenarci, lascia perdere, cosa vuoi che sia un po' di birra..sono sicuro che non era sua intenzione venirti addosso. >
Davanti a me appare Frerin con uno sguardo preoccupato.
A pochi metri di distanza riesco a scorgere anche Thorin, un lieve sorriso sul volto; sembra che la faccenda lo diverta.
A poco a poco mi rendo conto che i principi che ho sempre ammirato sono qui davanti a me, ho talmente desiderato una cosa del genere che il motivo per cui mi trovo in questa situazione diventa quasi irrilevante.
Intanto Dwalin allontana la mano destra di Frerin, posata sulla sua spalla, e si avvicina a me sbottando: < Lo vedremo se era sua intenzione o meno! >
Il tono con cui mi si rivolge è a dir poco collerico.
< Allora...nano! Intendi almeno scusarti per ciò che hai fatto? >
< M-mio signore..il mio n-nome è.. Jari e.. > balbetto chinando la testa.
< Non mi interessa come ti chiami..operaio...ESIGO delle scuse per l'accaduto, è CHIARO? >
Se prima avevo anche intenzione di scusarmi con umiltà, adesso mi è del tutto passata.
Sento la rabbia salirmi nel petto, odio essere disprezzato per il lavoro che faccio, ma dentro di me c'è un guerriero ed io glielo dimostrerò.
Accumulando tutta l'arroganza ed il coraggio possibili, incrocio le braccia al petto e, smettendo di guardarmi i piedi, alzo gli occhi verso quelli di Dwalin che mi sovrasta. Io non sono un umile fabbro, non sono come mio padre.
< Non mi scuserò perché non è stata colpa mia....mio signore. >
Le parole mi escono lente e glaciali, io stesso non riconosco la mia voce che acquisisce anche una leggera nota di scherno sulle ultime due parole.
Per un brevissimo attimo, sul volto del possente nano tatuato appare l'espressione incredula di chi non è abituato ad essere contraddetto, poi ritorna la collera, insieme ad un diffuso rossore.
Tuttavia anche quella dura poco, cedendo il posto ad un'espressione quasi divertita.
< Abbiamo un nano coraggioso qui....hai sentito Frerin? Ha detto che non si scuserà.. Che ne dici allora di dimostrarmi il tuo coraggio con la spada invece che con le parole? Oh..ma dimenticavo, tu sei un apprendista fabbro...le spade le trasporti, non le usi. Peccato, avrei potuto darti una bella lezione, ma non spreco il mio tempo con chi non sa combattere. Per questa volta te la cavi, scricciolo..ma guarda bene contro chi sbatti la prossima volta. >
Dette queste parole, il nano mi dà le spalle, dirigendosi con gli altri all'uscita.
Sento la rabbia ribollire dentro di me come il fuoco delle fucine che regolo ogni giorno, non permetterò mai a nessuno di sfottermi in questo modo, costi quel che costi.
Gli vado dietro senza nemmeno rendermene conto, lo supero e mi piazzo davanti a lui, le gambe divaricate; questa volta la sorpresa nei suoi occhi è evidente.
< Ti dimostrerò il mio coraggio con la spada, se è questo che vuoi. >
Dwalin scambia un'occhiata con Thorin, il quale annuisce lentamente.
< Sulla piana, tra un'ora..di solito ci alleniamo.. >
< So dove vi allenate. - lo interrompo - Ci sarò. >
Dopo averli lasciati di stucco per l'ennesima volta, mi allontano velocemente.
Devo trovarmi una spada.

Il sole di mezzogiorno batte impietoso sulla mia fronte, la mia mano destra stringe l'impugnatura della spada, resa scivolosa dal sudore.
Un po' mi sono pentito di questo mio colpo di testa, sfidare Dwalin non era proprio nei miei programmi di oggi; eppure sono fiero di me stesso.
< Allora operaio..vediamo cosa sai fare! >
Dice Dwalin divertito davanti a me, mentre impugna una delle sue asce.
A qualche metro di distanza, Thorin e Frerin stanno confabulando; a quanto ho capito Frerin era contrario allo scontro.
Poi non ho più tempo di notare altro, Dwalin si lancia contro di me ed a stento riesco a parare i suoi colpi pesanti.
Dopo quella che mi sembra un'eternità, in cui le uniche cose a cui ho potuto pensare sono il mio corpo e la mia spada, il mio avversario, sfruttando uno dei miei ormai deboli attacchi, mi spinge a terra disarmandomi.
Finalmente riesco a prendere fiato, ho un ginocchio sbucciato e riesco già a notare parecchi lividi violacei sulla mia pelle, ma non mi sono mai sentito così vivo come in questo momento..ho messo a frutto le mosse imparate e mi sono reso conto di saper combattere, certo non ai livelli di Dwalin, ma posso difendere e difendermi all'occorrenza e per il momento mi basta.
Una potente pacca sulla schiena mi squassa la gabbia toracica, mi trattengo dal cominciare a tossire.
< Ben fatto Jari...hai combattuto bene! >
Questa frase pronunciata da Dwalin ha un effetto se possibile più devastante della pacca precedente..rimango senza fiato.
Ho sentito bene? Dwalin si è complimentato con me?
Lo guardo allontanarsi insieme a Thorin, mentre si spintonano a vicenda ridendo..ho ancora il fiato corto.

< Jari....stai bene? >
Alzo lo sguardo; Frerin è davanti a me e, sorridendo, mi porge la mano.
La afferro con forza per tirarmi in piedi, cercando di ignorare i miei muscoli urlanti.
< C-credo di si.. Grazie, mio signore. >
< Credo che oggi tu sia riuscito a guadagnarti se non il rispetto, almeno un po' di stima da parte di Dwalin..e, credimi, non è cosa semplice. Comunque non chiamarmi mio signore, sa di vecchio. Piacere, io sono Frerin. >
< Piacere mio.. > balbetto.
< Ricordati una cosa Jari..già da ora che sei giovane.. per combattere non serve solo il coraggio, ma anche una certa dose di cervello; in questo, se vuoi, posso esserti d'aiuto. Credo di avere occhio per i futuri buoni guerrieri..ti andrebbe ogni tanto di allenarti con me? >
Faccio fatica a parlare...ancora non credo alle mie orecchie; sorrido al nano dai capelli scuri che mi sta davanti e che mi ha appena reso il più felice di Erebor.
L'unica cosa che riesco a dire è:
< Puoi scommetterci! >

Adesso quello stesso nano è qui davanti a me, in questo scenario di orrore e morte.
E, mentre annuisco lentamente, rispondendo alla sua domanda ed ignorando il dolore alla schiena, non posso fare a meno di chiedermi:
" E se quel giorno non avessi accettato?"
   
 
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