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Autore: Piperilla    30/03/2015    1 recensioni
Mai fermarsi alla superficie delle cose.
Questa è una verità più importante di quanto si possa credere: sotto l'aspetto ordinario, infatti, molte persone nascondono capacità fuori dal comune: quella che permette loro di governare i quattro Elementi fondamentali.
In un luogo sperduto vengono riunite queste persone speciali: separati contro la loro volontà da parenti e amici, segregati in quella che è più una prigione che una scuola, viene insegnato loro tutto sul loro potere e su come padroneggiarlo: gli anni si susseguono in una serie infinita di lezioni e addestramenti fino a quando, nelle mente dei prigionieri, non rimane più nulla delle loro vite precedenti. Fino a quando non diventano strumenti nella scalata al potere bramata dai quattro Maestri che dirigono quel luogo.
Ma proprio come la lava ardente, la ribellione si agita appena sotto la superficie.
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga degli Elementi'
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Il sole iniziava la sua inarrestabile discesa verso l’orizzonte. Il cielo iniziò a tingersi d’arancio.
   Dopo aver corso per ore seguendo le indicazioni di Sofia Emma ed Elizabeth, esauste, erano arrivate di fronte ad una comunissima grotta di pietra. Esitarono un momento sull’apertura, poi si decisero ad entrare.
   L’interno era decisamente diverso. Uno strano materiale liscio, nero e lucido prendeva il posto della roccia. Ne furono affascinate.
   «Chissà cos’è» si domandò ad alta voce Emma, curiosa.
   «Credo sia ossidiana… ricordo quando ce ne hanno fatto vedere un campione al corso di scienze» rispose Elizabeth, osservando l’interno della grotta e toccando l’ossidiana che ricopriva le pareti. Al tatto risultava tanto liscia da ricordare l’acqua. «Vieni, andiamo più avanti» disse a Emma, incamminandosi con lei lungo la grotta che andava rimpicciolendosi sempre più fino a diventare uno stretto cunicolo.
   «Mi sento come Alice nel Paese delle Meraviglie» disse Emma, mettendosi carponi e strisciando verso gli sprazzi di luce che si intravedevano poco più avanti. Elizabeth ridacchiò.
   Pochi istanti dopo, Emma parlò di nuovo
   «Elizabeth… mi sembra di sentire delle voci, più avanti»
   «Accidenti. Credi che dovremmo proseguire?»
   «Non lo so. Io… aspetta!»
   «Cosa c’è?»
   «Ho sentito una voce che mi sembra familiare…». All’improvviso il suo volto s’illuminò. «Andiamo, muoviti!».
   Strisciarono velocemente lungo i pochi metri di grotta che le separavano da una fitta cortina di edera. Superatala, si ritrovarono di fronte un’intera folla.
   «Ailie!».
   Emma scattò verso la ragazza dai capelli rossi con cui aveva diviso la stanza la sera prima.
   «Emma! Allora ce l’avete fatta!» rispose l’altra, raggiante. Nonostante le lunghe ore di marcia, Ailie afferrò la sua nuova amica e iniziò a saltellare.
   «Ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta, siamo scappate da quello stupido posto!» gridava come impazzita.
   Il resto del folto gruppo la fissò sbigottita… poi la tensione si sciolse, e si unirono a lei. Blaze cantava a squarciagola senza ritegno, incurante delle facce divertite e a tratti incredule dei ragazzi che di solito sorvegliava. Molti si erano abbandonati sul prato stremati dalla fatica, altri parlavano, Laurence, in piedi, si guardava intorno con la solita espressione pacifica ma si capiva che tutti stavano aspettando qualcosa.
   Le prime stelle spuntarono nel cielo. André guardò Laurence.
   «Non possiamo più aspettare… credi che troveremo comunque la strada?».
   Laurence era fiducioso. «Gli Elementi ci aiuteranno». Posò una mano sulla spalla del giovane biondo. «È brutto perdere un amico, ma lei per prima ci direbbe di andare».
   «Hai ragione». A malincuore André radunò il proprio gruppo prima di guardarsi intorno un’ultima volta. Quello che vide fece saltare alcuni battiti al suo cuore, come quando si scendono le scale e si manca un gradino.
   «Fermi!».
   Tutti si voltarono. Una fiammella bruciava lì, di fronte a loro, sospesa nell’aria. Sotto di lei, piccoli fiorellini dai petali incandescenti facevano timidamente capolino tra i fili d’erba.
   Un largo sorriso si aprì volto di Laurence, che si era appena fatto strada tra la folla.
   «Una traccia!» ruggì con la sua voce profonda. «Seguiamola, veloci!».
   In preda all’eccitazione, ripresero a correre. Dopo mezz’ora di marcia serrata, si trovarono di nuovo di fronte a una grotta, stavolta d’ardesia.  Vi entrarono, e proseguirono con sicurezza fin quando non si trovarono di fronte a una diramazione.
   Si bloccarono, indecisi. Istintivamente Blaze e Laurence guardarono André.
   «Di noi tu sei quello che la conosce meglio, André… quale cunicolo credi che dovremmo imboccare?» chiese Blaze.
   «Non ne ho idea… sembrano tutti strapieni di tracce riconducibili al suo stile» rispose André, confuso.
   Intervenne Laurence. «Pensaci, André. Sono certo che tu sappia già qual è la strada giusta… devi solo rendertene conto». L’alto nero non sembrava nutrire alcun dubbio al riguardo.
   Perplesso, André si guardò intorno, osservando meglio i tre cunicoli in cui si diramava la grotta in cui si trovavano.
   Il primo era sempre d’ardesia, e la poca luce che lo rischiarava si rifletteva su un tappeto di pietre che ricopriva il pavimento. Blaze si chinò a osservarle meglio.
   «Questa è onice» disse, prendendo una pietra nera in mano. «Questa invece è tormalina rossa… e altra tormalina, nera però» aggiunse, osservando le altre pietre.
   «Rosso e nero. Decisamente i suoi colori» notò André.
   Passò a osservare il secondo cunicolo. Il pavimento – stranamente – era ricoperto d’erba di un verde brillante, che tuttavia quasi spariva, ai lati, sotto un manto compatto di fiori di tutte le sfumature di una fiamma che arde.
   L’ultimo, invece, aveva le pareti ricoperte d’ossidiana e solo delle torce che bruciavano placidamente nei loro sostegni.
   Nel silenzio, André si concentrò su quello che aveva visto. Poi si voltò verso gli altri.
   «Allora? Qual è la strada giusta?» chiesero impazienti alcune voci.
   La risposta li spiazzò.
   «Nessuna di queste».
   Tutti fissavano André allibiti. Solo Laurence e Blaze conservarono un’espressione diversa, il primo era perfettamente calmo mentre il secondo appariva divertito.
   André li superò e posò una mano a terra. Un sottilissimo velo d’Acqua comparve e corse veloce lungo la pietra. Alcuni metri più avanti, vicino alla parete, veniva risucchiata via. Blaze iniziò a ridere.
   «Mai una volta che ci renda le cose facili!» sghignazzò.
  Arrivati nel punto in cui l’Acqua fluiva via, notarono una fessura verticale, tanto sottile da essere quasi invisibile, che andava dal pavimento al soffitto della grotta. Blaze si fece avanti.
   «Se permettete…» disse. Era sempre più allegro.
   Pose anche lui una mano sulla pietra – come André poco prima – e quella si dissolse come neve al sole.
   «Prego» disse, inchinandosi buffamente e trattenendosi dal ridere. Laurence e André entrarono per primi, e quello che videro fu sufficiente a fargli comprendere che avevano trovato la strada giusta.
   «Asfodeli» disse il primo, indicando dei piccoli fiori bianchi con venature rossastre che spuntavano da una piccola frattura della roccia. «I fiori dei Portatori del Fuoco».
   «Già. Andiamo!» ordinò André, facendo scorrere rapidamente il resto del gruppo nella nuova grotta. Blaze rimase per ultimo, preoccupandosi di far ricomparire la roccia al proprio posto.
   «Dobbiamo camminare ancora molto?» chiesero alcune voci. Laurence li rassicurò.
   «Siamo quasi arrivati…».
   Poche centinaia di metri più avanti, la grotta si apriva sul punto più basso di un prato sconfinato, illuminato a giorno dalla luna. In mezzo al prato era ben distinguibile una figuretta scura, in piedi, chiaramente in attesa.
   «Sofia!». L’urlo di Blaze lo precedette, mentre si slanciava in avanti per abbracciare la sua amica.
   Lei lo accolse a braccia aperte. Si strinsero per un tempo che sembrava interminabile. Quando finalmente si sciolsero dall’abbraccio, gli altri li avevano raggiunti: André la abbracciò a sua volta, Laurence le diede una pacca sulla spalla. «È bello essere di nuovo insieme» le disse con gioia. Lei gli rivolse con un sorrisino stanco. «È stata più dura di quanto pensassi» rispose.
   A parte loro, nessuno sembrava contento di rivederla. Era sempre stata una sorvegliante dura, aveva posto regole ferree e non aveva mai concesso a nessuno alcuna confidenza.
   Solo Emma si fece timidamente avanti. Non aveva dimenticato che era stata Sofia a portarla via da quel luogo dove – in poco più di ventiquattr’ore ore – aveva sofferto più di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Le si avvicinò. «Grazie per avermi portata via di lì» disse tutto d’un fiato, guardandola dritta negli occhi.
   Sofia sorrise. «È stato un piacere». Si voltò verso gli altri. «Lassù» disse, indicando il punto più alto del prato «c’è un grande edificio. Dentro troverete cibo e dei letti che vi aspettano».
  Come se avesse pronunciato una formula magica, tutti corsero come impazziti verso il punto che aveva indicato. Passando, Ailie ed Elizabeth presero Emma per mano e la portarono con loro.
   «Buonanotte anche a voi» disse ironica Sofia alla folla che sciamava sul prato ignorandola. Si rivolse ai tre amici che le erano rimasti accanto. «Vorrei che poteste riposare anche voi, ma prima abbiamo un lavoro da fare…».
   Laurence annuì. «Cancellare le tracce».
   «E modificare la morfologia del terreno circostante» aggiunse André.
   «Basta chiacchiere!» esplose Blaze. «Mettiamo tutto a posto e andiamo. Ho fame».
   Gli altri tre scoppiarono a ridere. «Ma taci, ragazzino anoressico» ghignò Sofia. Come previsto, Blaze cambiò colore.
   «Ragazzino anoressico a chi?».
   Il ghigno di Sofia si allargò. «Ma dico, ti sei guardato allo specchio? Sei pelle e ossa. Sappiamo tutti che per te “mangiare” equivale a rosicchiare un osso di pollo». Lo stava palesemente prendendo in giro – tutti sapevano che Blaze mangiava per tre. Quando non aveva fame.
   «Ma brutta…!». Fece per gettarsi su di lei, Sofia evitò la finta e di certo avrebbero iniziato a rincorrersi se non fosse intervenuto Laurence.
   «Domani avrete tutto il tempo di azzuffarvi. Ora pensiamo a cancellare i segni della nostra presenza» disse severamente.
  I due ripresero posto vicino ad André, che faceva di tutto per restare serio. Vederli lottare era uno spettacolo concesso solo a lui e Laurence, e le loro provocazioni reciproche lo esilaravano.
   Tornato il silenzio e formato un quadrato, schiena contro schiena, giunsero le mani davanti al petto come in preghiera. Dalle mani così giunte scaturivano gli Elementi, si riversavano rapidi sul prato seguendo ciascuno le indicazioni mormorate dal proprio Compagno fatto di carne e d’ossa – così il prato sparì sotto la distesa di Terra evocata da Blaze, accarezzato dall’Acqua che scaturiva dalle mani di André in un piccolo fiume – così la cascata di Fuoco di Sofia avanzava a fianco dello sbuffo d’Aria gelida e decisa che proveniva da Laurence. Di quando in quando queste quattro correnti si incrociavano, si univano e sparivano in un unico flusso scintillante, argenteo come la luce della luna che illuminava i quattro amici, trasformandosi in qualcosa di diverso, dando vita all’Energia che tutto muoveva e creava.
   Gli Elementi evocati sparirono rapidi al di là dei boschi, delle grotte e delle colline che li isolavano dall’esterno, distruggendo le tracce del loro passaggio e rendendo invisibili le strade che avevano percorso.

*

Mentre André scopriva la strada per arrivare alla Valle, coloro che erano rimasti al Centro setacciavano la foresta alla ricerca di Giovanni.
   Lo trovarono privo di sensi lì dove Sofia lo aveva lasciato. Il Fuoco che gli aveva scagliato contro lo aveva bruciato, lasciandogli una profonda ferita sulla clavicola destra.
   Arrivarono al Centro poco prima che iniziasse a delirare. Dopo che l’ebbero medicato, gli altri tre Maestri degli Elementi andarono a sincerarsi delle sue condizioni.
   «Sta peggio di quanto pensassi» disse Prudencia osservandone il volto cereo. Ripensando alle leggere cicatrici che le erano rimaste dopo l’attacco di Sofia, decise di essere stata fortunata: evidentemente la ragazza avrebbe potuto colpirla molto più duramente.
   Jackson scoprì la ferita di Giovanni e la esaminò. Poi, dopo averla coperta di nuovo con cura, alzò uno sguardo cupo verso le due donne che si trovavano lì con lui. «Questa ferita è troppo profonda per essere stata inflitta da una semplice Figlia del Fuoco. È a un livello superiore! Probabilmente al nostro stesso livello. Sapevo che non dovevamo fidarci di lei!» concluse, guardando torvo Tsukiko.
   La bella orientale non si lasciò turbare e preferì spostare l’attenzione su un problema più pressante.
   «Hanno portato via metà dei ragazzi del Centro, e tra loro quasi tutti i più dotati. Dobbiamo trovarli e riportarli indietro: se lui venisse a sapere che ce li siamo fatti scappare, non ce lo perdonerebbe di certo» disse freddamente.
   «E di Sofia cosa ne faremo?» chiese Prudencia con aria feroce. Sembrava impaziente di vendicarsi dell’affronto subito.
   Intervenne Jackson. «Cosa ne faremo di Sofia… e di Blaze, André e Laurence. Chi credete abbia portato via gli allievi?».
   In quel momento, Giovanni prese ad agitarsi, mormorando confusamente.
   «Sta dicendo qualcosa» osservò Prudencia, le sopracciglia aggrottate. «Ma non capisco cosa… Tsukiko, che ne dici?».
   «Non ne ho idea… la sua voce è così flebile! Non riesco proprio a distinguere le parole».
   Jackson si limitò a stringere le labbra. Lui aveva capito benissimo cosa stava mormorando Giovanni e questo era fonte, per lui, di nuovi dubbi e nuovi sospetti.
   «È meglio lasciarlo riposare e fare altrettanto» si limitò a dire.
   Se ne andarono lanciando un’ultima occhiata all’uomo che, steso sul letto, continuava ad agitarsi, seppure incosciente. Solo alcune ore dopo Giovanni si calmò, cadendo in un sonno profondo, come se uno spirito benevolo fosse apparso per portargli la tranquillità.

*

Alle prime luci dell’alba Blaze, Laurence e André erano già in piedi. Mancava solo Sofia.
   André sbucò da una macchia d’alberi particolarmente fitta e guardò gli altri due con aria preoccupata.
   «Non l’ho trovata».
   «Questo era evidente» sbuffò Blaze. Detestava il modo in cui Sofia spariva, ma ormai ci si erano tutti abituati. «Mi piacerebbe sapere dove si è cacciata stavolta».
   All’improvviso udirono un forte fruscio e poi un rumore di passi.
   «Dove accidenti eri andata?» proruppe Blaze, vedendola sbucare da un boschetto poco lontano. Ansante lei si fermò, leggermente piegata in avanti, con le mani poggiate appena sopra le ginocchia nel tentativo di riprendere fiato rapidamente.
   «Dove potrei mai essere andata? A correre, è ovvio! Dovresti farlo anche tu, forse così riusciresti a mettere qualche muscolo su quelle ossa sgangherate!» lo rimbrottò Sofia, ben sapendo che punzecchiandolo avrebbe distolto la sua attenzione dal fatto che era sparita.
   Come previsto, Blaze le rivolse una smorfia e si avviò verso la costruzione che torreggiava su di loro.
   «Vado a prepararmi! Tra poco dovremo svegliare i ragazzi!» urlò allontanandosi.
   «Sarà meglio che vada con lui, sarebbe capace di buttare giù qualche muro in questo momento» disse Laurence. Nonostante il carattere di Blaze – vivace fino allo sfinimento e spesso quasi irresponsabile – fosse tanto diverso dal suo, tra i due si era stabilito un legame profondo.
   Sofia si lasciò cadere sull’erba a braccia e gambe larghe. André sedette accanto a lei con le gambe incrociate.
   «Sofia…»
   «Sì?»
   «Non ci saresti dovuta andare».
   Sofia aprì un solo occhio e lo fissò con sguardo ingenuo.
   «Perché? Vado a correre tutti i giorni, spesso mi hai anche accompagnata… cosa c’è di male ora?».
   André la fissò di rimando, sollevando un sopracciglio.
   «Andare a correre va bene… è correre fino al Centro per entrare di soppiatto e vedere Giovanni che non mi sembra una buona idea!».
   Sofia si tirò a sedere e lo guardò.
   «So bene che non mi hai seguita. Quindi, come fai a dire con tanta sicurezza che è lì che sono stata?» chiese con aria di sfida, fissando i begli occhi blu del suo amico che in quel momento ricordavano il mare in tempesta. André si stava arrabbiando, lo sapeva bene, così come sapeva che le rare liti che scoppiavano tra di loro finivano sempre piuttosto male.
   «Ti conosco» rispose lui semplicemente. «Giovanni ti ha cresciuta e avete sempre avuto un legame molto più profondo di quello che passa tra un maestro e la sua allieva. Abbiamo passato insieme gli ultimi nove anni, Sofia, credevi davvero che non l’avessi notato?». André sospirò. «Cerco solo di farti capire che devi tagliare il filo che ti lega a lui. Non credo che ti perdonerà quello che hai fatto!».
   «Tu non hai la più pallida idea di quello che gli ho fatto» ringhiò Sofia. «Mi ha inseguita nel bosco, ieri».
   «Cosa?». André era sconvolto. «Per questo ci hai messo tanto ad arrivare e non ti sei presentata al punto di raccolta! Ma come hai fatto a evitare che ti seguisse fino a qui?».
   Lei fece una strana smorfia. André la guardò preoccupato.
   «Ho dovuto usare più forza di quanto non volessi. Adesso sa che sono al livello dei Maestri…».
   Andrè sentì la sua esitazione. La spronò a continuare. «E… cos’è successo?» chiese impaziente.
   «Gli ho lasciato una ferita profonda sulla clavicola… il Fuoco gli è arrivato fino all’osso» disse lei abbassando lo sguardo. André sgranò gli occhi. Lei proseguì. «Tu non hai mai subito una lesione grave inflitta dagli Elementi. Sappiamo che è sbagliato, tentare di uccidere qualcuno utilizzandoli. È contro la loro natura. E quando ci si serve di loro in questo modo… l’Elemento che è nel ferito gli si rivolta contro».
   «Scusa?». Lui non riusciva a capire dove volesse arrivare. Sofia si spiegò meglio.
   «Quando un Elemento si abbatte con tanta forza su qualcuno… se la vittima è Portatore di un Elemento… questo percepisce l’uso contro natura dell’altro Elemento, che in quel momento sente come affine e contemporaneamente come nemico, e cerca di scacciarlo in modo aggressivo. Di solito si scatena una febbre violenta… diversa a seconda dell’Elemento del ferito. Porta al delirio» lei abbassò di nuovo gli occhi «sapevo che la ferita che gli avevo inflitto era grave, non mi sono controllata nel colpirlo e… volevo vedere se era ancora vivo».
   Guardò André. Stranamente, lui sembrava essersi calmato.
   «Hai corso un rischio simile solo per controllare che fosse vivo?» chiese. Proprio non la capiva. «Ti ha vista?».
   «No. Delirava, come avevo previsto… se anche mi avesse vista, non sarebbe riuscito a distinguere la realtà dalle allucinazioni».
   «Ma… dopo aver fatto tutta quella strada, aver corso quel pericolo solo per vedere come stava… te ne sei andata? Così?» le domandò, non ancora convinto.
   Sofia esitò un istante di troppo. André scattò in piedi.
   «Non ci credo… dimmi che non l’hai fatto!» esclamò torvo.
   Lei alzò il mento in segno di sfida. «Tu non sai cosa sia quella febbre… per noi Portatori del Fuoco è come ardere su un rogo! Dopo ore e giorni che ti consuma senti di poter impazzire, speri di morire pur di liberarti di quella sensazione!» gridò Sofia furiosa, alzandosi in piedi a sua volta.
   «Sì ma questo non è un buon motivo per curarlo! Si accorgeranno che qualcuno l’ha aiutato, potrebbero capire… seguire qualche traccia che non hai cancellato!».
   «Quindi oltre a immischiarti nella mia vita, ora metti anche in dubbio le mie capacità?». Sofia lo guardò con aria arrabbiata e offesa. «Mi rincresce dovertelo rammentare, ma io ho trovato questo posto, io ho predisposto quasi tutto, qui, perché ci fosse ogni cosa di cui potessimo aver bisogno, io ho preparato i percorsi per arrivare qui in modo che solo tu, Blaze e Laurence poteste trovare la strada! Non ho certo bisogno che sia tu a insegnarmi come si coprono le tracce, o a ricordarmi di farlo!».
   «Ti rendi conto dell’incoerenza di quello che hai fatto? Prima rischi di ucciderlo per poter scappare, e poi lo curi! Hai aiutato quello che a oggi è il nostro peggior nemico!».
   «Perché, tu avresti lasciato Prudencia in quelle condizioni?» contrattaccò Sofia. La frecciata andò a segno: il volto di André divenne paonazzo.
   «Tra me e Prudencia non c’è mai stato nulla!» protestò agitato.
   Sofia sogghignò. Sapeva che questo l’avrebbe fatto infuriare ancora di più, ma non le importava. Affondò il colpo. «Strano, ho visto le attenzioni che ti rivolge… richiede sempre la tua presenza… vuoi che continui?».
   Laurence e Blaze, richiamati dalle urla, arrivarono giusto in tempo per vedere André attaccare Sofia.
   In preda alla rabbia, scagliò un violento getto d’Acqua verso di lei che, evocato prontamente un randello di Fuoco, lo rispedì indietro. Rapido, André afferrò l’Acqua, mutandola in ghiaccio e lanciandolo nuovamente verso Sofia, che lo bloccò con uno scudo incandescente.
   L’arrivo di Laurence impedì loro di scambiarsi colpi più feroci: li spinse lontani l’uno dall’altra grazie a un forte vento mentre Blaze, furioso, gridava.
   «Si può sapere cosa vi è preso?» chiese ai due che, non potendosi più colpire, si accontentavano di lanciarsi sguardi feroci.
   «Perché invece non le chiedi dov’era finita stamattina? Sono certo che troverai la risposta molto interessante!» sbottò André.
   «Diglielo tu, così mi risparmio la fatica di sentire un’altra predica!» replicò Sofia. Si voltò e si avviò verso la sommità della collinetta che sovrastava il punto in cui si trovavano. «Vado a prendere i ragazzi. Questo è un giorno fondamentale per lo sviluppo del loro potere» concluse, rivolta a Laurence.
   Una volta che si fu allontanata, Blaze si rivolse ad André.
   «Allora, dove si era cacciata Sofia?».
   L’espressione di André era cupa.
   «Non potete neanche immaginarlo…».
   Rapidamente raccontò loro quello che gli aveva detto Sofia poco prima. Nessuno dei due ne fu sorpreso.
   Dopo alcuni minuti di silenzio, André riprese a parlare.
   «Lo sapevate?» chiese.
   «Lo sospettavamo» rispose calmo Laurence. Scambiò uno sguardo con Blaze. «Almeno, osservando Giovanni era evidente che per lui Sofi non fosse solo un’allieva. Quanto a Sofia… be’, immagino che dopo essere stata cresciuta da lui, sia normale che ci sia un legame piuttosto forte» concluse.
   «Credete che dovremmo tenerla d’occhio? Magari impedire che vada di nuovo al Centro…» disse Blaze, un po’ titubante. André sembrava decisamente d’accordo. Laurence, invece, espresse un parere diverso.
   «Non dobbiamo intrometterci. È in grado di prendere da sola le proprie decisioni, lei non limiterebbe mai la nostra libertà. Farle una cosa del genere sarebbe solo il primo passo sulla strada per diventare come Giovanni e gli altri» esclamò deciso. André e Blaze furono costretti a riconoscere che aveva ragione e a fare quello che diceva.
   Vedendo il sole alzarsi nel cielo, si fecero strada nella fresca aria primaverile verso l’altro versante della collina. Era arrivato il momento di lasciare che il potere degli Elementi scorresse libero.
   
 
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