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Autore: ellyb1611    29/03/2015    8 recensioni
Cosa accadrebbe se una rivelazione inaspettata mettesse in discussione tutta la vostra vita?
Se scopriste, tutto d’un tratto, di aver vissuto nella menzogna per gran parte della vostra esistenza?
Questo è quello che è accaduto a Jackie.
Niente indizi, solo una frase:«Trova tuo padre!»
Un vecchio ciondolo a forma di chiave, porterà Jackie a scoprire il suo passato, rivoluzionando, per sempre, il suo presente
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO 2.

Dopo la visita a sua madre Jackie aveva bisogno di riorganizzare i suoi pensieri. Chiamò Mrs Evans e,spiegandole la situazione, le comunicò che per il prossimo periodo avrebbe dovuto assentarsi dal lavoro.
Come sempre, Mrs Evans, comprese lo stato d’animo di Jackie rassicurandola.
«Prenditi tutto il tempo che ti serve mia cara!», le disse gentilmente, «Ma tienimi aggiornata», si raccomandò.
Mrs Evans era davvero una donna magnifica e, ancora una volta, pensò a quanto sarebbe stato bello averla come madre.
Scosse la testa allontanando quel pensiero meschino da sé e guidò l’auto fino al Boston Public Garden, il luogo che aveva sempre amato e che le aveva fatto scoprire la sua passione per la botanica.
S’incamminò lungo i sentieri del parco. Il freddo iniziava ad essere ancora più pungente, ma la sensazione di pace e tranquillità che le dava quel posto la riscaldava nell’animo.
Le foglie scricchiolavano sotto i suoi passi ed i colori aranciati, tipici dell’autunno, davano a quel luogo un aspetto ancora più magico.
Si sedette alla “sua” panchina, di fronte al laghetto dove stavano ancorate le tipiche imbarcazioni a remi a forma di cigni giganti. Se in primavera e in estate esse volteggiavano delicatamente sull’acqua facendo divertire grandi e piccini, ora, i grandi cigni sembrava stessero riposando cullati dalla brezza novembrina.
Una folata di vento fece rabbrividire Jackie riportandola alla realtà.
Si sollevò il bavero del cappotto rosso e si strinse a sé. L’aspettava un lungo viaggio alla ricerca di chissà cosa. Un viaggio che avrebbe cambiato per sempre la sua già complicata esistenza. Prese dalla tasca il biglietto, scritto nella bella grafia di Sharon, sul quale era impresso il nome di quell’uomo, che doveva essere suo padre  ed il suo indirizzo.
 Il suo ipotetico indirizzo. Per quanto ne sapeva poteva trovarsi altrove, ma quello era comunque un punto da cui cominciare. Dopo essersi congedata dalla madre ed averle promesso che avrebbe fatto di tutto per trovarlo, Sharon, da efficiente segretaria, diede a Jackie tutte, sebbene poche, le informazioni di cui Emma era in possesso.
Sapeva che “suo padre” era un artista, che viveva a Parigi nel quartiere di Montmartre e che si chiamava Alexandre Gautier.
Sospirò.  Sarebbe stato complicato ma voleva provarci e non tanto per sua madre, quanto piuttosto per se stessa. Trovare lui avrebbe significato per Jackie trovare se stessa, forse per la prima volta in vita sua.
                                      rosa 4.jpg
Zoe aspettava impaziente il ritorno dell’amica. Quando quella mattina le aveva annunciato che sarebbe andata a trovare la madre morente, quasi si strozzò con il caffè.
Abitava con Jackie da ormai quattro anni e conosceva tutto della sua vita passata. Conosceva il modo in cui Emma Lambert l’aveva sempre trattata e, nonostante fosse sua madre, non poteva sopportare che l’amica stesse nuovamente male per quell’essere che le aveva dato la vita.
Sbuffò ed iniziò ad aprire le ante della cucina in cerca degli ingredienti per creare un bel dolce, cosa che la rilassava incredibilmente. Voleva essere utile alla sua amica e sapeva che, dopo l’incontro con la madre, sarebbe stata terribilmente a terra. Zoe sarebbe stata accanto a lei per confortarla, offrendole una spalla su cui sfogarsi e una fetta della sua torta preferita.
Infornò il tutto e si mise ad aspettare Jackie comodamente seduta sul divano.
Giocherellando col piercing sulla lingua ripensò all’incontro con la ragazza che sarebbe diventata la sua migliore amica.
 Trasferitasi da una piccola cittadina del sud degli Stati Uniti, Zoe aveva iniziato a frequentare la facoltà di astrofisica presso la Boston University.
Fare l’astronoma era stato da sempre il suo sogno. Fin da quando il padre le aveva regalato il suo primo telescopio, fin da quando aveva potuto osservare la magnificenza degli astri sopra di sé.
Poco interessata ad andare alle feste e bere fino allo sfinimento, decise di cercare un posto fuori dal campus e questa sua scelta le aveva permesso di incontrare Jackie, la quale era diventata la sua coinquilina nonché migliore amica.
Fin da quando le aveva aperto la porta di questo appartamento, Jackie l’aveva conquistata. Lo sguardo dolce e sincero con il quale l’aveva accolta, fece decidere a Zoe di entrare da quella porta senza più andarsene. E da sistemazione temporanea quale doveva essere era diventata la sua dimora.
Zoe sorrise. Erano già trascorsi quattro anni da allora, molte cose erano cambiate. Si era laureata, aveva trovato l’amore della sua vita, David, all’appartamento di fianco al loro ed ora stava facendo dottorato presso lo stesso college. Ma una cosa era rimasta uguale, anzi si era rafforzata sempre più.
La sua amicizia con Jackie. Ed era per questo che il solo pensiero di vederla soffrire le struggeva il cuore.
Guardò l’orologio.
7.30 p.m.
Stava per prendere il telefono per accertarsi che tutto andasse bene, quando sentì le chiavi nella toppa della serratura, facendo comparire subito dopo, la sua bionda amica.
«Jackie tutto bene?», chiese preoccupata alzandosi dal divano
L’amica la guardò. Aveva gli occhi rossi e gonfi e questo altro non voleva dire che aveva pianto e molto.
Jackie annuì poco convinta. Zoe l’abbracciò e la condusse sul divano.
«Ora ti siedi e mi racconti cosa è accaduto».
Jackie inspirò.
«Devo partire per Parigi», pronunciò. Zoe la guardò senza capire il motivo di questo viaggio. Forse a Parigi avevano la cura per la malattia della madre e …«Devo trovare mio padre!», continuò l’amica interrompendo i suoi pensieri.
«Tuo padre?», chiese incredula.
«A quanto pare mio nonno ha fatto in modo che mia madre rinunciasse per sempre al suo amore più grande e … alla sua vita», rispose abbassando gli occhi al pavimento.
«E tu vai a Parigi perché …?», domandò ancora incerta
«Vado a Parigi perché mia madre vuole fargli sapere che è stata ingannata da mio nonno e solo per questo se ne è andata. Mi ha chiesto di chiedergli perdono da parte sua. Vuole fargli sapere, prima di morire, che lui è stato l’unico amore della sua vita», dichiarò tutto d’un fiato.
Zoe rimase scossa da quella rivelazione, ma cominciava a capire il comportamento di Emma e quasi la giustificava. Olivier, il caro nonnino che Jackie tanto adorava, non era stato poi così sincero. Chissà per quale motivo aveva fatto questo a sua figlia e di conseguenza a sua nipote. Negarle un padre. Zoe non poteva immaginare una vita nella quale suo padre non fosse stato presente.
Scosse il capo ed abbracciò l’amica.
«Come farò a trovarlo?», chiese disperata
«Cosa sai di lui?», domandò ancora. Zoe per quanto possibile voleva esserle d’aiuto
«Che si chiama Alexandre Gautier e circa trent’anni fa abitava a Parigi e faceva l’artista», recitò Jackie guardandola negli occhi.
«Credevo peggio, hai ben tre indizi. Se sei fortunata lo trovi ancora in giro per le strade di Parigi a fare ritratti.», commentò ironica.
Jackie la guardò nuovamente. Prima seria e poi scoppiando in una fragorosa risata.
«È tutto così surreale!», esclamò infine.
«Un artista parigino … Emma sapeva il fatto suo.», ammiccò strizzandole l’occhio, «Comincia quasi a starmi simpatica. Hai una sua foto?», domandò ancora.
Jackie scosse la testa, poi estrasse dalla tasca un ciondolo a forma di chiave
«Però ho questo», disse, « da quanto ho capito questa chiave dovrebbe aprire qualcosa che possiede Alexandre … »
Zoe prese tra le mani il piccolo monile e se lo rigirò in cerca di chissà cosa. Infine sospirò  riconsegnandolo poi nelle mani dell’amica
 « Il mistero s’infittisce. Meglio di una partita a Cluedo», affermò sarcastica.
«Scema!», esclamò Jackie prima di stringerla forte a sé.
«Quando parti?», domandò infine Zoe
«Ho già prenotato il volo per domani», rispose senza slegarsi da quell’abbraccio, «Zoe …», sibilò sottovoce,« … cos’è questa puzza di bruciato?»
Zoe si alzò in piedi strabuzzando gli occhi.
«LA TORTA!», urlò infine precipitandosi in cucina.
Se ne era completamente dimenticata.
Aprì il forno e l’immagine che le si presentò davanti fu un agglomerato informe di colore nero.
Tornò in salotto da Jackie con quel pezzo di carbone tra le mani. Guardò l’amica che tratteneva a stento una risata.
Si guardarono negli occhi.
«Cinese?», domandarono all’unisono prima di lasciarsi andare ad una fragorosa risata.
Jackie le sarebbe mancata davvero tanto.
 
                                               *********************
L’aereo atterrò sulla pista del “Charles de Gaulle” perfettamente in orario.
Dopo otto ore di volo le gambe di Jackie erano totalmente anchilosate. Avrebbe voluto farsi una doccia e stendersi in un letto comodo, ma la curiosità era troppa e salendo sul taxi s’indirizzò verso il quartiere in cui, sperava, avrebbe trovato suo padre.
Arrivata a destinazione e prima di andare alla ricerca di  un albergo dove passare la notte, cercò la via segnata sul suo foglietto.
25, Rue Lamarck.
Chiese informazioni ad alcuni passanti che, senza fermarsi, le indicarono il posto in cui recarsi.
Confusa s’incammino per le viuzze del quartiere, salì le innumerevoli scalinate che si trovò di fronte, ma della via nessuna traccia.
Sospirò  non avendo la minima idea di dove fosse. A dirla tutta non sapeva neppure se stava seguendo le giuste indicazioni. Stremata e scoraggiata, si appoggiò alla balaustra dell’ultima scala che aveva affrontato.
Di questo passo non sarebbe mai riuscita a trovare suo padre. Le veniva da piangere e sembrava che le lacrime stessero già iniziando a scendere bagnando il foglio che ancora stringeva tra le mani. Si toccò la guancia ma era stranamente asciutta. Un’altra goccia le cadde sulla testa e Jackie protese il capo verso l’alto.
Il cielo era divenuto completamente grigio, in lontananza poteva scorgere la luce prodotta dai lampi e il rombo dei tuoni.
«Ottimo!», esclamò,«ci mancava pure il temporale!», e così dicendo iniziò a correre alla ricerca di un riparo o di un albergo.
La pioggia iniziò a scendere copiosa, Jackie correva su e giù per quelle stradine che le sembravano tutte uguali. Poi qualcosa attirò la sua attenzione, una luce fioca alla fine di un vicolo ed un’insegna in legno con la scritta “Chambre”. Il suo francese era un po’ arrugginito, ma sapeva che lì avrebbe trovato una camera.
Arrivò alla porta di quella piccola locanda e vi entrò. L’uomo al bancone l’osservo storcendo il naso. Sicuramente l’aspetto di Jackie lo faceva desistere dall’essere almeno cordiale.
La ragazza inspirò e si avvicinò a lui.
«Bonsoir…», esordì in un francese incerto.
L’uomo sbuffò.
«Conosco la sua lingua signorina, può anche non sforzarsi», disse saccente.
Ma chi si credeva di essere?  Pensò furiosa la giovane donna, ma nonostante avesse voluto rispondergli a modo, si limitò a sorridere.
«Mi chiedevo se avesse una stanza libera?», chiese infine gentilmente.
L’uomo continuando ad osservarla, estrasse un grosso registro dal cassetto.
«Sono duecento euro per notte. Colazione inclusa.», disse infine.
Jackie deglutì. Duecento euro erano una cifra spropositata, senza contare che avrebbe dovuto trattenersi per chissà quanto tempo.
«Allora Signorina?», incalzò l’uomo, « La vuole questa stanza oppure no?»
«Veramente cercavo qualcosa di più … economico», confessò abbassando lo sguardo.
«Signorina …», sbuffò nuovamente l’uomo, « … purtroppo queste sono le tariffe. Si trova in pieno centro storico, cosa pretende? Ma sono sicuro che troverà qualcosa di più adatto alle sue tasche … là fuori.», concluse chiudendo il grande registro.
Jackie, sorrise nuovamente pensando a quanto avrebbe voluto tirarglielo addosso “quel registro”.
«Ne sono più che convinta anch’io! Merci.», concluse congedandosi da quell’uomo corpulento e maleducato.
Uscì rabbiosa da quella locanda. Mai in vita sua aveva trovato un essere tanto spregevole.
Inspirò a pieni polmoni e sollevando il bavero del cappotto corse nuovamente in mezzo alla strada alla ricerca di un luogo più ospitale.
                                               *******************
La pioggia non dava segno di mollare. Ormai infreddolita e fradicia, vagava per le vie del quartiere in cerca di chissà cosa.
Vide un volto in pietra sotto il quale ripararsi. Si strinse nelle sue stesse braccia, pensando alla sua casa. Ancora una volta si trovava in difficoltà per colpa di sua madre. Se solo non le avesse rivelato quel suo segreto, ora sarebbe stata al calduccio in compagnia della sua amica, a guardarsi un bel film strappalacrime ingozzandosi di pop-corn. Socchiuse gli occhi, nella speranza che quel pensiero la scaldasse un pochino. Quando li riaprì, dovette sbattere più volte le palpebre.
Di fronte a lei una targa.
Rue Lamarck.
L’aveva cercata per tutto il giorno ed ora, quando ormai aveva abbandonato le speranze, era comparsa di fronte a lei. Si fece forza ed uscì nuovamente sotto l’acquazzone, i numeri delle abitazioni scorrevano davanti ai suoi occhi e quasi subito trovò quello che cercava.
Il 25.
Lì avrebbe trovato suo padre.
Inspirò nuovamente e  guardò il citofono. C’erano diversi nomi, ma uno attirò la sua completa attenzione
  1. GAUTIER
Non poteva essere una coincidenza. Suo padre viveva ancora lì.
Il cuore iniziò a batterle forte dentro al petto, si fece coraggio e suonò.
Pochi istanti dopo una voce maschile gracchiò
 «Montez!», la invitò e il portone si aprì.
Timidamente lo aprì ed iniziò a salire la scala a che l’avrebbe portata da suo padre. Dopo trent’anni avrebbe finalmente avuto un volto. Le gambe iniziavano a tremarle e il respiro si faceva sempre più corto.
Arrivò in cima e vide la targa sopra una  porta rossa.
Inspirò più volte, cercando dentro di sé le parole più appropriate per l’occasione.
La porta si aprì e Jackie sollevò lo sguardo a rallentatore.
La sorpresa fu talmente grande che quasi cacciò un urlo.
Davanti a lei un ragazzo seminudo le sorrideva. Non poteva essere suo padre. Quell’uomo aveva all’incirca la sua età.
«Lei è Alexandre Gautier?», chiese dubbiosa
«Se ti fa piacere piccola puoi chiamarmi anche così!», rispose malizioso strizzandole l’occhio.
Jackie l’osservò meglio, i grandi occhi castani, i capelli scuri spettinati e la barba di qualche giorno rendevano quell’uomo estremamente affascinante. Se la situazione fosse stata differente, quel ragazzo le sarebbe sicuramente piaciuto, ma ora sentiva solo una gran rabbia e frustrazione impossessarsi di lei.
«Tu sei Alexandre Gautier o no?», domandò ancora, ma questa volta il tono era seccato.
«Ehi piccola, tranquilla!», si difese il giovane alzando le braccia,« Non sono Alexandre Gautier.», disse infine
«E dove si trova?», chiese ancora Jackie guardandolo fisso negli occhi
«E perché diavolo pensi che dovrei saperlo?», controbatté il ragazzo.
«Perché vivi a casa sua!», esclamò la donna alzando di un tono la propria voce.
«Senti, non so chi tu sia o cosa voglia da me, ma è chiaro che c’è un errore … sto aspettando una persona, quindi se permetti …», proferì il castano senza distogliere lo sguardo da lei.
Jackie sentì ancora una volta le lacrime spingere per uscire. Non poteva credere a ciò che le stava accadendo.
Gli ultimi due giorni l’avevano completamente turbata.
Aveva scoperto che suo nonno era un bugiardo, che suo padre non era morto e che sua madre portava dentro di sé uno sconvolgente segreto che le aveva rovinato l’esistenza.  Era partita per Parigi, nella speranza di trovare subito Alexandre. Che stupida era stata, illudersi di esserci riuscita. Dopotutto erano passati trent’anni, lui poteva anche essersi risposato, magari quel ragazzo non aveva mai cambiato il nome sulla porta, oppure … le gambe iniziavano a cederle, la testa a girarle e le lacrime a scendere.
«Signorina …», chiamò il ragazzo di fronte a lei, con tono preoccupato.
Jackie sollevò lo sguardo incrociando gli occhi castani e profondi dello sconosciuto.
Poi tutto si fece buio e svenne tra le sue braccia.
                                      *****************************
Si risvegliò la mattina seguente in un letto che non conosceva.
Il sole brillava e dalla piccola finestra della camera in cui si trovava, riusciva ad intravedere la Tour Eiffel. Sorrise tra sé e sé.
 Si sedette sul letto, cercando di ricordare ciò che era accaduto la sera prima. Appena se ne ricordò uscì dal letto in fretta. Indossava una maglia che non era sua e subito rabbrividì al pensiero di cosa fosse successo. Uscì dalla stanza e trovò lo stesso ragazzo della sera prima intento a sorseggiare una tazza di caffè.
Appena la vide le riservò uno smagliante sorriso.
«Buongiorno piccola!», esclamò
«Cosa diavolo è successo ieri sera e perché non ho più i miei vestiti addosso?», chiese Jackie acidamente
Il ragazzo si tolse il sorriso dalle labbra e serrò la mascella infastidito da quell’atteggiamento.
«Scusami se non ti ho lasciato svenuta sopra il pianerottolo e scusa ancora se ti ho tolto i vestiti bagnati.», rispose seccato.
Poi si alzò e le si avvicinò.
«E comunque tranquilla …», le sussurrò all’orecchio, «non sei il mio tipo!»
«E tu non sei il mio!», sbraitò Jackie mentre il giovane riprendeva possesso della sua stanza.
La giovane si sedette sullo sgabello poco prima occupato dal ragazzo. Sì portò le mani davanti al viso massaggiandosi la testa. Cosa le stava capitando? Avrebbe dovuto ringraziare quell’uomo per essersi preso cura di lei invece gli aveva inveito contro.
Si sentiva una stupida e doveva rimediare, dopotutto era stato l’unico ad aiutarla dal suo arrivo in questa città.
Bussò alla porta della camera in cui aveva dormito la scorsa notte, aprendola senza attendere il permesso ad entrare.
Il giovane uomo la osservava. I suoi occhi castani s’impressero ancora una volta su Jackie che arrossì.
«Scusa», iniziò la giovane porgendo la mano al ragazzo «Tu mi hai aiutata ed io ti ho accusato senza motivo.», confessò.
L’uomo guardò dapprima la mano e poi sollevando le spalle si alzò e ricambiò la stretta.
Jackie sorrise.
«Io sono Jackie, Jackie Lambert», si presentò.
Il giovane la guardò.
«Mathieu, Mathieu Martin», ricambiò sorridendole.
Il primo momento d’imbarazzo era stato superato. Poi Mathieu si rivolse nuovamente a lei.
«Allora Jackie Lambert …», disse incrociando le braccia al petto, «… per quale motivo stai cercando Alex?»
 
 
Eccomi tornata col secondo capitolo di questa nuova storia che ovviamente ci farà da apripista alla storia vera e propria.
 Jackie è appena arrivata a Parigi e tra mille difficoltà ha trovato la presunta casa del padre, ma al suo posto ha trovato il bel Mathieu.
Chi sarà mai?
Il prossimo capitolo inizierà da dove abbiamo lasciato i nostri due.
Ringrazio tutte voi che avete iniziato a seguire questa mia nuova avventura, chi l’ha già inserita tra le preferite e le seguite e chi ha lasciato un proprio parere su di essa. Grazie a tutte davvero!
Nella speranza che vi sia piaciuto,
A presto Elly.
  
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