Anime & Manga > Rossana/Kodocha
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Autore: Light Clary    29/03/2015    2 recensioni
♬ Rossana credeva che la sua vita fosse perfetta. Era una semplice ragazzina di diciassette anni con una fama internazionale, fin quando un incontro inatteso non le ha rivelato di essere l'ultima discendente della stirpe degli Angeli Guardiani.
Tocca a lei e a Eric, intrepido ragazzo Demone, ad affrontare mille peripezie tra Vampiri, Streghe e Mostri, per salvare il fantastico mondo di IMPERIA. I due scopriranno presto di appartenere l'uno all'altro, ma potrà la loro unione sconfiggere la forza oscura che vuole impossessarsi dei loro cuori e annientare l'umanità? ♬
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Rei portò Rossana fuori dall’hotel. Nell’atrio non c’era nessuno.
Fuori era parcheggiata una macchina nera dalle portiere lucide e i vetri scuri.
Prima di salirci sopra la ragazza esitò.
-Senti … per quella cosa … quel Dechuman … - borbottò.
-Ah, il Detachment – la corresse l’uomo.
-Sì quello. Non avevi detto … che durava solo pochi minuti?
-Non ti preoccupare – sorrise Rei pescando dalla tasca il pendente vermiglio. La ragazza rabbrividì. Lo vide soltanto stringerlo tra le mani per qualche minuto, vederlo illuminarsi e poi ritornare nella giacca.
-Ecco – confermò lui – L’ho allungato. Abbiamo due ore di tempo prima che si rendano conto che sei scomparsa – le aprì la portiera – Accomodati.
Rossana rivolse un’occhiata all’hotel, poi si decise a entrare nella macchina, ancora molto perplessa.
Rei si mise al volante e in breve furono in strada.
Non parlarono molto durante il tragitto. Lei guardava fuori dal finestrino. Le strade erano deserte. Non c’era anima viva in quella che era considerata la città più affollata del mondo. Aveva provato più volte a svegliarsi, ma se si fosse trattato di un sogno, sarebbe rimasta lì.
L’uomo fischiettava tranquillo guardandola ogni tanto dal retrovisore. Il suo sguardo fisso nel vuoto, confuso, spaventato, lo faceva sentire in colpa per essere stato così precipitoso sul far delle cose. Aveva cercato di essere più cordiale possibile. Di fargli capire come stavano le cose senza atterrirla. I risultati erano stati notevoli però. Almeno non si era messa a urlare e aveva accettato di seguirlo senza chiamare la polizia per un presunto sequestro.
-Chi è … questo tuo amico nei guai? – gli domandò lei, rompendo finalmente il silenzio.
-Sono felice che tu me l’abbia chiesto – sorrise Rei – E’ un Demone Bianco Solitario di Serie B. Era stato mandato qui per vigilare la sicurezza degli umani da qualche forza oscura, ma con la sua cocciutaggine si è fatto pietrificare nel museo, dentro la quale potrebbe aver rivelato un’essenza malvagia.
Rossana deglutì allacciandosi meglio la cintura per paura di cadere: - E quale … sarebbe il tuo obbiettivo?
-Il nostro obbiettivo – la rimbeccò di nuovo Rei – E’ quello di entrare nel museo, liberarlo dalla pietra e in caso, sconfiggere la presenza oscura.
-Parli senza senso – sbuffò lei poggiando la testa sul sedile – Come sarebbe a dire “Sconfiggere”? Io non sono una guerriera. Non so nemmeno se è vero che ho tutto questo potere nelle mani. Come faccio a saperlo?
-Lo vedrai – le assicurò.
Intanto, dopo circa mezz’ora di guidata notturna e tranquilla, tra le strade deserte, giunsero nell’enorme parco di Central Park dove costeggiarono nell’area dei carri.
Scendendo furono invasi dal freddo.
Era allibente vedere come l’enorme prato dove ogni ora, coppie, famiglie, bambini e cani fosse solo una distesa deserta.
Fecero qualche metro a piedi, stavolta in totale silenzio.
Poi finalmente giunsero davanti l’enorme struttura del Metropolitan Museum Of Art. L’edificio era grande, sorretto da colonne di marmo. Le scalinate che conducevano all’entrata erano vuote, dei busti abbellivano il tetto e la stanga con la bandiera americana, sventolava fiera alla sua destra.
Rei si avvicinò alla ragazza: - C’eri mai stata? – lei scosse la testa.
-Come facciamo a entrare? – Rossana temette di conoscere già la risposta.
E azzeccò: - Apri tu le porte.
-Come … dovrei fare, sentiamo? – si mise a braccia conserte – Cantando Bibidibobidibù?
-No. In un modo più semplice – spiegò l’uomo – Pensa alla prima cosa che ti viene in mente per aprire una porta. Poi alla prima lingua che ti capita. E gridala.
-E’ una cosa stupida.
-Se è per levarti ogni dubbio, non credo tu abbia scelta.
-Non hai tutti i torti – sbuffò – Bene. Quindi devo … pensare a un oggetto?
-Quello che vuoi. Oh … e chiudi gli occhi. Ti verrà meglio.
-Okay … vediamo … - la ragazza chiuse gli occhi com’era stato ordinato e mise in funzione la mente.
“Servirebbe un piede di porco? No, non ci tengo a farmi spacciare per una specie di ladra. Sarebbe più semplice avere un mazzo di chiavi. Oppure un pulsante automatico che apre qualsiasi cosa. Mm … sì … opto per il pulsante”
E poi passò alla lingua. La prima che gli venne in mente.
“Argentina”
Improvvisamente avvertì un energia scorrergli nel petto.
Gli occhi si spalancarono da soli, così come la bocca e le corde vocali e le braccia alzate puntate verso le porte chiuse.
Puertas botòn Abrir!
 Al fianco del primo portone comparve un tasto rosso simile a quelli antiincendio. Sopra era incisa una frase: “Abre Todos”
Tradotto: “Apre tutto”
Rei guardò la ragazza con la mascella serata e il risolino: - Strepitosa.
-Mamma mia … - balbettò lei guardandosi le mani – E’ stato … - avrebbe voluto dire, strano, emozionante, bello. Non riusciva a credere a ciò che era appena capitato. Aveva compiuto una magia. Lei! Che finora si era considerata superba soltanto nel canto. Avrebbe tanto voluto riprovarci
-Lo so. Incredibile – Rei le prese la mano e la trascinò su per le scale– Ora però non c’è tempo da perdere – detto questo premette il pulsante. Si sentì un rumore sirenico e tutte le entrate del museo si spalancarono.
L’uomo le sbarrò per un attimo la strada: - Entro prima io per ispezionare se la via è libera. Tu resta. Non si sa mai.
-Chi ci deve essere a quest’ora? – sbuffò lei. Si ricordò improvvisamente della discussione avuta in macchina e obbedì restando sull’attenti.
Rei penetrò nell’ombra. L’enorme sala principale non era del tutto buia. Le luci di sicurezza erano debilitate ma abbastanza luminose per controllare la situazione.
Sana poté ammirarlo anche dall’esterno. Rimase stupefatta.
L’atrio centrale del museo, era enorme.
Uno spazio gigantesco, di solito invaso da centinaia di turisti e guardie della sicurezza.
Al centro c’era la reception delle guide, dei dépliant, delle origini storiche registrate e dei preposti agli affitti di macchine fotografiche da sviluppare.
Ai cigli, c’erano colonne affiancate da cartelli con gli avvisi dei prossimi convegni grafici o scientifici e le indicazioni per raggiungere i vari reparti.
-Wou – commentò mettendo un piede dentro.
-Puoi venire – la tranquillizzò Rei facendole spazio – Non c’è nessuno in giro.
Non appena entrambi furono dentro ed ebbero chiuso per bene la porta, l’uomo riprese dalla tasca il piccolo granato luccicante. Lo strinse. Non accadde nulla.
-Avverto un energia positiva al primo piano – indicò una rampa di scale poco distante – Al settore numero 512.
-Chi te l’ha detto? La … pietra?
-No. Lei rivela soltanto potenze energetiche e me le trasmette. In ogni caso ci sta dicendo di andare di sopra. Quindi, muoviamoci!
Stando dietro a Rei, seguendolo senza imitare le sue mosse poco scherzose da Mission Impossible, Rossana non dovette fare prediche e percorrere l’enorme gradinata, anziché prendere l’ascensore fuori servizio. Arrivati nel primo piano, si ritrovarono nel settore delle arti medievali e dei chiostri. Sembrava essere tornati indietro nel tempo. Nelle epoche centenarie.  
Disposti ognuno su un piedestallo diverso, c’erano vari salienti delle ere antiche, come statue di marmo o creta, piatti che riassumevano la vita di imperatori bizantini, arazzi aristocratici, vecchie armi di ferro e sacri strumenti come liuti riposti in fragili teche.
Superarono tutte queste meraviglie. Anche se la ragazza sarebbe voluta trattenersi a contemplarle lungamente. Ma l’uomo continuava ad esortarla ad accelerare i tempi perché, ripeteva, rimaneva solo un’ora prima che il Detachment scadesse e non avevano neanche trovato l’amico da salvare.
Arrivati nel reparto 304, percorsero un corridoio che li portò direttamente al 500, dedicato alle sculture europee e alle arti decorative, che durò fino al 508.
Poterono brevemente ammirare, anche sotto una flebile luce delle sale rimaste completamente spente, vestiti e letti ottocenteschi, affreschi angelici e statuarie raffiguranti miti ed eroi.
Superarono altre camere ben rivestite, stavolta con ai bordi di letti a baldacchino delle armature vuote, specchi impolverati e teche su teche.
Finalmente giunsero nella sala dove Rei fermò le gambe.
Si trattava di una grossa hall con soli statue e sculture. Alcune sdraiate, altre in piedi, altre mezze sgretolate o incompiute. Tutte raffiguranti individui del ventesimo secolo.
-Che opere!- giudicò Sana ammirando una vergine sdraiata.
-Sssh! – la zittì un attimo Rei riprendendo il granato.
Il piccolo pendente si illuminò nel suo palmo trasmettendogli pensieri su pensieri.
Usandolo come un radar, lo avvicinò ad una statua per volta. Esso si illuminava sempre di più. Era come giocare ad acqua, fuoco.
E quando arrivò a camminare di fronte una statua un po’ più incrinata delle altre, il granato intensificò la sua energia quasi accecando Rossana.
-Eccolo – le comunicò Rei indicando la statua in questione – E’ lui!
La ragazza si avvicinò. Camminare verso quello che a occhio e croce sembrava una scultura normale ma in realtà era una persona carne e ossa come lei le metteva un po’ di timore. Si ritrovò a fissare un ragazzo di marmo.
Un ragazzino sui diciannove anni dai lineamenti delicati e gli occhi sgranati. Non poteva differenziarne il colore, ma il fascino. Era vestito in modo troppo moderno per far parte della collezione antica. Una felpa della nike e i pantaloni Guless, con scarpe da ginnastica di prima casta. Era in una posizione seria. Con le braccia incrociate e lo sguardo indagatorio. Come a dire “Oh! Guarda chi c’è!”
Non si rese conto di essere rimasta a fissarlo per tre minuti.
-Molto bene – la risvegliò Rei sventolandole una mano davanti agli occhi – Tocca a te.
-Cosa … che? – chiese la ragazza –A me?
-Sì. Liberalo dalla pietra.
-Come?
-Nello stesso modo in cui ci hai fatti entrare, tesoro.
-Oh … - Rossana sbuffò.
Non le dispiaceva compiere un altro incantesimo. Era stupefacente vedere se stessa fare cose simili. Ma era in ansia. La forte energia che aveva avvertito scaturire dal suo corpo era stata una sensazione forte. Troppo vigorosa. Ma ci provò lo stesso. Aveva una strana voglia di vedere quel pezzo di marmo trasformato in un umano.
Chiuse gli occhi:
“Qualcosa che rompi la pietra. Un piccone? No … lo romperebbe staccandogli qualche arto. Allora … insomma … cosa rompe la pietra? Servirebbe qualcosa per sgretolare il marmo. Come una pala. Oppure … far sciogliere il marmo! Sì! Ma non la statua! Non si deve assolutamente sciogliere lei, completa. No. Soltanto il gesso. Il marmo che lo ricopre deve sciogliersi e liberarlo.
Sì è una buona idea. Allora … occorre fuoco!”
Ricordò che bastava pensare anche ad una lingua.
“Irlandese”
Le mani tremarono, le gambe si piegarono. Gli occhi si spalancarono e le braccia si tesero in avanti: - Dòiteàin!
Una lingua di fuoco partì dal suo palmo e roteò intorno alla statua come un serpente volante. In breve il marmo si fluidificò e cominciò a colare.
-Bravissima! – gioì Rei abbracciandola provvisoriamente – Vedrai che in breve sarà libero!
-Sì. Ma voi no!
Non era stata lei a parlare.
Nessuno dei due aveva aperto bocca. La statua ancora non era del tutto squagliata. Ma allora chi era stato?
Terribilmente, Sana sentì una fitta alla fronte. Una specie di segnale.
Non voleva voltarsi. Una paura terribile glielo impediva. Ma qualcosa la costrinse a farlo. Gridò.
Di fronte i due si ergeva in tutta la sua potenza, una strana creatura. Non era molto alta ma possedeva dei muscoli da pugilato. La sua pelle era rossa carnefice, gli occhi gialli, la lingua biforcuta, i denti aguzzi, le zampe di drago e una coda spinosa. Un mostro.
Rossana gridò ancora e ancora, mentre Rei le si parava di fronte restando serio come se non fosse la prima volta che vedesse un essere del genere.
-Dannazione – imprecò – E’ un Rakasa!
-Un … che …? – ebbe la forza di balbettare la ragazza aggrappata alle sue spalle.
-I Rakasa sono i Diavoli Oscuri. Le forze malvagie che indeboliscono il nostro mondo dipendono da loro.
-Ma bene! – sibilò il Rakasa tirando fuori la sua lingua viola piena di pustole – Alla fine ce l’avete fatta, perpetui! Avete trovato l’erede al trono dell’Angelo Guardiano – i suoi occhi gialli si posarono su Sana, che gridò ancora – Hai paura, piccola? Non temere. Sono un amico. Voglio solo giocare – avanzò.
-Non ti avvicinare a lei! – Rei tirò fuori il granato – Non costringermi a usarlo! – aveva la voce un po’ roca.
-Tu levati dai piedi! – il Rakasa alzò la zampa ricoperta di artigli amaranti e sferrò un graffio di gatto all’uomo, come un ceffone.
Rei restò ferito al braccio. Si accasciò a terra e sollevò il pendente con quello ancora sano: - VODA!
Si sollevò uno zampillo di acqua violenta che colpì l’essere al petto, allontanandolo di qualche metro.
L’uomo si voltò speranzoso verso la statua che si stava sciogliendo. Per ora erano libere soltanto le braccia. Non si era ancora risvegliato, il suo amico.
-Sana, ascoltami! – le disse stringendosi il braccio ferito – Tu puoi sconfiggerlo!
-Cosa? – balbettò la ragazza vedendo con orrore che il Rakasa stava ritornando, mezzo bagnato – Ma come? Io …
Il mostro alzò nuovamente la mano: - Invocatur Niger!
Fu osceno ciò che accadde dopo queste frasi.
Tutte le statue, le armature e le sculture che popolavano quell’aria si animarono, sradicandosi come alberi dai loro piedistalli e mettendosi ai fianchi del Rakasa.
-All’attacco! – ordinò loro – Uccideteli!
Le armature, come se all’interno possedessero dei veri cavalieri, sfoderarono le spade antiche e partirono alla carica.
Lo stesso per le statue . Quelle senza gambe si trascinarono.
-Cristo! – Rossana si coprì gli occhi.
Non era reale.
Non poteva essere reale.
Rei continuò ad allontanare quelle creature che stavano cercando di immobilizzarli per concedere al Rakasa il colpo di grazia. Si sentiva però troppo debole per continuare a lungo.
Quando il colpo di una scultura calcarea gli fece volare il granato parecchio distante, fu costretto a ricorrere alla forza. Immobilizzò le statue assatanate. Ma erano troppe e in molte cominciarono a colpirlo senza pietà.
-Scappa, Sana! – le ordinò fregandosi del dolore – Scappa!
Qualcosa dentro la ragazza, seduta a terra paralizzata, le diceva di obbedire e fuggire salvandosi le penne. Ma un’altra le impose di restare perché anche se lo conosceva da poco, sentiva di non poter abbandonare Rei al suo destino. Non voleva che morisse. Voleva aiutarlo. Per questo chiuse gli occhi concentrandosi e provando a compiere un sortilegio di soccorso.
-Ah ah ah! – sentì la risata del Rakasa molto vicina – Sai già fare le magie, piccola streghetta? Non credo avrai tempo di apprenderla e aumentarla. Una volta tolta di mezzo te, niente potrà impedire che il potere oscuro invadi la terra! Muori!
Rossana non aprì gli occhi. Non riusciva a concentrarsi ma seppe che il mostro si era lanciato contro di lei con gli artigli pronti all’immersione.
Un dolore acuto. Mortale.
Non ci fu.
Nessuno sgorgamento di sangue, la ragazza vide uscire dal petto. Che nessuno aveva sfiorato. Dopo alcuni secondi di esitazione si decise a riaprire gli occhi lucidi. Fu abbagliata da una strana luce porpora che la ricopriva da tutte le parti, tenendola all’interno di una specie di barriera protettiva trasparente.
Il Rakasa era fuori. Scaraventato verso una teca di armi antiche, ora in frantumi.
Rei era nella barriera. A terra con una ferita aperta sul ventre e la faccia piena di lividi e graffi.
 A parte loro due, una terza figura.
Una persona in piedi, che teneva il braccio alzato verso il tetto della barriera come se la sorreggesse. Quel qualcuno li aveva salvati.
Mettendo meglio a fuoco la sua immagine, Rossana vide che si trattava di un ragazzo con la felpa azzurra e i pantaloni neri. Sussultò quando vide che pezzi di gesso gli colavano come cera dai capelli. Si girò. Nel punto dove era piantata la statua dell’amico di Rei, erano rimasti soltanto pezzi di marmo vuoti.
-G..g..grazie – sospirò sorridendogli. Non lo conosceva ma nutriva una profonda gratitudine per lui.
Il ragazzo alzò le sopracciglia. Si chinò verso di lei facendo fluire i capelli castani tendenti al biondo e la fissò con i suoi occhi dorati.
Ciò che disse la sconvolse.
-Sei proprio una scema!


  
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