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Autore: Cloveregga    04/04/2015    0 recensioni
[Crossover]
[Altro - anime/manga shoujo]Non riesco a sopportarti:
Personaggi ripresi da due Serie Anime differenti (Brothers Conflict e Code:Breaker)
visionate e re-interpretate da me.
Ambientazione e riferimenti a luoghi o persone puramente casuali.
(Questa idea nasce dalla voglia di voler rappresentare, a parole, una vera e propria tipologia di Anime Shojo [in genere prettamente romantico e sentimentale] tutta nuova, che si basa sulle emozioni e sul contesto piuttosto che soltanto sulla relazione d’amore tra i due protagonisti)
Ps: La lettura dell’episodio speciale di questa serie, è consigliata soltanto a chi ha visto entrambe le Serie Anime poiché si rischia di non capirne i risvolti comici.
Buona lettura!
Genere: Romantico, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pioveva. 
Fuori dai finestrini dell'autobus, che l'avrebbe condotta al Parco Takemi, si vedevano le gocce scendere lente e senza sosta. La giovane studentessa Sakura Sakurakoji sospirava e si preoccupava per il suo ritardo; c'era qualcuno che la aspettava. Aveva fatto tardi per colpa di alcune attività post-scolastiche che la trattenerono più del dovuto. Essendo un talento naturale in qualsiasi sport, spesso era presa d’esempio dagli altri studenti meno capaci e così il tempo che perdeva nell’aiutarli, mancava per stare con coloro che la attendevano. Scese dal mezzo, ringraziando l'autista, essendo l'unica passeggera in quella zona e a quell'ora, per poi dirigersi dal suo amico "Cane". Corse verso una direzione precisa, in quel vialetto appena sotto il lampione, raggiungendo quella casa improvvisata. Un sorriso si disegnò nello sguardo del padrone di quella fedele bestiolina; sapeva che sarebbe venuta nonostante il tempo. Lui le diceva sempre di non preoccuparsi, ma la ragazza puntualmente si presentava con uno sguardo preoccupato e rammaricato.
Il padrone, un senza tetto nomade, si era da poco tempo stabilito, per così dire, nel parco di quartiere, assieme al suo fedele cane. Un po’ mal nutrito, mostrava, sotto al pelo ingiallato, un tempo bianco come la neve, alcune costole. Aveva le zampe esili che somigliavano a bacchette cinesi e uno sguardo buffo, sempre fisso davanti a se, ma che muoveva veloce a destra e a sinistra. La coda arruffata e in alcuni punti spelacchiata, somigliava ad una vela bianca sempre ritta. 
Quella bestiola ha una particolarità: un tic nei movimenti, infatti, appena ne compieva uno, sembrava  tremare in modo continuo. 
Lei li vide in una giornata simile a quella, quando dei teppisti li importunavano. Alcuni di loro, in vena di scherzi, si misero a picchiare il cane per divertirsi a vederlo in difficoltà. Il nomade cercò di mandare via i ragazzi, ma finì anche lui per essere picchiato, vedendosi la casa sfasciata e gli oggetti rubati. 
Non ci pensò due volte a difenderli e a far fuggire tutti spaventati. 
Come poteva finire diversamente? Quarto Dan di Jujizu e terzo Dan di Karate: una combinazione letale al femminile. 
Così tutti i giorni aveva giurato di portare da mangiare al cane e a lui, in cambio di restare lì in quel parco per sempre, di modo che fosse lei a proteggerli e a prendersene cura. L'uomo sapeva che non avrebbe mantenuto quella promessa, nonostante adesso le stesse sorridendo come ad approvare ancora quelle parole, spese tempo prima.
La giovane non ci mise troppo tempo a riempire una malmessa ciotola per il cibo e a cercare di far avvicinare l'animaletto a se. Succedeva sempre la stessa cosa: appena tendeva la mano verso di lui, il cucciolo sembrava indugiare lentamente, ma poi fuggiva spaventato. Il padrone rideva senza malizia ogni volta; la ragazza sbuffava a quel punto, allontanandosi, lasciando che il cane mangiasse in pace. Sorrideva e non se la prendeva perché era normale pensare che la bestiola la ritenesse un’estranea e che quindi rispondesse solo alle attenzioni del suo padrone.
Le prime volte aveva creduto che quel suo comportamento fosse legato ad un presupposto puramente estetico, ma il padrone scosse la testa e le spiegò che era tutta una questione di fiducia tra l’animale e l’uomo.
Sakura rise alla sua precedente deduzione, spostando all’indietro i lunghi capelli neri, dalle sfumature rosate, all’indietro. I suoi occhi, del medesimo colore, mostravano una profondità particolare, tipica di una giovinezza spensierata che da tempo non si riusciva a trovare. Il corpo, formoso nei punti giusti e tonico, non passava inosservato, frutto di un allenamento giornaliero.
La divisa scolastica sembrava risaltare ancor di più la sua perfezione. Non era particolarmente alta, ma per guardare negli occhi il suo amico a quattro zampe, doveva chinarsi sulle ginocchia. 
Quante storie di vita il padrone si divertiva a raccontare a quella ragazza e quante lei ne raccontava, facendo passare i minuti che sembravano sempre troppo pochi.
La giovane chiuse l’ombrello.
La pioggia era finalmente cessata e la luna faceva capolino, poco dopo di quello che doveva essere un tramonto autunnale. 
L’aria si fece più fredda e le strade, come anche l’intera città, adesso erano piene d’acqua. 
Il parco somigliava ad una grande pozzanghera, in cui sarebbe bastato un salto per riempirsi di fango.
Per Sakura sarebbe stato l'ultimo anno di liceo e tante cose sarebbero cambiate, tante scelte sarebbero state prese eppure non ne sembrava turbata. 
Lottava, senza sosta, ogni giorno, contro il suo avversario storico: la vita. 
Il nomade le leggeva in faccia un tenue sentimento di paura, per questo non voleva addossarle altre responsabilità, preoccupandosi di loro che, ormai, erano abituati a quello stile di vita spartano e inusuale.  La scuola era già cominciata da due mesi e si poteva notare quanta ansia la avvolgesse, senza che lei ne parlasse apertamente. 
Un anziano come lui conosceva tanti di questi trucchetti, utilizzati per mascherare certe emozioni negative, ma a un occhio esperto come il suo non potevano certo sfuggire.
Il suo sguardo però, diceva altro: era vivace, altruista e spensierato, come se stesse nascondendo i suoi turbamenti e li volesse in qualche modo, affrontare da sola. 
Gli altri dovevano percepire di lei la felicità e la testardaggine, nient’altro.
Di certo non poteva obbligarla a rinunciare a venirli a trovare e a trascorrere del tempo con loro, ma non sembrava essere solo un atto d’altruismo, il suo. 

Che fosse quello il motivo per cui il cane non si avvicinava?
Si domandava il giovane seduto fino a tardi nel suo ufficio, a sbrigare le ultime questioni legali per la commercializzazione di un nuovo videogioco. L’azienda dove lui lavorava, aveva la sua sede proprio vicina al Parco Takemi e gli uffici si affacciavano tutti in quel viale dove il nomade con il cane, da qualche tempo, risiedeva. 
Lui era solito fare tardi, soprattutto in quel periodo, per l'imminente uscita di quel gioco, primo vero progetto creato in collaborazione con i due doppiatori più bravi sulla piazza: Azusa e Tsubaki Asahina, ovvero suoi fratelli gemelli.
Natsume Asahina, così chi chiamava il giovane che sedeva dietro quella scrivania nell’ufficio che si affacciava a quella zona poco illuminata, prendeva molto sul serio il suo lavoro, tanto da anteporlo a se stesso. Essendo appassionato di videogiochi, giocava spesso ad ogni nuova novità che l’azienda promuoveva. Pretendeva molto dai suoi dipendenti, ma sapeva essere giusto e professionale quando si trattava di parlare alle riunioni o gestire relazioni con rivenditori e investitori.
In quel periodo dunque vedeva spesso quella ragazza, arrivare in tutta fretta, dare da mangiare al cane.
La cosa che più lo interessava era la strana reazione della bestiolina nei confronti della sconosciuta.
Gli animali sono istintivi e percepiscono se una persona ha paura o si sente insicura; questa fu la sua conclusione. Era però strano, secondo lui, perché l'aveva vista combattere contro quei teppisti quel giorno lontano, dimostrando una notevole forza fisica e interiore, ma il cane continuava a non avere fiducia in lei.

In quel periodo aveva molto tempo da perdere, visto che le procedure di vendita del gioco stavano procedendo spedite e così, disturbato dagli schiamazzi della studentessa, si affacciava per vedere cosa facesse. Il suo aspetto lo colpì subito, come spesso accadeva anche agli studenti del liceo che frequentava; cercare di capirla sarebbe stato facile o almeno credeva.
 
Il giovane l'aveva perciò etichettata come un’esaltata che spreca tempo a difendere uno sconosciuto che non solo non la rispettava, ma che presto l’avrebbe dimenticata. 
Nonostante questo, anche quella ragazza poteva avere un carattere fragile, come le altre e forse il cane lo aveva capito meglio di chiunque altro. 
Un personaggio strano, non vi erano dubbi e alla fine, perso tra tutti questi ragionamenti, quelle scene nel parco erano diventate il suo passatempo preferito tra una scartoffia e l'altra, prima di tornare a casa. 
Un giorno si ripromise di dare una bella lezione di vita a quella ragazza sconosciuta, dimostrandole quanto lui, abituato ai suoi due gatti, fosse amorevole e apprezzato dagli animali. 
Sarebbe stata un'altra delle sue buone azioni per rilassarsi e festeggiare il successo del suo videogioco.
Sakura salutò con un inchino il padrone nel mentre il cane scappava dentro quella sua reggia che non era altro che una scatola molto grande ripescata tra i rifiuti. 
La ragazza strinse un pugno al cielo e di seguito, con le lacrime agli occhi, puntò un dito contro il cucciolo dicendogli che un giorno, sicuramente, lo avrebbe preso in braccio e coccolato. 
Era una promessa degna di una Koji!
Detto questo sparì verso le strade cittadine per poi avviarsi a casa. 
Il padrone la salutò con un gesto della mano per poi accarezzare il muso del suo fedele amico. 
"Cane", così aveva chiamato quel cucciolo cui si era affezionata la giovane Sakura
Non brillava molto per fantasia sui nomi da dare agli animali, visto che non ne aveva uno. Per certe cose era particolarmente sbadata e infantile, poiché dava a cose o persone nomi banali, da non sembrare proprio dei nomi veri e così quello di “Cane” divenne l’ultima delle sue creazioni “geniali”.
Era soddisfatta di sé quel giorno. 
Quello stesso giorno in cui si conobbero, senza saperlo… 
I due cuori che non si sopportano.
   
 
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