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Autore: 69Conigli    31/03/2015    3 recensioni
Non fatevi trarre in inganno dal titolo, può sembrare macabra ma non non lo è per nulla XD E' la prima storia che pubblico e non sono brava a scrivere introduzioni, come penso avrete già notato. Questa storia è ambientata dopo i fatti raccontati nel manga, Rukawa si troverà a fare i conti con nuove sensazioni ed una persona che sembrerà portarlo verso strade che rischieranno di distoglierlo dai suoi obbiettivi e mettere in discussione il suo futuro. Questa nuova presenza entrerà nella sua vita come una calamità, stravolgendo la sua quotidianità. Sembrerà sconvolgere tutti gli equilibri e, naturalmente, i suoi "amati" compagni di squadra non si esimeranno dal dire la loro =D
Dubito di aver destato qualunque tipo di curiosità in voi con questa orrificante introduzione, ma spero gli darete comunque un'occhiata, nonostante l'incompetenza della sottoscritta =D Buona lettura...
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3
La risolutezza di Kaede
 
 
 
 
 
Le sue parole sono frammenti senza tono, lettere messe insieme e tenute da un filo apparentemente logico. Ma non c’è alcuna emozione nella sua voce. Avere a che fare con le sue parole non dette e i suoi silenzi assordanti provoca in me un insopportabile percezione di fastidio misto ad ansia.


 
- Smettila di dire stronzate, volpe! Si può sapere che intenzioni hai? – non risponde. Scrolla le spalle con la solita espressione irritante e si poggia meglio con la schiena contro la porta – Parla dannazione, che diavolo vuoi da me? – sbotto nervosa. Nessuna risposta. Ripiega appena la testa su una spalla e mi guarda in un modo che mi fa rabbrividire...
- Per quanto ancora hai intenzione di fare finta di niente? – biascica infine, gelido come il ghiaccio. Lo guardo confusa, non essendo nemmeno sicura di quale sia il filo della conversazione.
- Di che diavolo stai parlando? – prorompo, infastidita dai suoi stupidi giri di parole.
- Tu sei attratta da me, Mayu. – in quello stesso istante, sento il sangue gelarsi nelle vene.
- Scusa? – chiedo incredula. – Assurdo... ma credi davvero di avere il mondo ai piedi, borioso egocentrico? Sei così pieno di te da essere quasi ridicolo... – sibilo, sorridendo tesa.
- Ti sbagli. Ti credevo più astuta ed è per questo che ti ho lasciata fare. –
- Ma che stai dicendo, imbecille? –
- Mayu, a me non frega un cazzo di piacere o meno alla gente, ficcatelo bene in testa. Non ho mai pensato di avere il mondo ai miei piedi e non sono così idiota da pretenderlo. Tutto quello che faccio è per un tornaconto puramente personale, l’approvazione o l’ammirazione degli altri non mi è mai servita e mai mi servirà. Ho raggiunto un tale livello di consapevolezza che queste puttanate di cui mi accusi non mi sfiorano nemmeno lontanamente. – discorso lungo, complesso. Continuo a seguire il filo logico delle sue parole, mentre sgradite fitte mi colpiscono lo stomaco. Devo avere un’ulcera nervosa, non c’è altra spiegazione. – Sentiamo... cosa pensi mi aspettassi chiedendoti di venire? –
- Probabilmente farmi perdere tempo... – mi sta mettendo con le spalle al muro. Per la prima volta, ho la netta sensazione di essere in difficoltà.
- Allora perché sei venuta. –
- Non devo darti nessuna spiegazione. Mi hai chiesto tu di venire e se sono qui, Kaede, è solo per noia. – sibilo, in tono volutamente irritante.
- Stronzate. –
- Ma per te è così difficile accettare di non essere il centro dei miei pensieri? Non ho il minimo interesse per te e se erroneamente ti sei convinto del contrario, stupido imbecille, allora stai solo negando l’evidenza! – lo sguardo che lo colpisce è veleno letale, eppure non ne sembra minimamente toccato.
- L’evidenza... – ripete quasi sussurrando e cominciano a tremarmi le ginocchia. – L’evidenza, Mayu, è che tu mi vuoi. –
- Stai delirando... – comincio a ridere, tornando a sedermi su uno scatolone. Ma la mia è una risata isterica, puramente nervosa.
- Allora dimmelo. – la sua voce è ferma ed incalzante. Avanza deciso, col solito passo felino e quella disinvoltura profondamente irritante.
- Non sono affatto attratta da te, psicopatico! – insorgo, ma un leggerissimo tremito si percepisce dalla mia voce.
 
 
Finalmente mi raggiunge e mi trovo a fissare la cerniera dei suoi jeans, a pochi centimetri dal mio viso. Una vertigine mi colpisce lo stomaco, simile a quella che ti provoca una caduta nel vuoto... e l’inquietudine che mi coglie non dovrebbe avere ragione di esistere. È profonda, infantile, irrazionale.
 
Mi sfila la sigaretta dalle labbra e lentamente si china in avanti, senza mutare espressione, arrivando a guardarmi dritto negli occhi. Qualcosa nel suo sguardo cambia... come se una scintilla più chiara lo attraversasse, rendendolo acceso e pericoloso.
 
- Dimostramelo. – mormora risoluto e mi sembra di andare in apnea. Perché Kaede ha uno sguardo che annebbia e confonde, se ci si ferma a guardarlo troppo a lungo. Si rischia di non dormirci notti intere, con la moviola di quegli occhi che trapassano. Cerco di distogliere lo sguardo, ancorandolo all'immagine molto meno pericolosa della neve dietro di lui. Una scappatoia ingenua, mentre il suo profumo si insinua, suadente, in ogni particella d'aria che respiro.
- Dimostrati cosa? – sibilo irrequieta.
- Che non ho alcun effetto su di te. –
 
 
Sento il cuore battere frenetico, il respiro veloce come a seguito di un’estenuante corsa. Trattengo il respiro, cercando di non tremare e ci ritroviamo di nuovo l’uno nell’altra, scavandoci dentro con smania crescente. Socchiudo gli occhi assorta e sollevo una mano sul suo viso. Con le dita percorro la linea delle labbra, lambendole quasi con reverenza.
 
Il suo sguardo mi logora.
 
 
Incapace di controllarmi, annullo la distanza che mi divide dalle sue labbra... in quel preciso istante, qualcosa in me si spacca e si libera. Tremo e sento i nervi incendiarsi di inquietudine e desiderio.
 
 
Io lo voglio.
 
Lo voglio con tutta me stessa.
 
 
Si ritrae, indietreggiando appena. Il suo sguardo ardente mi trapassa ed un ghigno beffardo modella quelle labbra perfettamente disegnate. Recupera la sua altezza e torna a torreggiare su di me.


Sono pietrificata, il cuore batte così forte che sembra scoppiarmi nel petto. È impossibile.... non può essere. Tutto sembra improvvisamente trovare un senso. Mi ero accorta subito che Kaede mi guardava in modo diverso, che il suo sguardo mi agitava qualcosa dentro, provocandomi strani turbamenti. Quella percezione netta che mi prendeva allo stomaco e mi turbava ogni volta che ero con lui.... i silenzi, tra di noi, hanno sempre avuto un sapore diverso...
 
La sua mano si chiude violenta sul mio avambraccio e mi costringe a sollevarmi. Non riesco ad opporre resistenza, ammutolita dal suo impeto e sconcertata dai miei stessi pensieri. Fissa i miei occhi spalancati per la sorpresa e mi stringe con forza il viso tra le dita.
 
Brevi istanti sospesi, che sembrano durare dieci vite mortali... e in quel momento di irreale silenzio, Kaede mi spinge violentemente contro di se e mi bacia ferocemente, affondando le labbra nelle mie. Pianto le unghie nelle sue braccia, vorrei resistergli ma è vistosamente più forte di me. Cerco di divincolarmi, ma la parte irragionevole di me rimane ancorata a lui con tutta se stessa, rifiutando qualunque resistenza....
 
 
Allaccio le braccia intorno al suo collo e aderisco ulteriormente al suo corpo, annullando ogni distanza.
 
 
Incandescente, osceno, avido, indecente.
 
 
Eppure non ne sono meravigliata. La premessa di questo bacio non è nata qui, non è nata ora. È nata la prima volta che l’ho incontrato in cortile, dove io avevo smesso di essere la stronza e risoluta ragazza dalla pessima reputazione e lui il pupillo della scuola, l’astro nascente del Basket nazionale.
 
 
Ho l’affanno, eppure non ho corso. Oltre la sfocata patina opalescente che annebbia la vista, il suo viso riprende lentamente forma. Si ritrae, recuperando la sua altezza e mi guarda dall’alto in basso, come fa sempre. Quello sguardo superbo e tracotante... il suo solito sguardo.
 
 
Una fastidiosa percezione di impotenza mi opprime, provocando l’inevitabile reazione nervosa del mio corpo. Serro le mani così forte da farmi male, sento il sangue pulsare violento nelle vene mentre quell’innegabile consapevolezza si insinua in ogni centimetro di me, rimbombando assordante nel silenzio delle mie orecchie. Sono crollata, tra le sue mani, come un castello di sabbia.
 
Ed ora infierirai, Kaede, perché hai tutte le ragioni per farlo.
 
- Avevo ragione. – sussurra, sfiorandosi le labbra. Ma contro ogni mia aspettativa il suo tono non è sprezzante, non è cattivo. Non infierisce, come invece avrei fatto io a parti inverse... ma lui è molto più forte e risoluto di me. Mi oltrepassa e senza voltarsi si allontana.
 
 
Ho il respiro corto, le mani tremano e la rabbia che comincia a scorrermi nel sangue è qualcosa di vivo, che cresce repentinamente. Lo raggiungo furente e lo strattono per un braccio, obbligandolo a voltarsi per guardarmi negli occhi.
 
- Perché non infierisci, bastardo, tanto lo so che non aspetti altro! - non mi rendo neanche conto di urlare. Non dice una parola, si limita a trafiggermi con quello sguardo gelido, alimentando ulteriormente la rabbia crescente. - Che diavolo vuoi dimostrare, eh? – urlo furiosa, serrando di nuovo i pugni.
- Che tu mi vuoi, stupida. – interviene granitico. – Esattamente come io voglio te. – deglutisco aria, cercando di non tremare.
 
 
Rimango per un tempo indefinito con le sue parole che stridono nel cervello, come un martellante brusio nelle orecchie. Seguo sconcertata la sua figura schivare gli ostacoli e lasciarsi cadere su uno di quei grandi materassi per il salto in alto.
 
Ma che... che diavolo sta succedendo? Potevo aspettarmelo da chiunque... chiunque. Ma non lui. Non si sarebbe mai esposto così, se non avesse saputo di poterlo fare.
 
 
Il ticchettio dei miei tacchi stride sul parquet, riecheggiando metallico per tutta la palestra... ho cercato di resistere, ma ora le mie gambe sembrano muoversi autonomamente, rifiutando qualsiasi esitazione. So bene a cosa sto andando incontro. È solo questione di tempo e quell’attesa spasmodica, quell’ansia mista ad eccitazione, mi provoca una spaccatura nel petto che sanguina senza sosta e che solo lui può ricucire.
 
Lo fisso con sguardo vacuo, quasi ottuso, ascoltando inerme l’accelerare graduale del mio cuore.
 
 
Sposta il braccio dal viso e si puntella sui gomiti, ricambiando il mio sguardo. Ma stavolta non riesco a cogliere nulla dai suoi occhi chiari. Si leva a sedere sul bordo del materasso, puntando i gomiti sulle ginocchia. Fisso assente la sua testa corvina, ferma a pochi centimetri dal mio ventre.
 
- Kaede. – mormoro e lui solleva la testa. Non dico nulla per un tempo indefinito e mi scuoto solo quando lo sento poggiare la fronte sul il mio ventre. - Voglio solo togliermi lo sfizio... – sussurro, ma si percepisce una chiara nota stonata nella solita sinfonia decisa e risoluta della mia voce, che suona quasi come una velata ammissione.
 
Un leggero sussulto lo scuote, un ghigno appena percettibile. Le sue dita percorrono lente la linea tornita del mio fianco e salgono, fino a raggiungere i bottoni circolari del trench, troppo sottile per allontanarci l’uno dall’altra, troppo spesso nel dividermi da lui. Li apre senza difficoltà, uno... dopo... l’altro.
 
 
Vorrei fermarlo e trovare la forza di allontanarlo. Ci provo, ma i miei neuroni sembrano essersi lanciati in un clamoroso ammutinamento. La sua mano raggiunge la giuntura dei miei seni turgidi, aggrappandosi con forza al bordo del vestito...
 
Sta per succedere... l’intensità e l’attesa che precedono il contatto tessono la realtà di impazienza e trepidazione. Ma Kaede non muoverà un dito finché non avrà da me la confessione che cerca.
 
- Dimmelo. – chiede ancora, in tono deciso, ma non cattivo. Nei suoi occhi brilla un fuoco devastante, fiamme cremisi che ardono impazienti.
- Ti voglio, Kaede. – ed ora non si torna più indietro.
 
Con un rapido scatto si alza, attirandomi a se con impeto e mi bacia con forza. L’inquietudine di pochi attimi fa sparisce in un istante, lasciando il posto ad un crescente stato di eccitazione e frenesia, di perversione e desiderio.
 
 
Si insinua nella mia bocca con estrema naturalezza, come se lo facesse da una vita. Affonda le mani tra i miei capelli e mi aggrappo con forza ai suoi fianchi, stringendo tra le dita il bordo dei suoi jeans. I nostri respiri crescono frenetici, fondendosi fino a diventare uno.
 
Nonostante l’impedimento dei jeans, riesco a sentire chiaramente la sua eccitazione premermi sul ventre, così come posso distintamente avvertire il suo desiderio, ardente ed avvolgente, che spazza via ogni inibizione. Sfioro con la mano la sua erezione e ghigno, arricciando le labbra come un animale ferito. Mi guarda scendere pericolosamente verso il basso ed intuisce all’istante cosa sto per fargli. Lo sento irrigidirsi, mentre sbottono i jeans e abbasso la cerniera, ma si lascia andare non appena insinuo una mano e la mia bocca non trova più ostacoli......
 
Non posso che compiacermi e sorprendermi per le impressionanti dimensioni.
 
La mia lingua scivola lenta, partendo dalla base e percorrendone la notevole lunghezza, fino ad arrivare al glande, che lascio scivolare in bocca, chiudendolo tra le labbra, che si muovono avide. Spendo circa un microsecondo per pensare al disastro epocale che si scatenerebbe qui dentro se qualcuno entrasse in questo esatto momento... ma fondamentalmente non me ne frega un cazzo e mi abbandono alla frenesia più devastante quando lo sento fremere e vibrare, mentre esploro il suo membro eretto con smania crescente e non smetto di fissarlo nemmeno per un istante.
 
Arriccia le labbra in una smorfia, ansimando freneticamente...
 
- Fermati o... mi fai... – ricambio il suo sguardo con un ghigno e lo libero da quella delirante tortura.
- Venire? – finisco per lui, riacquisendo pienamente la mia risolutezza. Mi sollevo languida e avanzo, costringendolo ad indietreggiare.
 
Protendo le mani sul suo petto e, applicando una lieve pressione, lo spingo all’indietro, lasciandolo ricadere sul materasso alle sue spalle. In piedi, di fronte a lui, sbatto le ciglia con finta innocenza. Mi guarda trepidante mentre insinua le mani sotto la gonna e sfila gli slip, lasciandoli scivolare sul parquet lucido. Mi lascia accomodare su di lui, eccitato dalla prospettiva di dare finalmente sfogo alle sue fantasie più intime e perverse.
 
 
Le sue mani scivolano scaltre fino a raggiungere la scollatura, cala la parte superiore del vestito e scopre i miei seni gonfi, stringendoli tra le mani. Le sue dita affondano in essi, finché anche la lingua scende a leccare e mordicchiare i capezzoli, che diventano più turgidi ad ogni suo tocco. Sento la sua erezione pulsare insistentemente; afferro i bordi della sua maglia e la sfilo insieme al maglione con impeto, prima di bloccarmi a fissarlo, ormai a cavalcioni su di lui.
 
Guardo quegli occhi annacquati, i capelli arruffati, le labbra socchiuse e per la prima volta riscontro in lui una vulnerabilità quasi terrena, una percezione di normalità in quel ragazzo sempre composto. Un’immagine finalmente sciolta, che per un attimo sfugge al rigido controllo che ha sempre imposto a se stesso.
 
- Sei più normale di quanto sembri, volpastro... – gli faccio notare con una certa malizia, mischiata però a qualcosa di stranamente indefinito. Il mio tono è talmente poco convincente che nemmeno lui sembra voler ribattere. Almeno per i primi 2 secondi.
- Idiota. – biascica, non sortendo probabilmente l’effetto che immaginava. Anche la sua voce è diversa... più bassa, più erotica. I suoi sospiri hanno un suono così profondo da farmi avere le vertigini. Un ghigno piuttosto ampio disegna le mie labbra e riprendo a baciarlo di nuovo.....
 
 
Le mie labbra scivolano su di lui, lasciando umidi solchi su quella pelle diafana... le dita scorrono lente tra le linee di un corpo che rasenta la perfezione, tracciando sentieri roventi sulla pelle bollente. Divarico ulteriormente le gambe e conduco la sua mano sotto la gonna. Lascia scorrere impaziente un dito tra le mie labbra più intime, stimolando poi il clitoride. Sto odiando con tutta me stessa i vestiti che abbiamo ancora addosso...
 
 
- Non sono per niente tenero, ti avverto. – sussurra, mordendomi il labbro inferiore.
- Non mi sembra di averti chiesto di esserlo, idiota... – soffoco un gemito e assecondo il movimento della sua mano.
- ... dai Mayu... – esorta impaziente, in tono dannatamente sensuale. La voglia di torturarlo è ancora forte, ma anche io ormai sono al limite.
 
Decido di atrofizzare per un attimo gli istinti sadici e lo faccio mio senza tante cerimonie. Afferro la sua erezione, conducendola dentro di me... una vertigine mi toglie il respiro, mentre lui soffoca a stento un gemito. Lo guardo negl’occhi, muovendomi, su di lui, con ingannevole e spudorata innocenza. Sento la sua erezione farsi strada dentro di me, a fondo.... sempre più a fondo. Mi artiglia il viso con la mano e lecco vogliosa le sue dita che torturano le mia labbra.
 
 
Si distende all’indietro e lo cavalco selvatica, simulando un’innocenza che non mi è propriamente identificativa ma che so perfettamente quanto lo faccia impazzire. Mi protendo su di lui e i miei capelli spiovono in avanti, lambendo il suo viso. Sfiorano eterei quella pelle chiara e si mescolano ai suoi, in un intenso e suggestivo contrasto. Nero d’ebano e rosso sangue.
 
Socchiude gli occhi, intrecciando le dita tra i miei capelli e scosta una ciocca rossa dal mio viso, spostandola dietro l’orecchio con una dolcezza che mi sconcerta. Non so perché, ma quel gesto apparentemente privo di significato mi toglie il respiro e mi sembra di annegare, nel devastante calore che emana. Ma dura il tempo di un istante, perché il suo sguardo si accende di nuovo di quella luce perversa.
 
 
- Tocca a me adesso. – mormora ansante, prima di afferrarmi per i fianchi ed invertire i ruoli, bloccandomi fra se ed il materasso.
 
Punta le mani ai lati del mio viso, facendo perno sulle braccia e mi incanto per un attimo sui muscoli tesi e contratti. Mi guarda in un modo che mi fa diventare matta... e dopo alcuni istanti sospesi, mi penetra con un’unica, forte spinta. Vorrei urlare, cosa che ovviamente preferisco non fare, giusto per non dargli soddisfazioni e, soprattutto, per preservare quel briciolo di dignità che mi è rimasta.
 
Si muove con forza dentro di me, aumenta il ritmo e comincia a spingere sempre più forte.... sempre più in profondità, aggrappandosi con una mano al mio fianco, penetrandomi con talmente tanta foga da farmi quasi urlare. Le sue labbra divorano le mie e scivolano avide lungo il collo, sui seni, fino a chiudersi sulla clavicola. Serro gli occhi, tormentata da brividi che si espandono su tutto il corpo, in qualsiasi punto l’idiota tocchi con quelle dannate labbra. Mi inarco piano, ma è un movimento spontaneo, quasi un riflesso incondizionato, perché il mio cervello è scollegato e viaggia lontano, perdendosi in pensieri sconnessi e confusi.
 
 
È uno spazio che non ha più né consistenza e né tempo...
 
Secondi, minuti ed ore infinite... il tempo si ferma e annega in quegli occhi che mi guardano languidi, plasmando un nuovo concetto di spazio.
 
 
Kaede ha degli occhi perfetti. Nel colore, nella forma, nel taglio, nella loro capacità di intensificare lo sguardo. Blu come il mare profondo, intensi e devastanti. Occhi che vorrei avere sempre addosso. Quando passano sulla mia pelle nuda, sul collo, sul seno o sui fianchi, è come se bruciassero. Ma non fanno male... e ci sono volte, come ora, che mi sembra di annegare, in quello specchio profondo.
 
È una sensazione che mi provoca vertigini allo stomaco, ma ne sono tanto intimorita quanto inebriata, perché Kaede è talmente “tutto” da farmi credere che sia valsa la pena essere arrivata fino a questo punto solo per poterlo guardare negli occhi, per sentire sulla pelle il suo profumo. Vorrei che questo momento durasse giorni, mesi, secoli anche, perché non ho mai conosciuto nessuno capace di guardarmi come guarda Kaede, di baciarmi come bacia Kaede, di leccarmi come lecca Kaede... di succhiarmi senza volerlo razionalità e linfa vitale dalle vene, come fa Kaede.
 
 
Aumenta ancora il ritmo e non riesco a sentire nient’altro che i suoi gemiti riempirmi il cervello, mentre il calore devastante che emana mi travolge fin dentro le ossa. La potente frenesia raggiunge il culmine e smetto di respirare, mentre affondo le unghie nella sua schiena, lacerandone la carne. Si protende violentemente in avanti, su di me, affondando il viso nell’incavo della mia spalla, il respiro frammentario e frenetico. Lo sento irrigidirsi di colpo e serrare i denti, stringendomi i capelli fra le mani come fossero un appiglio vitale... ogni barriera crolla inesorabile.
 
Gli sollevo la testa con forza, annegando in quegli occhi spaventosamente accesi. È un amplesso dalla potenza devastante... è una tela nera che mi avvolge, mi stringe, si avviluppa al mio respiro, fondendosi con la mia intera esistenza. I nostri respiri diventano uno e tutto intorno a noi cessa di esistere. Moriamo l’uno dentro l’altra infinite volte, finché Kaede esce da me, liberandosi altrove. Crolla stremato, ansimando frenetico, lievi sussulti ancora lo scuotono.
 
 
 
Devastata da quell’amplesso micidiale, cerco di placare l’euforia... i nostri respiri si confondono e cercano frenetici una parvenza di normalità. Lui sospira spossato e solleva la testa. Le sue pupille, annacquate e sfinite, brillano di una luce tagliente, che sembra venire da luoghi nascosti del suo inconscio. Ma non riesco a sostenerlo, ora, quello sguardo.
 
Lo allontano da me e si lascia cadere al mio fianco, ancora ansante. Gli volto le spalle e mi distendo su un lato, raggomitolandomi come un gatto infreddolito. Non riesco a smettere di tremare, eppure non sento freddo.
 
 
Immersa in un indefinito stato mentale, sento la sua mano bollente posarsi sul mio fianco... un contatto tenue ma denso di calore.
 
- Hai freddo? – domanda atono.
- No. – sussurro gelida. Non aggiunge altro e in quello stesso istante si ritrae e si alza. Con la coda dell’occhio lo guardo riallacciarsi i jeans, passandosi entrambe le mani tra i capelli scomposti. Osservo la sua schiena perfetta, i segni delle mie unghie hanno lasciato evidenti solchi rossastri, in netto contrasto con quella pelle diafana.
 
Finalmente si riveste e distolgo lo sguardo, mentre il rumore dei suoi passi poco a poco si affievolisce, fino a sparire del tutto. Se ne va. Sospiro sollevata e finalmente il mio corpo si rilassa. Ma quel turbamento, annidato nel petto, è ancora tremendamente vivo...
 
 
Distratta dai miei stessi pensieri, quasi sobbalzo quando un piumone biancastro mi avvolge in un calore improvviso. Sollevo la testa e lo intravedo, in piedi davanti a me. La sua immagine si staglia fiera e sensuale, provocandomi ulteriori vertigini. Sfila il giubbotto e si protende in avanti, insinuandosi sotto la coperta. Il suo corpo e quegli occhi assassini, mi sovrastano di nuovo...
 
- Non te ne vai? – chiedo, arricciando le labbra in una smorfia.
- Fa freddo. – mormora, mentre allaccia le braccia intorno al mio collo e mi guarda con una certa malizia.
- Che c’è, vuoi che ti premi per la prestazione? – biascico ironica, provocandogli un lieve sogghigno.
- Dovresti. – mi afferra le mani e le conduce al di sopra della mia testa, intrecciando le dita con le mie e aderendo ulteriormente al mio corpo. – Magari ancora in natura... –
- Tz... vuoi una cassa di pomodori? – chiedo perfida e lui arriccia le labbra in un mezzo sorriso. – Sai anche sorridere, Kaede? – ghigno, in tono non molto lusinghiero a dir la verità.
- Stupida... - e mi zittisce con un bacio che mi toglie il respiro.
 
 
Sprofondiamo di nuovo in quell’abisso e lo facciamo di nuovo, a lungo, per tutta la notte.
 
 
Neanche riesco a ricordare da quanto tempo non facessi sesso così, rendendo onore a tutta la crudezza erotica dell'atto. Non credo di aver mai visto nessuno apparire tanto perverso e al tempo stesso tanto rassicurante. Nessuno che, come Kaede, riuscisse a domare la mia spudorata innocenza. Nessuno c’era mai riuscito prima, nemmeno Daiki, Ren o Hideaki. Nemmeno Naoki.
 
 
Ma Kaede è impenetrabile. Lui è fuoco ardente, nascosto dietro lastre di ghiaccio tagliente. Lui è passione. Lui è gelo. Lui è frenesia e perversione. Lui è protezione e calore. Kaede è un insieme di paradossali controsensi. Non esiste incertezza nei suoi occhi, nulla scalfisce quella sicurezza granitica. E tutto questo mi trascinerà in un baratro da cui non sarà facile risalire...
 
... perché da stanotte Kaede sarà il mio più grande tormento e la mia più folle gioia.
 
 
 
The Morning After.
 
 
Schiudo piano gli occhi, le prime tiepide luci della mattina penetrano flebili attraverso le grandi finestre, scuotendomi appena.
 
Mi guardo intorno assonnata, riconoscendo la palestra. Nel silenzio ovattato, percepisco una tenue sensazione di torpore e solletico... un respiro leggero e regolare. Mi volto e scorgo la testa di Kaede abbandonata sulla mia spalla, i capelli sparsi qua e là. Dorme profondamente, aderendo quasi del tutto al mio corpo. Un contrasto netto fra tenerezza ed erotismo.
 
Mi scosto piano e mi levo a sedere, cercando di non fare rumore. Avrò dormito sì e no due ore. Un sonno placido, che ha richiamato un’inaccettabile quantità di pensieri.
 
Riconnessi i neuroni, mi alzo con indolenza e ricompongo il vestito sul mio corpo, sistemando la gonna. Infilo il giubbotto di Kaede e l’immediata percezione del suo profumo mi provoca una vertigine, ridisegnando nella mente le immagini della notte appena trascorsa.
 
A grandi falcate raggiungo il portone, cerco di evitare gli ostacoli ma sono ancora in fase catatonica e rischio quasi di rompermi l’osso del collo. Recupero le sigarette dalla pochette e ne estraggo una. Schiudo appena il portone, scorgendone aldilà una suggestiva immagine del cortile antistante, ricoperto da una fitta coltre di neve bianchissima.
 
Mi soffermo ad inalare l'aria pungente della mattina, come se facendola penetrare a fondo potesse congelare nel freddo tutti i pensieri, tutte le fantasie. Mi affretto ad accendere la sigaretta; una boccata, due, tre. Le gambe riprendono stabilità e finalmente lo stomaco si distende.
 
 
Albeggia... i primi chiarori appaiono all’orizzonte, filtrando tra rade nuvole nivee. Il cielo risplende dei tenui e brillanti colori dell’alba e le luci biancastre virano in fluenti tonalità dorate, riverberando su quello specchio di neve lucente che ne riflette i colori.
 
 
Kaede mi raggiunge placido e si sostiene allo stipite della porta, avvolto in quella pallida coperta bianca. Un brivido ed una vertigine, come sempre. Elettricità nel sangue ed ipnosi, mentre osservo quei capelli arruffati, quello sguardo intorpidito, quelle labbra lievemente imbronciate e i tiepidi raggi di sole che rendono più intensi quegli occhi cobalto.
 
 
Rimaniamo in silenzio, finché non sfila la sigaretta dalle mie labbra e ne aspira un unico, leggerissimo tiro.
 
- Ti fa male, stupida. – mormora con una smorfia di disgusto, gettando la cicca aldilà del portone.
- Kaede. – esordisco, ma non mi volto a guardarlo. – Questa storia inizia e finisce qui. Io e te non avremo più alcun tipo di rapporto. Sarà come non fosse successo nulla, non ne faremo mai più parola... nemmeno per sbaglio. – mi volto a guardarlo per accertarmi di essere stata abbastanza chiara, ed infine  concludo. – Ci siamo capiti, Kaede? –
- Come ti pare. – risponde inespressivo.
- Hai qualcos’altro da aggiungere? – chiedo pungente.
- No. –
- Benissimo. –
 
 
Il sole finalmente sorge, splendendo su quel fitto manto di candida neve. Eppure lo so, lo sento... quel segnale impercettibile, quel campanello d’allarme che si insinua subdolo nei miei pensieri e mi provoca un istintivo stato d’ansia. No, non finirà qui, non finirà oggi... ed è un celato presagio che mi fa tremare.
 
 
 
 
 
 
 
 
Spazio Autrice
 
Avrei dovuto postarlo Venerdì scorso, ma ho avuto problemi di connessione e in più il tempo è sempre pochissimo. Non ho molto da dire su questo capitolo – in realtà ho anche poco poco tempo T__T - quindi stavolta mi limito a ringraziare come sempre Ice_DP e megghynfbg per aver recenisito, e ringrazio ancora i lettori silenziosi. Grazie di cuore =* 
  
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