Like never before
We'll burn this out
La
bottiglia di scotch
semivuota abbandonata sul tavolo gocciola bagnando il pavimento con un
ticchettio assordante.
La stanza è
illuminata lievemente dalla luce del lampione che filtra dalla
finestra, la
porta del salotto è chiusa, il legno massiccio ammaccato al
centro dalla furia
del pugno di Mark, che adesso sta gridando contro Johannah , la vena
del collo
gonfia mentre le sputa in faccia la sua rabbia.
L’afferra con la
mano sinistra e con la poca forza che le rimane la lancia addosso a
Mark che si
copre il volto smostrato dalla rabbia con le mani e barcolla perdendo
l’equilibrio.
Johannah corre verso
la porta d’ingresso mentre lacrime taglienti le rigano il
volto stanco, si
volta per un istante a guardare quella casa dove non tornerà
mai più, ed è in
quel momento che
incrocia gli occhioni
blu di un piccolo Louis osservarla con aria interrogativa.
“Mamma
dove
vai?” chiede
Louis con tutta l’ingenuità
del mondo nella voce delicata.
Johannah
non
risponde, porta una mano all’altezza del petto, con le labbra
mima “Per sempre
nel mio cuore.” e chiude la porta alle sue spalle, quella
porta che non aprirà
mai più.
“MAMMA!”
grida Louis
correndo verso la porta, ma viene bloccato da Mark che lo strattona
forte per
un braccio attirandolo a se.
London
2014
Louis si sveglia di soprassalto
nella sua stanza, le grida di Mark e la
puzza d’alcool sembrano terribilmente reali.
L’orologio sul comodino segna le 4am, ed è appena
stato svegliato
dall’ennesimo incubo.
Si è addormentato vestito, il letto intatto, il blocchetto
degli appunti
e la penna in fondo al letto, l’ultima frase lasciata a
metà.
Per sempre nel mio cuore.
Louis si stropiccia gli occhi con
il dorso della mano pallida e si
distende sotto le lenzuola cercando di scacciare via il pensiero della
mani
possenti di Mark sul suo corpo di bambino.
Ha aspettato per anni di fronte a quella porta chiusa pregando di
veder tornare sua madre, prigioniero di un padre senz’anima,
che notte dopo
notte, stava sbriciolando anche sua, di anima.
Louis ha smesso di credere in dio una notte di tanti anni fa, non
ricorda quanti anni avesse, la mente tende ad eliminare ricordi troppo
dolorosi, almeno cosi gli hanno spiegato.
I ricordi si confondono gli
uni
con gli altri, eppure Louis la paura che ha provato, quella non la
dimenticherà
mai, i passi pensati strascinati di Mark su per le scale, il cigolio
della
porta della sua cameretta ed il sentore di alcool che subito invade la
stanza,
la sua risata instabile mentre si siede sul letto e scosta le lenzuola
dal
corpicino di Louis che finge di dormire mentre le lacrime gli rigano il
volto.
Finchè le lacrime non scendono più, e Louis
diventa un adolescente, un
adolescente che non parla.
Aveva deciso che non avrebbe mai più parlato con nessuno,
tanto nessuno
era mai stato li per ascoltarlo, neanche Dio
aveva mai preso in considerazione le sue preghiere
disperate, le sue
richieste di aiuto nelle notti più buie.
Ovviamente al Kings College il
mutismo di Louis venne considerato un
problema piuttosto grave, da risolvere, almeno all’inizio,
finchè le persone
intorno a lui persero le speranze, e lo abbandonarono al suo silenzio,
ma
infondo a Louis andava bene cosi.
Scosta le tende bianche dalla finestra per lasciar entrare la luce del
sole nella stanza e poggia il vassoio con la colazione sulla scrivania
ricoperta di fogli scritti e accartocciati, ad Anne si stringe lo
stomaco a
quella vista, sa bene cosa significa, Louis ha passato
un’altra notte insonne.
Louis adora Anne, era l’unica all’interno del
Bethlem Royal Hospital
con la quale avesse instaurato un rapporto di amicizia, nonostante
Louis non le
avesse mai rivolto
parola in tutti
quegli anni.
Suo padre l’aveva lasciato lì quando aveva trovato
un’altra donna, con
due bambini piccoli, e ne aveva fatto la sua nuova famiglia, e Louis
era
diventato troppo grande per i suoi gusti, impossibile da gestire, in
altre
parole, un problema.
Anne si era subito affezionata a quel ragazzo dagli occhioni di
ghiaccio
e le labbra sottili, gli era stata vicina sempre, quando la notte lo
sentiva
gridare a squarcia gola prigioniero in uno di quegli incubi che lo
torturavano
ogni notte.
Anne lo abbracciava e lo stringeva forte a se, e Louis si ribellava
all’inizio, spingendola via con
le sue
manine piccole ma Anne non l’aveva mai lasciato, cullandolo
tra le sue braccia
morbide, finchè Louis non crollava sfinito in un sogno
più sereno.
La grande struttura è suddivisa in reparti a seconda della
gravità dei
casi, il mutismo di Louis era dovuto agli abusi del padre e
all’abbandono della
madre, per questo era stato sistemato nella sezione abusi.
Era incredibile quanti bambini si aggirassero per quei corridoi, Louis
rimaneva ad osservarli giocare nel cortile dalla sua finestra, nella
sua stanza
dalle pareti bianche spoglie.
Louis non la ricorda molto bene, tutti quegli anni avevano lentamente
cancellato il suo volto rendendola un’ombra lontana, tanto
che Louis si è
chiesto se fosse mai esistita davvero.
La struttura è
circondata da un ampio cortile, di quelli con i
fiori di lavanda e il prato curato, attraversato da un lungo vialetto
di
mattoncini che si estende per tutta la lunghezza del parco.
La primavera è appena iniziata e Louis indossa una maglietta
a mezze
maniche che lascia scoperte le braccia troppo magre, tiene stretto tra
le mani
il suo blocchetto e la penna mentre passeggia verso la panchina dove
Paul è
seduto come ogni mattina.
Louis adora Paul, un signore anziano affetto dall’Alzheimer
al terzo
stadio che ama sedersi sulla sua solita panchina verniciata di un verde
acceso
lamentandosi della mensa a suo pare “troppo
condita” .
Louis prende posto accanto a Paul e lo ascolta lamentarsi burbero in
silenzio, perchè con Paul Louis si sente tranquillo, lui non
si aspetta che
Louis dica qualcosa, non rimane a fissarlo in attesa dopo aver finito
la sua
frase, semplicemente parla, parla e Louis ascolta, perchè in
questo è bravo
Louis, tutti quegli anni di silenzio l’anno reso un ottimo
ascoltatore.
Si alza lentamente, rimanendo qualche minuto con le gambe penzoloni
giù
dal letto, il vassoio della colazione sulla scrivania, le tende
scostate a far
entrare la luce calda del mattino. Anne.
Poco dopo si dirige giù per le scale, addentando il cornetto
alla
marmellata di albicocche, la sua preferita.
Un ragazzo alto e riccio è seduto accanto a Paul sulla
panchina, sbucciando
in modo bizzarro una banana e
sorridendo alle burbere lamentele del vecchio signore.
Il riccio indossa una maglietta azzurra con lo stemma del servizio
civile, chiaramente non è un nipote ricomparso da un buco
nero, Louis non si
avvicina, rimane nascosto dietro la grande quercia poco lontano, da
quella
posizione riesce a vedere senza essere visto, e può bearsi
di quella magnifica
visione.
Quel ragazzo ha il sorriso più bello che Louis abbia mai
visto in tutta
la sua vita, non che ne abbia visti molti in realtà.
Anche da quella distanza riesce a vedere chiaramente le sfumature di
verde dei suo grandi occhi, e non può non pensare che siano
meravigliosi, ed
incredibilmente sinceri.
Louis rimane appostato dietro quell’albero a lungo, incantato
dai gesti
di quell’angelo dalla pelle candida, le grandi mani si
muovono leggere
nell’aria mentre si aiuta con i gesti per esprimere meglio
quello che sta
raccontando, Louis non riesce a sentire la sua voce, eppure sa, che
è
meravigliosa.
Louis
sta seduto
sulla piccola sedia rossa nella sua cameretta in silenzio, le braccia
strette
intorno al corpicino, la testa piegata in avanti mentre dondola avanti
e
indietro senza sosta.
Dal piano di sotto
riesce a sentire chiaramente le grida di Mark contro sua madre.
“SEI
SOLO UNA
PUTTANA, TU E QUEL MOSTRO MI AVETE ROVINATO LA VITA” .
Louis
sente Johannah
piangere, sente qualcosa rompersi, sente una madre supplicarlo di
smetterla.
Ti prego dice, la
voce spezzata dalle lacrime.
Ancora una volta Louis si sveglia
nel pieno della notte, le guance
bagnate dalle lacrime che sono cadute durante la notte continuano a
scorrere
sul suo volto anche adesso che si è svegliato, rannicchiato
nel buio della sua
stanza, tenendosi le gambe con le braccia fa dei grandi respiri
profondi
cercando di ristabilire il respiro regolare.
La stanza è avvolta dal buio della notte, Louis cerca a
tentoni con la
mano il blocchetto che tiene sul comodino insieme alla penna ed accende
la abat-jour
per illuminare quel tanto che basta per permettergli di scrivere.
Stringe la penna tra le dita mentre con l’altra mano si
riavvia i lunghi
capelli castani scompigliati
dal sonno
agitato, assottiglia gli occhi trasparenti mentre traccia sul foglio le
parole
che non dirà mai ad alta voce.
Mi
manchi.
Ti
amo.
Louis accartoccia il foglio non appena ha scritto l’ultima
lettera e lo
getta a terra con tutta la sua forza, un grido disperato squarcia il
silenzio
della notte, ma nessuna lacrima bagna i suoi occhi spenti.
Poco dopo crolla di nuovo in un sonno tormentato.
In
Louis è uscito presto quella mattina, delle profonde
occhiaie cerchiano
i suoi occhi stanchi, le labbra contratte in una linea sottile.
E’ troppo presto perché Paul possa già
essere sulla loro panchina ma
Louis si dirige comunque in quella direzione, mettendosi seduto a gambe incrociate, le mani
affondate nella
grande tasca frontale della felpa bianca, il cappuccio tirato sulla
testa per
ripararsi dalla pioggia che cade leggera.
Paul arriva un’ora dopo, cammina lento con il suo
inseparabile bastone
da passeggio e si siede con un grugnito accanto a Louis, iniziando il
suo
monologo senza tante cerimonie.
Louis incrina appena le labbra in un sorriso e resta ad ascoltarlo
fissando un punto imprecisato davanti a sé.
“Stavo raccontando al mio amico qui quando la mensa faccia
sempre più
schifo ogni giorno che passa” risponde Paul burbero
provocando la risata del
ragazzo dagli occhi verdi.
Louis stringe le mani nella tasca della felpa a disagio, pronto a
scappare a gambe levate da quella meravigliosa visione in piedi davanti
a lui.
Ti
prego fa che non mi parli.
“Ciao
amico di Paul, io sono Harry, Harry
Styles.” canta l’angelo dagli occhi azzurri,
azzurri? Louis era sicuro fossero
verdi.
Harry
gli tende una mano per presentarsi e
Louis si alza di scatto dalla panchina e scappa via, proseguendo a
passo svelto
lungo il vialetto in direzione della sua camera senza mai voltarsi
indietro,
lasciando Harry con lo sguardo interrogativo e la mano sospesa a
mezz’aria.
“Certo, non preoccuparti.” la rassicura Harry
con uno dei suoi incantevoli sorrisi.
Più
tardi Harry sta passeggiando con Paul
lungo il viale, spingendolo sulla carrozzina e ascoltando le sue solite
lamentele, lo sguardo che vaga per il parco, alla ricerca di un paio di
occhi
di ghiaccio.
Louis poco lontano è sdraiato sull’erba a
pancia in giù intento a disegnare sul suo inseparabile
blocchetto, gli occhi
stretti in una fessura mentre si morde un labbro concentrato.
Harry spinge Paul fino alla panchina dove lo
aiuta ad accomodarsi e si dirige verso Louis.
“Ciao”
dice titubante Harry, la voce melodiosa,
Louis istintivamente porta entrambe le mani a coprire il blocchetto.
“Mi chiamo Harry, ma questo lo sai
già…” prova
ancora Harry e Louis si mette seduto, in procinto di alzarsi a correre
via, di
nuovo.
Louis si prende qualche minuto per valutare
quella proposta, e sorprendendo perfino se stesso decide di restare,
tornando a
sdraiarsi sulla schiena, il blocchetto ancora stretto tra le mani.
Harry sorride felice e sorpreso dalla reazione
di quel ragazzo silenzioso e si stende al suo fianco, il volto rivolto
verso il
cielo limpido.
Louis si sente stranamente sereno sdraiato al
fianco di quello splendido ragazzo che riempie il silenzio parlandogli
di lui
in modo semplice, raccontandogli di quando da bambino aveva rubato la
biciletta
di suo cugino guadagnandosi una sberla da sua madre, di quando per il
suo
diciottesimo compleanno aveva rubato la macchina di sua madre per
andare al
concerto degli AC/DC, di quando aveva perso suo padre, e come avesse
deciso di
dedicare la sua vita ad aiutare persone come Paul.
Louis rimane in silenzio ad ascoltare le sue
storie, mattina dopo mattina, per settimane.
Harry non fa mai domande a Louis per paura di
spaventarlo e vederlo correre via, una reazione come quella gli
spezzerebbe il
cuore. Per la prima volta nella sua vita ha trovato qualcuno che lo
ascolta davvero,
qualcuno a cui interessa davvero sentire i suoi racconti, i suoi
pensieri più
profondi.
Il loro rapporto fatto di lunghi silenzi e
segreti confessati cresce giorno dopo giorno, radicandosi nelle loro
anime,
legandoli l’uno all’altro, senza che se ne rendano
mai davvero conto.
With
Quella
mattina di maggio Harry come sempre,
arriva in anticipo e dopo aver salutato Anne con un bacio sulla
guancia, prende
il vassoio della colazione dal carrello nel corridoio e raggiunge Louis
nella
sua stanza aprendo piano la porta, ma Louis non
c’è.
Il letto è perfettamente rifatto, come se non
ci avesse dormito nessuno.
Harry poggia il vassoio sulla scrivania e nota
con sua sorpresa il blocchetto degli appunti di Louis dimenticato sulla
sedia
insieme alla penna.
Rimane a fissarlo per qualche istante, una
curiosità crescente gli nasce all’altezza dello
stomaco, tra quelle pagine si
nasconde l’anima tormentata di quel meraviglioso ragazzo che
era diventato come
ossigeno per Harry, avrebbe finalmente potuto capire che cosa gli aveva
portato
via la gioia di vivere, che cosa ha spento l’azzurro dei suoi
occhi che solo
raramente Harry riesce a veder brillare dopo una delle sue battute.
Allunga lentamente una mano per prendere il
blocchetto quando sente dei passi alle sue spalle.
Louis in piedi sulla porta lo squadra con
sguardo interrogativo, le labbra fini socchiuse, il fiatone per aver
fatto le
scale di corsa.
Harry gli porge il blocchetto che tiene
stretto in mano.
“Non volevo leggerlo Lou, stavo per riportartelo.”
si
giustifica Harry, il terrore nella voce mentre Louis lo raggiunge e gli
strappa
il blocchetto dalle mani portandolo al petto.
Harry
sa che un solo passo falso può rovinare
tutti i progressi fatti in quelle settimane, e non lo avrebbe mai
permesso.
“Ti
ho portato la colazione, hai fame?” chiede
premuroso indicando con gli occhioni il vassoio sul sulla scrivania, i
riccioli
morbidi raccolti in una crocchia.
Louis
lo osserva con i penetranti occhi
azzurri, Dio quanto è bello.
Fa cenno di no con il capo e abbozza un debole
sorriso incapace di tenere il broncio a quel ragazzo che piano piano si
è fatto
spazio nel suo cuore.
Harry non riesce a dormire quella notte, mille
pensieri gli si accavallano nella testa, sente l’adrenalina
pulsargli nelle
vene, il pensiero del blocchetto di Louis lo perseguita.
Se Louis avesse scoperto Harry a tradire la
sua fiducia non lo avrebbe mai perdonato.
Nonostante questo, Harry vuole sapere
perché Louis si è spento piano piano, senza che
nessuno se ne accorgesse.
Vuole
sapere chi vive nei suoi incubi, perché Anne un giorno
glielo ha raccontato in
confidenza, che Louis piange di notte, deve trovare un modo per fare
delle
domande a Louis, perché in quel momento, nella sua vita
è l’unica cosa che
conta, deve salvarlo.
Dopo una
notte passata a torturarsi, Harry entra nella stanza di Louis tenendo
stretto un
Block Notes nella mano destra. In fondo, tutte quelle ore senza dormire
gli
hanno fatto venire un’idea.
Louis lo guarda, la testa appoggiata al cuscino del
suo letto, accenna un sorriso e si tira su puntando entrambi i gomiti
sul
materasso, appoggia la schiena contro il muro freddo e si porta le
ginocchia al
petto mentre osserva Harry muoversi sinuosamente nella stanza. Come
sempre,
Louis non dice niente, attende solo che Harry ricambi il suo sorriso
come è
solito fare ogni volta che entra.
Harry non lo delude, sorride in risposta mostrando le fossette mentre i
suoi
occhi verdi brillano.
Dopo essersi levato il giubbotto, si siede sulla solita
sedia e estrae una penna dalla tasca dei suoi jeans stretti.
Senza dire una parola, inizia
a scrivere sul
primo foglio del Block Notes che ha portato con se.
'Non
penso che per dar voce ad un pensiero, ci sia per forza bisogno di
parlare non
trovi? Gli esseri umani sanno comunicare tra loro in molte maniere. Se
ti va,
possiamo provarci scrivendo. Puoi
raccontarmi qualcosa del tuo passato?'
Louis attende
che Harry finisca di scrivere. Il suo respiro è accelerato,
è
curioso, perché Harry sta scrivendo su un Block Notes e non
parla come fa di
solito? Ma soprattutto, cosa sta scrivendo?
Louis
continua a chiederselo finché finalmente Harry non lo
raggiunge vicino al
letto, il Block Notes tra le mani, e con un cenno del capo gli fa
capire che
gli piacerebbe sedersi vicino a lui. Louis si sposta verso il muro
schiacciandocisi quasi addosso perché il letto è
piccolo, e le spalle di Harry
sono molto larghe, il suo petto è ampio.
A Louis
sono sempre piaciute le spalle di Harry, ha sempre desiderato poterle
toccare.
Ci sono notti in cui sogna ancora le urla di suo padre e si sveglia
piangendo.
In quelle notti vorrebbe nascondersi tra le braccia di Harry e piangere
sul suo
petto.
Sente come un peso all’altezza
del petto, sente un nodo alla gola, e spera solo che Harry se ne vada
in quel
momento ed Harry capisce, lui capisce sempre.
Accarezza piano il braccio di Louis
e sussurra uno “Scusa” prima di alzarsi, prendere
tutta la sua roba e
andarsene.
Louis adesso è libero di piangere, Harry non può
vederlo, ma piange
anche lui.
Harry non
dorme neanche quella notte tormentato dai pensieri. La sua stupida
curiosità
potrebbe aver rovinato tuttp, forse Louis adesso non si fida
più di lui.
La sveglia
sta suonando, ma Harry non è mai stato più
sveglio di così.
Londra è
più nuvolosa del solito quella mattina, o forse Harry vede
tutto grigio perché
è triste, non si ferma a fare colazione, compra solo un
cornetto alla
marmellata per Louis al bar sotto casa, ha iniziato a piovere da poco
quando
Harry entra al Bethlem, in lontananza si sente il cielo tuonare. Si
dirige
verso la stanza di Louis, ma una volta entrato non lo trova.
“Dov’è
Louis?”
Anne lo
guarda comprensiva, con aria materna.
“Ciao
Harry.”
“Anne, ti
prego, dimmi dove si trova Louis.”
“Non posso
farlo tesoro.”
Harry
sgrana gli occhi, deve saperlo.
“Anne,
per
favore, ieri è successa una cosa, voglio sapere se sta bene,
devo parlarci.”
“Harry,
Louis ha fatto capire espressamente che non vuole vederti. Non so cosa
sia
successo tra voi, e fidati se ti dico che mi dispiace molto
perché sembrava
affezionato a te.”
‘Sembrava
affezionato a te.’
Una frase
che ad Harry fa male quasi quanto un coltello piantato nel cuore. Ha
sempre
saputo che per Louis parlare del suo passato è una cosa
dolorosa, non conosce i
motivi, ed è proprio questo ad averlo spinto oltre il
limite. Harry è sempre
stato una persona che si fa gli affari suoi, ma con Louis non riesce,
non sa
perché ma non ci riesce e basta. Harry vuole sapere cosa
c’è che non va. Harry
vuole che Louis ricominci a parlare. Harry vuole regalare a Louis una
vita
normale, fatta di cose felici, e per farlo deve conoscere il suo
passato. Dopo
tutto è anche il suo lavoro.
Harry porge
il cornetto alla marmellata che ha comprato per Louis ad Anne.
“Puoi
dargli almeno questo? Louis ama la marmellata alle
albicocche.”
Poi si
volta e sparisce nel corridoio.
Sono le due
del pomeriggio e Louis è chiuso nella sua nuova camera,
sbadiglia mentre sente
la pioggia sbattere delicatamente sulla sua finestra. Si è
svegliato da poco ed
è un po’ intontito. La sera prima ha scritto su un
foglio di volere un
sonnifero per dormire meglio, forse per provare a non avere
incubi.
Ha cercato
Anne e le ha fatto leggere tutto. Dopo avergli permesso di cambiare
stanza, la
donna aveva acconsentito anche a quella richiesta.
Anne non aveva fatto
domande, ma non era stupida, e alla sua veneranda età sapeva
riconoscere un
problema tra adolescenti. Louis aveva bisogno dei suoi spazi, e
nonostante gli
dispiacesse davvero tanto per quello che avrebbe dovuto dire ad Harry
l’indomani, la tranquillità di Louis era la sua
priorità.
Sono nel
tardo pomeriggio, Louis sente un vuoto nello stomaco, gli occhi di
Harry
impressi nella sua mente, mentre calde lacrime inondano i suoi occhi,
è incapace
di trattenerle.
Ripensa a
sua madre, che se n’è andata perché non
lo amava abbastanza. Louis non vuole
raccontare ad Harry cosa gli è successo prima che si
incontrassero. Suo padre,
la violenza, le molestie. Non vuole che Harry lo guardi come si
guardano i
cuccioli abbandonati. Non vuole che Harry passi del tempo con lui
perché è un
caso umano e gli fa pena. Non vuole la carità di nessuno, e
proprio in quel
momento si rende conto, che non parlerà mai più,
che non amerà mai più.
Le
persone non lo hanno mai ascoltato, le persone non lo hanno mai amato.
Perché
ricambiare?
Harry sta
tornando a casa e l’unica cosa che riesce a pensare
è che tutta quella
situazione sia davvero assurda. Si sente in colpa. Se Louis avesse
voluto, gli
avrebbe raccontato di sua spontanea volontà cosa gli
è successo di così
terribile nel suo passato per ridurlo così. Gli avrebbe
fatto leggere cosa
scrive di notte sul suo blocchetto dopo tutti gli incubi che lo
tormentano. Se
non l’aveva mai fatto, c’era un perché,
un perché che forse Harry non avrebbe
saputo mai.
Sono sette giorni che Harry non dorme, sette giorni che Louis prende i sonniferi per dormire di più. Non riesce a scrivere niente, da quando ha deciso di non vedere più Harry è tutto vuoto, tutto appannato, tutto spento. Louis comincia a chiedersi se a quel punto non sia meglio morire. Se lo chiede mentre mangia l’ultimo croissant alla marmellata che Anne gli ha portato in camera.
Note scrittrici :
Ciao
a tutte ragazze, noi siamo le Criscias, nome preso dalla fusione dei
nostri cognomi.Molte di voi ci sonoscono già come scrittrici
singole. Giulia Shumani e Chia2306.
Questa fan fiction nasce da un'idea di Chiara che ha ben tre anni. Doveva essere una cosa
Het, ma si sa ragazze, una volta entrati nel fandom degli One D, l'Het non si sa più neanche dove
stia di casa.
Speriamo con tutto il nostro cuore che il primo capitolo vi sia piaciuto, ci siamo impegnate
moltissimo a scriverlo. Chiara ci teneva tanto.
La storia sarà divisa in due parti. Il capitolo successivo è già stato scritto, quindi non preoccupatevi,
non dovrete attendere decenni.
Grazie a tutte per l'attenzione.
A presto
Criscias
P.S. :
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2845613 Questa la storia che sto scrivendo io nel mio profilo.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3029630 Questa quella che sta scrivendo Chiara nel suo.
Entrambe potete trovarle anche su Wattpad.