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Autore: indiceindaco    29/03/2015    5 recensioni
Quando cala il sipario, ed il pubblico abbandona le poltroncine in velluto rosso, ed il brusio della gente si fa fioco, sempre più fioco, cosa succede dietro le quinte? Ad ormai quattro anni dall'uscita dell'ultimo libro, dall'ultima pagina voltata con emozione, aspettativa, malinconia, da quell'ultima frase che ha commosso tutti, nel bene e nel male. Il sipario è calato, il teatro è già stato ripulito, eppure no, non è finita qui.
Harry, Ron ed Hermione, ancora insieme si trovano ad affrontare la vita, quella vera, quella oltre le quinte di scena. E tanti cambiamenti si prospettano all'orizzonte. Scelte da prendere, scelte da rimandare, scelte in cui perdersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
Capitoli:
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XXX. Ad un passo.
 
“He loved her, of course, but better than that,
he chose her, day after day.
Choice: that was the thing.”
 
“Lui l’amava, certo, ma meglio di questo,
 lui l’ha scelta, giorno dopo giorno.
Scelta: di questo si tratta.”
 
A. Sherman
 
 
 
Harry, assorto, inseguiva con gli occhi il pulviscolo fluttuante in pressoché invisibili vortici, nell’aria che gli pareva adesso incredibilmente rarefatta.
Il diario era stato il fulcro di tutta quella situazione, non che lo avesse tormentato fino a quel momento, ma aveva in un qualche modo occupato un angolo materiale della sua mente, come se contenesse una promessa. Harry aveva sperato di poter ricavarne più di ricordi, qualcosa di più consistente, concreto, qualcosa che potesse riportare, anche se per un breve istante, in vita i suoi genitori, il suo padrino. Avrebbe voluto poter stringere quell’interrogativo, quella fragile bellezza, ancora un poco: era così promettente l’aspettativa, pensava, che aveva finito per rovinarla, scoprendo il mistero celato da quelle pagine. Non che ne fosse deluso, quello no. Era confuso, in bilico come sempre. Non sembrava esser buono ad altro, in quell’ultimo periodo, che ad avere un piede nel vuoto e l’altro ancorato a terra. A metà, ma né qua né là. Non osava alzare lo sguardo, non osava respirare più profondamente del dovuto.
Il rapporto tra Sirius e Remus, l’intensità dei loro sguardi d’intesa, quei sorrisi affabili e quei piccoli gesti, leggere attenzioni, impercettibili segni, muti ed incompiuti il più delle volte. Quante volte aveva avuto quel rapporto sotto gli occhi, eppure non si era accorto di nulla, non prima del diario. Quante volte non aveva prestato veramente attenzione? Quanto si era perso? Gli sembrava di non aver mai conosciuto quei due uomini, che gli erano stati accanto nei momenti più difficili, quando i suoi genitori non avrebbero potuto. Era come sentirsi doppiamente orfano, gli disse una parte di lui. Quanto si era lasciato portar via?
Scosse la testa lentamente, stringendo gli occhi, impedendo loro di diventare lucidi, cercando di nascondere a se stesso e al mondo quella sua debolezza.
Si ritrovò a chiedersi perché né Sirius né Remus gli avessero mai accennato nulla. Forse perché non lo ritenevano importante, o magari non avevano mai trovato il momento giusto, o forse non volevano turbarlo. Poi Harry pensò a Tonks, e al piccolo Teddy. Continuava a sfuggirgli qualcosa, nonostante tutto, sentiva che piccoli frammenti dei propri ricordi, qui e lì, andavano facendosi sempre più lievi, evanescenti, e finivano per sparire, in una nuvola di polvere, che vorticava incessante tra le sue dita, adesso vuote.
Si sentiva tradito quasi, ma non aveva la forza per essere arrabbiato o deluso persino. Sapeva che, se le cose fossero andate diversamente, tutto avrebbe avuto un senso, sarebbe stato chiaro e semplice: Sirius e Remus avrebbero potuto vivere il loro rapporto serenamente, senza sotterfugi, recriminazioni.
Harry sentì qualcosa bruciare nel petto al pensiero che avevano sacrificato tutto quello, ogni attimo tra loro, per dedicarlo prima a James e poi a lui. Sentiva che, sebbene solo in parte e non intenzionalmente, aveva rovinato quel sentimento, lo aveva contaminato ed estirpato, senza neppure sapere della sua esistenza. Si disse che era stata una scelta presa dai due uomini, avevano sicuramente scelto di mettere quello che c’era tra loro da parte, avevano scelto di porre agli argini i loro cuori, il calore nei loro petti, a favore di qualcosa di più importante. Si erano amati e persi, per dovere, amicizia, senso di giustizia. Avevano scelto di non vivere ciò che li legava, eppure non lo avevano rinnegato. Harry seppe, come improvvisamente, che quella era stata una scelta ponderata, equilibrata, e condivisa da entrambi. Neppure lui, da spettatore, riusciva a trovare una valida alternativa. Doveva aver fatto male, doveva averli dilaniati, ridotti a brandelli, quasi uccisi, ma avevano scelto di soffrire, per non aggiungere ulteriori ferite alle persone che li circondavano ed amavano a loro modo: James e Lily. Harry non riusciva a non immaginare gli occhi di Sirius, la maturità di Remus. Non riusciva a togliersi dalla mente la mano di Remus su quella di Sirius, sul proprio petto. Avevano rinunciato. Avevano scelto di rinunciare. Ed era stato tremendamente sbagliato, questa era l’unica cosa di cui Harry poteva dirsi sicuro.
Alzò infine lo sguardo, timidamente, e non si sorprese neanche nel trovare quello di Malfoy, con un velo di apprensione, che aspettava solo di incontrare gli occhi di Harry.
 
***
 
-Sarebbe meglio andar di là, mettere dell’acqua sul fuoco…credo tu ne abbia bisogno.
-Ho bisogno di qualcosa di più forte di un thé.- rispose Potter, sospirando brevemente, e rimettendosi in piedi.
Per tutto il tempo, dall’implosione dello specchio, Potter non aveva mosso un muscolo, e non sembrava essersi accorto di ciò che gli accadeva intorno. Draco si era alzato, era uscito dal pentacolo, e con un colpo di bacchetta aveva fatto sparire gli ingredienti del rituale, facendoli dissolvere, tutto intorno a Potter, ancora accovacciato dentro una sezione aurea che aveva cessato di esistere. Eppure Potter sembrava essere rimasto intrappolato lì, come in una dimensione senza tempo e senza spazio. Draco poteva vederlo, persino sentirlo, rimuginare, mentre stringeva le mani tremanti sulla copertina del diario, eppure sentiva di non poter dire nulla, di non potere neppure toccarlo, sfiorarlo. Come se, intrappolato in quella dimensione, Potter non potesse essere turbato, scosso, o persino raggiunto.
Quando poi gli occhi verdi si erano sollevati, Draco aveva avuto paura. Paura di veder gli occhi di Potter annegare, e non poter dire o fare nulla per fermare le lacrime, perché nella sua mente, Potter era in quell’altra dimensione, dove a lui non era dato aver accesso.
Fin dall’inizio dei ricordi, Draco aveva sospettato, quasi lo avesse fiutato, del rapporto fin troppo intimo che legava Black e Lupin. Non che lo recriminasse, o avesse qualcosa da ridire, sarebbe stato il colmo. Era omosessuale e per di più la cosa non lo riguardava neppure alla lontana, neppure tenendo conto del grado di parentela. Eppure non aveva potuto far a meno di sentir una lieve preoccupazione crescergli nel petto: Potter non sapeva del rapporto tra i due uomini e, a quanto si poteva osservare, non ne aveva mai avuto il minimo sospetto. E quella consapevolezza aveva portato Draco a spingersi dentro il pentacolo, a poggiare la mano su quella di Potter, cercando di ancorarlo alla realtà, evitando andasse in pezzi. Sapeva che venir a conoscenza della cosa in quel modo lo avrebbe fatto soffrire, per quel che lo conosceva, Draco aveva persino immaginato che Potter potesse sentirsi come escluso, tradito persino. Ma Potter non aveva emesso un singolo suono, oltre a quel flebile respiro di vetro, neanche dopo che gli ingredienti furono spariti. Che cosa pensasse Potter, Draco evitò di chiederselo,
doveva sentirsi smarrito, forse incredibilmente triste, o magari sinceramente disgustato. Non riusciva proprio ad indovinarlo.
Ma quando Potter alzò lo sguardo, Draco, cercando di reprimere con tutto se stesso l’angoscia che sembrava sussurrargli una malevola disfatta, vide i colori della determinazione, della sicurezza. Li riconosceva, li aveva visti tante volte, in quelle iridi verdi, come quando Potter puntava il boccino e si gettava in picchiata, incurante e sprezzante di qualsiasi pericolo, per afferrarlo. E tra lo sbigottito e il sollevato vide Potter alzarsi in piedi, più saldo di prima, come se neppure per un istante lo avesse tramortito quella mole di ricordi taglienti su carta. Draco lo seguì in silenzio, in cucina, mentre Potter appellava una bottiglia impolverata: ennesimo Incendiario di annata. Poi Potter si voltò, recuperando due bicchieri, e gli fece cenno di sedersi, per poi aggiungere a mezza voce:
-Sono già le undici, s’è fatto tardi. Se devi andare…
Draco non gli diede il tempo di finir la frase, e a bruciapelo, sorprendendo anche se stesso, disse:
-Resto.
 
***
 
Harry dapprima non aveva protestato, vedendo Malfoy sfilargli i bicchieri di mano e riempirli. Poi, lentamente, la sua mente cominciò a tessere l’ennesima tela. Malfoy lo aveva aiutato a metter in piedi quel piano strampalato, gli era stato vicino mentre si era ritrovato ad annaspare tra quei ricordi, ed adesso, nonostante la “missione” si fosse conclusa, rimaneva lì, di fronte a lui, in silenzio. Sembrava fosse uno schema abituale ormai, destinato a ripetersi infinite volte: loro due, nella sua cucina, bevendo Incendiario, in silenzio, ognuno a rincorrere chissà quali pensieri. Soli tra loro, ed ognuno solo con se stesso, ma per questo insieme. Ad Harry tremò la mano che teneva il bicchiere, al di sopra della superficie scheggiata del tavolo. Un movimento impercettibile che però non mancò di attirare lo sguardo di Malfoy. Harry non poteva fare a meno di torturarsi, di chiedersi il perché della presenza dell’altro, di quel suo muto esserci. Che lo commiserasse? O forse, si aspettava qualcosa in cambio. Certo, rifletté Harry, avrebbe dovuto intercedere per lui con Shacklebolt, ma per come la vedeva, non si trattava di far un favore che l’altro avrebbe dovuto ricambiare. Harry lo avrebbe fatto perché era la cosa giusta, eppure non riusciva a credere che la presenza di Malfoy lì, fosse del tutto disinteressata.
-Perché…?- gli sfuggì dalle labbra.
Malfoy portò lo sguardo nei suoi occhi, gelido e distante, come sapesse che fosse solo questione di tempo, e quell’esatta parola sarebbe pesata tra loro ancora una volta. Harry si lasciò investire da quel ghignetto risaputo, da quell’arricciare le labbra sottili, senza riuscire a completare o plasmare in alcun modo quella domanda rimasta a mezz’aria. Poi Malfoy si alzò, cautamente, evitando lo sguardo di Harry, mosse qualche passo e lo raggiunse, finalmente scontrandosi con l’esistere dell’altro, con gli occhi di smeraldo, adesso, se possibile, ancora più smarriti.
Harry fece per alzarsi, ma ancora una volta Malfoy lo prese in contropiede, piegandosi sulle gambe, accovacciato accanto alla sua sedia, lo studiava dal basso. Quel ghignetto ancora sulle sue labbra, adesso più vicine allo sguardo di Harry, ma ancora così dolorosamente distanti, si sorprese a pensare…
-Perché. Perché. Perché.- cantilenò Malfoy, sommessamente.
-Non ci deve essere sempre un perché, Potter. Nella maggior parte dei casi non c’è ragione, non c’è motivo. Le cose che succedono, nella maggior parte dei casi, sono incidenti, frutti della casualità. Ho smesso di chiedermi il perché delle cose da qualche tempo o, almeno, ho provato a smettere. Dovresti farlo anche tu, dato che questo consiglio tra le righe, viene proprio da te.
Gli occhi di Malfoy lo disarmarono, fissi nei suoi, dal basso, limpidi, quasi vinti e immobili. La mano di Malfoy si poggiò lievemente sul suo ginocchio, rassicurante.
-Ed ecco cosa dovresti fare adesso: vuota quel bicchiere, buttami fuori da qui dicendomi che va tutto bene, va a farti una doccia, e va a dormire. Smetti di pensare a Black, a Lupin, a quello che c’era tra di loro, al loro non dirti nulla, alle loro scelte. Pensarci non cambierà quello che è stato, pensarci non lo migliorerà. Puoi solo accettarlo. Smetti di rimuginare sul perché io sia ancora qui, sul perché ti abbia aiutato. Smetti di chiederti cosa voglio in cambio.
Il silenzio, improvvisamente, si fece denso, pesante, insostenibile, Harry lo sentiva colare su di sé, maligno. Aveva bisogno, se ne rendeva conto, che Malfoy non smettesse di parlare, di rassicurarlo, che non togliesse la sua mano da lì, che non battesse le palpebre, perché senza che avesse detto nulla, era riuscito a indovinare tutto, a leggerlo con un’esattezza disarmante, e avrebbe voluto che quell’istante durasse per sempre.
Eppure gli fece cenno di alzarsi, e si alzò anche lui, lentamente, poggiandosi al bordo del tavolo, quasi come fosse stremato.
Malfoy inclinò la testa di lato, inarcando interrogativo un sopracciglio. Quando Harry riportò lo sguardo su di lui, di fronte a quella buffa ed apprensiva espressione, sorrise trattenendo una punta di amarezza agli angoli delle labbra. Poi con un gesto fluido vuotò il bicchiere, e come gli era stato poco prima prescritto, disse:
-Va tutto bene.
Dopo un lieve cenno di assenso, Malfoy fece per voltarsi, ed incrociare la porta della cucina, per uscire da lì, ed andar via, ma una presa salda, automaticamente, si strinse al suo polso, trattenendolo. D’altronde Harry non era mai stato particolarmente bravo nel seguire le istruzioni.
 
***
 
Draco si sentì quasi trascinare, risucchiare in un vortice, il cui centro era Potter, che lo tratteneva con la mano sul suo polso candido. Poi l’altro diede uno strattone, avvicinandolo a sé, e in una frazione di secondo, Draco si trovò tra le braccia dell’altro, il petto contro il cuore di Potter, che batteva all’impazzata. Una mano di Potter era ancora aggrappata al suo polso, l’altra abbandonata sul suo fianco, lo tratteneva, mentre l’altro poggiava la fronte contro la sua clavicola. Draco non riusciva a spiare il volto di Potter, arreso contro l’incavo del suo collo. Sentiva il respiro irregolare contro la propria pelle, e non poté far a meno di irrigidirsi, colto alla sprovvista da quella repentina invasione dello spazio che li separava. Potter era immobile ma Draco poteva percepire la lotta interiore che lo dilaniava, e dal suo canto sapeva che se si fosse mosso o avesse detto qualsiasi cosa, tutto poteva andare nuovamente in pezzi. Portò una mano, con calcolata lentezza e meticolosità, sulla nuca di Potter, mentre il panico si impossessava della sua mente, all’idea che qualche lacrima potesse inumidirgli la porzione di pelle sulla quale Potter aveva deciso di nascondersi. Che cosa avrebbe fatto, cosa avrebbe potuto dire? Poi percepì uno straziante calore, un umido respiro, sulla propria pelle, e seppe che stava di nuovo per impazzire, che avrebbe dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa. Un brivido gli percorse la schiena, e Potter doveva averlo percepito, perché lo strinse a sé con più convinzione, serrandogli la vita con un braccio, mentre seppelliva il viso contro la sua giugulare. Draco sentì di nuovo quel calore atrocemente delicato, sulla mandibola questa volta. Il tocco delle labbra di Potter, ora leggermente più umide, così pericolosamente vicine alle proprie, così tremendamente raggiungibili. Qualcosa dentro di lui gli diceva di andar loro incontro, di accoglierle, di cullarle, eppure allo stesso tempo era come paralizzato. Poi Potter lasciò la presa sul suo polso, per portare la mano sul suo viso, accostandolo al proprio con quella che doveva essere una carezza gentile ma decisa. Potter, con gli occhi chiusi, poggiò la fronte contro la sua, lasciandosi sfuggire un sottile sospiro, contro le sue labbra, poi lo intrappolò definitivamente.
Erano occhi negli occhi adesso, persi l’uno nell’altro, e gli occhi di Potter sembravano vibrare di un bagliore nuovo, quasi ridessero. Draco percepì un’emozione indescrivibile, e non ebbe neppure il tempo di categorizzarla, perché sentì le labbra di Potter sulle proprie e poi tutto esplose in minuscoli frammenti di luce.
Potter, per la prima volta, aveva fatto la prima mossa… lo stava baciando, con una dolcezza e un’intimità sconosciuta, ma allo stesso tempo rassicurante, familiare. Draco sentì di essere tornato a casa, dopo un vagare di nulla, finalmente a casa. Aveva inconsciamente chiuso gli occhi, come non fosse, di colpo, in grado di sostenere nessun’altra immagine del mondo esterno, come se improvvisamente tutto fosse troppo reale, e tagliente. Nient’altro poteva importare, né gli importava, ora che la bocca di Potter era calda sulle proprie, e quelle labbra lo intrappolavano, intimandogli mute di non spostarsi d’un centimetro. Potter percorse il contorno del suo labbro inferiore con la lingua, per poi esercitare un’impercettibile pressione, e Draco non poté far a meno di accogliere quella richiesta esigente, andandogli incontro.
Di scatto tutto si fece frenetico, e Potter che aveva mosso il primo passo verso di lui, adesso si ritrovò investito, sospinto contro il bordo del tavolo, senza che neppure Draco si fosse accorto dell’accaduto. Le mani di Potter avevano raggiunto i bordi del suo maglione scuro, e strattonavano, cercando di tirarsi Draco quanto più addosso possibile. Di contro il bacio languido s’era fatto famelico, e Draco si accorse di come avevano preso a divorarsi, e che solo i sospiri soffocati di Potter riuscivano a raggiungerlo. Sentì la pelle accaldata dell’addome di Potter solo quando si accorse di aver insinuato le dita sotto alla maglia dal rosso sbiadito e slavato dell’altro. Potter divaricò le gambe, seguendo chissà quale istinto, per concedergli più spazio, per sentirlo più vicino, e una delle sue mani andò a poggiarsi sulla schiena di Draco esercitando una pressione salda, come ad impedirgli di tirarsi indietro, questa volta.
Continuò ad accarezzare il palato di Potter con la lingua, come se da quello dipendesse la sua sopravvivenza, mentre l’altro rispondeva deciso, mentre maturava in lui la ferma ed assoluta convinzione di aver bisogno di reclamare di più, di doversi concedere di più. Potter era lì, gli si era offerto, non poteva che andare in un modo. Ma improvvisamente, proprio quando la sua mano raggiunse i jeans dell’altro, Draco percepì una flebile esitazione, sulle labbra dell’altro, che tremarono contro le proprie. Era poco più di un nulla, in altre circostanze, forse, non gli avrebbe neppure dato peso. No, fosse stato qualcun altro, quello contro di lui, in quel momento, Draco avrebbe deliberatamente ignorato quella sommessa titubanza, quel cigolio di panico. A malincuore interruppe il contatto, scostando di poco il viso, e si costrinse a cercare gli occhi Potter, che dimenticata la inconsistente incertezza di poco prima, fece per catturare di nuovo le sue labbra, senza successo. Draco assottigliò lo sguardo, studiandolo, a pochi millimetri dalle ciglia di Potter, sotterrato da quello sguardo appannato, da quelle guance imporporate, da quel respiro ansante, sulla propria pelle. Per un attimo ebbe paura, e sentì quasi il bisogno di smaterializzarsi, all’istante…tratteneva il fiato, come in apnea. Fu Potter a interrompere il silenzio, con una nota di disappunto nella voce:
-Non dirmi che…non di nuovo, Malfoy.- disse in un sussurro –Ricordi? Non si scappa più.
A Draco quasi non scappò un sorriso divertito. Non si scappa più. E lui non voleva affatto scappare, ne aveva la certezza cieca ed esatta. Non voleva scappare, ma sentiva che quello non era il momento, non era…non era giusto.
-Non sto scappando.- disse contro le labbra di Potter, tenendo gli occhi fissi nei suoi, di quel verde brillante, quasi soffocante. –Non sto scappando.- ripeté con più convinzione, e accarezzando le labbra dell’altro con le proprie, lievemente, senza mai perdersi un battito di quelle iridi così determinate. Potter lo strinse ancora di più a sé, sporgendosi per baciarlo di nuovo, ma Draco sfuggì di qualche centimetro…giusto lo spazio per lasciargli scoprire la delusione dipinta sulle labbra dell’altro.
-Non voglio scappare, Potter. Voglio essere esattamente dove sono adesso. E voglio restarci, ma…
Potter si irrigidì, come gelato da quella semplice sillaba. Draco poggiò le mani sui suoi fianchi, rassicurante, carezzandoli docilmente con le dita.
-…Ma?- lo incalzò Potter, con un retrogusto amaro incastrato in gola.
Non seppe come, né perché fu in grado di percepire quel profondo senso di abbandono, sul fondo dello sguardo di Potter. Non seppe come fece a riconoscerlo, ma sapeva si trattasse di quello: Potter gli stava tendendo la mano, chiedendogli aiuto, supplicandolo di aiutarlo a non pensare, di distrarlo…non era forse la stessa espressione che Draco aveva con orrore scoperto agitarsi nel suo sguardo dopo…Theodore?
Decise di concedere a se stesso e all’altro un mezzo sorriso, sperando che potesse tranquillizzarlo, che potesse dirgli che non gli stava rifiutando niente. Lo baciò di nuovo, di un bacio casto, e rapidissimo, in un gesto quasi quotidiano, che poco si addiceva alla situazione creatasi un attimo prima, ma che sembrava poter riassumere esattamente quello che Draco voleva dire in quel momento, senza averne le parole. Potter sembrò sollevato, e sorrise, nell’inseguirlo per un altro semplice schiocco di labbra, come fosse un nuovo misterioso gioco fra loro.
-Ho capito…- disse infine Potter, contro il suo orecchio, una nota docile nella sua voce. Draco lo guardò smarrito solo per un instante, prima di stupirsi di nuovo, nel sentire le labbra dell’altro sulle proprie.
-È ancora troppo presto per te, non è così? È questo Malfoy, non è vero? È solo… troppo?
Draco istintivamente si morse il labbro inferiore, abbassando lo sguardo. Come avrebbe potuto spiegargli quanto in quel momento sentisse il bisogno di affogare tra le sue labbra, quanto desiderasse esplorare e possedere il suo corpo, conoscere anche il più piccolo e insignificante dei nei, ed adorare ogni porzione di pelle? Come avrebbe potuto dire che no, non era troppo presto per lui, che non aveva nessun dubbio, che senza sapere come era riuscito ad ammettere quanto fosse essenziale la sua presenza, che aveva bisogno di morire tra le sue braccia, e che sapeva che solo in quel modo sarebbe finalmente potuto rinascere, ricominciare da zero? Come avrebbe potuto spiegargli che aveva smesso di essere se stesso, ed era diventato un altro, era diventato uno, e solo grazie alla gioia del primo passo compiuto da lui?
-No…non lo è.- disse infine, cercando le parole che, lo sapeva, non sarebbero mai state giuste. Di nuovo quello sguardo smarrito, l’ansia di un eventuale abbandono, dipinti ed incastonati sul volto di Potter.
-Io so cos’è che voglio, adesso.- continuò, prendendogli il viso tra le mani, in un gesto per lui inusuale, ma che adesso suonava tremendamente simile alla perfezione. –E non voglio sia così. Non voglio sia perché hai avuto una brutta giornata, o perché hai bisogno di mettere in pausa tutto il resto e non pensare. Non…non voglio sprecarla.
Potter sgranò gli occhi, incapace di trattenere Draco, e le sue inarrestabili parole.
-Questa…questa cosa è…è la prima cosa buona che mi sia capitata da…- nella sua mente una voce straordinariamente simile a quella di Blaise, sussurrò: Theodore. Ma Draco la ignorò, e cercò di dare forma ai suoi pensieri, senza ingarbugliarli più di quanto già non fossero. – Da un po’ di tempo. E non voglio mandare tutto a puttane, un’altra volta. Non ho mai fatto altro che rovinare tutto. Non questa volta, Potter. Non così…
Potter aggrottò la fronte, come aspettando un colpo di grazia, alla fine di quel discorso, come fosse di nuovo preda dei dubbi, delle incertezze. Draco raccolse la propria convinzione, che non s’era accorto di avere fino a quel momento, percorse con il dito il contorno della saetta sulla fronte dell’altro, in un gesto docile e caldo.
-Io credo sia troppo presto per te, Potter.- disse risoluto.
-Come fai a dirlo…?- ribatté con poca forza, l’altro, più per il gusto di contraddirlo che per difendere una propria idea. Draco sapeva quanto Potter potesse essere ostinato, ma non era stupido, e aveva senz’altro accusato il colpo, sul quale avrebbe sicuramente rimuginato, poi.
-Tu cos’è che vuoi da me, Potter? Se lo chiedessi a me, io ti risponderei, nel modo più sincero possibile. Forse le rispettive risposte ti farebbero capire di cosa parlo?- lo sfidò, accondiscendente, Draco.
Potter lo guardò per un lungo instante, poi abbassò lo sguardo, e portò le braccia al petto, imponendo dello spazio tra loro, chiudendosi, ma senza respingerlo via.
-Mi hai baciato…e non credo tu lo abbia fatto perché ti sei sentito sopraffatto dalla solitudine, o tremendamente frustrato. Non solo per quello, voglio sperare.- disse Draco, con la voce ferma, e facendo un passo indietro.
-Ti avevo detto che avevo bisogno di tempo. E mi sbagliavo. Non è di tempo che ho bisogno, perché io ho già fatto la mia scelta. Oggi, quando hai preso l’iniziativa, mi hai portato a compiere quella scelta, Potter.
Non sapeva da dove venissero quelle parole, si rese conto, ma se davvero un muscolo potesse esprimere dei sentimenti, si disse, Draco era già a conoscenza della risposta. Non era mai stato così onesto neppure con se stesso…eppure eccolo lì, a scoprire tutte le sue carte, dimentico di qualsiasi timore, lì di fronte a quegli occhi di primavera, unici spettatori del suo –finalmente- cessato letargo d’emozioni. Quale incantesimo non verbale avrebbe mai potuto avere un effetto simile? Quale formula magica, quale pozione?
Draco stava tra le macerie di quel muro, quella barriera, che lui stesso aveva creato tra sé e il mondo circostante. Quella barriera abbattuta da Potter, che adesso incredulo gli stava di fronte, ignaro di essere stato distruttore ed architetto insieme.
-Adesso sei tu che hai bisogno di prenderti del tempo. Ti sono piombate addosso un bel po’ di cose, ultimamente e… Sei ad un passo, ma hai ancora delle questioni da risolvere, hai bisogno di elaborare tutto, di farti un’idea precisa su quello che vuoi. Devi ritagliarti i tuoi spazi, porti le giuste domande, ed arrivare alla tue conclusioni. La scelta adesso è tua…. Da parte mia, io ti aspetterò.
Detto questo, Draco non gli diede il tempo di replicare, conscio di aver indotto anche fin troppi pensieri, e temendo di dire qualsiasi altra cosa in grado di inficiare la decisione dell’altro. Si sporse ancora una volta, a catturare le labbra di Potter con le proprie, e proprio quando aderirono sparì con uno sciocco, smaterializzandosi.
Le sue parole, però erano ancora lì…
Io ti aspetterò.

 
Note:
 
Dopo mesi di silenzio, devo delle scuse un po’ a tutti. Soprattutto a me stesso, perché mi sono mancato. Tra esami, lavoro e incombenze inutili, avevo per un po’ accantonato una delle mie passioni, e da questo genere di dimenticanze non viene fuori mai niente di buono. Spero di non essermi troppo arrugginito e che questo capitolo sia quanto meno accettabile. Detto ciò mi scuso per la pessima traduzione della citazione di apertura, ma non avevo cuore per lasciarla solo in inglese.
Pace e bene, liberissimi di mandarmi a quel paese, come sempre. Tanto ci sono già, e giusto per dovere di cronaca, intendo restarci.
Indice.
P.S: Ringraziamenti sparsi, come al solito. 
  
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