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Autore: principessanonima    28/03/2015    1 recensioni
Luke non aveva mai conosciuto una ragazza come Bìa Wall. Gli aveva fatto perdere completamente perdere la testa e lei, neanche se ne rendeva conto.
Bianca Wall era tenace, testarda e anche un pò capricciosa. Ecco perchè da quando i suoi occhi avevano incrociato quelli azzurri di Luke voleva averlo a tutti i costi.
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Luke non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere tenendo la mano sulla pancia. Fu la prima volta che Bìa si accorse delle fossette ai lati della sua bocca.
-Ragazzina..- cercò di parlare prendendo fiato. -Andiamo.. avrai come minimo sedici anni!- Bìa si sentì offesa da quel commento. Sapeva che il suo comportamento così determinato le dava un aspetto infantile, ma dentro di sé sapeva quanto veramente valeva.
-Al diavolo -
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Storia ispirata alla canzone "Cold Coffee" di Ed Sheeran:
"Lei è come il caffè freddo al mattino
Sono ubriaco dei whisky e cola delle scorse notti
Mi farà venire i brividi senza avvertimento"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luke Hemmings, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non lo capisci?
Per una come me, che non è mai stata perfetta in niente, tu sarai sempre e comunque, vicino o lontano, l'eccezione che conferma la regola.
 


La partita tra Ravens e i Pelicans era l’evento più atteso tra i ragazzi delle reciproche scuole. Questo perché  l’odio  alimentato con gli anni tra le due squadre rendeva il tutto più divertente.
Bìa di basket non ne capiva proprio niente, lei era l’anti-sport  per eccellenza, perciò non aveva mai assistito a nessuna delle partite e quella volta non sarebbe stata l’eccezione.
-Ti prego, ti prego, ti prego..!-  Naya si era praticamente inginocchiata ai suoi piedi. Non aveva avuto neanche il tempo di aprire la porta che se l’era ritrovata inginocchio con le mani a mo’ di preghiera.
-Perché insisti così tanto?  Cosa ti importa di una stupida partita?-
-Ho promesso a Max che ci sarei andata, ma sai che palle da sola?- 
Bianca sbuffò sentendo il nome di quel cretino. Si dovette trattenere con tutta se stessa per non lasciarsi scappare un commento poco carino nei suoi confronti, ‘che lei quel tipo proprio non lo sopportava.
-Che mi dai in cambio?-
-Ti faccio copiare al compito di fisica. –
Bìa la guardò divertita e ovviamente non poté non lasciarsi convincere.
-Anche se l’avrei fatto ugualmente, accetto. Andiamo a questa stupida partita-
Naya le buttò le braccia al collo stritolandola.
-Grazie, sei fantastica!-
 
 
 
 
Michael era seduto sulla panchina dello spogliatoio  con un’ansia che lo stava divorando. Già alla scorsa partita aveva fatto un errore che per poco aveva fatto vincere l’altra squadra, questa volta doveva dimostrare tutte le sue potenzialità.
Era stufo di essere considerato il punto debole dei Pelicans.
Aprì la bottiglietta d’acqua prendendo un gran sorso e  poi, si rimise in piedi davanti al suo armadietto.
-Ehi, Mikey!- lo salutò Calum appena arrivato.  Si sfilò la maglietta per sostituirla con quella della squadra-  una semplice blu con il numero 25- e i pantaloncini.
-Ciao Calum-  ricambiò con un sospiro. Il moro notando l’umore dell’amico gli lanciò un’occhiataccia.
-Michael, se entri in questo stato in campo, dirò al coach di metterti in panchina- poi si avvicinò e gli mise le mani sulle spalle.
-Non puoi farti condizionare da uno stupido errore, ok?-
-Voglio dimostrare le mie vere qualità Cal, sono stufo delle prese in giro! Tutti sono convinti che se sono in squadra è solo perché sono amico di Luke-
Calum lo guardò dispiaciuto e in silenzio. Entrambi sapevano che in realtà era così. Più volte il coach lo aveva minacciato di cacciarlo e doveva ringraziare solo Luke che in quanto capo-squadra, era riuscito a convincere l’allenatore a dargli un’altra possibilità.
Certamente sapeva delle potenzialità di Mike, ma erano altre le persone che doveva convincere.
In quel momento entrò nello spogliatoio proprio Luke accompagnato da Ashton. 
-Ciao ragazzi-  salutò il primo i compagni di squadra.
Michael lo osservò con quel mix di ammirazione e invidia.  Non c’era capitano più adatto di Luke, tutti lo stimavano dai compagni di squadra al coach.
E anche Ashton e Calum erano ammiratissimi, erano soprannominati i tre titani .  E lui? Lui era il punto debole.
Michel strinse la sua maglietta osservando quel 16 inciso.
-Ragazzi! Sono arrivate le cheerleaders !-
 
 
 
 
Presto il campo iniziò  a riempirsi.  Professori, allenatori , giocatori  e spettatori si sistemarono sugli spalti in attesa di vedere la partita.
Camille era agitatissima anche se non lo dava a vedere, continuava a dare regole e cacciare le ragazze poco preparate.
Era forse un po’ cattiva, ma voleva solo il meglio. 
Le luci lentamente si spensero lasciandone accesa solo una su di loro.  Camille che era davanti alla squadra dei Pelicans, vide Calum incoraggiarla con lo sguardo, e lei non riuscì a trattenere un sorriso.
Calum  se n’era accorto della sua insicurezza e questo dimostrava quanto la conoscesse.
Lasciò che la musica la guidasse, non pensò ad altro, fino alla fine della corografia.
 
Bìa e Naya arrivarono giusto qualche minuto prima che iniziassero a giocare. Si sistemarono come tutti sugli spalti, cercando di dar meno fastidio possibile.
Da un lato del campo c’era la squadra della loro scuola, i Ravens, intorno al coach Martins e dall’altro lato i Pelicans.
Il fischio dell’arbitro diede inizio alla partita. Bianca si voltò verso Naya, che era seduta con le gambe accavallate e il mento appoggiato alla mano. Osservò i suoi tratti delicati e le labbra piene, la pelle scura che faceva contrasto con la sua bianca latte.
-Chi è Max?- le domandò voltandosi di nuovo verso il campo.
-il numero 5, fa sempre parte di quelli in rosso-
Bianca alzò gli occhi al cielo – fino a questo c’ero arrivata-
Intanto, mentre Naya iniziò a raccontarle di qualche gossip, si sentì mancare il fiato: i suoi occhi si assottigliarono, intenti di capire se quello in campo era davvero il ragazzo che aveva incontrato al caffè nero la mattina precedente.
Si, quei capelli biondi erano gli stessi e anche se non riusciva a distinguerlo perfettamente, era sicura di vedere quel piercing tanto sexy.
Dire che era sorpresa di rivederlo ere riduttivo,  per di più  a giocare con i Pelicans con una lestezza ammirevole.
-Wall, chi stai stuprando con lo sguardo? – le domandò Naya riportandola sulla terra. Per un attimo non rispose, ancora troppo scossa, così l’amica seguì il suo sguardo.
-Luke Hemmings? – 
Bìa si voltò verso la mora sorpresa. –Si chiama così? Come fai a saperlo?-
-Max non fa altro che nominarlo e andiamo chi non lo conosce? Bello e impossibile, tutte sono innamorate di lui-
Luke. Quello era il nome del ragazzo  a cui pensava da ieri.
Luke. Luke. Luke.
Si ripeté quel nome in mente ancora, ancora e ancora.
Più lo faceva più desiderava ulteriori informazioni su di lui.  Questa volta non voleva farselo fuggire, era determinata a conoscerlo.
-Voglio conoscerlo Nay-
E la mora non si sorprese da tanta intraprendenza, piuttosto si sarebbe sorpresa del contrario. Bianca Wall era come una bambina capricciosa, non era felice finché non otteneva ciò che desiderava.
 -Ho saputo che daranno una festa dopo la partita  nella loro scuola – disse come se fosse poco. Dopo che ripensò alle parole appena dette si voltò verso Bìanca che già la guardava.
-No Bìa..-
-Oh si invece, ci intrufoleremo a quella festa!-
 
 
La Tempe High School era più grande di quanto pensasse.  L’atmosfera era completamente diversa da quella che c’era nella palestra della Castle Hill High School. 
Questa era illuminata da faretti che illuminavano il pavimento lucido con colori diversi. Le persone si lasciavano trasportare dall’alcool, ballando in un modo riprovevole su una musica altrettanto riprovevole.
Da un lato era un bene così nessuno faceva caso alle due intruse e in più con quel poco di luce era difficile che le beccassero.
Bìa stringeva la mano di una Naya assai pentita di ciò che stava facendo, mentre sperava di trovare il motivo per cui era lì.
Non lo vedeva da quando lo Speaker aveva urlato il suo nome dopo il canestro decisivo e tutta la sua squadra lo aveva sommerso in un abbraccio di gruppo.
Lo aveva visto pulirsi il viso con la maglietta e lasciare così di poco scoperto il suo petto per niente salutare per lei.
Ma da quando aveva messo piede in quella scuola lo aveva perso di vista e lei comunque continuava a pensare solo a lui. Quanto poteva essere sfigata?
-Andiamo a prendere qualcosa da bere?-  le domandò Naya, sembrò quasi che la stesse supplicando. Spingendo a gomitate la gente, riuscirono ad arrivare al bancone e mentre Naya si avvicinò agli alcolici, Bianca optò per una semplice Fanta.
Prese la bottiglia e mentre se la stava versando, qualcuno le andò addosso facendole quasi cadere la bibita.
-Ma insomma, un po’ di decenza!- sbraitò prima di girarsi.
-Scusami, il mio amico è un deficiente – si giustificò il tizio. E quando una luce illuminò il suo volto sentì il cuore perdere un battito.
-Luke- sussurrò sorpresa. Non importa quanto sembrava sicura di farsi avanti,  ma quella fastidiosissima altezza non l’aiutava e quella maglietta arrotolata apposta per far vedere i muscoli era il suo male.
Luke la guardò confuso, cercava di ricordarsi dove l’avesse già vista poi i suoi occhi si illuminarono. – La ragazzina del bar! Non pensavo fossi di questa scuola!-
Bianca non si aspettò che la riconoscesse, si ricordava quanto fosse strafatto.  
-Infatti non lo sono -  ammise, tanto lo vedeva negli occhi quanto fosse ubriaco, non ci avrebbe dato molta importanza.
-Come fai a conoscere il mio nome?- gli chiese lui, confermando le sue parole. Deglutì ‘che una risposta a questa domanda non se l’era preparata e fare la figura della stalker non l’aiutava.
-Lo so e basta- rispose senza troppi giri di parole.
Bìa avrebbe tanto voluto che ci fosse più luce in modo da sprofondare in quelle iridi azzurre che si era un po’ dimenticata.
-Io sono Bianca, invece -  si presentò,  leccandosi le labbra e lanciandogli un’occhiata sicura.  Sulla bocca di Luke si formò un sorriso ilare, quasi stava per scoppiarle a ridere in faccia.
-Intraprendete-  disse, scioccando la lingua sul palato.
Ogni suo gesto era seguito da Bìa con ammirazione. Lo guardava come se fosse un bel quadro, un’opera d’arte. Luke , invece, la guardava con curiosità, stupore e divertimento insomma come se fosse un fenomeno da baraccone.
Certo perché le ragazze così sveglie ormai sono più uniche che rare.
-Hai fatto un bel goal oggi-  se ne uscì.  
Luke fece finta di pensare – Sarò un po’ ubriaco ma non ricordo di aver giocato a calcio-
Bìa alzò gli occhi al cielo –canestro, goal è la stessa cosa!-
-No che non lo è!-
-Ok, non voglio parlare di questo- si arrese sbuffando.
-E sentiamo, di cosa vorresti parlare?- ammiccò socchiudendo un occhio e allargando di più gli angoli della bocca.
Bìa incrociò le braccia al petto e avvicinandosi al suo orecchio si alzò sulle punte. –Chi ha detto che io voglia parlare?-    era probabilmente la sua vicinanza a renderla così pazza.  Faceva letteralmente scappare ogni suo neurone, non le permetteva di ragionare, di pensare prima di parlare.
Fu a quel punto che Luke non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere tenendo la mano sulla pancia. Fu la prima volta che Bìa si accorse delle fossette ai lati della sua bocca.
-Ragazzina..-cercò di parlare prendendo fiato.  –Andiamo. .avrai come minimo sedici anni!-
Bìa si sentì offesa da quel commento. Sapeva che il suo comportamento così determinato le dava un aspetto infantile, ma dentro di lei sapeva quanto veramente valeva.
-Al diavolo- furono le sue parole, prima di allontanarsi definitivamente da Luke Hemmings.
 

 
 
 
 
 
 Autrice:
Mi dispiace aver pubblicato così tardi ma avevo bisogno di ispirazione per continuare e poi con la scuola in mezzo mi era difficile, ora però ecco il capitolo DUE!
Spero che vi sia piaciuto. 
Recensitee!

 
   
 
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