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[Persefone]
La madre era fuori di
sé dalla gioia quando
Persefone rimise piede sul monte Olimpo. Ci fu un enorme banchetto, il
vino e
l’ambrosia scorsero a fiumi, musica e canti allietarono il
ritorno della dea –
tutte le divinità la coccolarono e le fecero doni,
sorridendo benevoli alle
lacrime di sollievo e felicità che la giovane non riusciva a
trattenere.
Zeus la osservava in
silenzio, lieto certo di
riavere la figlia di nuovo a casa, ma non potendo fare a meno di
provare una
certa amara tristezza al pensiero della solitudine che suo fratello
avrebbe
conosciuto ancora una volta. Bevve e brindò e
festeggiò insieme agli altri, ma
l’ambrosia aveva un sapore acro sul suo palato, e le sue
risate parevano
forzate.
Malgrado ciò,
sulla terra, il gelo che aveva
reso arido il suolo svanì – la contentezza di
Demetra fece sì che nei campi
tornassero a sbocciare i fiori, l’erba, le spighe di grano;
gli uomini
cessarono di morire di fame e uccisero animali in sacrificio per
ringraziare il
ritorno dell’abbondanza.
Eppure Persefone si accorse
di non essere
felice come avrebbe dovuto, e come era accaduto a Zeus neanche lei
provò troppo
gusto a festeggiare il suo ritorno.
Un giorno, diverse lune
dopo il suo ritorno a
casa, Persefone si scoprì incapace di lasciare il proprio
giaciglio, pallida e
indebolita alla stregua di un semplice umano corrotto dalla malattia.
La voce
dell’inspiegabile stato fisico della giovane
dea si sparse a macchia d’olio per tutto l’Olimpo,
e per quanto le sue ancelle
le dessero unguenti e pozioni varie, la precaria salute di Persefone
continuava
a non migliorare. Allora sua madre venne da lei, piangendo, mischiando
lacrime
d’ira a lacrime di disperazione.
Ti ha
dato da mangiare, non è così? Parlami! Il
maledetto ti ha fatto mangiare un
frutto degli Inferi!
Le dita della dea penetravano impietose nella sua carne mentre la
stringeva,
feroce, e continuava a sibilare come una leonessa ferita. Che
cosa hai mangiato, bambina mia? Rispondi!
Persefone allora
sbarrò gli occhi, comprendendo
ogni cosa. Lesse negli occhi di sua madre che anche lei già
conosceva la
risposta a quelle domande, ma che ciò nonostante voleva
sentirla espressa ad
alta voce. Ella obbedì.
Sei
chicchi di melograno, madre, mormorò soltanto.
Demetra
abbandonò la presa su di lei come se si
fosse scottata, e lanciò un grido. Le colonne tremarono e le
nubi si raggrupparono
intorno al monte Olimpo, gravide di pioggia così come gli
occhi della dea erano
ricolmi di lacrime.
Venne indetta
un’altra assemblea, e stavolta fu
Zeus a doversi arrendere davanti all’astuzia del fratello.
Se voleva vivere, Persefone
doveva tornare per
sei mesi nel regno dei morti. Dal suo sposo.
In caso contrario, sarebbe
deperita fino a che
il suo corpo si fosse consumato e di lei non sarebbe rimasto che lo
spirito,
condannato a vagare in una dimensione che non apparteneva né
ai mortali né agli
dei.
Fu semplice intuire quale fu
la decisione della
giovane.
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Drabble: 488 parole.
Note dell'Autrice: Un grazie grande grande a Chicca293 per aver recensito lo scorso capitolo e a tutti voi che continuate a leggere e mipiacciare *__* Lieta di vedere che ci sono altri amanti della letteratura classica & conseguenti ship là fuori!
Al prossimo capitolo, vostra
Niglia.